geronimo

lunedì 28 febbraio 2011

TERTULLIANO

TERTULLIANO
(scrittore e teologo)
Tertulliano (fine II inizi III secolo), secondo l’indicazione di San Girolamo (De Viris illustri bus 53), nativo di Cartagine , visse durante l’impero di Settimo Severo (193-211) e Antonino Caracalla (211-217) , in un periodo difficile, ma importante per la storia della chiesa. Proveniente da una famiglia Pagana, Tertulliano si convertì al Cristianesimo dopo una giovinezza dissipata, attratto forse dall’esempio dei martiri.
Rilevantissimo è il suo contributo al formarsi della dottrina teologica d’Occidente. E’ il primo teologo sistematico di lingua latina.
Circa il dogma trinitario a lui si devono i termini “una sostanza” e “tre persone”. Dal 207 i suoi scritti rilevano un influsso sempre più netto del montanismo, il movimento religioso frigio, nato nella seconda metà del II secolo a cui in seguito aderirà definitivamente , sviluppando sino alle estreme conseguenze un ideale di vita rigido, ascetico e rigorista.
Per Tertulliano la Chiesa è sempre “Madre”. Tale definizione permarrà anche nel periodo montanista.
Dice di lui Benedetto XVI: “ A me fa molto pensare questa grande personalità morale e intellettuale, quest’uomo che ha dato un così grande contributo al pensiero cristiano. Si vede che alla fine gli manca la semplicità, l’umiltà di inserirsi nella Chiesa, di accettare le sue debolezze, di essere tollerante con gli altri e con se stesso… perché solo Dio è realmente tutto santo . Noi invece abbiamo sempre bisogno del perdono” (udienza generale, 30 maggio 2007).

Tiziana M. Di Blasio (storica della Chiesa)

venerdì 11 febbraio 2011

SALE DELLA TERRA E LUCE DEL MONDO

                              Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del Mondo.

Cristo risorto è la luce che vince le tenebre del peccato e della morte: è questo che ogni domenica celebriamo nella messa. Oggi le letture ci aiutano a rimanere in questa verità proponendo l'invito di Isaia a vivere nella luce. Al popolo Ebraico preoccupato di ricostruire il tempio, Dio ricorda che il vero culto è quello dell'Amore per il povero: questo fa diventare luce la nostra esistenza.
Su questa linea rimane anche Gesù che definisce sale e luce i suoi discepoli. E' da notare che Gesù non dice "dovete essere...", ma siete. Il verbo all'indicativo dice un dato di fatto, dichiara la nuova realtà dei discepoli. Essi non sono solo degli illuminati, ma persone che partecipano  alla missione di Gesù, sono trasmettitori di luce, sono luce. I discepoli non possono attribuirsi da se stessi la luce, ma possono oscurarla se non vivono secondo  la fede. Ecco perché c'è poi un comando: " Così risplenda..." Essere sale o luce non dipende da loro: è un dono ricevuto dal maestro, ma stà a loro vivere secondo questa nuova realtà: se si è luce occorre risplendere. Anche noi oggi non possiamo sottrarci a questo compito: essere luce per il mondo.

Elide Siviero

Evy

martedì 8 febbraio 2011

FEUDALESIMO


FEUDALESIMO—FEUDO
Secolo XIV


FEUDALESIMO:
Organizzazione tipica della società franca nell’alto Medioevo , caratterizzata dall’istituto del Feudo, che costituiva una specie di proprietà privilegiata . Diffusosi anche negli stati romano-germanici , il feudalesimo ebbe esemplificazioni anche in paesi lontani, come il Giappone e l’Etiopia. Il suo significato però, a detta degli storici, non sarebbe uno stadio necessario nello sviluppo di tutte le civiltà, ma piuttosto un’esperienza storica  assolutamente originale e individuale.

FEUDATARIO:
 Chi aveva ricevuto l’investitura di un feudo: Signore di un Feudo; per estensione,  ricco proprietario terriero , anche padrone dispotico.

FEUDO:
Ricchezza di beni mobili. Istituto giuridico economico che ha qualificato in un intero periodo  della storia Medioevale  europea (età feudale) dando vita  a un sistema di rapporti e di strutture politiche  (sistema feudale, feudalesimo) entro il quale la distinzione  tra aspetti pubblici e privati  nella vita sociale tende a essere quasi annullata , o almeno, fortemente sfumata. Possedimento Feudale : concedere, ricevere in feudo: Per estensione, grande proprietà terriera , per lo più data in usufrutto  ad altri. Luogo in cui ci si sente padroni assoluti
All’epoca dei Comuni, il compenso corrisposto ai pubblici Ufficiali.

VASSALLO:
Nell’età Feudale, chi dietro giuramento di fedeltà riceve l’investitura di un Feudo dal Signore, al quale restava legato da un rapporto di dipendenza, ricevendone in cambio protezione. Cavaliere che ha giurato fedeltà al Sovrano.

VALVASSORE:
Nel sistema feudale, il vassallo del vassallo. Vassallo del Vassallo.

SIGNORIA:
Forma di governo instauratosi nel tardo medioevo in molte città italiane.

STORIA:
Il termine Feudo appare più tardi dell’istituto corrispondente e cioè non prima  della fine del secolo IX. Deriva a quanto pare dal Germano-francone  fehod , che richiama il tedesco Vieh (bestiame)  e quindi beni in genere .
All’inizio il termine si accompagnò quasi sempre a quello di  beneficium, quod vulgo dicitur feudum .Se il  rapporto feudale caratterizza un periodo della storia europea, qualificandola  come età feudale , ciò non vuol dire che aspetti più o meno appariscenti di tipo feudale non appaiono in altri periodi della storia europea (dalla clientela romana a certe forme di prefeudalesimo in area Bizantina  e Visigotica, e agli stessi rapporti di signoria fondiaria del tardo mondo antico o anche dell’età moderna)  e che forme analoghe e del tutto indipendenti di feudalesimo non si presentino in altre aree del mondo, comeè avvenuto in Giappone, il quale ebbe per molti secoli e fino agli ultimi decenni dell’Ottocento  nei daimyo e nei samurai una nobiltà feudale e militare molto simile a quella occidentale (Vassallaggio e cavalleria) . Il vincolo feudale vero e proprio si presenta  in Europa anzitutto nell’ambito del regno franco , trovando in un istituto del mondo germanico l’elemento di dipendenza personale che più lo ha caratterizzato, e cioè il legame  che univa il capo militare  col suo seguito ( Gefolgschaft, lat. Comitatus) , legame fondato sulla fedeltà dei liberi gregari (antrustiones tra i Franchi del periodo merovingio, gasindii presso i Longobardi ) con il rex, comandante della spedizione.
Accanto a tale vincolo personale di fedeltà e, rispettivamente, di protezione (detto mundeburdio, commendatio e poi vassallaggio), è da porre anche quale premessa al rapporto feudale, un vincolo reale (avente cioè per oggetto una res, una cosa) , consistente nella concessione di una terra o di altro bene in usufrutto, quale corrispettivo di determinati servizi o prestazioni.
Di derivazione tardo romana è tipico di un economia  fondata sul latifondo in un quadro politico sociale   di crisi del potere centrale (crisi dell’Impero) , tale rapporto detto beneficio, trovò vasta utilizzazione  oltre che in campo ecclesiastico , nell’ambito della corte franca ( i cosiddetti vassi  casati, beneficiari cioè di terra  con casa, in compenso dei servizi prestati) e nei rapporti economici e sociali ( vanenti, coloni,massari, concessionari di precarie) .
Quando a partire dalla metà del secolo  VIII , i re franchi della dinastia  carolingia  dovettero far fronte  alla minaccia arabo islamica incombente dalla Spagna attraverso i Pirenei e, per contrastare le incursioni  della cavalleria dei Mori , dovettero armare a loro volta un esercito a cavallo, finanziarono i cavalieri concedendo ad essi in beneficio (precariae verbo regis) terre prelevate dal fisco o dai grandi patrimoni ecclesiastici. Nacque così, in ambito militare, il pieno incontro dei due rapporti, quello personale o vassallatico, legato al giuramento, e quello reale o beneficiario, inteso a permettere  che il cavaliere ( i paladini di Francia dei poemi cavallereschi) potesse, coi proventi che traeva, armare se e il proprio seguito. A tale fase militare del feudalesimo fece seguito il grande e decisivo periodo del feudalesimo  che si può chiamare politico, nel senso che il rapporto feudale (vassallaggio beneficio) penetrò nelle strutture politico amministrative del regno franco divenuto ormai (dall’anno 800) Sacro Impero dopo la coronazione di Carlo magno da parte del papa.
La compagine di questo impero  che tende ad identificarsi con l’Europa, e amministrata localmente da funzionari, militari e civili  a un tempo: conti e marchesi (comites marchiones) , in rapporto inizialmente gerarchico e burocratico con il palazzo imperiale di Aquisgrana (e  per il regno italico, ex longobardo, con il palazzo regio di Pavia). Tale impalcatura amministrativa (nella quale i missi dominaci funzionavano da collegamento tra centro e periferia , ispezionando continuamente il territorio dell’Impero).)  non resse a lungo come tale  e ben presto, già con Carlo magno, subì un inflessione di tipo , appunto, feudale. Il rapporto gerarchico si  andò così rapidamente trasformando in un rapporto Vassallatico sicché Conti e Marchesi ribadirono il loro rapporto verso l’imperatore con giuramento di fedeltà , riconoscendosi suoi vassalli (homagiuum) , e ottenendo per contraccambio in beneficio la contea  o la marca, e cioè proventi derivanti dall’esercizio della giustizia e dall’esazione dei tributi nell’ambito di tale territorio, senza obbligo di versarli nell’amministrazione centrale. Tale esenzione, insieme al diritto di essere giudicati, in caso di un accusa, da una curia o corte dei pari, si disse con termine latino , immunitas, e cioè esenzione da obblighi o tributi (munera) Ecco perché con descrizione assai spicciativa, e valida eventualmente solo per la fase politica, si continua a ripetere che il feudo si compone di tre elementi: Vassallaggio, beneficio e immunità, mentre a qualificarlo  sono sufficienti i primi due. Il processo di feudalizzazione della società europea medioevale, iniziato agli apici si estese gradualmente verso il basso, con subinfeudazioni di cariche e di funzioni minori (capitanei, milites) , sicché ai vassalli maggiori  (conti e marchesi)  si trovarono sottoposti con vincolo analogo e rispettivo beneficio, i valvassori (vassalli, vassallorum)  e, sotto di essi, i valvassini.
La piramide feudale incontrava in tal modo alla sua base quei rapporti di tipo eminentemente privatistico  che legavano i padroni delle terre ai propri concessionari (enfiteuti, livellari) ciò che portava, come disse, a saldare e quasi confondere in una unica complessa struttura l’esercizio dei diritti pubblico amministrativi e a quello di diritti privati connessi con la proprietà e il godimento del suolo. Accanto poi a Conti e Marchesi e agli altri feudatari laici, anche vescovi e abati entrarono, già nel periodo Carolingio, a fare parte in qualche modo del ceto feudale, in quanto già in precedenza nel regno franco era il re a immetterli nel possesso dell’ufficio e del beneficio ecclesiastico, mediante la consegna  del bastone episcopale  o abbaziale (per baculum)  , atto che era gia di natura  tale da includere , per assimilazione, questi uffici ecclesiastici nell’ambito delle strutture feudali. Sicché la formula onnicomprensiva  che spesso si trova nei documenti  imperiali è: episcopi, abbates, comiteset vassalli dominaci.
La cerimonia mediante la quale si veniva a creare  il vincolo di Vassallaggio consisteva nella pronuncia della formula di giuramento  con cui il vassallo  si diceva homo del suo signore  e prometteva di essergli fedele ; ciò dicendo il vassallo metteva  le proprie mani congiunte in quelle del signore . Seguiva da parte del re , per i feudi maggiori (detti hnores) , la consegna dello stendardo (per i vescovi e abati di un bastone o scettro)  La regolamentazione di un istituto, come quello feudale sorto per generazione spontanea quale conseguenza di una crisi delle strutture politiche franche  troppo rapidamente passate da una fase arcaica , di tipo tribale,  a un’imitazione dell’amministrazione  romano bizantina, fu essenzialmente una regolamentazione  di natura consuetudinaria, che sfuggì in gran parte ai controlli dell’Autorità centrale. Questa intervenne solo raramente , come il capitolare di Kiersy ( o Quierzy) dell’877 , in cui Carlo il Calvo permise che i feudi maggiori, prima revocabili e poi vitalizi, divenissero addirittura ereditari, e la Constitutio de feudis  del 1037, con cui Corrado II il Salico concesse a sua volta che nel Regno d’Italia anche i feudatari minori (valvassori) godessero dell’ereditarietà dei loro feudi.
Il processo verso l’ereditarietà dei feudi cui si aggiunse in Italia la divisibilità e l’alienabilità (feudo cosiddetto longobardo) , finì per deformare l’istituto stesso, donde un netto predominio all’aspetto beneficiario rispetto a quello vassallatico, favorendo in tal modo  il particolarismo a tutto scapito  dell’autorità imperiale. Appunto per tentare di contenere questa tendenza, già gli imperatori della casa Sassone, tra la fine del secolo X e l’inizio del secolo XI, avevano fatto ampie concessioni di titoli comitali, o comunque di diritti feudali , ai vescovi i quali non avendo alla loro morte discendenza a cui trasmettere il titolo, non creavano ostacolo alla devoluzione del feudo e alla rinnovata disponibilità di esso da parte dell’impero. . Inoltre, risiedendo il vescovo nella città della quale era pastore, poteva tenere a freno nel territorio circostante (contado) il potere del feudatario laico che comandava dal suo castello, sito nella campagna. Fu da questa contrapposizione che prese avvio la rinascita cittadina e la conseguente economia di mercato, di contro all’economia chiusa e autosufficiente del castello  o della corte feudale (economia curtense).
Infatti sulla base dei diritti e privilegi feudali del vescovo, fosse o non fosse vescovo conte, i cives, chiamati ad assisterlo nell’amministrazione pubblica, andarono intessendo quell’organizzazione cittadina che poi, non senza contrasti, divenne libero comune tra la fine del secolo XI e l’inizio del secolo XII , Sopraffatto nell’Italia centro settentrionale, il feudo sopravvisse nel regno meridionale (Regno di Sicilia) , anche se vi fu validamente contenuto dall’autorità centrale per la presenza, non mai venuta meno, di ampie terre demaniali accanto a quelle infeudate (caratteristica questa del sistema  politico e feudale normanno che si ritrova  anche in Inghilterra) . Fuori d’Italia il sistema feudale diffusissimo in Francia  fu gradualmente contenuto  dalla monarchia che riuscì  a trasformare i feudatari in cortigiani, aprendo così la via verso l’assolutismo: mentre in Germania diede luogo al sorgere di veri e propri principati  territoriali (come del resto avvenne per la Savoia e il Piemonte ) che raggiunsero con i trattati di Vestfalia  (1648) la sovranità territoriale  nell’ambito della superiore  potestà imperiale, sicché Reich germanico offrì in tal modo  il primo modello di stato federale ( Kaiser und Reich, e cioè imperatore  e dieta imperiale) .
Resta da dire che il sistema feudale , che adempì in Occidente a un importante compito   di capillarizzazione dell’autorità nella fase formativa dell’Europa , fu da questa esportato  in altre terre  e continenti (cosiddetto feudalesimo coloniale) . Ciò avvenne anzitutto a seguito delle crociate  per cui, con il formarsi del regno di Gerusalemme  e dell’impero latino d’Oriente, le strutture feudali occidentali furono trapiantate almeno  temporaneamente , in Asia minore . E poi con la scoperta dell’America  e con la conquista coloniale di essa da parte della Spagna , si ebbe un trapianto  dell’istituto feudale di tipo castigliano, ma limitato comunque a forma vitalizia , che permise ai conquistatori  e alle successive generazioni di colonizzatori europei di mettere a profitto, e spesso di sfruttare indiscriminatamente , le terre del Nuovo Mondo.







