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domenica 8 dicembre 2013

IL CRISTIANESIMO

CRISTIANESIMO

La religione che trae la sua origine dalla predicazione della buona novella (evangelo)  di Gesù Cristo e che ha caratterizzato la civiltà occidentale. E’ quindi una dottrina  che non scaturisce da un complesso di credenze religiose quali l’animismo o l’induismo, ma da un fondatore, il quale ha provocato  una svolta rispetto al giudaismo.
Fondatore del Cristianesimo e autore della buona novella, Cristo è anche Dio e però oggetto del culto cristiano. Per questa sua intrinseca partecipazione alla natura divina.. Egli è in grado di dare ai suoi fedeli una conoscenza diretta sulla vita intima della divinità e di plasmare su di essa la sua chiesa, perché in ogni momento essa senta crescere la sua vita nella luce e nella sostanza della grazia, il misterioso alimento che dall’alto scende a corroborare la vita della Chiesa. Ma Cristo si completa nella sua chiesa non solo come luce e vita dell’anima: Egli è Dio incarnato per adempiere alla sua missione di Salvatore del genere umano.  E’ il momento più alto della vita di Cristo, quello in cui si manifesta il suo amore per gli uomini: all’abisso d’iniquità del mondo Egli commisura l’abisso del suo amore, annunziando la sua morte redentrice e svelando nel contempo la fonte  della vita divina, che è amore infinito che lega il Padre al Figlio nella persona dello Spirito Santo . Su questa tipologia si impernia tutta la vita del Cristianesimo  che nell’amore di Dio abbina quello del proprio prossimo transustanziando la relazione  umana nel fuoco dell’amore: Cristo  quindi non si esaurisce nel suo momento  storico, ma si perpetua nella sua chiesa con una presenza sempre attuale e inesauribile . Il Cristianesimo è altresì una religione del libro: infatti come punto di riferimento degli scritti sacri , la Bibbia , nella quale anno il loro minimo comune denominatore tutte le “ denominazioni cristiane, al di là di differenze  e divergenze talvolta rilevanti. Oggi, in senso lato, le maggiori chiese cristiane sono la Cattolica Apostolica Romana, l’Ortodossa (Chiesa orientale)  e quelle di derivazione protestante , quel gruppo cioè di denominazioni e di sette che ruotano attorno alle dottrine di Lutero, di Calvino e di altri riformatori religiosi.  Fin dal messaggio evangelico (quello cioè riportato dai 4 Vangeli ) la concezione cristiana trova la sua più pregnante espressione nell’unica preghiera raccomandata da Gesù, il Padre Nostro (vangelo di Matteo, cap:VI, 9-13) e nelle cosiddette otto beatitudini ( M tra il 1294 e il 1448atteo cap:V 13-12; Luca, cap VI 20-22) . Dalla predicazione di Gesù risulta con evidenza che la relazione uomo Dio è sentita altresì con un forte senso comunitario che si esprime fin dalle origini con un rito tangibilmente cristiano, quello cioè della Santa Cena . E’ chiaro che una caratterizzazione dell’essenza del cristianesimo comporta inevitabilmente un’interpretazione del Cristianesimo stesso. C’è tuttavia una serie di punti che sono nel cristianesimo  irrinunciabili: la predicazione del regno di Dio e del suo avvento ; l’asseverazione di un Dio personale che particolarmente nel Nuovo Testamento , è sentito come padre; un’interpretazione altamente spirituale della dignità dell’uomo (anima, spirito) e un’aspirazione  rivoluzionaria , ma pacifica, a una migliore giustizia; la centralità e la necessarietà dell’amore: “ Il compimento della legge  è l’amore” , dice Paolo nell’Epistola ai Romani (13-10).
