geronimo

domenica 28 dicembre 2014

" IMMACOLATA CONCEZIONE" CONCEPITA SENZA PECCATO

Cosa significa Immacolata Concezione?


L'espressione Immacolata Concezione riferita alla Vergine Santa ci indica una condizione spirituale di Maria che nel suo nascere su questa terra fu esente dal peccato originale. Nel linguaggio biblico, il termine "Concezione" indica la totalità dell'esistenza. Maria è stata sempre sotto il sigillo di Dio è non è stata mai sotto il sigillo del peccato, perchè è stata preservata da ogni macchia di peccato . La dottrina sull'Immacolata Concezione di maria è frutto di un millenario processo di maturazione nella storia teologica della Chiesa cattolica.
Il popolo cristiano fin dai primi secoli manifesta la sua fede intorno alla Vergine Santa che, come afferma Sant'Ireneo, l'ha considerata sempre la "nuova Eva". Nel Concilio di Efeso del 431 fu dichiarata Madre di Dio. Sant'Agostino sosteneva che la Madre del Signore "va riconosciuta senza peccato dal nostro senso religioso".
I teologi armonizzarono l'Immacolata Concezione con cristo Salvatore di tutti elaborando il concetto di redenzione preservativa. E' stato soprattutto Duns Scoto a elaborare il concetto di Gesù come perfettissimo mediatore secondi cui per suo merito fu preservata da ogni peccato. Il magistero della chiesa approva, nel secolo XV, la liturgia in onore dell'Immacolata Concezione. Nel secolo XIX, precisamente l'8 dicembre 1854  , Beato Pio IX, dopo avere avuto il parere positivo dell'insieme dei Vescovi, con la bolla Ineffabilis  Deus definisce come dogma  di fede l'Immacolata Concezione di Maria.
Nella colletta della Messa della festa dell'Immacolata, la Chiesa sintetizza tutto il suo ricco insegnamento teologico con queste parole: " O Dio , che nell'Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per tuo figlio, e in previsione della morte di Lui, l'hai preservata da ogni macchia di peccato, concedi anche a noi, per sua intercessione, di venire incontro a te in santità e purezza di spirito".

" AVVENTO" INCONTRO AL SIGNORE

Cosa significa Avvento? Che cosa dice a noi credenti?


E' opportuno ricordare prima di tutto che il tempo di Avvento ha una doppia caratteristica: è tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all'attesa della seconda venuta di Cristo, alla fine dei tempi.
L'Avvento è un periodo di quattro settimane che apre ogni anno il ciclo delle celebrazioni del mistero di Cristo. Come gli altri tempi, ha una festa come puntoi di riferimento e dalla quale trae il suo preciso significato: il Natale di Gesù Cristo. Anche nella struttura atuale l'Avvento conserva intatte le due caratteristiche.
Le prime settimane sono orientate alla gloriosa venuta di Cristo. Dal 17 dicembre tutto poi è concentrato nella nascita storica del Figlio di Dio. Perciò l'Avvento non è la commemorazione della lunga attesa del popolo ebraico, proteso verso il Messia, ne una semplice preparazione al Natale.
E' un tempo che deve essere vissuto sotto il segno della venuta del Signore: della prima" venuta storica" che inaugura il tempo di salvezza e della seconda "venuta escatologica" che sarà il compimento. La prima è fondamento della seconda e la seconda è il suo coronamento.
Tra le due venute si colloca la nostra vita e la vita di tutta la Chiesa. E' bene ricordare l'attesa non è atteggiamento passivo, ma è un invito costante a camminare per andare incontro al Signore che viene. Questo cammino deve essere guidato dalle grandi figure che si incontrano nella liturgia: il profeta Isaia che annuncia, Giovanni il Battista che indica il Cristo, Maria che accoglie la parola Divina.
E' un tempo di attesa e di speranza ma è soprattutto tempo di ascolto e di accoglienza per raddrizzare gli itinerari del nostro cammino di conversione a Cristo e alla Chiesa.

DIRE DIO NELLA BIBBIA

Dalla vita alla fede, alla preghiera


L'uomo della Bibbia si rivolge a Dio attingendo il linguaggio dall'ambiente in cui vive. La terra, il gregge, la città, il tribunale, la guerra, la famiglia, il matrimonio gli offrono le parole per esprimere la sua fede e la sua preghiera. Nei libri biblici troviamo, di conseguenza, diversi linguaggi per parlare di Dio.
Il linguaggio del pastore e della terra: l'immagine di Dio pastore è fissata nel salmo 23 (il signore è il mio pastore). Dio è colui che guida e introduce sempre il suo popolo/gregge (e l'uomo di ogni tempo) a una meta: la terra promessa per Israele, la salvezza per noi. Come il ritmare del bastone del pastore sul terreno rassicurava il cammino del popolo di Israele nel deserto, così la parola di Dio ritma e custodisce il nostro cammino quotidiano.
Il linguaggio della guerra: le espressioni "Dio degli eserciti o Dio addestra le dita dell'uomo alla guerra (sal. 18 Cfr) e molte altre simili, si rifanno ai modi in cui gli antichi popoli parlavano delle divinità. La Bibbia li accetta per esprimere il nostro concetto di onnipotenza, ma vede nelle guerre di Dio la lotta contro il vero nemico dell'uomo, il peccato.
Nel Nuovo Testamento Gesù supera questo linguaggio, non utilizzando più simboli e le immagine della guerra nel parlare di Dio, ma ce lo rivela come "Padre" e come "Amore".
Il linguaggio giuridico: l'immagine di Dio "giusto giudice", che siede in tribunale e pronuncia rette sentenze, vuole affermare che Dio solo ha la capacità di ristabilire la giustizia in un mondo dove (ieri come oggi) essa viene violata dal peccato dell'uomo e della società.
Il linguaggio sponsale: è il linguaggio caratteristico di alcuni libri biblici (come il Cantico dei Cantici, i Salmi, i profeti Osea e Isaia), con il quale i rapporti fra Dio e il popolo di Israele sono presenti come il simbolismo sponsale (Dio è lo sposo di Israele e Israele la sua sposa o fidanzata) e con il simbolismo  dei colori, dei vestiti, dei gioielli dei profumi.
In questo contesto, il peccato viene descritto con gli stessi termini che indicano l'infedeltà sponslae (adulterio, prostituzione) e la violazione dell'alleanza (tradimento, seguire altri dei).

sabato 27 dicembre 2014

LA LEGGE DI DIO " LA TORA'H

Luce nella vita dell'uomo.

Nella Bibbia il termine legge è senza dubbio uno dei più ricorrenti. E' anche un termine ricco di significati che dalla raccolta di norme e prescrizioni si estende ai comandi e agli insegnamenti, ai precetti e ai comandamenti, ai decreti e alle sentenze (tutti termini sinonimi di legge).
Le tre raccolte di leggi che troviamo nella Bibbia regolano i diversi ambiti della vita del popolo di Israele. Il codice dell'Alleanza è racchiuso in Es 20,22-23,19 e contiene le norme da osservare per mantenersi fedeli all'alleanza stretta con Dio.
Il codice deuteronomico (chiamato così dal libro del Deteuronomio, si propone esso pure di mantenere Israele nella fedeltà all'Alleanza. Entrambe queste raccolte risentono della legislazione dei popoli orientali antichi (come attesta il codice di Hammurabi, risalente al XVIII a.C.) .
La legge di santità racchiude invece le norme riguardanti il culto, comprese nei capitoli 17-26 del libro del Levitico, con lo scopo di dichiarare l'assoluta santità di Dio e la purificazione dell'uomo che a lui si vuole accostare.
nelle lettere di san Paolo queste tre raccolte (che egli chiama "la Legge") vengono superate dalla Parola e dalla Pasqua di Gesù.
Ma per gli Ebrei la legge è soprattutto l'insieme dei primi cinque libri della Bibbia, che essi chiamano Toràh (cioè la Legge) e da noi conosciuti come Pentateuco (dal greco pente, cinque e teuchos, astuccio per conservare i libri) . La tradizione religiosa ebraica li attribuisce a Mosé, perché in essi si trova tutto ciò che regola la vita e fonda la fede di Israele.
Nel Salmo 119, conosciuto come "il canto della Legge", la legge è cantata come luce, lampada e splendore per l'uomo. Nella interpretazione cristiana del Salmo, al termine legge si può sostituire il nome stesso di Cristo, "la luce vera", come proclama: "la legge fu data per mezzo di mosé, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Mentre gli ebrei codificarono le leggi in 613 comandamenti  (365 proibitivi e 248 positivi) Gesù li riconduce ad un unico comandamento: l'amore di Dio e del prossimo.



PROFETA

I libri biblici presentano il profeta non come colui che predice il futuro, ma come l'inviato da Dio che, in suo nome, parla al presente, esortando i destinatari della sua predicazione alla fedeltà e all'obbedienza alla Parola del Signore.
Gli antichi popoli orientali avevano un'organizzazione profetica dasata  sulle capacità umane (conoscenza degli astri e della natura) e su particolari doti (che si manifestavano con visioni ed estasi) di quanti ne facevano parte. La loro azione e la loro parola erano però a servizio della corte e del tempio: qui essi trovavano protezione e sostentamento.
In Israele prevale invece un diverso modo di concepire e di esercitare la profezia: questa deriva direttamente da Dio e non è al servizio di alcun potere (politico o religioso) . Il Profeta biblico ha la consapevolezza di esistere e di parlare unicamente in nome di Dio (prophétes, in greco indica colui che parla in nome di "  o al posto di", come pure "colui che parla davanti" al popolo).
Nella Bibbia leggiamo diversi racconti di chiamata che contengono l'investitura del profeta da parte di Dio. In essi si nota da un lato, l'iniziativa di Dio, che si prende cura del suo popolo suscitando il profeta. Dall'altro, appare la piena disponibilità del chiamato alla missione del profeta (come avviene per Isaia: "Eccomi, manda me", oppure fa capolino il dubbio (come nella chiamata di Geremia: " Ecco, io non so parlare, perché sono giovane, dubbio che però è vinto dalla forza dello Spirito del Signore.
Per il contenuto della loro predicazione e per l'epoca in cui sono vissuti, i profeti biblici, oltre a distinguersi in "maggiori" (Isaia,Geremia,Ezechiele e Daniele) e "minori" (i dodici profeti minori), si distinguono anche in profeti prima dell'esilio, profeti dell'epoca dell'esilio, profeti del dopo esilio. I primi esortano il popolo alla fedeltà a Dio per non incorrere nella punizione dell'esilio. I secondi tengono viva, nel popolo in esilio (dal 586 al 538 a. C.) la speranza del ritorno, che avverà come un secondo esodo.