sabato 5 febbraio 2011

MEDIO EVO


MEDIOEVO o  MEDIO  EVO


L’Età di mezzo tra quella antica  e quella moderna. Nella storiografia occidentale il concetto di età di mezzo, il termine mezzo fu usato per la prima volta dal tedesco  Cristoforo Keller (Cellarius) nella sua istoria medii aevi, dai tempi di Costantino alla caduta di Costantinopoli del 1453, pubblicata nel 1688, si costituisce a cominciare dalla seconda metà del secolo XV. Esso deriva dallo studio inteso a definire con una valutazione complessiva il periodo che va dalla decadenza dell’impero romano agli inizi di una età moderna che si distingue per eventi nuovi, irriducibili al passato e determinanti per l’avvenire, quali la rinascenza artistica e culturale, la scopeta di nuove terre, la Riforma protestante, l’affermazione di grandi Stati nazionali.
E’ ovvio che i limiti cronologici tradizionali e più comunemente ammessi di tale periodo, l’anno della deposizione dell’ultimo imperatore romano d’occidente (476) e l’anno della scoperta dell’America (1492) , sono puramente convenzionali e simbolici e possono essere, e sono stati variamente modificati dagli studiosi, secondo che da un lato la decadenza, dall’altro il rinnovamento siano stati valutati da un punto di vista artistico o culturale , religioso, politico-economico-sociale .
Nel concetto di medioevo è rimasto a lungo implicito (e non del tutto scomparso) un giudizio negativo, proprio della storiografia umanistica, protestante e soprattutto illuministica, polemicamente rovesciato dalla storiografia romantica, ma ripreso da quella positivistica.
La storiografia moderna, sostenuta dai risultati di un imponente lavoro di erudizione e di critica (avviato nel secolo XVII e in seguito sempre più approfondito e affinato), evitando le generalizzazioni astratte e i relativi giudizi complessivi, tende a evidenziare, del Medioevo, i caratteri originari e soprattutto le istanza religiose, che ne costituiscono la connotazione essenziale e dominante, quali siano gli aspetti particolari , compresi quelli economici.
Il Medioevo si inizia con le grandi invasioni barbariche nell’area imperiale romana nel quadro di una più ampia, migrazione di popoli in Asia e in Europa. La strategia difensiva adottata con successo dall’impero nei secoli III e IV (contenimento dei barbari) con le armi oltre il Reno e il Danubio, riforme politico militari di Diocleziano e Costantino, primi accoglimenti di barbari, in qualità di federati, in territorio romano) divenne inefficace nel secolo V per la concomitanza di due ordini di fatti: nell’impero, un avanzato processo di deterioramento istituzionale, economico sociale, militaree morale, nonché dal travaglio di sviluppo del cristianesimo; fuori dall’impero, un’accresciuta pressione dei barbari sui confini provocata a sua volta dall’arrivo in Europa degli Unni. Venuta meno la difesa, l’impero d’Occidente fu interamente invaso da popolazioni germaniche che, dopo più o meno lunghe e rovinose peregrinazioni, vi si stanziarono alterandone profondamente la composizione etnica, le strutture politiche, economiche e sociali e la vita spirituale. Sorsero così regni romano-barbarici  degli Angli e dei Sassoni in Inghilterra , dei Vandali in Spagna popi nell’Africa mediterranea occidentale, dei Visigoti in Gallia e in Spagna, poi solo in Spagna, dei Franchi in Gallia, dei Burgundi ancora in gallia, degli Ostrogoti in Italia.
Nel corso di questa catastrofe si ebbero le incursioni degli Unni, due assalti barbarici a Roma (Visigoti nel 410, Vandali nel 455), la deposizione di Romolo Augustolo, ultimo imperatore romano d’Occidente (476).
Dell’impero d’Oriente, rimasto relativamente indenne grazie alla sua salda organizzazione, Giustiniano I promosse nel secolo VI la riconquista dell’Occidente mediterraneo, annettendo l’Africa vandalica, l’Italia ostrogotica e una parte della Spagna visigota; ma nel secolo stesso l’Italia fu invasa dai Longobardi, nel secolo VII tutta l’Africa mediterranea e nel secolo VIII la Spagna e anche una parte della gallia furono conquistate dagli Arabi e nella stessa penisola balcanica  entrarono gli Slavi.
La rottura definitiva dell’antica unità romana del Mediterraneo, per le sue imponenti conseguenze storiche, è considerata da alcuni storici (Perenne e sua scuola) come la vera fine del mondo antico e come prologo del Medioevo.
L’avanzata dell’islam produsse infatti un trauma nell’economia di scambio di cui il mediterraneo era ancora il campo, con il conseguente ripiegamento dei paesi europei sull’economia agraria; ma per la sua cristianità fu anche uno stimolo a una difesa più coerente ed efficace, che si dispiegò in Oriente per opera di Leone III l’Insaurico (difesa di Costantinopoli, 717-718 e successiva controffensiva)  e in Occidente  per opera dei Franchi (vittoria di carlo martello a Poitiers, 732, e successive controffensive di Pipino il Breve e di Carlo magno); le due azioni si svolsero indipendentemente l’una dall’altra, ma ovviamente con beneficio comune.
In occidente il regno dei Franchi, divenuto grazie a una sempre più stretta alleanza con il papato il presidio della cristianità romana e dilatatosi in questa vestea Ovest fino ai Pirenei e oltre,  a Sud all’Italia longobarda, a Est fino all’Elba e al Danubio, parve la reincarnazione dell’antico impero romano in Occidente rinnovato nel segno della croce, col Reno come asse politico, Roma pontificia come santuario. Segno della restaurazione di un impero cristiano-romano ai confine tra la realtà, il mito radicato nella tradizione, l’idealità proiettata nel futuro, fu l’incoronazione in Roma di Carlo magno imperatore per mano di papa Leone III (800) . La fragile unità dell’impero Carolingio fu disfatta da crisi di potere, dall’insorgere nel suo seno delle forze dispersive del feudalesimo, allora in piena fioritura e di primordiali orgogli nazionali (Francia, Germania, Italia) e da nuove invasioni (Ungari, Normanni, Saraceni) , che prevalsero per tre quarti di secolo dopo la sua fine (887) . La stessa forza di coesione costituita dalla Chiesa, coinvolta nei suoi primi tempi di sovranità temporale in una serie di crisi, andò indebolendosi.
Di iniziativa germanica, e non più franca o franco-papale , fu la restaurazione politico religiosa di Ottone I di Sassonia, incoronato imperatore nel 962, quando la sua vigorosa personalità di sovrano degno di essere paragonato a Carlo Magno s’era imposta in germania e in Italia (no nel regno di Francia, di fatto già fuori dall’impero) e in Roma stessa con la tutela e la correlativa sottomissione del papa. Tra la fine del secolo X e gli inizi dell’XI Ottone III e papa Silvestro II proposero le linee concettuali del rinnovamento dell’Impero (renovatio imperii) , rimaste intatte sin quasi alla fine del medioevo: rinnovamento voleva dire riunione di tutto il mondo Cristiano (Occidentale e orientale) sotto il governo solidale dell’imperatore e del papa, residenti entrambi a Roma, ai fine della promozione di una sempre più larga  e autentica comunità di credenti. Quasi fusione, dunque, della chiesa e dell’impero nell’attuazione di un nuovo ordine politico, etico e religioso universale cristiano. Ma questa universalità restava una prerogativa puramente formale per l’Impero, che comprendeva i soli regni di Germania e d’Italia (più tardi, di Borgogna), mentre per la chiesa era carattere istituzionale e processo storico in atto da un millennio di missione, di espansione e di affermazione. E fu la chiesa , rinvigorita dalla riforma monastica  promossa sin dagli inizi del secolo X  dai Benedettini di  Cluny e da una generale rinascita religiosa e insieme economica e civile nel secolo XI, a realizzare la vera renovatio , rivendicando a se solo la tutela e la promozione dei supremi valori spirituali romani e cristiani.