La fede appunto dei primi cristiani è centrata sulla credenza nella resurrezione corporale di gesù Cristo. Poiché nella storia il messaggio di Cristo si è configurato  in Chiese, importante è il concetto neotestamenterio  di ekklesìa , un termine che trova chiara trattazione nelle lettere paoline. L’unità della Chiesa è una formulazione tipica del cattolicesimo, la cui ecclesiologia si colloca fin dagli inizi polemicamente rispetto ad altre concezioni volte di più in direzione profetico spiritualistica (richiamo diretto allo Spirito Santo)
Cenni Storici:
Seguendo la partizione degli storici Bihlmeyer e Ttuechle, dividiamo la storia del cristianesimo nei seguenti periodi storici : antichità (fino al secolo VII), Medioevo, epoca delle Riforme (con epicentro nel secolo XVI), epoca moderna, epoca contemporanea.
Antichità: dall’epoca evangelica al sinodo trullano del 692. In questo arco di tempo, fondamentale è l’anno 313 (Editto di Costantino), in quanto il Cristianesimo diviene religio lìcita e si appresta a sostituirsi definitivamente al paganesimo.
In questi primi secoli il Cristianesimo si diffonde in Oriente, nell’Africa settentrionale e nell’Europa mediterranea.
Nato in Palestina, il Cristianesimo viene portato in occidente soprattutto ad opera di Paolo di Tarso (secolo I) . La sua rapida diffusione  è favorita dall’unità politica, culturale, economica dell’Impero Romano. Come tutte le religioni e le ideologie il Cristianesimo concentrandosi nella chiesa, si trova ad affrontare tendenze rigoriste e radicali tra cui ricordiamo quelle dello gnosticismo ,(Atteggiamento o dottrina di chi sostiene l’inconciliabilità di tutto ciò che non è verificabile sperimentalmente. Astenersi dal prendere posizione  di fronte a un problema.). del manicheismo (tendenza a vedere nella realtà in genere  o in una particolare situazione , tutto il male solo da una parte, tutto il bene solo dall’altra, religione fondata dal persiano Mani in Mesopotamia, 216 0 217) con tutte le loro implicazioni, del montanismo ( dal nome di Montano, Movimento cristiano di carattere apocalittico, sorto in Frigia , secolo II,  dal profetiamo di Montano che intese richiamare la chiesa  annunciando la prossima fine del mondo ecc…)  con tutte le loro implicazioni millenaristiche.
In questi primi tre secoli , scontrandosi con la religione di potere   (paganesimo romano) , i cristiani sono più volte perseguitati , donde  tutta la letteratura  apologetica , la quale con la teologia  dei padri della chiesa , soprattutto  di Ambrogio, Girolamo, Agostino, è alla base della dottrina  cristiana . Il trasferimento del centro imperiale a Costantinopoli  fa di questa città , il centro della cristianità orientale . L’editto  di Teodosio , De fide catholica (380)  fa in pratica del cristianesimo  la religione di stato  e da allora esso si espande via via fino al secolo VII,  nel mondo allora conosciuto , ostacolato verso la fine dall’islamismo.
 In quest’epoca  si sviluppano le controversie trinitarie  e cristologiche che vengono dibattute  nei primi grandi concili ecumenici . Infine di fondamentale importanza , anche per l’influsso che ebbe sulla spiritualità medioevale , è il diffondersi del monachesimo , di cui fu iniziatore  in Italia Benedetto da Norcia .
Medioevo:  Nell’alto medioevo  (fino al secolo XI) il cristianesimo si diffonde  tra i popoli germanici e slavi . Purtroppo lo scisma greco del 1054 sanziona la divisione tra Chiesa Latina e Chiesa Orientale .
Nel basso medioevo (secolo XI-XII-XIII) dopo la decadenza  dei secoli X e IX , si assiste ad una ripresa del Cristianesimo. Momento tipico della cristianità occidentale di questi secoli è il conflitto tra Stato e Chiesa con le relative degenerazioni  in teocrazia  e cesaropapismo, di cui un aspetto drammatico è rappresentato dalla lotta  delle investiture.
L’espansione cristiana  vede inoltre due fenomeni  ben diversi: uno esterno trionfalistico  nelle crociate, l’altro interiore e spirituale nella fioritura degli ordini monastici, soprattutto nella fondazione  e affermazione di due grandi ordini mendicanti: francescani e domenicani .Rilevante  per il suo carattere emblematico  di contestazione anticlericale è il moltiplicarsi di correnti religiose condannate come eretiche  ( catari e albigesi, patari, valdesi, spirituali) , nelle quali sono presenti motivazioni sociali  e pauperistiche (rinuncia a tutti i beni terreni , professione di la povertà) .