LA PACE NELLA BIBBIA

Dono di Dio e impegno dell'uomo

Ancora oggi il termine ebraico shalòm (pace) è il primo ad affiorare sulle labbra degli ebrei quando si incontrano e si salutano. E' un termine nel quale si concentra ogni aspetto della vita e della persona, chiamata a percorrere questo nostro mondo nell'intreccio armonioso di incontri, dialoghi, relazioni, legami.
In questo suo primo significato la pace è l'orizzonte entro il quale l'uomo è chiamato a coltivare e custodire il creato e a intessere la rete ininterrotta della comunione fraterna, Chi opera in questo modo contribuisce a costruire la grande famiglia di Dio, il cui primogenito è il Cristo, primo costruttore di pace: " Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio".
Nel suo aspetto verticale shalòm è invece in stretto rapporto con Dio e con il suo Inviato, il Messia chiamato "Principe della pace".
Per questo la Bibbia considera la pace non solamente come assenza di guerra, ma soprattutto come dono di Dio e come pienezza di tutte le sue benedizioni: la vita e la famiglia, la terra e i suoi prodotti, il lavoro e il benessere, la longevità e l'abbondanza.
La pace è il messaggio centrale della speranza messianica annunciata dai profeti, che la vedono realizzarsi nella ritrovata armonia delle origini fra l'uomo e il creato: " il lupo dimorerà insieme con l'agnello.... il vitello ed  il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà".
Ma anche nella trasformazione degli strumenti di guerra in strumenti di progresso e di convivenza pacifica e fraterna: "Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci....non impareranno più l'arte della guerra"
Tutto ciò si compirà con la venuta di gesù di Nazaret, la cui nascita segna anche la nascita ed il trionfo della pace. "Sulla terra pace agli uomini, che Dio ama"
Nel simbolismo biblico Gerusalemme è la città della pace: suo sovrano storico è Salomone (il pacifico) ma suo sovrano ideale è la pace. Nelle lettere di paolo, i destinatari del vangelo ricevono come primo annuncio la pace donata da Gesù risorto il giorno di Pasqua: " Grazia a voi e pace"



GUERRA e STERMINIO

Dalla guerra Santa alla ricerca di pace

Sono frequenti nella Bibbia le pagine che racchiudono episodi di guerra e di violenza, segni vivi della incarnazione della parola di Dio nel nostro mondo percorso dal peccato. Il loro racconto riguarda le guerre di conquista della terra di Canaan all'epoca di Giosuè e quelle del periodo della monarchia in Israele.
Queste guerre si svolgono sotto la protezione di Dio, alla luce di un usanza caratteristica degli antichi popoli, che la Bibbia sintetizza nel termine chérem (in ebraico "sterminio) . Nella vittoria riportata, il popolo di Israele vedeva l'opera di Dio, che combatteva al suo fianco. A lui andava perciò consacrato o riservato (è questo il significato originario del termine cherém) quanto era stato conquistato, senza riservare nulla per se. Chi avesse infranto questa norma veniva punito. Così la guerra era intesa come "guerra santa", in cui Dio era  il protagonista e Israele lo strumento per punire i popoli idolatri.
La guerra, certo, non va mai giustificata. Il Nuovo Testamento al riguardo è esplicito. Ma non essendoci nell'antichità la tutela di un diritto internazionale, la guerra con le sue conseguenze era intesa come atto di sopravvivenza.
Se a volte emergono nella Bibbia episodi di ferocia e violenza bisogna anche dire che Dio stesso si impegna in un'opera educatrice paziente e progressiva nei confronti dei limiti dell'umanità ferita dal peccato.
La Bibbia conosce anche norme di particolare mitezza. Nell'assedio di una città bisogna evitare di danneggiare gli alberi da frutto. Dalla guerra era esonerato chi si era appena sposato, per rimanere nel primo anno di matrimonio accanto alla sposa.


L'Arca dell'alleanza era il segno visibile della protezione di Dio per il popolo di Israele in guerra. (L'Arca dell'Alleanza incisa nella roccia. Rilievo trovato a Cafarnao, IV secolo d.C.)

EBREI, ISRAELITI, GIUDEI

Nella Bibbia, il popolo di cui veniva narrata la storia viene indicato con diverse denominazioni: ebrei, israeliti, giudei. Ecco come vanno compresi.
EBREO: è il nome che appare con molta frequenza nei primi cinque libri della Bibbia, dove indica un gruppo ben differenziato  nell'insieme dei popoli semiti (da Sem, figlio di Noé): Abramo è chiamato l'Ebreo e da questo termine ha origine l'ebraismo (da non confondere con il Giudaismo).
ISRAELITA: deriva dal nome dato a Giacobbe. In generale con il nome "Israele" si intende tutto il popolo ebraico nella sua unità di fede, di tradizioni e di religione (la Bibbia usa l'espressione  "figli di Israele").
Ma quando il regno unitario di Davide venne diviso si formarono due regni nella terra degli ebrei: il regno del Nord (con 10 tribù) chiamato anche il regno di Israele o di Samaria (la capitale) e il regno del Sud o regno di Giuda (la tribù più grande delle due che lo componevano) .
E' in questo periodo che con il termine "Israelita" si indicano gli abitanti del regno del Nord o di Israele, mentre il termine Giudeo designa gli appartenenti al regno del Sud o di Giuda. Come pure da qui ha origine la diversa denominazione di re di Israele e re di Giuda.
GIUDEO:  indica inoltre, a partire dal periodo del dopo esilio (538 a. C.) , chi abita nella Giudea, divenuta provincia Persiana. E' da questo periodo che ha inizio il Giudaismo e prevale il termine "giudeo", mentre l'uso dei termini "ebreo" e "israelita" tende a diminuire.
Si può quindi dire che Abramo era ebreo ma non giudeo (che è denominazione posteriore). Di Gesù, invece si può dire che era ebreo e giudeo. Come pure si può dire che la religione di Abramo era l'ebraismo, ma non il giudaismo. Quella di Gesù e degli ebrei di oggi si può invece chiamare sia ebraismo sia giudaismo.

venerdì 7 novembre 2014

L'ALLEANZA CON DIO

Il cuore del messaggio Biblico

Oltre ad essere una  delle parole più frequenti della Bibbia (vi compare 287 volte), l'alleanza è il cuore del messaggio biblico. Con il termine berìt- come è chiamato in ebraico l'alleanza- si vuole esprimere lo stretto legame che unisce l'uomo a Dio. Più in particolare il rapporto che lega Dio al popolo di Israele, che egli ha liberato dalla schiavitù egiziana e ha scelto come "suo popolo".
L'Alleanza ritma le tappe più significative della storia biblica. Quella che Dio stringe con Abramo ha come segno la circoncisione (che diventa il segno dell'appartenenza al popolo di Israele.
Quella stretta con Noè dopo il diluvio universale avviene sotto il segno dell'arcobaleno (simbolo della pace e dell'armonia ritrovate dal creato).
L'Alleanza con Mosè sul monte Sinai si estende a tutto il popolo di Israele e ha come segno il dono della Legge (sintetizzata nel Decalogo) e il dono del Sabato, che Israele si impegna ad osservare con assoluta fedeltà.
Sotto il profilo storico, l'Alleanza biblica sembra rispecchiare i tratti di alleanza che si stipulavano, presso gli antichi popoli orientali. In questi trattati il re presenta se stesso e i benefici concessi (o che concederà) al suo alleato. Elenca poi le clausole da osservare e le benedizioni o maledizioni che seguiranno alla fedeltà o alla violazione dell'Alleanza. Infine dispone che il trattato sia collocato nel tempio e letto periodicamente.
E' quanto avviene nell'alleanza biblica. Dio si presente ad Israele come il vero Dio che lo ha liberato dalla schiavitù egiziana e lo invita a osservare la legge che gli ha dato al monte Sinai, come sorgente di libertà e di benedizione. Se il popolo trasgredisce questa legge, verrà sradicato dalla sua terra e condotto in esilio.
Sotto il profilo spirituale, l'alleanza esprime il cammino interiore di Israele che viene condotto, tramite i profeti , a una alleanza nuova, che culminerà in quella definitiva ed eterna operata dalla Croce, e dalla Pasqua di Gesù.


DESERTO

Luogo dell'elezione e della tentazione


Descritta nei libri della Bibbia come "la terra in cui scorrono latte e miele", la Palestina è in realtà una regione arida, che la rende simile al deserto. Non si tratta certo, del deserto come lo intendiamo noi oggi (una estensione sabbiosa, ondulata da dune) , ma come terreno pietroso, dove però possono spuntare radici erbose, possono vivere animali ed è possibile fissare gli accampamenti dei nomadi.
A motivo di questa varietà di terreno , la lingua ebraica conosce una serie di termini per indicare il deserto: "midbar" è il terreno sassoso, "siak" è il terreno roccioso, "arabah" è il terreno incolto e senza vita (come la regione del Mar Morto, chiamata proprio Araba).
Nella Bibbia , tuttavia, affiora più frequentemente il valore simbolico del deserto. Questo luogo geografico si trasforma in luogo dello spirito.
Il deserto diventa così, il luogo della prova e della tentazione (come per il popolo di Israele, che vi dimora per 40 anni, per essere messo alla prova e per Gesù che vi rimane per 40 giorni, tentato da Satana, il luogo della ribellione e della sfiducia nei confronti di Dio (come nelle vicende presso le località di Massa).
Ma è anche luogo dell'elezione di Israele a popolo di Dio e il luogo dove questo popolo sperimenta la tenerezza di Dio, simile a quella dello sposo per la sposa: "Ecco, io la sedurrò , la condurrò nel deserto, le parlerò al cuore".
L'uomo della Bibbia sa che il deserto è il luogo della sete, dell'abbandono, della solitudine e della morte. Sa anche che è il luogo del castigo per le sue infedeltà a Dio, che provocheranno l'esilio a Babilonia, come leggiamo nei libri dei profeti. Solo l'intervento di Dio può ridare vita al deserto, vincendo l'aridità del suo suolo, fino a renderlo simile alle regioni più fertili della Palestina, come la pianura di Izreèl (Dio ha seminato), come il monte Carmelo (Il frutteto) e come il Libano, ricco di sorgenti e di splendidi cedri. Ecco come Dio trasformerà il deserto per il suo popolo che lo attraverserà ritornando dal'esilio e per il suo fedele che sperimenterà il deserto del peccato.