I papi della seconda metà del mille operarono insieme alla rigenerazione morale e religiosa del clero  e al conseguimento della Libertas della chiesa , giungendo con Gregorio VII alla coerente affermazione della supremazia spirituale e, per via indiretta o diretta,  anche politica del papa nei confronti dell’Imperatore e di tutti gli altri principi della terra. Affermazione gravida di conseguenze. In questo quadro l’impero Bizantino, che pure aveva svolto una intensa azione missionaria fra i popoli Slavi e conduceva una costante lotta all’Islam (particolarmente efficace nel secolo X)  si staccò definitivamente dalla chiesa romana (1054).
Nel 1076 si accese tra Gregorio VII ed Enrico IV la cosiddetta lotta delle investiture, in realtà lotta per la supremazia, che sconvolse per quasi mezzo secolo l’Occidente; dopo vicende drammatiche per l’una e l’altra parte, essa fu conclusa nel 1122 da Callisto II ed Enrico V con un compromesso politico, ma con una netta vittoria religiosa del papa, in quanto l’imperatore , rinunciando all’investitura spirituale dei vescovi, perdeva il carattere carismatico a sostegno del suo potere.. Ma d’ora in poi i due mondi , quello ecclesiastico e quello laico, andranno sempre più distinguendosi e separandosi, e successivi, continui conflitti tra la Chiesa e l’Impero o gli altri Stati avvennero sul terreno comune del potere temporale, e dei relativi interessi, che spesso tuttavia papi ed imperatori e re coprirono di un velo di spiritualità.
Dalle stesse radici etico religiose della lotta delle investiture ebbero stimolo e alimento eventi non meno caratteristici dell’età di mezzo: la I Crociata, anzitutto (1096), che, durante quella lotta, unì per la prima volta tutta la società occidentale, ecclesiastici, cavalieri, mercanti, gente minuta, in un impresa collettiva contro i Musulmani ( Turchi Selgiudichi ) per la liberazione della terra santa, le cui conseguenze immediata e più tarde, il costituirsi di nuove relazioni tra l’Occidente e l’Oriente vicino e lontano furono essenziali per lo sviluppo economico sociale e culturale dell’Europa. Dove intanto andavano individuandosi, nell’unità cristiana, popoli e Stati: Pastiglia e Aragona protagoniste della Reconquista  iberica, lo Stato normanno di Sicilia, sorto a spese dei Bizantini e Arabi (altri stati normanni si svilupparono in Inghilterra, Scandinavia e Russia), e cominciavano le fortune mediterranee di Pisa, Genova e Venezia, precedendo di poco quelle città marittime del Baltico e del mare del Nord.
Nei secoli XII e XIII alla curva ascendente della popolazione iniziata nel XI secolo, corrispose un continuo incremento della produzione agricola, artigianale e mercantile, i cui responsabili misero in crisi l’ordine sociale tradizionale: all’aristocrazia feudale, nata e cresciuta per la guerra, e all’ecclesiastica si affiancò un’aristocrazia nuova della produzione, del commercio, delle professioni, con le sue roccheforti nella città ma con una larga influenza nelle campagne, che poco a poco si impose coi suoi interessi e la sua mentalità. Essa sconfisse la fame,ridusse la servitù, ruppe e sovvertì privilegi di casta, risvegliò, sia pure ostacolandola, la coscienza degli umili. L’espressione politica di questi rivolgimenti  economico sociali furono i Comuni cittadini, sorti come una costellazione sempre più fitta nelle zone economicamente più favorite, come le valle del Po e del Reno, la Toscana e le Fiandre . I comuni Italiani furono i veri protagonisti  delle grandi lotte di predominio  tra i Pontefici e gli imperatori della casa di Svevia  tra la metà del secolo XII e la metà del XIII, che finirono con la decadenza politica sia del papato sia dell’impero e con l’affermazione delle singole individualità cittadine, statali e nazionali comprese nella loro cornice ideale sempre sopravvivente e studiata e discussa negli ambienti dell’alta cultura  fiorente nelle università, e sovrapposta a una non meno fiorente cultura “ volgare”  nella quale si riflettono le inquietudini e le istanze anche religiose, del popolo ( si pensi per esempio alla letteratura francescana) .
L’Europa Trecentesca fu colpità da gravi calamità naturali; carestie, epidemie ricorrenti portarono  la fame e ne decimarono  la popolazione( forse da 75-80 a 50 milioni di abitanti).
Il secolo XIV fu anche quello della guerra dei Cento Anni dell’avanzata dei Turchi Ottomani in Asia e in Europa (1354) del papato Avignonese, dello Scisma d’occidente . Gli ideali universalistici  naufragarono  con il venir meno delle forze  delle istituzioni, papato e Impero, che li sostenevano e di cui Dante fu l’ultimo assertore , testimone della misera fine  di Enrico VII  di Lussemburgo (1313) . Ma alla caduta di quegli ideali , alla luce dei quali  s’era svolta tutta la vita civile  del medioevo , corrispondeva all’affermazione  nella realtà e nel pensiero  dell’idea di Stato nazionale , maturata nelle grandi monarchie occidentali di Francia , d’Inghilterra, di pastiglia , d’Aragona  nel corso di conflitti secolari , mentre nell’area imperiale  si consolidava  la pluralità degli stati regionali o cittadini di Germania e d’Italia (signorie e città Stato del nord e del centro, repubbliche marinare, domini della chiesa , regno Angioino di Napoli) e, a Oriente, iregni di Boemia e d’Ungheria andavano acquistando posizioni rilevanti. L’impero Bizantino, sommerso dalle colonie veneziane, genovesi, catalane e ridotto a proporzioni sempre più esigue dai Turchi ormai insediati nei Balcani, andava perdendo ogni ruolo politico . Questa Europa delle nazioni e degli stati senza più un asse politico  e con un asse religioso in decadenza  (nascita di nuove eresie con componenti nazionalistiche, che anticipavano con Wiclif e Huss la rivoluzione Luterana) passava dal medioevo all’età moderna  in una gara per la potenza , la ricchezza, il predominio, coperta da una più o meno consapevole visione nuova della vita, che cercava nel mondo antico una giustificazione del suo culto dell’uomo come artefice del suo destino e del suo successo in terra.
Sotto questi segni , fra Trecento e Quattrocento , si svolsero eventi decisivi. La Reconquista iberica , gia virtualmente compiuta  nel secolo XIII, si concluse con l’unificazione dei regni di Pastiglia e d’Aragona (1469) e la caduta di Granata, l’ultimo resto della dominazione Araba (1492) . Un Impero mediterraneo  (nell’orbita aragonese, Sicilia, Sardegna, Napoli) e atlantico, che in concorrenza con il Portogallo si avventurava verso terre extraeuropee ancora ignote in Africa e infine oltre l’Atlantico. La Francia integrò il suo territorio, liberato dagli Inglesi dopo oltre un secolo di lotte, con l’annessione della Borgogna (1477) e ambì all’Italia (Napoli, poi Milano), avviando imponenti  guerre di predominio con la Spagna e l’Impero, che nel 1519 si trovarono uniti sotto carlo V d’Asburgo in un unico immenso patrimonio. In Italia, logoranti conflitti per la preponderanza si conclusero con un fragile sistema di equilibrio tra i cinque stati più forti (Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli), che durò quarant’anni 81454-94) e crollò sotto l’urto francese e ispanico imperiale; e iniziò allora per gli Italiani il lungo periodo  delle prepotenze straniere . I Turchi Ottomani con la conquista di Costantinopoli (1453) e degli ultimi frammenti  dell’impero romano d’oriente , intaccarono di nuovo l’unità cristiana  dell’Europa; ma l’appello di una crociata di Papa Pio II cadde inascoltato . Dell’impero caduto, gli umanisti italiani raccolsero l’eredità letteraria e filosofica, il Principato di mosca  libero dopo due secoli di vassallaggio ai Mongoli, l’eredità religiosa e le rivendicazioni imperiali.
Il Medioevo tramontava  in una fastosa fioritura  artistica e letteraria mentre i confini del mondo  conosciuto si allargavano  sempre più  ad una spregiudicata corsa  alla ricchezza e alla potenza  sorretta da una nuova scienza  e da una nuova tecnica  (a beneficio di pochi) metteva definitivamente in crisi  quei valori certi , morali e religiosi che avevano illuminato i secoli di mezzo.