La teologia scolastica  fa da supporto culturale e filosofico alla civiltà cristiana del Medioevo; nel suo ambito particolare va menzionato il pensiero di Tommaso d’Aquino e della Scolastica.
Epoca delle Riforme: Tra il 1294 e il 1448  il cristianesimo subisce un travagliato  processo critico . Con la morte di papa  Bonifacio VIII (1303) sotto il quale  la teocrazia aveva raggiunto il suo acme, assistiamo alla cattività avignonese  (1309-77)  e allo scisma d’occidente .
Il centralismo romano deve affrontare l’assalto dei fautori del conciliarismo  e dei cosiddetti preriformatori ; è inoltre scosso  da preoccupanti  tendenze ecclesiastiche  centrifughe ( tipica quella del gallicanesimo) . Particolarmente incisivi sono i movimenti “ ereticali” che fanno capo a J. Wycliffe e a J Huss. Inoltre , mentre in epoca carolingia  e con le crociate  la cristianità si era validamente difesa dagli attacchi dell’islam, ora la minaccia turca  si fa preoccupante. Nel 1453 avviene la catastrofe della caduta di Costantinopoli. Nel secolo XVI le esigenze di riforma religiosa si concretizzano in modo decisivo. Rimaste isolate o inascoltate le istanze spirituali del domenicano Girolamo Savonarola e di altri sensibili prelati ortodossi , nonostante gli ammonimenti presaghi di un Erasmo da Rotterdam, nei primi decenni del secolo XVI si hanno la radicale contestazione dei riformatori protestanti e lo scisma anglicano: Roma corre ai ripari con il concilio di Trento (provvedimenti dottrinali e disciplinari)  e reagisce con la Controriforma ( rilancio spirituale con l’azione di nuovi ordini quale la Compagnia di Gesù; reazione politico militare)..
Si restringono le aree territoriali  protestanti, ma la teologia  cristiana viene assorbita dalle grandi tematiche  care ai protestanti :libertà-grazia; autorità-obbedienza; repressione-libertà  di coscienza. Nell’ambito dell’incipiente protestantesimo ,poi,  si profilano tendenze  a carattere profetico-spiritualistico  (anabattisti, , antitrinitari,  spirituali liberi ) .
Per quanto riguarda l’spansione  del cristianesimo nel mondo , va positivamente considerata  l’attività , che diventerà presto  imponente, delle missionio cattoliche , e ciò in concomitanza  con le scoperte geografiche  e lo sfruttamento  delle nuove grandi linee commerciali .
Epoca Moderna:  Dal cinquecento in poi , in occidente il Cristianesimo,  si frantuma in un pluralismo  di grandi chiese  e di numerose correnti e sette religiose. Oltre al cattolicesimo  e alle Chiese orientali  si vanno formano, sulla scia  della contestazione protestante , le cinque denominazioni “ evangeliche” : Anglicani, Luterani, Riformati, Metodisti, Battisti.
Nel settecento , l’illuminismo tende a sostituire i valori tipicamente cristiani  del medioevo altri valori “ laici” e una nuova visione etica e culturale del mondo , che sfocerà nella rivoluzione francese. Dopo la rivoluzione , nonostante la reazione  del Congresso di Vienna  e la restaurazione ( che è caratterizzata dal connubio tra trono e altare ), il cattolicesimo  si trova a operare  su un piano difensivo , non esente da un certo spirito aggressivo .
 I papi Pio IX (1846-78) e Leone XIII (1878-1903)  attaccano aspramente le ideologie l’ideologie dominanti dell’800 ( liberalismo, con la libertà di coscienza, di stampa, socialismo, comunismo) , vedendo nella rivoluzione francese e, più a monte , nella riforma protestante  le radici di tutti i mali : la causa cioè della dissoluzione della civiltà cristiana . Nel 1869-70 il Concilio Vaticano   I sancisce  il principio dell’infallibilità pontificia ( in fide et moribus , cioè nelle questioni di fede e del costume).