giovedì 6 novembre 2014

CONVERSIONE

Ritornare a Dio Padre


I testi biblici esprimono il richiamo alla conversione attraverso due modalità. La prima è quella di ritornare a Dio, espressa con il verbo ebraico shuv (ritornare) e che ancora oggi gli ebrei chiamano teshuvah (conversione) . Si tratta di un mutamento radicale di tutta l'esistenza, quasi di una inversione di rotta, resa visibile dall'esortazione a raddrizzare i sentieri.
La seconda è quella del cambiamento di mentalità. Essa viene espressa con il verbo greco metanoèin (cambiare la mente) , che ha dato origine al termine metanoia ( con cui  anche oggi chiamiamo la conversione). si tratta di una trasformazione del modo di pensare, di valutare ed anche agire, che la filosofia greca,, cui si ispira questo verbo, colloca nel nous (la mente).
Nei testi dell'Antico Testamento il richiamo alla conversione (soprattutto nella predicazione dei profeti) è rivolto al popolo di Israele perché si corregga delle molte infedeltà all'alleanza stretta con il suo Dio. All'orizzonte di questo richiamo si intravede una drammatica minaccia: se Israele non ritorna al suo Dio, verrà sradicato dalla terra che gli è stata data in dono e subirà il castigo dell'esilio.
Nei testi del Nuovo Testamento (soprattutto nei vangeli) la conversione riguarda particolarmente il rinnovamento interiore dell'uomo, la purezza del suo cuore (inteso come fonte di bene o del male), l'adesione piena alle parole di Gesù, alla volontà di mettersi alla sua sequela, come attenti discepoli. Gesù non minaccia chi non si converte, ma constata con dolore la sua esclusione dal regno di Dio da lui annunciato (cioè dalla salvezza).
I segni della conversione nell'Antico Testamento sono gli stessi della penitenza:stracciarsi le vesti e vestirsi di sacco (un tessuto ruvido e fastidioso) , cospargersi di cenere ed astenersi dai profumi, pingere e digiunare.
E' tanto grande l'amore di Dio per l'uomo che egli stesso non esita a convertirsi per evitare alla sua creatura di correre il rischio del fallimento totale, cui conduce il peccato (è il significato del verbo "perdere" o "andare perduti", tanto frequente nei vangeli).


PURO E IMPURO

Puro e Impuro nella tradizione biblica

Gli ebrei,come gli antichi popoli orientali, consideravano "puro" tutto ciò che appartiene all'ambito del sacro e favorisce il culto a Dio. Ritenevano invece "  impuro" tutto ciò che si oppone al sacro ed è di ostacolo al culto.
Una simile distinzione non riguardava però riguardava la sfera morale di una persona , ma solo le condizioni necessarie per essere ritenuti idonei o no al culto e per essere inseriti nella vita della comunità (un lebbroso ne era escluso).
Nel libro del Levitico (il libro della bibbia che si interessa alla vita religiosa del popolo di Israele) troviamo un ampia sezione, racchiusa nei capitoli 11-15, interamente dedicata alla distinzione fra ciò che è puro e ciò che è impuro (noi diremmo, oggi, tra sacro e profano).
In questa sezione viene presentata la distinzione fra animali puri ( di cui ci si può cibare, come pecore, vitelli, agnelli) e animali impuri  (di cui è proibito cibarsi, come il cammello e il maiale) e viene considerata come fonte di contaminazione (o impurità) la sfera legata al parto, alla nascita, alla morte, alle relazioni sessuali e alla malattia (in particolare la lebbra) .
Chi era incorso nell'impurità originata da una di queste condizioni, prima di dedicarsi al culto, doveva sottoporsi a particolari riti di purificazione (come lavarsi in acqua corrente e offrire un sacrificio di espiazione).
Al tempo di Gesù era ancora in vigore la distinzione fra puro ed impuro, sostenuta dal gruppo dei farisei. Ma Gesù insegna a dare il primato alla purezza interiore, che ha il suo centro  nel cuore dell'uomo, da dove può uscire ciò che veramente contamina la sua esistenza.
Anche la prima comunità cristiana, sull'esempio di Gesù, ha privilegiato la purezza interiore e morale.

venerdì 17 ottobre 2014

ALLELUIA

Lodate il Signore, canto di preghiera nella Bibbia


Insieme con le parole Amen (è vero, credo) e Osanna (donaci , o Dio, salvezza) , il termine Alleluia è quello di origine ebraica che con più frequenza è ancora sulle nostre labbra e risuona nel canto durante le nostre celebrazioni.
nella sua origine ebraica, questo termine deriva dal verbo halàl, che significa lodare, e dal nome di Dio Yah, che è una abbreviazione di Yahwèh, il Signore. Il significato di Alleluia è quindi : Lodate (in ebraico allelù) il signore (in ebraico, Yah).
E' soprattutto il libro dei Salmi quello che, nalla Bibbia, contiene maggiormente l'invito ai fedeli in preghiera a lodare il signore con il canto dell'Alleluia. Questo spiega perché normalmente (non in quaresima), nella celebrazione eucaristica, ancora oggi l'alleluioa è inserito nel contesto del Salmo responsoriale, come canto di risposta alla parola di Dio ascoltata e come lode di ringraziamento per il dono del Vangelo  di Gesù cristo che verrà subito proclamato.
nel libro dei Salmi, inoltre va ricordato che alcune composizioni sono conosciute come Salmi Alleluiaci ( Sal 104-106; Sal 147-150: tutti contengono il canto festoso dell'Alleluia).
Sono chiamate piccole Hallel (lode) le composizioni racchiuse nei Salmi 113-118, mentre il salmo 136 è conosciuto come grande Hallel . Questi salmi venivano cantati nelle grandi feste di Pasqua, di pentecoste e delle Capanne: il loro contenuto, infatti, è una intensa lode al Signore per i grandi benifici concessi a Israele e per i suoi decisivi interventi nella storia della salvezza.
Sono gli stessi Salmi cantati da Gesù e dai discepoli dopo la cena pasquale, come un unico grande inno: " dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi".
Nel libro dell'Apocalisse , con il canto dell'Alleluia la comunità cristiana esprime la gioia di essere salvata e riconfermata la sua fede nel Risorto con il suo corale Amen.

Primo Girone (biblista)

I NUMERI

Il significato simbolico nella Bibbia


Oltre al valore quantitativo di unità di misura, nella Bibbia, i numeri esprimono più frequentemente un valore qualitativo, che da loro un particolare significato simbolico. Questa precisazione è necessaria, per evitare di cadere in una lettura, fondamentalista della Bibbia, limitata cioè al solo significato letterale dei numeri.
Il primo numero dal ricco simbolismo  è il sette. In esso è racchiusa l'idea di ciò che è perfetto, compiuto, poiché evoca il compimento della creazione e il riposo della festa (al settimo giorno Dio si riposò).
Il quattro è il numero che allude all'universalità e che racchiude tutta la realtà creata: " i quattro angoli della terra", significano tutta la superficie della terra (indicata attraverso i quattro punti cardinali ).
Il numero sei simboleggia tutto ciò che è imperfetto, incompiuto e negativo: E' il numero dei sei giorni lavorativi, che raggiungono il loro compimento nel " riposo" del settimo giorno. A questo significato di incompiutezza alludono pure le espressioni, "un tempo, più tempi e la metà di un tempo", oppure " un tempo, due tempi e la metà di un tempo".
Al numero dodici è attribuito il simbolismo della totalità perfetta, come appare nella designazione delle 12 tribù di Israele e dei 12 apostoli. E' anche il simbolo di abbondanza: pensiamo alle 12 ceste di pane avanzate dopo il miracolo della moltiplicazione. Il quadrato di dodici moltiplicato per 1000 (simbolo di universalità) è all'origine del numero 144.000, che nell'Apocalisse indicava l'universalità della salvezza e non un numero determinato.
Nel numero quaranta sono simboleggiati gli anni di una generazione, ma anche la durata di un periodo di prova (i 40 anni di  Israele nel deserto) o di preparazione alla missione (i 40 giorni di Gesù sottoposto alla tentazione).
Presso gli ebrei i numeri vengono indicati anche dalle 22 lettere del loro alfabeto. Ad esempio il numero 666 riportato in Ap 13,18 corrisponderebbe alle parole " Cesare Nerone", l'imperatore romano persecutore dei cristiani.
Sant'Agostino amava dire che con le Sacre Scritture "Dio non voleva fare dei matematici, ma dei cristiani.

martedì 14 ottobre 2014

LE DIECI PAROLE

Che indirizzano l'uomo a Dio


A differenza di noi, che fin dagli anni del catechismo siamo abituati a chiamare con il nome di "dieci comandamenti" la legge donata da Dio al suo popolo per mezzo di Mosè, la Bibbia preferisce l'espressione " le dieci parole, come significa originariamente, la parola decalogo (dal greco déka, "dieci" e logos , "parola").
La bibbia contiene due versioni del decalogo.  La prima è racchiusa in Esodo ed è collocata nel contesto della manifestazione di Dio a Mosè sul monte Sinai. La seconda è contenuta nel Deuteronomio, inserita nel contesto delle esortazioni rivolte al popolo di Israele, perché ascolti e custodisca la Parola di Dio. Questre due versioni si differenziano nelle motivazioni che danno ai diversi comandamenti. Ad esempio, il comandamento che esorta all'osservanza del riposo nel giorno del Sabato ( per noi cristiani, la Domenica) nel libro dell'Esodo richiama il settimo giorno quando Dio stesso si riposò, dopo aver lavorato per sei giorni.
Nel libro del Deuteronomio , invece il Sabato è presentato come il giorno di riposo e di festa, perché ricorda la liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana.
Nel libro dell'esodo il comandamento che prescrive di "non desiderare la donna del tuo prossimo" colloca la donna tra i beni che l'uomo possiede, dove prima viene la casa, mentre la donna è collocata accanto agli schiavi e agli animali domestici. Nel libro del Deuteronomio , invece, la donna è posta al primo piano, superiore ad ogni altro bene materiale che l'uomo  può possedere.
Nella Bibbia si trova un interessante parallelismo tra le "dieci parole" che Dio pronuncia nell'opera della creazione (dove per dieci volte appare l'espressione " Dio disse") e le dieci parole (o comandamenti) che regolano la vita dell'uomo.
Il significato è che tutto il creato e tutto l'uomo sono opera delle mani creatrici di Dio e hanno vita dalla sua parola. Giustamente perciò l'orante dei Salmi esprime la sua gioia nel cantare a Dio "con l'arpa a dieci corde" che lo orientano a Dio.