SAN DAMIANO de VEUSTER

San  Damiano  de  Veuster
(1840-1889)


Aveva con se un breviario e un crocifisso quando nel maggio 1873 Damiano De Veuster (1840-1889) della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria giunse nell’isola di Molokai appartenente all’arcipelago delle Hawai. Era una sorta di lazzaretto dove le autorità del 1866 confinavano i malati di lebbra per metterli in isolamento.. Padre Damiano aveva chiesto al suo vescovo di poter partire  volontario  per quel lebbrosario. Il primo impatto con la nuova realtà fu terrificante: non esisteva nessuna legge, donne e bambini erano costretti alla prostituzione, i malati venivano abbandonati senza cure in una specie di ospedale dove i medici erano lebbrosi a loro volta, i morti erano lasciati insepolti.
Damiano cominciò ad occuparsi della vita spirituale di quei derelitti, li confortava, li curava, li consolava. Passava per i villaggi battezzando e promuovendo il culto al SS.moSacramento, del quale diceva: “Senza la presenza costante del nostro Divino Maestro nella mia povera cappella, io mai avrei potuto perseverare, condividendo la mia sorte con quella dei lebbrosi di Molokai”.
Costruì cappelle, un orfanatrofio, refettori, dormitori e organizzò il lavoro agricolo. Vivendo accanto ai malati rimase contagiato dal morbo. Morì il 15 aprile 1889. Fu canonizzato l’11 ottobre 2009.

venerdì 4 febbraio 2011

IMPERO OTTOMANO


IMPERO   OTTOMANO


Stato Turco, formatosi nel tardo Medioevo in territorio Bizantino e precisamente nell’Asia Minore di  nord-est  ed estesosi rapidamente  in tutti i sensi fino a comprendere  vaste regioni d’Asia (Mesopotamia, Siria e Palestina , Higiaz)  d’Africa (Egitto, Africa settentrionale) e d’Europa (Penisola Balcanica, Russia meridionale).
Tale stato durò oltre sei secoli (1300-1922) e rappresentò nella storia europea e mediterranea un elemento  d’importanza capitale , pur essendo considerato quasi sempre ( e forse a torto) dagli Europei come qualcosa d’estraneo, soprattutto a causa della forte impronta musulmana . Originari, come tutti i Turchi, dell’Asia centrale, gli Ottomani (ossia discendenti di Osman od othman: prima il nome designava la dinastia, più tardi il popolo) vennero probabilmente dall’Anatolia  con l’invasione selgiuchide (secolo XI)  e da quei sultani  furono investiti della signoria  di un territorio corrispondente in parte all’antica Bitinia. Le loro conquiste in paese cristiano furono rapide e durature : Brussa (1326), Nicomedia (1337), Gallipoli (1354), Adrianopoli (1361-62) Sofia (1386).
Nel 1391 ebbe inizio l’attacco a Costantinopoli, ferma nella resistenza, ma ormai condannata. Il dominio Ottomano si era intanto allargato  a quasi tutta l’Anatolia: tutti i principi spodestati si allearono allora con Tamerlano, che stava creando un immenso impero mongolo, e lo spinsero contro il sultano Ottomano Bayazid I che nel 1402 fu battuto e catturato a Ankara. Dalla grave crisi , che salvò momentaneamente Costantinopoli, gli Ottomani si risollevarono con Maometto I che ridiede unità allo Stato (1413) e con suo figlio Murad II, che tornò ad assediare Costantinopoli ed estese i suoi domini verso la Grecia, l’Albania e l’Ungheria, sbaragliando una coalizione cristiana a Varna (1444) .
Nel 1453 il giovane sultano Maometto II s’impadronì dell’isolata Costantinopoli senza eccessiva difficoltà: da quel momento gli Ottomani poterono figurare come i realizzatori degli sforzi musulmani  di tanti secoli.
Con Maometto II Fatih (il conquistatore) l’impero Ottomano si annetté la Grecia  (Atene,1456; Morea, 1460), L’Albania (1461), la porzione dell’Anatolia non ancora sottomessa (1472), le colonie genovesi del Mar nero (1475), e cercò di allungare i suoi tentacoli  sino alla penisola Italiana (incursione su Otranto, 1480) .
Con Bayazid II (1481-1512), l’impero Ottomano arrotondò i suoi confini meridionali a danno dei sultani mamelucchi di Siria e d’Egitto; con Selim I (1512-20) si allargò addirittura sino a comprendere Siria, Egitto e Arabia, superando i risultati dei Selgiudichi che non avevano saputo creare uno stato unitario.
Penetrando profondamente nella vita dell’Occidente, l’impero era riuscito a intrecciare qualche utile relazione commerciale , non già a promuovere scambi culturali: il Rinascimento europeo rimaneva lettera morta per uno stato dall’anima religiosa e guerriera che ricusava quel tipo d’influenza.
Le conquiste proseguirono con Solimano I (detto il Magnifico; 1520-66), che s’impossessò di Belgrado (1521), di Rodi (1522), di Buda (1529), di Baghdad (1534), di Tunisi e dell’Algeria (1534), delle Cicladi (1540) dello Yemen (1547), di Tripoli (1551); per mare la potenza Turca teneva testa a Venezia e la costringeva a retrocedere , mentre per terra conteneva ogni tentativo di riscossa di Spagna e Austria.
Al tempo di Selim II (1566-74) , lo slancio espansionistico sembrò esaurito; gli Ottomani battuti duramente a Lepanto (1571) ripresero faticosamente il sopravvento. Ma negli anni successivi la decadenza parve accentuarsi. Si alternarono per circa un secolo vittorie e sconfitte: Baghdad fu perduta e ripresa; Creta venne occupata dopo una lunga guerra con Venezia; gli Ottomani approfittarono della debolezza Asburgica per attaccare l’Austria e la stessa Vienna , ma furono definitivamente ricacciati nel 1683 dalle forze imperiali e dai polacchi di Sobieski. La decadenza fino allora ben mascherata, divenne più visibile dalla fine del secolo XVIII in poi. I Turchi rinunciarono successivamente all’Ungheria e alla Transilvania (1699) , cedendo ancora di fronte  alla pressione Austriaca (pace di Passarowitz, 1718)  per riprendere a Belgrado (1739) i territori perduti. Ma fu questo il loro ultimo successo anche perché se l’Austria tentennava, la Russia incalzava vigorosamente. La preoccupazione per l’avanzata Russa spinse in seguito le potenze occidentali a proteggere l’impero Ottomano: la questione d’Oriente  divenne ben presto per l’Europa un problema scottante. L’ascesa della Russia verso una posizione di grande potenza segnò praticamente la fine del predominio Ottomano nei Balcani; i due avversari erano di forza ineguale. I Russi, ancora nel secolo XVIII, avanzarono nel Caucasia, entrarono in Bessarabia, in Moldavia, in Valacchia, conquistarono e fortificarono la Crimea (1783); i Turchi perdettero l’egemonia sul mar nero che le flotte russe percorrevano ormai liberamente.
Nei frequenti conflitti, eserciti e flotte Ottomane subirono dure sconfitte. L’impossibilità di reggere al confronto con le progredite nazioni europee divenne evidente agli occhi degli Ottomani più illuminati; anche qualche Sultano come Selim III o Mahmu’d II  avvertì l’urgenza di rinnovare gli ordinamenti dello Stato; Mahmu’d  riuscì nel 1826 a eliminare il turbolento corpo dei giannizzeri. Si riorganizzò l’esercito secondo modelli europei; si tentarono le prime riforme:
Il sultano Abd ul-Megid II  emanò nel 1839 il Hatt-i serif (nobile reiscritto)  con cui i sudditi erano dichiarati eguali dinanzi alla legge, mentre gli ordinamenti giudiziario e finanziario subirono radicali riforme. Tali riforme ( tanzimat) si realizzarono molto lentamente  a causa dell’ostruzionismo degli ambienti più retrivi. Solo dopo la guerra di Crimea si notarono un vero progresso nell’istruzione dei sudditi dell’Impero e un ammodernamento reale dell’amministrazione.
Nel 1876 si giunse addirittura alla Costituzione, largita dal Sultano Abd ul.Hamid II , che però tornò presto  al vecchio dispotismo. Solo nel 1908 un nuovo movimento, guidato dal Comitato d’Unione e Progresso, costrinse il vecchio sultano a rimettere in vigore la Costituzione.
Frattanto l’impero Ottomano che aveva resistito in qualche modo alla pressione delle grandi potenze, si sfaldava dinanzi ad un nemico interno, il Nazionalismo dei popoli balcanici, eccitato soprattutto dalla Russia. Di fronte a questo nemico il cedimento fu pressoché totale : i Greci (1821-30),  i Serbi (1804-78), i Romeni (1859-78), i Montenegrini (1851-78) , i Bulgari (1876-1908), gli Albanesi (1878-1913), i Cretesi (1841-99), in seguito a insurrezioni locali o a guerre generali ottennero l’indipendenza:
Nel 1913 i domini Ottomani inEuropa furono ridotti alla porzione orientale della Tracia. Nel frattempo, anche la parte non europea dell’impero Ottomano aveva subito duri colpi: L’Egitto era diventato autonomo (1841), Libanesi, Armeni e Arabi si erano sollevati ripetutamente contro il regime Ottomano, mentre la Francia occupava Algeri (1830) e Tunisi (1881), e l’Italia attestandosi in Libia e nel Dodecaneso (1912) , avevano mutilato spietatamente il corpo malato dell’impero.
La I guerra mondiale  non fu fortunata per gli Ottomani che, alleandosi con gli imperi centrali rimasero travolti nel loro crollo. Persino l’Anatolia  fu parzialmente occupata  e presieduta da truppe dell’intesa.
Il parlamento Ottomano tentò coraggiosamente di salvare  lo Stato (1920) proclamando l’unità indivisibile  dei territori che lo componevano. Ma intanto Mustafa Kemal iniziava in Anatolia una guerra di liberazione  e costituiva una nuova repubblica  democratica Turca  (Turchia) . Il sultano Ottomano , privo ormai di ogni autorità e di ogni funzione , scomparve il 1 novembre 1922, e pochi giorni più tardi l’ultimo sultano, Maometto VI abbandonò il paese su una nave britannica..
Principale caratteristica dell’Impero Ottomano fu la sua impronta religiosa: gli Ottomani realizzarono in questo Impero la loro vocazione musulmana. Esso fu sentito e sviluppato in funzione dell’espansione dell’Islam nel mondo, ma soprattutto di fronte all’Europa cristiana: per questo il suo prestigio tra i seguaci dell’Islam fu sempre molto alto.
La seconda caratteristica dell’Impero sta nella figura del sultano: monarca dispotico non fornito d’autorità spirituale ma cosciente di un’elevata missione  che gli proveniva dall’investitura  accordatagli dagli alti funzionari dello Stato e specialmente degli Ulama.
Una terza caratteristica consiste nello spirito guerriero che faceva dell’impero Ottomano una forza perennemente protesa alla conquista, anche se i giannizzeri, nucleo principale delle sue milizie, non erano che cristiani islamizzati; il declinare di tale aggressività verso il secolo XVII e il prevalere dell’intrigo politico segnarono l’irrimediabile decadenza dell’Impero stesso.
Una quarta caratteristica sta nel fatto che l’Impero Ottomano era retto da una elite di politici e militari e da un'altra Elite di giuristi e dottrinari: turca e musulmana quest’ultima, ma ex cristiana e straniera la prima. Nell’insieme dell’Impero Ottomano rappresentò una forza viva e non infeconda nella storia del Mediterraneo e dell’Europa; ma il non essersi saputo rinnovare a tempo gli tolse la possibilità di sopravvivere all’età delle grandi rivoluzioni.