All’asseverazione intransigente  del primato papale ( che rimane un ostacolo  non indifferente al movimento ecumenico ) si accompagna paradossalmente  la fine del potere temporale  della Chiesa Romana , il che schiude la possibilità  di un più proficuo dialogo fra le varie confessioni  cristiane. D’altro canto il cattolicesimo ottocentesco vede un notevole rilancio spirituale e devozionale  accompagnato da vaste attività missionarie, a opera di nuove congregazioni. Per quanto riguarda l’area cristiana  non cattolica gli “ evangelici “ , seguendo i classici tre modi d’organizzazione del presbiterianesimo, dell’episcopalismo e del congregazionalismo, si distinguono per una particolare rinascita spirituale. Anche i protestanti  si dedicano ad attività missionarie e con successo; infatti le confessioni anglosassoni d’origine calvinistica sostengono le loro missioni con tutto il peso della loro economia capitalistica ( la ricchezza come impegno civile e religioso) .
Alle soglie soprattutto del nostro secolo  si affermano movimenti religiosi  particolari quali per esempio, gli Avventisti, i Pentecostali, i Testimoni di Geova e il noto esercito della Salvezza.
Epoca contemporanea: Se si osserva complessivamente la situazione del cristianesimo nel mondo contemporaneo, occorre riconoscere che esso attraversa una crisi che peraltro rispecchia il carattere di transizione  tipico del secolo XX . Del resto fin dagli inizi dell’Ottocento  si era fatto palese come l’industrializzazione  portasse le masse proletarie  al di fuori dell’alveo cristiano . I metodisti inglesi, sulla scia di J. Wesley (1703-91) , avevano con preveggenza  affrontato l’incipiente  fenomeno di secolarizzazione che oggi ormai investe  perfino la stessa teologia cristiana . In poco più di un secolo la società industriale  raggiungendo notevoli traguardi  economici ( consumismo, benessere  diffuso, neocapitalismo) ha irrimediabilmente dissolto quella società arcaica  cristiana che aveva il suo punto di riferimento in un ambiente tradizionalmente agricolo ( una constatazione questa, particolarmente valida per le aree cattoliche). Al processo di cristianizzazione  delle masse proletarie  hanno contribuito inoltre ideologie politiche di tipo socialistico ( marxismo- leninismo) , il soggettivismo  e il relativismo in campo culturale  e artistico ( si consideri la filosofia esistenzialistica) e infine la crisi dei valori  morali provocata da due esiziali guerre mondiali  a da fenomeni aberranti  e inumani quali quello del nazismo.
Nel proporre rimedi a quello che appare come un declino  della validità stessa del messaggio cristiano, i cristiani più impegnati sono divisi  anche all’interno delle singole chiese (nel mondo cattolico, polemica fra cattolici “inquietanti” o critici  del dissenso, e cattolici tradizionalisti ; nel mondo protestante, polemica attorno alle proposte della cosiddetta “ teologia radicale”  o “ della morte di Dio” ; impatto e dialogo  tra cristiani e marxisti).
Nella chiesa cattolica , fino dal 1891, con la lettera enciclica Rerum Novarum, sulla questione sociale, Leone XIII aveva iniziato il recupero delle masse proletarie che sembravano sfuggire  alla sfera spirituale cattolica. Pio X (1903-14) , pur avendo compiuto notevoli riforme, affrontò con durezza la crisi della cultura cattolica scoppiata agli inizi del secolo (il modernismo)  sì da bloccare per lungo tempo ogni sincero tentativo di apertura e di adeguamento  culturale-religioso.