SAPIENZA

Dell'agire di Dio e dell'agire dell'uomo

Presso gli antichi popoli la sapienza era l'insieme delle norme che regolavano l'universo, come erano state stabilite dalla divinità. Solo in seguito divenne il termine per indicare le capacità di buon governo e di saggia amministrazione dei re e dei funzionari di corte.
Nella tradizione biblica il Re Salomone (il pacifico) è stato sempre considerato il modello del Re sapiente, fino ad attribuirgli quella che è stata chiamata la " corrente sapienziale" , che ha permeato tutto l'antico mondo orientale.
A questa corrente, nella Bibbia si ispirano i cosiddetti " libri sapienziali"  che costituiscono una delle tre grandi parti in cui è suddiviso l'Antico Testamento. Essi sono: Giobbe, Salmi, Proverbi, Quelet, Cantico dei Cantici, Sapienza, Siracide.
Riferito all'uomo in questi testi il termine "sapienza può essere inteso come la dimensione spirituale interiore dell'esistenza, quella che noi, cioè chiamiamo "dimensione religiosa". Alla sua luce l'uomo comprende se stesso, gli avvenimenti, le stesse necessità del suo vivere e i rapporti con il prossimo. La sapienza è la capacità di riferire tutto a Dio e alla sua parola, più che esprimere l'intelligenza o le molte doti dell'uomo.
Essa perciò diventa l'elemento che distingue un uomo dall'altro. nei libri sapienziali l'uomo sapiente (o saggio)  è chiamato giusto, l'uomo non sapiente (o stolto) è chiamato "empio" . Il primo colloca Dio al centro della propria esistenza, il secondo vive come se Dio non esistesse.
Riferita a dio, la sapienza è uno dei modi in cui egli rivela se stesso, accanto alla parola e alla Legge. In questo senso essa viene  anche personificata: " il Signore mi ha creato come inizio della sua attività.... Dall'eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra.
E' per questo che il Nuovo Testamento applica a Gesù rivelatore definitivo del Padre, questo stesso termine, quando viene chiamato " Sapienza di dio"

FAMIGLIA, RISORSA DI EVANGELIZZAZIONE

Con il prossimo sinodo straordinario, le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell'evangelizzazione (5-19 ottobre) la famiglia torna con forza nel cuore della vita della chiesa. Per la prima volta i lavori preparatori al Sinodo sono stati accompagnati da un questionario con 38 domande, compilato da Chiese nazionali, diocesi, parrocchie, associazioni, movimenti e singoli fedeli.
Una grande operazione di ascolto e di dialogo con l'umanità tutta , con cui la chiesa accetta la sfida dei tempi e, senza metter in discussione il prezioso tesoro della tradizione, ascolta nuove domande, nuove inquietudini nuove sofferenze del'uomo per essere sempre più capace di prossimità, di misericordia, di accoglienza, all'interno del gioioso e fiducioso annuncio della Buona Novella.
In questa prospettiva, appare preziosa la grande attenzione riservata ai temi di confine, legati alla grande sofferenza e fragilità nei confronti del matrimonio e della famiglia dell'uomo contemporaneo. Un uomo, che travolto dall'individualismo e dalla cultura dello scarto, non riesce più a riconoscere la buona notizia della famiglia nella sua dimensione naturale, nell'amore fra uomo e donna, fedele indissolubile e aperto alla vita.
Proprio attraverso un rinnovato ascolto di queste sofferenze e delle difficoltà dell'azione pastorale quotidiana, la Chiesa tutta, dal vescovo di Roma fino alla più umile e povera famiglia, anch'essa "Chiesa domestica" , potrà rinnovare la sua missione di annuncio, accoglienza e testimonianza del Vangelo.

L'INNO DEL "GLORIA A DIO"

Proclamando nella liturgia festiva il Gloria a Dio, l'assemblea rende lode alla SS Trinità attraverso una serie di testi della Sacra Scrittura.
L'esordio è tratto dal canto natalizio degli angeli ai pastori che vegliano il gregge: " Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama". La pace sulla terra si coniuga con la dinamica del Regno messianico preannunciato dai profeti. Segue una serie di verbi che hanno come soggetto la comunità che loda, benedice, adora, glorifica e rende grazie al Signore  Dio, " Re del Cielo" e "Padre onnipotente". La regalità celeste richiama la confessione di fede di Tobia e di Daniele.
Dopo aver lodato il padre si passa a contemplare il figlio " unigenito". La presentazione del Cristo salvatore è caratterizzata da un vocabolario giovanneo: egli è l'unigenito ed è designato dal Battista come " l'agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo".
In rapida successione si allude al mistero pasquale di Gesù e alla sua ascensione alla destra del padre.
L'inno del Gloria a Dio termina con la dossologia trinitaria, nella quale si uniscono il Figlio e lo Spirito santo alla gloria del Padre, compimento della storia e sorgente della vita senza fine.
Il Gloria a Dio è davvero un canto da meditare e da vivere.

SUOR EMANUELLE DEL CAIRO

L'amica dei "zabbalin", gli straccivendoli egiziani

Immondizia, topi, pulci, maiali, fango: chi mai vorrebbe vivere in un posto così? Eppure è la casa di tanti uomini di questa terra ed è proprio quì che suor Emanuelle ha deciso di vivere parte della sua vita: straccivendola con gli straccivendoli.
Medeleine Cinquin nata a Bruxelles il 16 novembre nel 1908, resta a soli 6 anni orfana di padre; diventa una giovane bella e corteggiata, in cerca di divertimenti, ma con un vuoto interiore che riempirà a 23 anni entrando nella congregazione Notre-Dame de Sion con il nome di suor Emanuelle.
Dopo aver insegnato lettere in Turchia, Tunisia ed Alessandria d'Egitto, nel 1971 (ormai in pensione) decide di trasferirsi in una baraccopoli del Cairo dove vi rimarrà per 22 anni, vicino ai più poveri, in particolare ai bambini : cristi degli ultimi.
ani e musulmani senza alcuna differenza perché Dio è unico ed è amore.
Ponendosi alla loro pari, non accetta alcun privilegio: accoglie le loro sofferenze, tradizioni, scoprendo un mondo crudele dove non manca l'amore, la gioia e la speranza.
Aiutata da Sarah, una suora egiziana che ha scelto di vivere con lei, realizza così il sogno di sempre: vivere con i poveri. Donna di fede e di giustizia, di coraggio e di tenacia, anche quando la malattia flagella e la paura assale.
Nel 1980 fonda l'ASMAE (Assiciation Soeur Emanuelle)  che oggi è una ONG diffusa in tutto il mondo. Affonderà i suoi piedi nel fango fino al 1993, poiché obbedendo alle sue superiori, ritorna in francia, dove continua ad occuparsi degli ultimi.
Morirà il 20 ottobre 2008 in una casa di riposo del Var, nel sud del paese, consegnandoci una vita ricca tra i più poveri. Sulla sua tomba chiede di scrivere questa frase: " HO VISSUTO"

martedì 16 settembre 2014

VI TRASMETTO QUELLO CHE HO RICEVUTO

“VI TRASMETTO QUELLO CHE HO RICEVUTO”
La Fede ha una dimensione comunitaria. Nel capitolo 3° della Lumen Fidei il Papa Francesco riprende, sviluppa e precisa bene quest’aspetto. Innanzitutto usando un immagine molto semplice, ma bella ed efficace, afferma che “ La fede si trasmette  nella forma del contatto, da persona a persona, come una fiamma si accenda da un'altra fiamma” e passa attraverso il tempo di generazione in generazione.
La lettera lo dice con chiarezza e forza. Impossibile credere da soli…. E’ possibile rispondere in prima persona, io credo, solo perché si dice anche, crediamo.
E’ una conseguenza logica della stessa vita umana. Nessuno può vivere da solo. Nessuno si è dato la fede da se stesso, così come nessuno da se stesso si è data l’esistenza.
Il Papa richiama quattro classici modi  di questa trasmissione della fede: il Credo, i Sacramenti detti appunto della fede, specie il Battesimo e l’Eucarestia, il Decalogo e la preghiera, citando il catechismo della Chiesa Cattolica.
La Chisa ha poi il compito di garantire l’unità della fede, poiché secondo il detto di San Leone Magno “ se la fede non è una, non è fede”, come uno è Dio e uno è il Cristo, incarnato per noi.
Molto importante e qualificante è poi la precisazione finale: “ Come servizio all’unità della fede e alla sua trasmissione integra, il Signore ha dato alla Chiesa il dono della successione apostolica”, vale a dire il Papa e i Vescovi, affinché la garanzia della connessione con l’origine della fede sia data da persone vive, e ciò risponde alla fede viva che la Chiesa trasmette.


SE NON CREDERETE NON COMPRENDERETE

Se non crederete non comprenderete

Si affronta la questione forse più delicata e difficile, specialmente per il nostro tempo: quella della corretta relazione, peraltro necessaria ed ineludibile, tra fede e verità.
Infatti se da un lato “l’uomo ha bisogno di verità, perché sena di essa non si sostiene, non va avanti, la fede senza verità non salva, non rende sicuri i nostri passi. Resta una bella fiaba, la proiezione dei nostri desideri di felicità, oppure si riduce a un bel sentimento. Perciò richiamare la connessione della fede con la verità è oggi più che mai necessario, proprio per la crisi che viviamo.
Il papa denuncia il rischio del relativismo, se non si supera lo scoglio della separazione o addirittura l’opposizione tra fede e ragione ed offre la soluzione con proporre un legame che sciolga il dilemma, citando Paolo quando afferma che “con il cuore si crede” e cioè che la fede e la ragione hanno bisogno ambedue dell’amore vero, il solo capace di comporre in armonia fede e verità, come ampiamente risulta chiaro dalla storia biblica: “il Dio vero è il Dio fedele”.
Di qui l’esigenza di un fecondo e continuo dialogo tra fede e ragione, affinché si rafforzino a vicenda, invece di contrapporsi. Il credente non è arrogante. Lungi dall’irrigidirci  , la sicurezza della fede ci mette in cammino e rende possibile la testimonianza ed il dialogo con tutti.