mercoledì 2 febbraio 2011

L'IMPERO CAROLINGIO

L’IMPERO CAROLINGIO
(580-1012)


Carolingio: dal fr. Carolingen, deriva dal latino Carolus, Carlo. Proprio dei carolingi e della loro epoca, seguace o discendente di Carlo magno.

Dinastia franca , succeduta nel 752 a quella dei Merovingi. La sua origine risale all’inizio del secolo VII, quando Ansegiso (m.685), figlio di Arnolfo di Metz (580-641), sposò Begga, figlia di Pipino I di Landen il vecchio, maggiordomo d’Austrasia (m.639). Dal loro matrimonio nacque Pipino II di Heristal (Herstal) che, essendo maggiordomo d’Austrasia, riuscì con la vittoria di Tertry (687) ad annettersi anche la Neustria, assumendo il titolo di dux Francorum. Morendo lasciò, la carica di maestro di palazzo al figlio Grimoaldo, ma Carlo martello , un altro suo figlio (naturale) , riuscì con la forza,  a ottenerne l’eredità, imponendo la sua autorità sia sull’Austrasia ( denominazione di quella parte d’Italia medioevale che comprendeva territori longobardi situati ad oriente dell’Adda e a Nord del Po)  sia sulla Neustria (regno occidentale Merovingeo comprendeva la Gallia nord occidentale; attuale Francia) .
Carlo Martello ebbe tre figli: Carlomanno, Grifone e Pipino il breve. Quest’ultimo gli succedette nella Neustria (741), mentre Carlomanno resse l’Austrasia. I franchi fecero allora spedizioni contro Acquitani, Bavari,Sassoni e Svevi, che vennero assoggettati. Pipino, essendosi ritirato Carlomanno amontecassino, depose, con l’approvazione di papa Zaccaria, Childerico III, ultimo sovrano Merovingio, e della Dieta di Soissons (751) fu riconosciuto re dei Franchi e incoronato da stefano II nel gennaio 754. Gli succedettero nel 768 i due figli Carlo e Carlomanno e, alla morte di quest’ultimo (771), Carlo che sarà detto Magno, unificò il regno impadronendosi dei domini del fratello e lo divise tra i suoi figli: Carlo, Pipino e Ludovico (una figlia, Gisella, sposò Everardo, duca del Friuli da cui ebbe un figlio, Berengario, futuro imperatore). Essendogli premorti i fratelli, Ludovico I, detto il Pio o il Bonario, ereditò l’impero (814) mentre l’Italia rimaneva a Bernardo, figlio di Pipino. Con l’Ordinatio Imperii (817) , Ludovico I divise i domini fra i figli suoi e di Ermengarda, assegnando a Lotario il primogenito, l’Italia con la corona imperiale, e ai figli minori, Pipino e Ludovico, rispettivamente l’Acquitania e la Baviera. Questa divisione provocherà la ribellione di Bernardo, privato dei suoi diritti sull’Italia (818) . Nell’829, però, Ludovico I  , che aveva avuto un altro figlio, Carlo II detto il Calvo, dalla seconda moglie, Giuditta di Baviera, creò per lui un nuovo regno, quello dell’Alamannia (829), suscitando la ribellione dei figli di primo letto. Seguì una lunga lotta dinastica, durante la quale morirono Pipino (838) e Ludovico il Pio (840). Contro Lotario si schierarono i fratelli Carlo il Calvo e Ludovico che si legarono con il giuramento di Strasburgo (842; primo documento in francese e tedesco) . L’anno seguente, con il trattato di Verdun, si giunse a un accordo che segnò la fine dell’unità dell’impero e l’inizio della formazione degli stati nazionali ( Germania, Francia e Italia). Lotario ebbe il titolo imperiale, l’Italia e la Lotaringia (Lorena), Carlo il Calvo  la Francia a est della Scheda, della Mosa, della Saona e del Rodano; Ludovico il germanico le terre oltre il Reno. Da Lotario in poi la corona d’Italia  sarà unita a quella imperiale e l’ottenere tale corona costituirà la premessa necessaria per conseguire la più alta dignità. Nell’855 Lotario I abdicò e gli succedette il figlio Ludovico II, gia re d’Italia; gli altri due figli, Lotario (m.869) e Carlo (m. 863)  ebbero rispettivamente le corone di Lotaringia e di Borgognona.  A Ludovico II (m.875) succedette lo zio Carlo il Calvo (823-877) che col Capitolare di Kiersy (877) riconobbe la ereditarietà dei feudi maggiori, consolidando così il regime feudale in pieno sviluppo. Carlo il Calvo morì lasciando un solo figlio, Luigi il Balbo (il Balbuziente), essendogli premorto l’altro figlio, Carlo, re d’Acquitania (866). L’impero passò a carlo III detto il Grosso, figlio di Ludovico II il Germanico.
I due fratelli del nuovo imperatore, Carlomanno (m.880)  e Ludovico III, ebbero rispettivamente la Baviera e la Germania . Carlo il Grosso (881-887) succedendo ai fratelli, riunì per l’ultima volta tutti i domini dell’impero.
La sua inettitudine, la prepotenza feudale e l’invasione normanna, che nell’886 egli fermò non con le armi ma col denaro, segnarono la sua fine. In Germania fu proclamato re un suo nipote, Arnolfo di corinzia, figlio illegittimo di Carlomanno; infine, a Treviri, presso Magonza, la dieta dei grandi depose (novembre 887) Carlo il Grossocce, due mesi più tardi morì di morte violenta. Con lui cessò di esistere l’impero Caroligio e i suoi domini  si suddivisero nuovamente dando luogo ai regni di Francia (con Oddone conte di Parigi), d’Italia (con Berengario marchese del Friuli nipote di Ludovico il Pio incoronato anche imperatore nel 915da papa Giovanni X), di Germania (con Arnolfo di Corinzia pure fatto imperatore da papa Formoso nell’896), di Lorena, di Borgogna, di Acquitania.
Alla morte del conte di Parigi un carolingio riuscì a ottenere la corona di Francia: Carlo III il Semplice, figlio di Luigi il balbo e nipote di Carlo il Calvo, che nell’898 fu riconosciuto re. Durante il suo regno i Normanni, guidati da Rollone , si stanziarono in Normandia; inoltre scoppiarono violente rivolte, fomentate dai familiari di Oddone, finché Carlo, vinto, fu deposto nella Dieta di Soissons (923) e morì in prigionia (929) . Suo figlio che era fuggito in Inghilterra e perciò fu detto Luigi IV d’Oltremare o il Transtamare , riuscì, con l’aiuto di Ugo il Grande nipote di Oddone, a farsi riconoscere re di francia, ma non a far cessare le lotte feudali, Luigi d’Oltremare ebbe due figli: Carlo, duca di Lorena (m. ca.993) , e Lotario (m. 986) cinse per breve tempo la corona suo figlio Luigi V l’Ignavo, che nel 987 morì senza lasciare eredi. Estintasi con lui la dinastia dei Carolingi, gli succedette sul trono di Francia Ugo Capeto, figlio di Ugo il Grande, con cui ebbe inizio la dinastia dei Capetingi, che regnerà in Francia ininterrottamente fino alla rivoluzione Francese.


DINASTIA   CAPETINGIA

Dinastia che regnò in Francia dal 987al 1328, in linea diretta, e con i rami cadetti (Borgogna, Vermandois, Courtenay, Artois, Angioini, Borbone, Valois, Evreux) fino al 1792 e, dopo il periodo rivoluzionario e napoleonico, dal 1814 (con la parentese dei cento giorni) al 1848.
La famiglia dei Capetigi che prese il nome da Ugo Capeto, entrò nella storia francese  fin dal secolo IX con Roberto il Forte, rinomato per potenza militare e amicizie politiche; suo figlio Oddone, morto Carlo il Grosso, fu eletto re (888)  ma il suo potere fu diviso con Carlo il Semplice (897) , poi unico re alla morte  del rivale. Nelle successive lotte, eccellendo per doti di valore e di abilità, Ugo Capeto divenne vincitore  di più fazioni e unico sovrano (987) . Alla morte di lui (996) regnò Roberto (996-1031) , a cui succedettero  Enrico I (1031-60) e Filippo I (1060-1108).
I Capetingi riuscirono a fare eleggere re i loro figli, fortificando la loro preminenza con una continuità di azioni politiche e militari. L’Ile-De-France fu il centro della loro intraprendenza; la loro espansione per l’ingrandimento del dominio da loro amministrato, fermò l’avanzata anglo-normanna e la ribellione dei Vassalli, oltre che invasioni di potenti vicini.
LLLuigi  VI (1108-37) combatté contro  Enrico I d’Inghilterra e l’imperatore; si appoggiò alla chiesa e potenziò Parigi anche come sede della corte. Luigi VII (1137-80) , con il ripudio della moglie Eleonora, duchessa d’Aquitania , diede inizio alla lotta con l’Inghilterra durata tre secoli: Eleonora, portando come dote il ducato, sposò infatti successivamente Enrico II Plantageneto, conte d’Angiò e duca di Normandia, dal 1154 re d’Inghilterra.
Le rivendicazioni inglesi si acuiranno nella guerra dei Cent’anni. Con Filippo II Augusto (1180-1223) , ancheper nuove lotte con l’Impero e l’Inghilterra, la monarchia fu favorita dalla borghesia e combatté gli Inglesi in Provenza. Con Luigi VIII (1223-26) e con Luigi IX il Santo (1226-70) aumentò l’organizzazione amministrativa e la potenza militare si espanse anche in territori d’Asia e d’Africa (con le crociate) . Il fratello di Luigi IX, Carlo d’Angiò, operò in Italia confermando l’influenza francese. L’istituto monarchico si fortificò con Filippo III l’Ardito (1270-85) e specialmente con Filippo IV il Bello (1285-1314) e con i figli di quest’ultimo (Luigi X, Filippo V, e Carlo IV) , con cui terminò il ramo primogenito dei Capetingi. Contributi notevoli alla monarchia furono nel secolo XIV il Parlamento come organo antifeudale, gli Stati Generali per l’unità della nazione francese e la lotta col papato (fino all’abolizione dei Templari e al passaggio della Santa Sede in Avignone.