Nel periodo 1920-50 la religione cattolica perde grandi territori (Europa orientale, Cina ecc..) ma acquista maggior prestigio in Occidente. Per quanto riguarda l’Italia, i Patti Laterarensi risolvono la pericolosa diatriba tra Stato e Chiesa e il grave dissidio tra coscienza nazionale e coscienza religiosa. Il pontificato di Pio XII (1939-58) si è contraddistinto per la rigorosa neutralità osservata nell’ultimo conflitto e, poi, per la decisa condanna del comunismo (viene coniato il termine di “ Chiesa del silenzio”  a indicare la chiesa perseguitata nelle terre a regime comunista). Interessanti sono , sempre nel pontificato pacelliano, alcune grandi manifestazioni  del mondo cattolico; quelle per esempio, dell’anno santo (1950) e dell’anno mariano (1954)  . D’altro canto la promulgazione  del dogma dell’Assunzione corporea di Maria in cielo (1950)   ha lasciato sconcertate quelle chiese protestanti che rimangono ancorate alla più rigorosa cristologia. Nel 1958 è eletto papa Giovanni XXIII , che convoca il Concilio Vaticano II (1962-65)  per affrontare le grandi tematiche della Chiesa, della Rivelazione, della Liturgia e soprattutto quella delicatissima  dei rapporti Chiesa mondo contemporaneo.
 Portato a termine dal successore Paolo VI  (1963-78) , il Vaticano II appare oggi più un punto di partenza che un punto d’arrivo, anche perché le inquietudini  del nostro tempo rendono quanto mai arduo ogni tipo di analisi del presente e del futuro. Paolo VI che ebbe il gravoso compito di gestire il post-concilio , si mosse con prudenza  non disgiunta da ripensamenti (problema del controllo delle nascite; ubbidienza; celibato ecclesiastico; ecumenismo ; ecc.) .
Con il pontificato di Giovanni Paolo II, il polacco Karol Wojtyla (ottobre  1978) , la chiesa accentua l’attenzione ai problemi dell’Est europeo giocando indubbiamente un importante ruolo nel processo di democratizzazione della Polonia e, più in generale, dei paesi comunisti. Ma la figura di questo pontefice si è anche caratterizzata in un forte impegno teso a rilanciare il ruolo universale della chiesa , testimoniato da numerosi viaggi pastorali , in particolare nel terzo mondo  e da numerosi richiami al valore fondamentale della pace .
 Significativi gli interventi  sui problemi della decadenza del costume indotta da un forsennato consumismo .
 Da segnalare infine , una rinnovata attenzione ai problemi sociali  e del mondo del lavoro  con  la pubblicazione (maggio 1991) dell’enciclica Centesimus Annus .
In campo protestante  si è andato accentuando  il frazionamento determinato dallo stesso impegno individuale e personale e dal porsi in un rapporto immediato con il divino. In Italia nel 1967 il movimento protestante  ha creato un consiglio federale delle Chiese Evangeliche, di cui fanno parte la Chiesa Evangelica Valdese, L’Unione delle Chiese  Evangeliche Battiste , la Chiesa Evangelica metodista d’Italia , l’associazione Missionaria  Evangelica Italiana , la Chiesa Evangelica Luterana  d’Italia , l’Esercito della Salvezza . A tale consiglio aderiscono poi : le Assemblee di Dio in Italia, l’Unione delle Chiese Italiane Avventiste, la Chiesa Cristiana dei Fratelli, la Chiesa Apostolica, i Pentecostali.
Interessante in Europa è stato il cammino del protestantesimo tedesco  in questi ultimi due secoli. Sulla scia di F.D. E. Schleiermacher , Albrecht Ritschl (1822-1889) ha sviluppato un sistema teologico  con un accentuazione in senso critico-storico e biblico. Egli ha creato in seno alla cosiddetta “ teologia liberale”  una scuole, che nel periodo della I guerra mondiale  era una delle più considerate in Germania (ricordiamo il periodico Christliche Welt). E’ da questo ambito che è venuto il grande studioso tedesco A. von Harnack. Oggi le chiese territoriali luterane tedesche sono unite nella Evangeliche Kirche in Deutschland (formatasi  a Eisenach nel 1948) .
 Questa chiesa luterana conclude, per così dire,  la lunga storia del luteranesimo tedesco che vide sia la formazione di una chiesa Evangelica Tedesca (1933) , che aderì al nazismo, sia la reazione della Bekennende Kirche (Chiesa confessante) , sorta sotto l’influenza  del pensiero teologico  di K. Barth . Un discorso storico  sul cristianesimo merita  di essere concluso  con la menzione di  A. Schweitzer , fondatore della cosiddetta scuola escatologica ( J. Weiss, A. Loisy ) . Schweitzer ,  ha sentito l’esigenza  di riproporre tangibilmente e concretamente il messaggio cristiano al nostro mondo travagliato , quasi che anche il più rigoroso discorso culturale sia oggi insufficiente.