PAROLA DEL SIGNORE

PAROLA DEL SIGNORE
Presentazione:
La risonanza suscitata da “ Parola del Signore “ ha dimostrato che la Bibbia è sempre attuale. Oggi, come duemila anni fa , il suo messaggio continua ad essere ascoltato e letto con piacere, purché venga espresso  in un linguaggio comprensibile all’uomo del nostro tempo. Ma una traduzione, anche se fatta in un linguaggio corretto e semplice, solo può dire  in modo equivalente  ciò che il testo originale diceva degli antichi lettori di Corinto, di Roma, di Efeso, o di Tessalonica ecc….
Da essa è difficile , se non impossibile , sapere chi sia l’autore di ogni scritto , a quale comunità appartenesse, in che periodo della storia, dove e per chi abbia scritto. Così pure non è sempre facile percepire le affinità di pensiero tra uno scritto e l’altro , la situazione del mittente e dei destinatari e la loro problematica.
Ebbene la presente edizione  di “ Parola del Signore” vuole con alcune annotazioni aiutare il lettore  a conoscere nelle loro linee essenziali tali problemi. Per questo ogni singolo scritto (vangeli. Lettere, ecc..) ogni sua parte e i singoli brani saranno preceduti  da un titolo o una breve introduzione. Non si tratta di un commento esaustivo . Si vuole semplicemente rilevare , a volte con semplici interrogativi , i punti di vista , le premesse e i problemi presupposti dai brani in questione . Il lettore di oggi deve saper comprendere quanto veniva raccomandato al lettore di allora, in modo da capire fino a che punto il messaggio lo interpella e lo coinvolge.

Introduzione:
Il Nuovo Testamento si apre con i quattro Vangeli che sono il racconto della vita di Gesù, riferiscono il suo insegnamento , le opere da lui compiute , la sua morte e la sua resurrezione.
La caratteristica principale dei primi tre vangeli , quelli di Matteo, Marco e Luca, è questa: che presentano sorprendenti somiglianze  e, in alcuni casi, vere e proprie coincidenze.  Malgrado ciò ogni vangelo conserva una sua inconfondibile fisionomia  e offre all’intero messaggio del Nuovo Testamento un suo tipico contributo.
Il Vangelo di Giovanni si distingue dagli altri perché  l’autore mette in luce alcuni aspetti  centrali della persona di Gesù, e ne propone una meditazione profonda.
Ai Vangeli seguono gli Atti degli Apostoli : quasi un “diario” della prima comunità cristiana , steso da Luca.
Vengono poi , nell’ordine , le lettere di Paolo, che, però, sono i primi scritti del Nuovo Testamento: Paolo infatti  è morto prima che gli evangelisti  scrivessero il loro vangelo . Queste lettere, nello stile del tempo, espongono e sviluppano gli atteggiamenti diversi della fede, e dicono come questa deve tradursi nella vita.
Seguono ancora nell’ordine : la lettera agli Ebrei che è un appello rivolto ai cristiani di origine ebraica  molto legati alle loro antiche tradizioni, perché rimangano fedeli a Gesù, l’unico vero Messia; e lettere chiamate  “cattoliche” o  “universali”, che affrontano temi e problemi che riguardano la condotta delle prime comunità.
L’ultimo libro del Nuovo Testamento, l’Apocalisse, si stacca dai precedenti , perché il suo autore , con potente simbolismo, schiude il nostro sguardo  sulla fine dei tempi , in base a quanto gli ha rivelato Cristo, centro della Storia.
E’ fuori dubbio che nel Nuovo Testamento s’incontrano differenze anche marcate di stile e di contenuto: perché raccoglie ventisette scritti (comunemente chiamati libri); e c’è in esso , nell’arco di cinquant’anni , la mano di una dozzina di autori. Eppure il Nuovo Testamento (è questa la sua singolare originalità) s’incentra tutto su un solo motivo: l’amore di Dio per gli uomini rivelato nella persona di Gesù Cristo. Si che le sue pagine altro non sono  che variazione del medesimo tema . Come in una sinfonia.

Questa traduzione è la prima iniziativa del genere in Italia. Essa è stata realizzata , secondo i principi direttivi interconfessionali , da un gruppo di studiosi cattolici e protestanti che hanno lavorato assieme  per parecchi anni , seguiti dai responsabili  delle rispettive chiese. Il progetto è stato approvato  separatamente  dalle varie confessioni cristiane , quelle che hanno impegnato gli esperti  nel lavoro; il testo finale , dell’Alleanza Biblica Universale e, da parte cattolica, dall’autorità ecclesiastica.



VANGELO DI   MATTEO

Molto presto la Chiesa ha riconosciuto la “ Buona Notizia” secondo Matteo  come il vangelo più importante . Per lungo tempo esso fu ritenuto il più antico . Oggi gli studiosi della Bibbia  sono senz’altro d’accordo  a ritenere che il primo a scrivere un vangelo fu Marco, mentre Matteo (come del resto Luca) conoscendo già il vangelo di Marco scrisse il proprio vangelo attingendo da quello . A disposizione di Matteo c’era inoltre una raccolta  di “detti” di Gesù nonché di ulteriori tradizioni, in parte originarie, delle più antiche comunità.

Struttura e carattere dell’opera:

Matteo strutturò il suo vangelo in modo chiaro ed efficace . Esso va da Abramo , capostipite di Israele (1,2), fino a quando Gesù manda i suoi Apostoli in tutto il mondo (28,19-20). A dare l’impronta  al suo vangelo sono i grandi discorsi: il discorso della montagna (cc.5-7), il discorso della missione dei discepoli (9,35-11,1), quello delle parabole (13,1-52)  , il discorso della vita comunitaria (18,1-20), il discorso contro i farisei (23,1-36)  e il discorso sulla fine dei tempi (cc.24-25) . In Gesù Matteo vede soprattutto il maestro  mandato da Dio, a interpretare nel modo giusto e definitivo la legge di Mosè (5,17) , mostrando agli uomini ciò che Dio  si spetta da loro . Leggendo il vangelo di Matteo  non si può fare a meno di notare  che Gesù è colui che realizza l’Antico Testamento  portandolo a compimento, Ciò è particolarmente percettibile nelle narrazioni  della nascita e infanzia di Gesù (1,22-23;2,5-6.15.17-18.23); man mano poi che il vangelo  si snoda si continua  a ricordare sempre più incisivamente con citazioni dell’Antico Testamento che Gesù parla e agisce come i profeti  avevano preannunziato (4,14-16; 8,17; 12,17-21; 13,35; 21,4-5; 26,56; 27,9-10).

Gesù e Israele:

Per quanto sottolinei che Gesù realizza le promesse fatte da Dio a Israele, suo popolo, il vangelo di Matteo è però anche caratterizzato da un continuo scontro tra Gesù e i capi degli Ebrei . Si riflette in esso la situazione che seguì la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. quando cioè le comunità ebraiche respingevano sempre più i cristiani , mentre i Farisei stavano diventando i capi incontrastati  dell’ebraismo . Matteo ha riportato frasi come: “ io sono stato mandato soltanto per le pecore sperdute  del popolo di Israele” (15,24), “non andate fra gente straniera e non entrate nelle città della Samaria” (10,5). Nel suo vangelo si legge però anche che il popolo ebraico ha perduto la sua predestinazione: esso infatti , pur avendo conosciuto e approvato la volontà di Dio, non l’ha voluta seguire (21,28-32; 23,13-36), ha respinto i comandamenti di Dio e non li ha voluti osservare (21,33-46; 23,34-36.37-39) , ha rifiutato l’inviato di Dio (22,1-14) escludendosi in tal modo dalla comunione con lui. A Israele subentra la comunità cristiana formata da uomini provenienti da tutte le nazioni : “ E io vi dico che saranno molti  quelli che verranno da fuori , da oriente e da occidente , e si metteranno a tavola  con Abramo , Isacco e Giacobbe nel regno di Dio. Invece, quelli che dovevano restare nel regno saranno gettati fuori, nelle tenebre” (8,11-12). Per Matteo dunque il vero Israele è la comunità cristiana , alla quale passa la missione  che già era di Israele: essere luce per il mondo. (Ciò nonostante in 23,39 Matteo sottolinea che la condanna che ha colpito il popolo di Dio non sarà definitiva).

Una predicazione ecclesiale:

Matteo comunque intende anche richiamare l’attenzione della Chiesa sul fatto che essa non è ancora la  comunità perfetta: in mezzo al grano vi è pure l’erba cattiva (13,36-43), nella rete vi sono anche pesci cattivi (13,47-50), e tra gli ospiti ce n’è uno che non indossa il vestito della festa (22,11). Matteo sottolinea ancora che non tutti coloro che diranno: “ Signore,Signore” entreranno nel regno di Dio (7,21-23). “ Se non fate la volontà di Dio più seriamente di come fanno i Farisei e i maestri della legge, voi non entrerete nel regno di Dio”. Anche i cristiani possono perdere la possibilità di appartenere al vero popolo di Dio. Il giudizio universale incombe anche su di loro. Allora si vedrà chi si sarà davvero comportato da seguace di Cristo, se avrà soltanto esclamato “Signore, Signore” o se invece sarà vissuto in modo coerente.



Autore e Tempo:

Chi ha scritto il Vangelo secondo Matteo? L’autore non dice il proprio nome. Il titolo “ Secondo Matteo” venne aggiunto in un secondo tempo. In base ad un osservazione di Papia, vescovo dell’Asia Minore nella metà del II secolo, il vangelo andrebbe attribuito al discepolo Matteo, che si chiamava Levi ed era esattamente delle tasse, ma che in questo Vangelo viene detto Matteo. Però un testimone oculare dovrebbe forse dipendere da altre fonti ed assumerle in parte letteralmente? Dato che l’autore sii presenta come molto esperto nella scienza degli scribi, è lecito supporre che fosse molto vicino ai circoli dei maestri della legge. Tuttavia egli ha scritto il suo Vangelo in lingua Greca, pur accogliendo tutto il patrimonio legato alle tradizioni delle prime comunità della Palestina, e la sua comunità vive in continuo conflitto con la comunità ebraica.
Per questi motivi si suppone che vivesse nelle regioni vicine alla Palestina, forse in Siria. Il Vangelo di Matteo dev’essere stato scritto intorno all’80 d.C.
Le fonti:
Già molto presto le comunità cristiane della Palestina avevano cominciato a radunare i “ detti” di Gesù per la predicazione e l’insegnamento. E’ probabile che questa raccolta sia stata presto affidata allo scritto. Tale raccolta di “detti” pur non essendo giunta fino a noi può essere riconosciuta in una certa misura. Dato che Matteo e Luca sfruttano ampiamente come fonte comune quello che si legge nel Vangelo di Marco, fino a coincidere nella serie dei “detti” e in parte anche nel testo, si può essere quasi certi che qui essi seguono un modello scritto.
Della raccolta di “detti” fanno parte, ad esempio, il Padre nostro (Matteo 6,9-13; Luca 11,2-4); i detti sulle preoccupazioni (Matteo 6,25-34; Luca 12,22-31); sulla preghiera (Matteo 7,7-11; Luca 11,9-13); sul seguire Gesù (Matteo 8,19-22; Luca 9,57-60), e probabilmente anche il discorso della pianura (Luca 6,20-49) che Matteo completò nei cc. 5-7 con altri detti di Gesù.