IMPERO GERMANICO NEL MEDIOEVO
(Dal Sacro Romano Impero al Medioevo)

Fu nel corso delle guerre combattute fra i successori di Carlo Magno che si delineò per la prima volta uno stato tedesco, autonomo e comprendente  in un organismo politico  unitario tutte le popolazioni germaniche  a oriente del  Reno: il Regno detto dei Franchi Orientali (poi anche regnom Theutonicum, o Saxonorum) , riconosciuto dal trattato di Verdum (843) a Ludovico il Germanico , nipote di Carlo magno, l’anno successivo a quel giuramento di Strasburgo che, per la sua redazione bilingue ( antico francese e antico alto tedesco) costituisce la prova dell’esistenza di una nazionalità tedesca autonoma e distinta all’interno del mondo franco, pur attraverso le interne differenze di costumi, consuetudini  e in parte anche di lingua che ancora si riscontravano  fra le antiche popolazioni. La nazione tedesca confermò e consolidò nei secoli successivi la sua raggiunta unità con una propria civiltà che fece sentire la propria influenza su tutta l’Europa; assai più difficile si rivelò la costruzione di uno Stato Nazionale. Sotto il regno degli ultimi Carolingi la compattezza della formazione politica che si era creata  fu messa a dura prova  sia dai contrasti (e dalle suddivisioni) fra i successori di Ludovico, sia dalle ricorrenti aspirazioni a una riunificazione dell’Impero di Carlo Magno.
Fra la fine del secolo IX e l’inizio del X, inoltre, durante i regni di Arnolfo di corinzia e di Ludovico il Fanciullo, si succedettero continue invasioni da parte di Ungari, Slavi e Danesi. Tale situazione di grave debolezza del potere centrale ebbe come conseguenza il rafforzamento di quei particolarismi a base etnica che si riallacciavano alle tradizioni degli antichi popoli sottomessi dai Franchi e determinarono la formazione di unità politiche rette da capi che presero il nome di duchi, i Ducati nazionali di Sassonia, franconia, Svevia e Baviera, cui si aggiunse poi quello di Lorena, non corrispondente a un gruppo etnico, ma ai territori costituenti l’antica Lotaringia, incorporati definitivamente nel regno tedesco a partire dal 925. L’estinzione dei Carolingi di Germania (911) rese i duchi , i quali avevano riconosciuto in precedenza almeno nominalmente l’autorità dei sovrani e la loro monarchia ereditaria, arbitri della situazione<. Essi diedero vita a una monarchia nazionale, il cui principio elettivo era contemperato dalla tendenza a scioglier  il sovrano all’interno di un'unica stirpe (dinastie di Sassonia), dal 919 al 1024; di Franconia, dal 1024 al 1125; degli Hohenstaufen, dal 1138 al 1250).
Con Enrico l’Uccellatore, primo della casa di Sassonia, e soprattutto con il figlio , Ottone I, lo stato tedesco si rafforzò grazie alla creazione una seppur rudimentale struttura amministrativa (conti palatini, ministeriali), al sostegno dei vescovi, nominati dal re e incaricati di importanti funzioni politiche, e a quello della nobiltà minore, che venne favorita nei confronti dei grandi feudatari. Fu anche avviata una politica di fondazione di marche di frontiera lungo l’Elba (  dei Billunghi, del Nord, di Lusazia, di Merseburg, di Meissen; di Lusazia, di Merseburg, di Meissen; e, più a S. Orientale, di Carinzia,di Carniola) che non soltanto assicurarono la difesa del territorio tedesco contro gli invasori (gli Ungari erano stati battuti a Riade nel 933 e sulla Lech nel 955)  ma posero anche le premesse per l’espansione verso Oriente (Drang nach Osten)  dell’insediamento tedesco e per la cristianizzazione degli slavi, attraverso la creazione di una nuova serie di vescovati: Schleswig, Oldenburg, Brandeburgo, Meissen,Praga, Olmutz, sottoposti alle sedi metropolitane di Magdeburgo e di Magonza. Gia con Ottone I tuttavia affiorarono (o riaffiorarono, se si pensa alla matrice carolingia dello stato tedesco) quelle aspirazioni imperiali e universalistiche che condizionarono pio per secoli l’azione dei sovrani tedeschi.Nel 962 Ottone cingeva a Roma la corona Imperiale  e inauguravauna politica di costante  intervento nelle vicende politiche della penisola, che avrebbe richiesto ai suoi successori sempre un nuovo impegno ed energie. La politica Italiana di Ottone I  si fece con Ottone II e con Ottone III anche mediterranea e orientale suscitando addirittura l’utopistico programma di una renovatio imperii ; i sempre più stretti rapporti con la chiesa e con il papato coinvolsero l’impero nell’estenuante lotta delle investiture, dalla metà del secolo XI al 1122 (Concordato di Worms); lo stesso programma politico di federico I, imperniato sulla restaurazione del potere dello stato, fu concepito nel quadro di un impero universale, con Roma capitale e l’Italia come centro, e costrinse gli Hohenstaufen a scontrarsi con i comuni italiani e con il papato; e quando nel 1194 EnricoVI ereditò la corona del regno di Sicilia, balenò ancora una volta l’antico miraggio di un dominium mundii , esteso a Bisanzio e al levante. Tale politica richiese enormi impegni finanziari per il reclutamento degli eserciti, costrinse i sovrani a continue discese in Italia, a lunghe e frequenti assenze il Ggermania; soprattutto impedì loro di crearvi delle forti strutture di governo  e di contrastare lo sviluppo di forze particolaristiche: i centri urbani , che rivendicavano sempre nuove autonomie, la nobiltà, avviata ormai a fondare su basi territoriali il suo potere, la feudalità, che, lungi da costituire quel sistema gerarchico di vincoli fra l’imperatore e i potentes  auspicato dal Barbarossa, si rivelava come il più grave elemento di disgregazione. Così, metre in occidente , e soprattutto in Francia e in Inghilterra, le monarchie nazionali, pur attraversando una lotta aspra elunga promuovevano la costruzione di un organismo statale sempre più accentrato e unitario, ordinando e disciplinando in esso città e signorie locali, grandi principati e provincie autonome, in quel lento processo che porta alla formazione dello Stato moderno, la monarchia tedesca logorava le proprie energie e la propria autorità inseguendo il sogno di un impero universale. E, quando, con la morte di Federico II (1250) , l’Italia si sottrasse definitivamente all’influenza tedesca e apparve evidente il carattere utopistico di ogni programma imperiale, apparve ugualmente evidente come gli Hohenstaufen avessero fallito nel compito di costruire uno stato Nazionale unitario e come le forme di organizzazione politica della società tedesca fossero ormai offerte da quegli organismi particolaristici che si erano venuti rafforzando a spese del potere centrale: una moltitudine di territori che a partire dal secolo XIII si disegnarono sempre più nettamente sulla carta politica della Germania con la fisionomia di altrettanti piccoli Stati e offrirono, nell’intrecciarsi delle loro frontiere e nel gioco delle enclaves , l’immagine di un intricatissimo mosaico. Si trattava delle numerose città, situate soprattutto sui mari Baltico  e del Nord (Amburgo, Brema,Lubecca), lungo la fascia renana (Colonia, Aquisgrana, Francoforte, Strasburgo, Magonza) o a Sud , sulla via dei valichi Alpini (Augusta, Ulma, Norimberga) , alcune dette “ città libere, eredi cioè delle prerogative  regali un tempo possedute dai loro vescovi, altre città imperiali, dipendenti cioè direttamente dal sovrano e praticamente autonome; le une e le altre partecipavano alla Dieta dell’Impero. Esse avevano conosciuto un rigoglioso sviluppo soprattutto a partire dal secolo XII e, se la loro espansione territoriale era stata in genere limitata e non era giunta a comprendere che per breve tratto il territorio circostante, avevano però rafforzato la loro influenza politica associandosi in Leghe e confederazioni, sia per difendere i loro interessi commerciali ( come le città anseatiche, situate sui mari settentrionali e lungo i fiumi principali che penetravano nell’interno) sia per difendersi dalle minacce degli stati principeschi che le circondavano  che le circondavano e dallo stesso imperatore  (lega delle città renane,1254; lega delle città Sveve, 1376, contro il conte Eberardo del Wuttemberg; lega delle città sud-tedesche, 1381)  Si tratta delle numerosissime Signorie ecclesiastiche che avevano ottenuto da federico II amplissimi privilegi (Confoederatio cum principibus ecclesiasticis, 1220) : da tre arcivescovati elettorali di Colonia , Treviri e Magonza, alle abbazie di Hirsau, Fulda, Corvey e San gallo, ai grandi principati vescovili di Utrecht , Salisburgo e Trento, al singolarissimo Stato dei cavalieri Tuutonici, sviluppatosi soprattutto nel corso del secolo XIV lungo la fascia Baltica, da Danzica a Reval, protagonista primario dell’espansione territoriale e commerciale in quelle regioni contro Polacchi, Danesi e Lituani. Si trattava dei principati laici, anch’essi largamente privilegiati da federico II con lo Statutum in favorem principum , del 1231: dalle infinite piccole e piccolissime signorie, numerose soprattutto nei frazionatissimi territori di Svevia e della Franconia ai grandi principati,vasti e compatti soprattutto lungo la fascia orientale, dove le antiche strutture amministrative ereditate dalle marche di confine avevano disciplinato fin dai tempi più antichi i nuovi insediamenti, contenendo il particolarismo. Si distinguevano fra essi i principati elettorali: Sassonia, Bradeburgo, e Palatinato (oltre al regno di Boemia), a cui la Bolla d’Oro  di Norimberga (1356) aveva riconosciuto la quasi totalità dei diritti regali e in particolare i privilegi de non evocando e de non appellando . L’istituto imperiale, dopo la parentesi del grande interregno (1254-73)  fu restaurato e mantenuto in vita: la Bolla d’Oro gli dava anzi forma definitiva, stabilendone le prerogative e le modalità di elezione e proclamandone la totale indipendenza dal papato. Fra Tre e Quattrocento tuttavia l’impero sopravvisse più nelle speculazioni  dei teorici del diritto e della politica (che ne mantennero viva l’idea e lo spirito universalistico) che nella forza della sua azione politica, o nella concretezza delle sue istituzioni. L’autorità imperiale fu semmai utilizzata per l’edificazione delle fortune familiari degli imperatori  (i Lussemburgo e soprattutto gli Asburgo): anzi , fu proprio grazie all’immensa potenza dinastica degli Asburgo che il titolo imperiale riebbe, alla fine del secolo XV, nuova dignità e autorità e permise a Massimiliano I di progettare, e in larga misura realizzare, una serie di riforme che preludono al grande tentativo di restaurazione compiuto poi da Carlo V. In questo quadro di estremo frazionamento politico si sviluppava, negli ultimi secoli del Medioevo, la società tedesca.
La popolazione era continuata ad aumentare, dal secolo X fin verso la metà del XIV, raggiungendo forse i 12 milioni. Il forte incremento demografico sostenne,attraverso l’emigrazione di centinaia di migliaia di contadini, il vastissimo insediamento tedesco nei territori dell’Est. Una grave battuta d’arresto fu rappresentata dalla peste nera, col suo seguito di carestie (1349-51) : nelle sole città anseatiche, p. es. la popolazione diminuì di almeno un quarto. Ancora più gravi si rivelarono le conseguenze nelle campagne dove, dopo l’immenso sforzo compiuto nei secoli precedenti per i disboscamenti, le colonizzazioni e la messa a coltura di terre nuove, numerosi villaggi dovettero essere abbandonati (Wustungen) e l’incolto si diffuse nuovamente  mentre l’autorità dei grandi proprietari e signori rurali sui contadini si rafforzava, provocando quasi dovunque un ritorno a forme di servitù della gleba. . Conobbero invece una nuova fioritura, soprattutto nel secolo XV, le attività manifatturiere e mercantili e con esse le città, che ne erano la naturale sede, tanto che al vecchio tessuto urbano, già assai consistente, si aggiunsero nuovi centri, come Friburgo, Monaco, Lipsia. La lavorazione dei metalli (sostenuta da uno sfruttamento minerario che applicava tecniche di avanguardia) e la produzione dei tessuti fecero la prosperità di città come Augusta, Norimberga, Ravensburg, che diventarono anche grandi centri bancari e finanziari, mentre la Hansa, continuava, fino a metà Quattrocento, a monopolizzare il commercio sul Baltico e sul mare del Nord, intervenendo talora  con l’autorità di una potenza egemone nella vita politica degli stati confinanti, e colonie di mercanti tedeschi si stabiliva in tutta Europa, a Venezia e a Milano come nelle aree slave e in Francia.
Agli inizi del Cinquecento si contavano in Germania una dozzina di università: alla più antica, l’università tedesca di Praga (1348) erano seguite quelle di Erfurt (1378) Heidelberg (1386) Colonia (1388), fino a quella di Wittemberg (1502), destinata presto a grande fama per l’insegnamento di Lutero. A partire dal 1455 si era diffusa inoltre da Magonza in tutta la Germania l’invenzione della stampa, dando origine nel giro di pochi decenni a decine di tipografie.