 Su queste carenze anche nel mondo protestante è in atto un dibattito fortemente condizionato dalle sempre più forti istanze politiche e sociali.
 Tra i vari teologi in vista meritano una citazione O. Cullmann (osservatore protestante al Concilio Vaticano II) e R. Bultmann, il quale tenta di salvare la realtà del soprannaturale con una tesi di sapore esistenziale che è molto combattuta da altri teologi cristiani. Secondo stime recenti le grandi Chiese cristiane  contano i seguenti membri: Cattolici 952 milioni; protestanti 556; ortodossi 162; copti ca. 30 (C. e filosofia) .
Tra i molti problemi che il cristianesimo porta con se in sede filosofica, emerge anzitutto il rapporto tra verità cristiana e verità filosofica.
 Il cristianesimo infatti pur non essendo una filosofia ne riducendosi a una dottrina, ha elementi che necessariamente vengono in rapporto con la filosofia.
Nasce di qui il problema, a lungo dibattuto e mai compiutamente risolto, della legittimità di una filosofia cristiana; per esempio San Tommaso subordinava la filosofia alla teologia; Feuerbach sostiene l’impossibilità di una filosofia cristiana ; Hengel l’identifica il contenuto della filosofia  con quello del cristianesimo.
 In generale  si può affermare  che il cristianesimo ha recato  contributi (l’università della fratellanza, il valore della sofferenza, il primato della coscienza e dell’intenzione , il peccato  come rottura di un rapporto personale di amore e non come infrazione a una legge)  e posto problemi (rapporto ragione fede) che anche sul piano strettamente filosofico non si possono trascurare.
 Di qui i problemi del rapporto del cristianesimo  con la filosofia classica. (considerata  come esempio di ciò a cui la ragione  non illuminata dalla grazia può giungere  e quindi espressione , la più completa, della potenza di una ragione puramente naturale) e con tutta la successiva filosofia sorta indipendentemente  o in polemica con il cristianesimo.
 E’ innegabile inoltre che lo stesso tentativo di tradurre  in formulazioni precise  (dogmi) le verità del cristianesimo non è indipendente  dall’assunzione di una determinata prospettiva  culturale. Il tomismo è sembrato  per lungo tempo offrire in questo senso  l’appoggio più saldo e sicuro.
 Un ultimo problema infine  concerne il rapporto  del cristianesimo con la storia . E’ sembrato talora che la dimensione escatologica del cristianesimo lo obbligasse a una netta separazione  tra spirito e carne e segnasse una pessimistica condanna  della carne, del mondo e di ogni autonomo impegno umano. Sono scaturite di qui due opposte forme d’integrismo: una, che chiameremo  monastica, che induce il credente  al disinteresse per il mondo: l’altra che chiameremo politica, che induce al tentativo d’impossessarsi e di cristianizzare tutte le strutture mondane per salvarle ( il tentativo teocratico nel Medioevo di  creare una res publica christiana ).
E’ tuttavia sempre rimasta chiara, al di là  di queste interpretazioni, l’esigenza di cogliere la prospettiva  escatologizzante  del cristianesimo che proprio per la sua dimensione di trascendenza, conosce la radicale  relatività di ogni assoluto puramente  umano, ma che al tempo stesso conosce l’obbligo di realizzare attraverso il dato  umano il regno di Dio.
 Nel campo  pedagogico il cristianesimo si è sempre fondato  sull’insegnamento del Cristo, il qualecoepit facere et docere, prima cioè diede ai suoi discepoli l’esempio con la sua vita e poi formulò le linee del suo insegnamento .