L’ORIGINE DI GESU’, LA SUA NASCITA E INFANZIA (CC.1-2)

Pochi Racconti del nuovo Testamento sono così  generalmente conosciuti ed amati come quelli della nascita e dell’infanzia di Gesù, che aprono i Vangeli di Matteo e di Luca. Confrontando però attentamente i racconti dei due Evangelisti non si può non notare che gli avvenimenti da essi narrati non sono gli stessi. Anche i dati che permettono un confronto, come l’elenco degli antenati di Gesù e la sua nascita, sono visti da due punti di vista completamente diversi. Anche Matteo, come Luca non ha voluto redigere un resoconto, ma piuttosto porre l’accento sull’identità di questo bambino chiamato Gesù, e sul significato della sua nascita per la storia di Dio con gli uomini. Le narrazioni dei primi due capitoli di Matteo intendono appunto dimostrare che Gesù è colui che adempie e porta a compimento quanto Dio ha promesso al suo poplo nell’Antico Testamento.

Gli Antenati di Gesù
Non ci troviamo di fronte a una semplice enumerazione degli antenati di Gesù. L’albero genealogico intende infatti dimostrare che tutta la storia di Israele si avvia secondo la sua mèta secondo il piano prestabilito da Dio, e trova in essa il suo adempimento. La mèta è Gesù. Abramo ,il capostipite di Israele, aveva ricevuto la promessa che Dio, per mezzo suo, avrebbe benedetto tutti i popoli della terra (Genesi 12,2-3; vedi Galati 3,8). Alla casa del re Davide Dio aveva promesso discendenza per sempre (2 Samuele 7,11-16). Vengono pure nominate quattro donne. Dio le scelse in condizioni straordinarie ad esere madri (Genesi 38; Giosuè 2; Rut 1-4; 2 Samuele 11) Esse preparano la strada a Maria.

1)
Gesù Cristo è un discendente di Davide, il quale a sua volta è un discendente di Abramo. Ecco l’elenco degli antenati della sua famiglia :
Abramo fu il padre di Isacco; Isacco di Giacobbe; Giacobbe di Giuda e dei suoi fratelli; Giuda fu il padre di Fares e Zara (loro madre fu Tamar); Fares di Esròm;  Esròm di Aram;  Aram fu padre di Aminadàb; Aminadab’ di Naassòn; Naassòn di Salmòn; Salmòn fu il padre di Booz (la madre di Booz fu Racab); Booz fu il padre di Obed (la madre di Obed fu Rut); Obed fu il padre di Iesse; Iesse fu il padre di Davide.
Davide fu il padre di Salomone (la madre era stata moglie di Uria)¸Salomone fu il padre di Roboamo; Roboamo di Abia; Abia di Asàf; Asàf fu il padre di Giòsafat; Giòsafat di Ioram; Ioram di Ozia; Ozia fu il padre di Ioatam; Iotam di Acaz; Acaz di Ezechia; Ezechia fu il padre di Manasse; Manasse di Amos; Amos di Giosia;
Giosia fu il padre di Ieconia e dei suoi fratelli, al tempo in cui il popolo di Israele fu deportato in esilio a Babilonia. Dopo l’esilio a Babilonia, Ieconia  fu il padre di Salatiel; Salatiel fu il padre  di Zorobabèle; Zorobabèle fu il padre di Abiùd; Abiùd di Eliacim; Eliacim di Azor;  Azor fu il padre di Sadoc; Sadom di Achim; Achim di Eliùd;  Eliùd fu il padre di  Eleàzar; Eleàzar di Mattan; Mattan di Giacobbe; Giacobbe fu il padre di Giuseppe; Giuseppe sposò Maria e Maria fu la madre di Gesù, chiamato Cristo.
Così da Abramo a Davide ci sono quattordici generazioni; dal tempo di Davide fino all’esilio di Babilonia ce ne sono altre quattordici; infine dall’esilio in Babilonia fino a Cristo ci sono ancora quattordici generazioni.
Come nacque Gesù

Negli ambienti ebraici si pensava che il Messia, il Salvatore promesso sarebbe stato un successore di Davide. Giuseppe, il cui albero genealogico  riconduce a Davide , viene qui presentato come il padre legale di Gesù. Non solo: Dio il creatore, del mondo, interviene e mediante il suo Spirito genera questo figlio, adempiendo così la promessa contenuta nel libro di Isaia.

Ecco come è nato Gesù Cristo. Maria, sua madre, era fidanzata con Giuseppe: essi non vivevano ancora insieme, ma lo Spirito Santo agì in Maria ed ella si trovò incinta . Ormai Giuseppe stava per sposarla. Egli voleva fare ciò che è giusto, ma non voleva denunziarla di fronte a tutti . Allora decise di rompere il fidanzamento, senza dire niente a nessuno.
Ci stava ancora pensando , quando una notte in sogno  gli apparve un angelo del Signore e gli disse: “ Giuseppe, discendente  di Davide, non devi avere paura di sposare  Maria, la tua fidanzata: il bambino che lei aspetta  è opera dello Spirito Santo. Maria partorirà un figlio e tu gli metterai nome Gesù , perché lui salverà il suo popolo da tutti i peccati.

E così si realizzò quel che il Signore aveva detto per mezzo del profeta Isaia:
“ Ecco, la vergine sarà incinta, partorirà un figlio ed egli si chiamerà Emmanuele.
Questo nome significa: “Dio con noi”
Quando Giuseppe si svegliò, fece come l’angelo di Dio gli aveva ordinato e prese Maria in casa sua. E senza che avessero avuto fin allora rapporti matrimoniali, Maria partorì il bambino e Giuseppe gli mise nome Gesù.

Alcuni uomini sapienti vengono dall’oriente

Il racconto preannunzia che le promesse di Dio hanno valore per il popolo di Israele, ma il re Erode teme
La “concorrenza” e non intende farsi disturbare da Dio. I popoli di tutto il mondo, però, verranno e renderanno omaggio a Gesù.
Basandosi sui doni regali, la tradizione posteriore della chiesa vide negli uomini sapienti dei re ricchi e potenti  intorno ai quali andò formandosi un numero sempre maggiore di leggende.

2)
Gesù nacque a Betlemme, una città nella regione della Giudea, al tempo del re Erode. Dopo la sua nascita, arrivarono a Gerusalemme alcuni uomini sapienti che venivano dall’oriente e domandarono: “ Dove si trova quel bambino , nato da poco, il re dei Giudei? In oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per onorarlo”.
Queste parole misero in agitazione tutti gli abitanti di Gerusalemme, e specialmente il re Erode.Il quale, appena lo seppe, radunò tutti i capi dei sacerdoti e i maestri della legge e domandò:
In quale luogo deve nascere il Messia?
Essi risposero:
A Betlemme, nella regione della Giudea, perché il profeta ha scritto:
Tu Betlemme, del paese di Giudea, non sei certo la meno importante tra le città della Giudea, perché da te uscirà un capo che guiderà il mio popolo, Israele.
Allora re Erode chiamò in segreto qui sapienti venuti da lontano e si fece dire con esatezza quando era apparsa la stella. Poi li mandò a Betlemme dicendo: “ Andate e cercate con ogni cura il bambino. Quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, così anch’io andrò a onorarlo”.
Ricevute queste istruzioni da parte del re, essi partirono. In viaggio, apparve ancora a quei sapienti la stella che avevano visto in oriente, ed essi furono pieni di grandissima gioia. La stella si muoveva davanti a loro fino a quando non arrivò sopra la casa dove si trovava il bambino. Là si fermò.
Essi entrarono in quella casa e videro il bambino e sua madre, Maria. Si inginocchiarono e adorarono il bambino. Poi aprirono i bagagli e gli offrirono regali: oro, incenso e mirra.
Più tardi in sogno, Dio li avvertì di non tornare dal re Erode. Essi presero allora un’altra strada e ritornarono al loro paese.

Giuseppe e Maria fuggono in Egitto

Un tempo i padri di Israele andarono in egitto. Più tardi diventarono schiavi, ma sotto la guida di Mosé furono liberati dalla schiavitù e condotti fuori dall’Egitto. Il popolo di Israele ripensava a quella liberazione con riconoscenza; era stato Dio ad aiutarli: “ E l’Ha chiamato a uscire fuori dall’Egitto perché era suo figlio”. Questa parola che un tempo valse per Israele, ora vale per Gesù. Egli subentra al posto del popolo di Dio, egli solo è il figlio di Dio.
Nell’Antico Testamento si narra più volte che Dio ha salvato gli uomini nei momenti difficili attraverso sogni rilevatori (ad esempio, Genesi 28,10-17). Gius (vedi 1,20; 2,19-22) Giuseppe viene ora guidato nello stesso modo  (vedi 1,20; 2,19-22)

Dopo la partenza dei sapienti, Giuseppe fece un sogno: l’Angelo di Dio gli apparve e gli disse: “ Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto. Erode sta cercando il bambino per ucciderlo. Tu devi rimanere là, fino a quando io non ti avvertirò”.
Giuseppe si alzò, di notte prese con se il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto. E vi rimase fino a quando non morì re Erode. Così si realizzò quel che il Signore aveva detto per mezzo del profeta Osea.
Ho chiamato mio figlio dall’Egitto.

Erode fa uccidere i bambini di Betlemme

In Esodo 2,1-10 si narra che Mosè, il futuro capo e liberatore, fu salvato dalla strage ordinata dal faraone. Gesù è il nuovo Mosè, salvato dalla strage di Erode.