martedì 1 febbraio 2011

IMPERO BIZANTINO

L’ IMPERO BIZANTINO
(330-1461)

Denominazione con cui si intende l’impero romano nell’epoca in cui ebbe come capitale  Costantinopoli, l’antica Bisenzio, a datare quindi dal 330; più restrittivamente, la parte orientale dell’impero stesso, definitivamente separata da quella occidentale dopo la morte di Teodosio I (395)
Comprendeva allora la Grecia con le sue isole, la Macedonia, la Tacia, l’Iliria, la mesia, l’Asia Minore . la Siria e l’Egitto e si estese poi (secolo VI ) all’Italia, a quasi tutta l’Affrica mediterranea e a parte della Spagna. Come unità politica, se non territoriale, l’impero bizantino, col nome tradizionale d’impero romano, sopravvisse fino all’occupazione Turca di Costantinopoli (1453).
Da Costantino a Teodosio I la storia d’Oriente e quella d’Occidente sono ancora strettamente intrecciate e dominate da un ideale politico unitario, che tuttavia trova un sempre minor riscontro nei fatti.
In Oriente ebbero luogo i primi due concili ecumenici (Nicea 325, Costantinopoli 381), intesi ad attuare , tra gravi contrasti, l’unità religiosa; ma in Mesia si insediarono i Visigoti ( 376-379) E I Persiani fecero arretrare in alcuni punti i confini orientali. Con Arcadio (395-408) l’erede di Teodosio in oriente , il distacco dall’Occidente divenne definitivo e, mentre questo si dissolveva per le invasioni barbariche e dopo il 476 non aveva più imperatori, l’altro resisteva: assumeva una configurazione propria di monarchia assoluta di tipo romanica-cristiano-orientale  con ordinamenti politici, amministrativi e militari rigidamente centralizzati e affrontava e risolveva sia pure attraverso gravissime difficoltà, i problemi essenziali della propria sopravvivenza. Teodosio II (408-450) Leone I (457-474) Zenone (474-491), Anastasio I ( 491-518), mentre trasformavano Costantinopoli in una grande e munitissima capitale , riuscivano a stornare (verso l’Occidente) le invasioni barbariche (Visigoti, Unni, Ostrogoti) e a utilizzare parte parte dei barbari stessi immettendoli nell’esercito e anche nell’amministrazione. Al tempo stesso, l’impero era impegnato in complesse questioni religiose, che ne ostacolavano l’unità politica (particolarmente delicati i rapporti con Alessandria e con Roma ); ma ancora in oriente ebbe luogo i concili ecumenici di Efeso (431) e di Calcedonia (451) , che segnano momenti di estrema importanza nella storia del cristianesimo. Agli inizi del secolo VI, comunque, maturarono nell’impero le condizioni per passare alla mera difesa all’offensiva. L’iniziativa venne presa da Giustiniano (527-565), nipote collaboratore e successore di Giustino I (518-527), che realizzò in parte l’ambizione di reintegrare l’unità dell’impero romano con la riconquista dell’Africa vandalica , dell’Italia ostrogotica e di parte della Spagna visigotica e col tentativo (nel complesso tuttavia fallito) di instaurare l’unità religiosa ispirandosi al principio cesaropapista. Sommo legislatore (corpus iuris civilis) , costruttore di insigni opere monumentali, patrono dell’alta cultura, per sostenere la sua politica  di magnificenza impose ai sudditi un peso fiscale tanto grave da inaridire le risorse economiche , che egli stesso si adoperava a potenziare, e da riuscire impopolare. Alla sua morte, le finanze erano esauste e le condizioni generali della popolazione erano misere; la grande costruzione imperiale vacillava, minata all’interno da violente reazioni alla formula assolutistica del regime  giustinianeo e scossa da nuovi attacchi ai confini.
Giustino II (565-578), Tiberio II (578-582), Maurizio (582-602) cercarono di impedire il franamento con prudenti misure finanziarie e difensive, ma non poterono evitare la perdita dell’Italia invasa in gran parte dai Longobardi (568) , la controffensiva dei Visigoti in Spagna , le incursioni degli Avari e degli Slavi. Questi ultimi si erano insediati in varie zone dei Balcani, soprattutto in Tracia e in Grecia, mentre i persiani non davano tregua in Armenia in Siria e in Cappadocia, e solo dopo un ventennio di guerra vennero a patti (591).
La durezza di Maurizio, pure imposta da necessità di sopravvivenza, provocò una rivolta militare, che condusse alla sua eliminazione e sostituzione con Foca (602-10), affatto impari ai suoi compiti. Questo fu a sua volta abbattuto da Eraclio (610-641) , che dall’Africa sbarcò a Costantinopoli dove fu accolto come un liberatore. Deposte le ambizioni  universalistiche romane, Eraclio si dedicò, con vivo senso realistico, alla creazione di un regno meramente greco, “bizantino” meno disperso e più forte. Il suo maggior successo fu una difficile ma trionfale campagna contro i Persiani, che ne uscirono disfatti (628); Eraclio assunse il titolo dei loro re, in greco Basileus; anche gli Avari e gli Slavi furono tenuti a freno. Ma intanto l’impero perdeva definitivamente la Spagna (616) retrocedeva in Italia e, a partire dal 634, veniva mutilato della Siria, della Mesopotamia, dell’Egitto dalla travolgente avanzata degli Arabi; l’egemonia mediterranea di Bisanzio crollava, declinava l’economia, fermenti politico-religiosi si riaccendevano. Il secolo VII fu uno dei periodi più cupi della storia bizantina; la dinastia di Eraclio (610-711) diede sovrani di notevole valore, quali Costante II (641-668), Costantino IV ( 668-685) e Giustiniano II (685-695 e705-711), che dedicarono  la loro attività alla difesa di un’area sempre più ristretta rinnovandone e rafforzandone le strutture militari (organizzazione dei temi, cioè di circoscrizioni militari) e ravvivandone lo spirito nazionale, greco, e la coscienza religiosa, cattolica. Ma l’impero subì attacchi e perdite territoriali irrimediabili: gli Arabi, dopo l’Egitto, occuparono tutta l’Africa settentrionale fino allo stretto di Gibilterra, assalirono la stessa Costantinopoli (673-677), s’insediarono a Cipro e a rodi e non cessarono di premere sull’Anatolia. Contemporaneamente gli slavi penetravano sempre più a fondo in Grecia e i Bulgari, destinati a divenire un grande e aggressivo impero, stabilivano i loro primi stanziamenti a sud del Danubio in Tracia (679).
Alla dinastia di Eraclio, finita nel caos di violente ed effimere usurpazioni, succedette, con Leone III (717-741) la dinastia detta degli Insaurici  (in realtà Siriana 717-802) che consolidò la resistenza. Leone III salvò di nuovo la capitale  dagli Arabi (717-718) e li respinse fino al Tauro; Costantino V(741-775) li attaccò in Armenia e in Siria e tenne a freno i Bulgari; Leone IV (775-780) seguì le orme dei predecessori. L’iconoclastia, imposta da Leone III nel 726, s’inquadra nel piano generale di restaurazione degli Insaurici( limitazione della potenza  dei monaci, soddisfazione ai soldati) ;  ma, oltre che gravi agitazioni interne, provocò la rottura con il papato (che cercò allora l’alleanza  dei Franchi) e la perdita dei rimanenti domini in Italia settentrionale (passata ai Franchi) e centrale ( divenuta patrimonio della chiesa) . La restituzione del culto delle immagini (787)  per volontà dell’imperatrice Irene (reggente, poi succeduta al figlio Costantino VI), fu tardiva e non durevole. Regnante Irene, papa Leone III incoronò sacro romano imperatore Carlo Magno (800)  infliggendo un duro scacco a Bisanzio, che di Roma imperiale si credeva unica erede e continuatrice. Dopo un periodo di brevi e tragici regni, di cui profittarono a danno dell’impero i Bulgari e gli Arabi, e in cui fu resuscitata tra gravi violenze l’iconoclastia. Michele II (820-829) instaurò la dinastia frigia o d’Amorio (820-829) che risollevò alquanto il prestigio imperiale con iniziative economiche , civili e culturali.