 Nella chiesa la tematica dell’imitatio Christi è sempre stata il punto di forza della sua pedagogia e se ha raccolto i più ampi frutti nel campo più particolarmente religioso, ha dilatato il suo orizzonte  anche all’insegnamento delle discipline profane, vedendole come manifestazioni della sapienza divina e quindi finalizzandole alla conoscenza di Dio; altro elemento è l’evidenza data dalla volontà, come elemento essenziale dell’opera di rigenerazione dell’uomo e nel suo perfezionamento: è la volontà che infatti opera sullo stesso  piano della grazia e che diventa  protagonista della salvezza dell’uomo .
 Nella prassi educativa cattolica generale però il principio d’autorità ha prevaricato il  rapporto  con cui il Cristo aveva risolto  il dualismo maestro-scolaro : rapporto cioè fondato  tanto sulla superiorità del  maestro quanto sull’amore scambievole tra lui e il discepolo; infatti mentre il Vangelo di San Matteo presenta  Gesù come uno che insegna “ con autorità” , il Vangelo di San Giovanni lo mostra  nell’atto di lavare i piedi ai suoi discepoli, e a San Pietro, che ne schermisce, il Maestro risponde che se non vi avesse consentito, avrebbe rotto l’intima unità che fino al quel momento lo aveva legato a lui e che era tale da durare in eterno.




RELIGIONE EBRAICA

RELIGIONE  EBRAICA

Il termine ebraismo indica sia la religione biblica del popolo d’Israele , sia le diverse manifestazioni religiose e storico-culturali ebraiche successive all’epoca biblica.
L’Ebraismo Biblico:
La memoria delle vicende del popolo di Israele tramandata dapprima nell’Antico Testamento. Abramo, padre dei credenti nel Dio unico , apparteneva ad uno dei tanti clan seminomadi segnalati in Mesopotamia nel XIX o XVIII secolo avanti Cristo ; la sua migrazione nella terra di Canaan avvenne in risposta all’appello di Dio che gli prometteva una discendenza ed una terra. La presenza di Ebrei in Egitto è attestata al tempo della dominazione degli Hyksos (tra il 1720 e il 1552 a.C.) ; verso il 1250 a.C. , forse al tempo del faraone Ramses II, ebbe luogo l’esodo sotto la guida di Mosè, al quale Dio aveva rivelato il suo nome . Dopo un lungo cammino nel deserto il popolo di Israele giunse al Sinai , dove Dio stipulò con lui l’alleanza : Dio vuole essere il Dio di Israele per fare d’Israele il popolo di Dio. Le clausole di questo patto sono costituite dal decalogo , le dieci parole donate da Dio al suo popolo perché abbia vita . L’ingresso nella terra di Canaan avvenne con Giosué (ca 1200 a.C.) . Dopo il tempo dei giudici , capi carismatici che guidavano le tribù ebraiche in momenti di difficoltà, venne istituita in Israele la monarchia . Davidé conquistò Gerusalemme  e ne fece la capitale del regno (ca 1010-970) . Il regno conobbe il massimo splendore con Salomone , che costruì il Tempio . Alla morte di Salomone il regno si divise : a nord il regno d’Israele , con capitale Samaria che scomparve definitivamente dopo la conquista Assira del 722 a.C. ; a sud il regno di Giuda con capitale Gerusalemme .
Nel 587 l’esercito Babilonese di Nabucodonosor distrusse Gerusalemme e il Tempio e pose fine al regno di Giuda . In ambedue i regni era risuonata la voce dei profeti , che richiamavano il popolo alla fedeltà all’alleanza e gli ricordavano l’amore fedele di Dio.
Il sorgere del giudaismo:
Nell’esilio a Babilonia gli Ebrei, privati della loro terra e del Tempio , impossibilitati ad offrire sacrifici salvaguardarono la loro identità etnico-religiosa mediante lo studio della parola di Dio , l’osservanza della circoncisione e del sabato , la celebrazione della Pasqua . Iniziò una nuova fase dell’ebraismo, che ha preso il nome di giudaismo.
Nel 538 a.C. un editto del re persiano Dario consentì agli ebrei esuli a Babilonia di ritornare in patria. Il popolo d’Israele che da questo momento fino al 1948 non ebbe più l’indipendenza politica, si dedicò alla ricostruzione della propria identità religiosa.