Il re Erode si accorse che i sapienti dell’oriente lo avevano ingannato e allora si infuriò. Ricordando quel che si era fatto dire da loro, calcolò il tempo; e quindi fece uccidere tutti i bambini di Betlemme e nei dintorni, dai due anni in giù. Allora si realizzò quel che Dio aveva detto per mezzo del profeta Geremia:
Una voce si è sentita nella regione di Rama, pianti e lunghi lamenti. Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché essi non ci sono più.

Giuseppe e Maria tornano dall’Egitto

Nàzaret è la città di Gesù (vedi Marco 6,1). Come mai egli giunse proprio in quel luogo insignificante, di cui i pii Israeliti potevano dire: “ Di Nàzaret ? Dal quel paese non può venire nulla di buono “ (Giovanni 1,46). La narrazione che segue risponde a questo interrogativo.

 Dopo la morte di Erode un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe, in Egitto. L’Angelo gli disse: “ Alzati, prendi il bambino e sua madre e torna con loro nella terra d’Israele: perché ormai sono morti quelli che cercavano di far morire il bambino”.





APRITI ALLA VERITA'

“APRITI ALLA VERITA’. PORTERAI LA VITA”
Vocazioni, testimonianza della verità

Domenica 11 maggio 2014 celebriamo  la 51° Giornata Mondiale do Preghiera per le Vocazioni. Il tema proposto, Vocazioni, testimonianza della verità, insieme allo slogan Apriti alla Verità, porterai la vita, sono un invito a considerare ogni vocazione come testimonianza, vissuta in modo originale e personale della verità assoluta che è Dio, e della verità della vita.
“ Se l’eucarestia è… corpo spezzato e sangue versato per la salvezza dell’umanità,  anche la vita del credente è chiamata a modellarsi sulla stessa correlazione di significati: …bene ricevuto che tende, per natura sua, a divenire bene donato… E’ la verità della vita, d’ogni vita”
La verità della vita (bene ricevuto, bene donato) è il progetto fondamentale che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo, perché ciascuno possa camminare verso la realizzazione di se e della propria vocazione, della propria verità! Alla chiesa è richiesta la consapevolezza di dover compiere una missione di verità , in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura d’uomo, della sua dignità, della sua vocazione.
Siamo chiamati a pregare perché ogni persona si apra ai donoi di Dio, Verità assoluta, possa scoprirli nel suo cuore e vi riconosca la propria vocazione.


Nico Dal Molin

domenica 10 agosto 2014

IL CANONE DELLA BIBBIA

IL CANONE  DELLA BIBBIA
Per gli Ebrei e per i Cristiani.

Dalla originaria designazione di “ strumento di misura” il canone (dal greco Kanon, asta di misurazione)ha assunto il significato di “elenco”, “ norma” . In questa eccezione il canone indica la raccolta degli scritti biblici riconosciuti come ispirati da Dio e normativi per la vita e la fede degli Ebrei e dei Cristiani.
Il canone degli ebrei è limitato al solo Antico Testamento, che si compone di 39 libri (gli ebrei non riconoscono il Nuovo Testamento). Poiché sette libri dell’Antico Testamento erano stati scritti in greco, le autorità religiose ebraiche non li accettarono nel loro canone. Questi libri sono : Tobia, Giuditta, Sapienza, Siracide, Baruc, Primo e Secondo libro dei Maccabei.
La chiesa cattolica, invece li ha accolti  chiamandoli deuterocanonici, cioè accolti in un “ secondo” (in greco deuteros) “canone” (in greco Kanon) e cos’ i libri dell’Antico Testamento nella Bibbia sono 46.
Il Canone dei Cristiani oltre ai 46 libri dell’Antico Testamento, comprende anche i 27 libri del Nuovo Testamento . La fissazione del canone dei libri del Nuovo testamento non fu facile, perché alcuni libri ( come la lettera di Giacomo. La prima lettera di Pietro, la seconda lettera di Giovanni) non compaiono nei primi elenchi dei libri accolti dalla chiesa.
L’elenco ufficiale e definitivo dei libri canonici sia dell’Antico Testamento (46 libri) sia del Nuovo Testamento (27 libri) fu stabilito dal concilio di Trento (1546), che ne fissò il numero, il nome e l’ordine.
Le chiese Protestanti accolgono invece il canone degli ebrei per l’Antico Testamento (39 libri) e chiamano i sette libri deutorocanonici (che non riconoscono) con il nome di “ apocrifi (cioè libri da tenere “nascosti” e da non leggere in pubblico.



LIBRI DEL NUOVO TESTAMENTO

I LIBRI DEL NUOVO TESTAMENTO (La buona notizia di Gesù
 La seconda grande parte in cui è suddivisa la Bibbia è costituita dal Nuovo Testamento. Sono 27 i libri che lo compongono e il loro contenuto verte sulla persona di Gesù e la sua predicazione (i Vangeli), come pure sulla predicazione degli apostoli ( ricordiamo soprattutto le 13 lettere di San Paolo, che ogni domenica vengono proclamate) e sulla vita delle prime comunità cristiane (gli Atti degli Apostoli, e l’Apocalisse, che descrivono l’attualità missionaria agli inizi della chiesa, e il destino di sofferenza e di gloria riservato al cristiano e ala sua comunità di fede).
I vangeli ci sono giunti lungo un ampio arco di tempo che abbraccia tre tappe: la predicazione di Gesù (che non ha lasciato nulla di scritto), la predicazione degli apostoli (centrata sull’annuncio fondamentale della passione.morte-resurrezione di Gesù) e l’opera degli evangelisti che hanno fissato nello scritto la predicazione e i miracoli di Gesù, a partire presumibilmente dall’anno 70 d.C..
Sebbene il Vangelo (termine greco che significa “buona notizia”, da preferire a “buona novella”) sia uno solo, tuttavia esso ci è giunto attraverso lo scritto di quattro evangelisti: Matteo, Marco, Luca, Giovanni.
Il Vangelo secondo Matteo presenta Gesù Cristo come il nuovo Mosé, che dona all’umanità la nuova legge del Vangelo, e vede nelle opere e nelle parole di Gesù Cristo il compimento delle promesse messianiche e delle benedizioni bibliche. Si compone di 28 capitoli e risale all’anno 80 d.C. circa.
Il Vangelo secondo Marco lungo 16 capitoli che lo compongono delinea l’identità di Gesù: è il Messia (o il Cristo, cioè il “Consacrato”) e il figlio di Dio. E’ stato scritto dopo il 70 d.C..
Il Vangelo di Luca è particolarmente attento all’universalità della salvezza offerta da Gesù e alla sua grande misericordia verso i peccatori, i poveri e i malati. La composizione dei suoi 24 capitoli risale agli anni 80/90 d.C.
Il Vangelo secondo Giovanni è chiamato “il Vangelo spirituale”, a motivo dell’approfondimento delle parole, dei segni e dei simboli che caratterizzano la predicazione di Gesù Si compone di 21 capitoli, databili 90/95 d.C.


I simboli dei quattro evangelisti sono: Matteo (angelo); Marco (leone); Luca (bue); Giovanni (acquila). Questi simboli sono impressi nella decorazione marmorea del Tempio di San paolo , Alba (CN).

APRITI ALLA VERITA'

“APRITI ALLA VERITA’. PORTERAI LA VITA”
Vocazioni, testimonianza della verità

Domenica 11 maggio 2014 celebriamo  la 51° Giornata Mondiale do Preghiera per le Vocazioni. Il tema proposto, Vocazioni, testimonianza della verità, insieme allo slogan Apriti alla Verità, porterai la vita, sono un invito a considerare ogni vocazione come testimonianza, vissuta in modo originale e personale della verità assoluta che è Dio, e della verità della vita.
“ Se l’eucarestia è… corpo spezzato e sangue versato per la salvezza dell’umanità,  anche la vita del credente è chiamata a modellarsi sulla stessa correlazione di significati: …bene ricevuto che tende, per natura sua, a divenire bene donato… E’ la verità della vita, d’ogni vita”
La verità della vita (bene ricevuto, bene donato) è il progetto fondamentale che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo, perché ciascuno possa camminare verso la realizzazione di se e della propria vocazione, della propria verità! Alla chiesa è richiesta la consapevolezza di dover compiere una missione di verità , in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura d’uomo, della sua dignità, della sua vocazione.
Siamo chiamati a pregare perché ogni persona si apra ai donoi di Dio, Verità assoluta, possa scoprirli nel suo cuore e vi riconosca la propria vocazione.



APOCALISSE

Un linguaggio da decifrare

Caratterizzato dal ricorso alle visioni e ai simboli, alle immagini e ai fenomeni naturali, il linguaggio dell'apocalittica (da cui deriva il termine apocalisse) , si è sviluppato nell'ambiente ebraico, e in seguito a quello cristiano, fra il III secolo a.C. e il II secolo d. C.
nella sua origine greca, il termine apokalypsis (apocalisse) significa rivelazione, svelamento, manifestazione .
Con il linguaggio apocalittico, particolarmente usato nei momenti più drammatici della storia del popoplo biblico e delle prime comunità cristiane perseguitate, ci si proponeva infatti di " rivelare" le parole confortatrici rivolte da Dio ai suoi fedeli e di rassicurali che il suo intervento avrebbe riportato la vittoria del bene sul male.
Il ricorso a questo linguaggio cifrato, particolarmente presente nei libri profetici della Bibbia e in diversi scritti del Nuovo Testamento (pensiamo solo al libro dell'Apocalisse) , era motivato dal fatto che chi scriveva voleva evitare ogni riferimento diretto ai personaggi e alle vicende narrate, per non rischiare di esporre maggiormente al pericolo la vita delle singole persone e delle comunità coinvolte.
I simboli e le immagini più frequenti nella letteratura apocalittica si ispirano al mondo dell'uomo (le parti del suo corpo, le vesti, il sangue, le armi) e al mondo degli animali (descritti ora come immagini di ferocia violenza, ora come rappresentazione dei persecutori e dei nemici, o come strumenti di punizione dell'uomo: vedi il libro di Daniele e l'Apocalisse.
Come pure si ispirano al simbolismo dei colori (il bianco, il rosso, la luce, le tenebre, il buio) e ai fenomeni atmosferici e naturali (il fuoco, la tempesta, il terremoto,, il fumo, i fulmini, il mutamento degli astri, del sole e della luna)
Nel leggere la Bibbia occorre saper decifrare questo linguaggio, per non correre il rischio di interpretare le immagini e i simboli alla lettera e così trasformare il messaggio di consolazione e di vittoria che essi trasmettono in una visione catastrofica del mondo e della storia. E' ciò che il termine "apocalisse" non intende dire, anche se oggi questo è il significato che erroneamente e senza fondamento si è maggiormente diffuso.