Teofilo (829-842) diede grande impulso agli studi; Michele III (842-867), reggente sua madre Teodora, pose fine per sempre all’iconoclastia (843) ristabilendo la pace religiosa; Boemi, Moravi, Bulgari furono convertiti al cristianesimo per iniziativa di Bisanzio ( i cui rapporti col papato tuttavia si guastarono per lo scisma di Fozio, 867) . Ma i progressi degli Arabi continuarono (823, insediamento a Creta; 827, primo sbarco in Sicilia; 837-42, attacchi in Anatolia e minacce alla capitale) e per la prima volta si profilò una minaccia Russa (860), Michele III fu eliminato da Basilio I (867-886) fondatore della dinastia Macedone (di fatto di origine armena) , che regnò dall’867 al 1056 e portò a maturità il lento e faticoso processo di restaurazione dell’impero, conducendolo tra la seconda metà del secolo X e il primo quarto del secolo XI all’apogeo della potenza . Gli inizi della ripresa non furono sempre brillanti : Basilio I non riconquistò la Sicilia, ma rafforzò le posizioni di Puglia e Calabria e d’Asia; Leone VI (886-912) sviò le mire espansionistiche del grande Simeone, zar dei Bulgari; l’uno e l’altro furono insigni legislatori, autori dei celebri Basilici; Costantino VII Porfirogenito ( 912-959), salvatosi a stento dai Bulgari, grazie a valorosi generali(Giovanni Curcuas, Romano I Lecapeno, che fu coimperatore dal 919 al 944, e Barda foca), ebbe la ventura di assistere agli inizi della prima vigorosa controffensiva contro gli Arabi in Asia. Avviata verso il 920, essa fu condotta sempre più a fondo non tanto dai legittimi sovrani, Romano II (959-963) e i suoi figli ancora fanciulli Basilio II e Costantino VIII, quanto dei due bellicosi coimperatori che regnarono con loro: Niceforo II Forca(963-969) e Giovanni I Zimisce(969-976 ) . Questi riconquistarono Creta, la Cilicia, Cipro, Aleppo, Antiochia, Damasco, sfiorando i luoghi santi e tennero in rispetto i Bulgari e Russi. Questa serie di travolgenti successi ( la cosiddetta “ epopea Bizantina”)  si concluse con la distruzione e la sottomissione dei Bulgari, impresa personale di basilio II compiuta tra il 996 e il 1014. L’impero riacquistò allora l’estensione, il prestigio, la prosperità dei tempi di Eraclio. Il successivo tramonto della dinastia macedone, con Costantino VIII, le figlie Zoe 8con i suoi tre mariti Romano III Argiro, Michele IV, Costantino IX) e teodora ultima dei Macedoni (m. 1056) coincise con un periodo di crisi, di riprese offensive di Arabi e Bulgari, di secessioni in Italia, e all’interno, di agitazioni signorili e popolari; avvenne allora anche la definitiva separazione  religiosa di Bisanzio da Roma con lo scisma  di Michele Cerulario (1054) . Tuttavia il livello civile e culturale  non solo non ne sofferse  ma continuò a salire . Le aspre lotte per il potere  tra l’aristocrazia militare e terriera e quella burocrazia della capitale , che ebbe una certa prevalenza  durante i regni di Michele VI, Isacco I Comneno, Costantino X Ducas, Niceforo III Botaniate, provocarono con il disagio interno scacchi rilevanti: la definitiva perdita dei domini  in Italia e l’insediamento, dopo la sconfitta di Romano IV  a Manzikert, dei Turchi Selgiuchidi in Anatolia  nel medesimo anno (1071) . Di qui la violenta reazione dell’aristocrazia militare  che portò al trono Alessio i Comneno (1081-1118)  fondatore di una nuova dinastia (1081-1085) che diede all’impero gli ultimi splendori. Con le armi e la diplomazia Alessio I salvò Bisanzio dai Normanni di Puglia, da nuovi barbari calati dal nord (Peceneghi e Comani) , dai Selgiuchidi  dell’Anatolia.
La prima crociata , se lo sollevò in parte dal peso della lotta antimusulmana e gli restituì qualche territorio, lo pose di fronte a difficili problemi  di coesistenza con gli stati franchi formatisi in Oriente e a quello, gravissimo della progressiva avanzata commerciale  delle repubbliche marinare italiane  nell’impero. Alessio I lasciò a Giovanni II (1118-43) una eredità gloriosa che questi conservò dignitosamente, ma una situazione finanziaria precaria e non rimediabile.
Manuele I (1143-80), attaccato da Ruggero II di Sicilia, dovette ricorrere all’aiuto dei Veneziani per difendersi e largheggiare con loro in privilegi, estesi poi anche ai Genovesi e ai Pisani. . La sua politica italiana lo portò in seguito ad un disastroso confronto coi Veneziani stessi alleati con Guglielmo II di Sicilia. Riportò bensì notevoli successi contro l’Ungheria, arrestandone l’espansione verso l’Adriatico, ma vide crollare nella battaglia di Miriocefalo (1176) la speranza non infondata di sottrarre tutta  l’Anatolia ai Selgiuchidi. Dopo il breve e tragico regno di Alessio II (1180-83), Andronico I (1183-85), rompendo la tradizione, ritirò tutti i privilegi ai mercanti italiani, che furono oggetto del furore popolare, e con un’oculata amministrazione, tentò di ridare ordine e sollievo economico ai greci. Tuttavia la sua durezza  e la reazione “latina” sollevarono contro di lui tumulti nella capitale; Andronico I venne deposto e ucciso.
La dinastia degli Angeli (Isacco II, Alessio III, Alessio IV, 1185-1204) fu infelice; andò in rovina con la IV crociata, le cui conseguenze furono la conquista latina di Costantinopoli, la creazione dell’impero latino (1204-61), che fu appannaggio di signori di Francia e d’Italia e di mercanti veneziani, la riduzione dell’impero Bizantino a tre frammenti separati ( Nicea, Tessalonica e Trebisonda), ciascuno con un principe che rivendicava per se il diritto di rappresentare , in esilio, la legittima continuità della serie degli imperatori . Prevalse Nicea e mentre l’impero latino, benché per altro verso non privo di benemerenze, smantellava i resti delle secolari strutture Bizantine, gli imperatori di Nicea Teodoro I Lascaris, Giovanni III  Ducas, Teodoro II  , Giovanni IV <ducas Lascaris e Michele VIII Paleologo, tra il 1204 e il 1261 predisponevano con abilità, coraggio e fortuna la riconquista  di Costantinopoli. Essa riuscì, previa alleanza coi Genovesi (trattato di Ninfeo, 1261) , a Michele VIII che rientrò quasi senza combattere  nella desolata capitale (estate 1261)  e vi avviò l’ultima e tormentata restaurazione.
Michele VIII (1261-82) , con l’appoggio dei Genovesi, recuperò parte dei territori (Peloponneso con Mistrà, Acaia , parte dell’Epiro, contesogli da Carlo I d’Angiò, vendicatore dell’impero latino)  e tentò anche l’impossibile riunione della chiesa greca alla romana.
Andronico II (1282-1328), associato con il fratello Costantino, assoldò, per la difesa contro Angioini e Turchi, milizie catalane , che finirono col dominare  in varie regioni, mentre risorgevano i forti stati di Serbia e Bulgaria e una nuova formidabile potenza, i Turchi Ottomani subentrati ai Selgiuchidi, avanzava in Anatolia, toccando Brussa (1326) . Andronico III (1328-41) poté effettuare ancora qualche recupero in Tessaglia e in Epiro; ma gli Ottomani arrivarono a Nicea e a Nicomedia, mirando alla capitale. Durante il regno di Giovanni V (1341-91) , interrotto da ben tre usurpatori  ( Giovanni VI Cantacuzeno, 1347-55, Andronico IV, 1376-79, Giovanni VII, 1390; questi ultimi rispettivamente figlio e nipote di Giovanni V), maturò la catastrofe. Con il favore di GiovanniVI Cantacuzeno, gli Ottomani  passarono in Europa, occuparono anzitutto Gallipoli (1354), poi le città della Tracia e Adrianopoli (1362), la Bulgaria e la Serbia (1369-89), riducendo i domini imperiali solo a Costantinopoli, a Tessalonica e al Peloponneso. Gli appelli di Giovanni V alle potenze cristiane d’Occidente furono vani; quelli di suo figlio Manuele II (1391-1425) provocarono una crociata , che fu sbaragliata a Nicopoli (1396) . Neppure dell’imponente  disfatta inflitta ai Turchi da Tamerlano ( Ankara, 1402) Manuele II  poté approfittare per mancanza di mezzi propri e di aiuti, così che le posizioni turche in Europa, rimasero intatte e si consolidarono. Una seconda crociata ottenuta da Giovanni VIII (1425-48) , dopo aver fatto atto formale  di sottomissione al papa Eugenio IV (Firenze, 1439), fu pure battuta (Varna ,1444) .
Poco dopo, regnante l’ultimo dei Paleologhi, Costantino XI (1449-53), il sultano Maometto II predispose  accuratamente la conquista di Costantinopoli e la realizzò, dopo un lungo assedio, il 29 maggio 1453; Costantino XI cadde nell’eroica difesa della città. Tessalonica era gia caduta nel 1430; nel 1460, cadde il Peloponneso e nel 1461 Tresbisonda, dove dal 1204 sopravviveva, sotto i Comneni, un frammento dell’impero Bizantino.
Conclusa così la supremazia politica di Bisanzio, dopo undici secoli di storia spesso insigne, l’impero sopravviveva con la sua civiltà greco-romana-orientale in tutti i paesi dell’Oriente e dell’Occidente che erano stati un tempo sotto il suo dominio.