martedì 29 luglio 2014

GLI SCRITTI APOCRIFI

NON RICONOSCIUTI DALLA CHIESA

Accanto ai libri Biblici riconosciuti dalla Chiesa è sorta anche una vasta letteratura composta da scritti che si ispirano sia all'Antico Testamento sia al Nuovo Testamento.
Si tratta di testi caratterizzati da un contenuto che spesso cede all'elemento fantasioso e miracolistico o che delineano il ritratto di personaggi Biblici piegandoli ad una interpretazione distorta  e con modalità diverse da quelle dei testi ispirati e canonici (cioè accolti da canone o elenco dei libri riconosciuti e accolti  dalla Chiesa).
Proprio per queste loro caratteristiche essi sono stati chiamati apocrifi, cioè libri da leggere di nascosto" (dal greco apokruphos, nascosto, segreto) Pur riconoscendo i limiti e gli errori, anche dottrinali, dei testi apocrifi va però riconosciuta la loro preziosità nel favorire una migliore comprensione del mondo della Bibbia e dell'archeologia biblica.
La letteratura apocrifa si è sviluppata dal II secolo a.C. al V secolo a.C. Tra i tanti testi apocrifi dell'Antico Testamento possiamo ricordare : Il libro di Enoch, che si ispira a quel famoso personaggio biblico (Cfr Gen 5,21-24).
Il testamento dei Dodici Patriarchi, che presenta i dodici figli di Giacobbe ed elenca le disposizioni ("testamento") date ai loro discendenti.
Il libro dei Giubilei, nel quale è narrata la storia biblica dalla creazione all'esodo, suddividendola in "giubilei", cioè in periodi di 50 anni.
Tra gli apocrifi del Nuovo Testamento (che si suddividono in Vangeli, Atti, Lettere e Apocalisse) possiamo ricordare come esemplificazione:
Il Vangelo di Tommaso, testo che si ispira allo gnosticismo e utile per comprendere la formazione dei Vangeli. Fu scoperto nel 1945 in Egitto.
Il Protovangelo di Giacomo, che si sofferma maggiormente sull'infanzia di Gesù, sulla famiglia di Maria, sulla sua nascita da Gioacchino e Anna e il suo matrimonio con Giuseppe.
La Lettera ai Laodicesi, testo molto breve, che si ispira alle lettere di san Paolo. Le lettere di san paolo a Seneca, contengono lo scambio epistolare (non autentico) tra il grande Apostolo e il famoso filosofo latino.
Secondo l'apocrifo il Protovangelo di Giacomo, Maria venne presentata al tempio all'età di tre anni.

LA MESSA DEL CRISMA

E' la messa celebrata  dal Vescovo insieme ai suoi sacerdoti nella Cattedrale della Diocesi, per benedire gli oli da usare nell'amministrazione dei sacramenti. Fin dalla remota antichità l'olio è ricco di diversi significati simbolici e indica alcune realtà di ordine soprannaturale, come la grazia e la consacrazione a Dio.
Il Crisma che il Vescovo consacra è un olio mescolato con balsamo e rappresenta i doni delle Spirito Santo ricevuti nel Battesimo, nella Cresima e nell'Ordine Sacro.
Viene benedetto anche l'olio per i catecumeni, ad esprimere la forza necessaria per assumere gli impegni della vita cristiana, e l'olio per i malati per sostenerli nella sofferenza.
Uno sguardo alle letture: Nel Vangelo gesù si presenta come il Consacrato, il Cristo che si è applicato la profezia messianica: " Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l'unzione".
La prima lettura pone la citazione di Gesù nel suo contesto, ma fa allusione al sacerdozio del popolo di Dio. L'Apocalisse sottolinea poi che è mediante il suo sacrificio che Cristo ha fatto di noi " un regno di sacerdoti per il suo Dio che è Padre".


PADRE ARSENIO DA TRIGOLO

Insegnò a credere in quell'amore immenso del Padre per tutte le sue creature; che le sofferenze, i sacrifici e le privazioni se accettati con fede conducono a Dio. Giuseppe Migliavacca (Cremona 1849- Bergamo 1909) fu ordinato sacerdote nel 1874 e nel 1875 entrò nella compagnia di Gesù. Quando l'Arcivescovo Riccardi di Torino gli affidò la guida di un gruppo di giovani desiderise di consacrarsi al Signore (1892) fondò le suore di Maria Consolatrice. Avviata la congregazione, nel 1902 ricercò il silenzio e il raccoglimento diventando novizio fra i padri Cappuccini con il nome di Padre Arsenio.

Enciclica di Papa Francesco

Come leggerla e applicarla (alcune indicazioni di marcia)

Al termine di questa rapida esposizione quasi per titoli della enciclica Lumen fidei (il nostro intento è stato quello di invogliare a leggerla attentamente ed approfondirla con pazienza), forse può essere utile tentare di suggerire alcune piste da seguire, quasi indicazioni di marcia e di impegno per tradurre in pratica di vita.
1) Sul piano personale: un serio approfondimento biblico sulla fede, come dono, cammino e storia, in tutti i suoi diversi aspetti vissuti dai grandi testimoni che hanno dimostrato come la fede non sia una dottrina astratta, teorica, ma vera esperienza drammatica di vita, di amore, di perdono, di speranza. Con una revisione del proprio atteggiamento nella ricerca religiosa e relativo studio biblico, se fatto con umiltà, soprattutto valorizzando la grazia indispensabile tramite la preghiera e i sacramenti.
2) in famiglia: una seria verifica da parte dei genitori se i loro figli possono trovare in casa la prima esperienza di fede, come prova concreta della paternità di Dio; se proprio fidandosi dell'amore dei genitori possono imparare a fidarsi di Dio stesso, atteggiamento decisivo per la fede vera.
3) A livello ecclesiale: sulla base dell'interessante considerazione circa il Battesimo dei bambini giustificata unicamente per la fede di genitori e padrini, rimeditare l'esigenza di sentirsi tutti corresponsabili della fede di tutti richiamando la verità della comunione dei Santi e quindi la verifica concreta dello stile di partecipazione alla Liturgia, specie quella eucaristica. Il tutto con umiltà, generosità egioia, consapevoli di essere dei fortunati perché toccati dalla grazia di credere all'Amore.

IL CUORE NELLA BIBBIA

Centro della persona umana

"Tu amerai il signore Dio tuo, con tutto il cuore" Nella Bibbia l'invito ad amare il Signore coinvolge sempre il cuore dell'uomo. Infatti, mentre per noi il cuore indica il luogo dei sentimenti e dell'affetto, nella concezione biblica designa invece tutto l'uomo, la sua volontà e coscienza, la sua capacità di scegliere e di decidere tra il bene e il male.
Nel cuore è quindi il centro della persona da cui si diffondono il bene e il male. Per questo Gesù può dire ai suoi contemporanei che il male non viene dal di fuori dell'uomo, ma ha le sue vere origini nell'uomo stesso, nelle sue scelte, nel suo stile di vita, cioè nel suo cuore: " Dal dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini escono i propositi  di male: impurità, furti, omicidi, adulteri....invidia, calunnia , superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo.
Nel cuore dell'uomo quindi culmina l'opera educatrice di Dio che, partendo dalle molte norme esteriori, è ora finalmente arrivata, con la parola di Gesù, al suo centro, alla sua interiorità al suo cuore.
Un atteggiamento dell'uomo particolarmente disapprovato dalla Bibbia è la " durezze di cuore": " Non indurite il cuore come a Meriba" (sal.95,8), " Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli" (Mt 19,8).
La durezza di cuore è chiamata nel Vangelo con il vocabolo greco skerokardia (letteralmente "sclerosi del cuore"). Il termine sklerotes (sclerosi) indica l'indurimento o la chiusura delle arterie, per cui il sangue non affluisce con facilità ne nostro organismo, con grave rischio per la salute. Così è dell'uomo nel cui cuore non fluisce più la Parola di Dio. Non più alimentata da questo flusso vitale, l'uomo rischia il fallimento totale di se stesso.
Si rende necessaria una profonda conversione, che il Salmista invoca con umiltà (Crea in me, o Dio, un cuore puro; e che Gesù chiama "purezza di cuore", alla quale è promessa la beatitudine della visione di Dio (Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio).

domenica 6 luglio 2014

ALLEGORIA

Diversi modi di leggere la Bibbia
Questo termine di origine greca (alos, "altro", agoreùo, "dire") racchiude quel modo di interpretazione della Bibbia, che era adottato dai Padri della Chiesa (cioè i grandi scrittori e commentatori della Bibbia dei primi secoli cristiani) e conosciuto come lettura allegorica.
Ricercare un "altro" significato di un testo biblico significava aprirsi ad un "altro" registro (o modo) di lettura, un registro più profondo, più spirituale, capace di illuminare e orientare la vita e la fede del credente.
Ma soprattutto la lettura allegorica della Bibbia trovava la sua motivazione di fronte a quei testi che presentavano maggiori difficoltà di comprensione o contenevano episodi e azioni che potevano sembrare a prima vista poco "edificanti" (pensiamo alla "guerra santa" o all'ordine divino di sterminare i nemici sconfitti o a comportamenti non sempre esemplari sotto l'aspetto morale).
Alla lettura allegorica della Bibbia (il cui esponente principale fu Origene (185-254) si contrapponeva la lettura letterale dei testi biblici, che venivano interpretati nel loro significato immediato.
Anche gli ebrei conoscevano la lettura allegorica, che però applicavano al solo libro del Cantico dei Cantici, interpretandolo come un canto d'amore di Dio ("lo sposo") per il suo popolo Israele ("la sposa").
I commentatori cristiani invece ne facevano un'ampia applicazione interpretando tutto l'Antico Testamento come "figura" o "tipo" o "anticipazione" del Nuovo Testamento (ad esempio Mosé e Gesù, le acque del Mar Rosso e l'acqua del Battesimo).
Ma era nell'interpretazione delle parabole evangeliche che appariva con più evidenza la lettura allegorica , come l'interpretazione della parabola dl "Buon Samaritano", dove il ferito è l'umanità colpita dal peccato, il buon samaritano è Gesù salvatore, l'olio ed il vino sono i sacramenti della Chiesa e l'albergo è la Chiesa.