Sotto la guida di Esdra e di Neemia (libro di Israele orientò la sua fede in un movimento di ritorno al Signore : venne ricostruito il Tempio e si diede redazione definitiva al Pentateuco , la parte fondamentale della rivelazione biblica.
In epoca ellenistica (dal 323 al 31 a.C.)  la terra d’Israele ebbe il nome di Palestina e fu sottoposta ai sovrani di Siria . Nel secolo II a.C. Antioco IV Epifane con l’appoggio di numerosi membri della classe sacerdotale ed una parte del popolo introdusse  in Palestina usanze e istituzioni tipiche della civiltà ellenica , iniziò a perseguitare gli ebrei che difendevano l’integrità della loro fede , fece assassinare il sommo sacerdote Onia III e collocò nel Tempio una statua di Zeus Olimpio . Contro questo stato di cose insorsero i Maccabei . Gli Esseni si ritirarono nel deserto, sulle rive del mar morto, per attendere la venuta del Messia nel vero Tempio , cioè la comunità di quanti sono rimasti fedeli al Dio unico . E’ questa l’epoca della fioritura dell’apocalittica , dominata dall’annuncio dell’imminente fine dei tempi. Dal 63 a.C. la Palestina passò sotto il dominio romano . Erode il grande (73-4 a.C.) , insediato dai romani , ampliò il Tempio e arricchì Gerusalemme di nuovi palazzi . Durante il suo regno nacque Gesù .
La Palestina, alla morte di Agrippa I  (41-44 a.C.) passò sotto il diretto controllo di Roma . Nel 66 esplose la prima rivolta giudaica contro i romani . La distruzione del Tempio (70) e la conquista dell’ultimo baluardo  in mano agli ebrei, la fortezza di Masada (73) , sedarono momentaneamente la resistenza ebraica. Nel corso dell’assedio di Gerusalemme un Fariseo , rabbi Jochanan ben Zacchaj, ottenne dai romani il permesso di uscire  e organizzare a Javne un’accademia rabbinica e un sinedrio accademico il cui presidente divenne il rappresentante ufficiale dell’ebraismo.
Il giudaismo rabbinico
La nascita dell’accademia di Javnè segna un ulteriore fase del giudaismo. Verso la fine del secolo I venne fissato il canone ebraico della Bibbia e furono stabilite le regole della liturgia sinagogale. Dopo la seconda guerra giudaica (132-135) fu vietato agli ebrei di risiedere a Gerusalemme, trasformata in colonia romana. Da allora il centro della vita ebraica si spostò fuori dalla terra di Israele. L’attaccamento alla Torà , unica via per preservare la propria identità in un mondo pagano ed ostile, condusse alla redazione per opera delle accademie rabbiniche della Mishnà, raccolta di norme giuridico religiose tramandate oralmente, che costituivano un’interpretazione della Torà ed erano considerate dai farisei, ma non dai sadducei , parte integrante della rivelazione del Sinai. I commenti e le interpretazioni della Mishnà diedero vita al Talmud Palestinese  nel IV secolo, e al Talmud babilonese, completato nel V secolo e definitivamente redatto nel VI-VII secolo.
Quando, nel 380, il cristianesimo, ben presto staccatosi dal giudaismo, con attacchi e rivalità reciproche, divenne la religione ufficiale dell’impero, gli ebrei vennero progressivamente emarginati e perseguitati e furono emanate una serie di leggi discriminanti nei loro confronti entrate a far parte del Corpus iuris di Giustiniano (secolo VI) . Molti padri della chiesa con la loro predicazione e i loro scritti favorirono la crescente ostilità dei cristiani nei confronti degli ebrei accusati  di essere “ assassini del Signore, nemici di Dio, avvocati del diavolo, demoni” (Gregorio di Nissa) o “ serpenti, la cui immagine è Giuda e la cui preghiera è un raglio d’asino “ (Gerolamo) .
Ambrogio, vescovo di Milano, si oppose all’imperatore Teodosio che ordinava ai cristiani di ricostruire la sinagoga che avevano incendiato sotto la guida del loro vescovo a Callinico, in Mesopotamia.
Medioevo ed età moderna:
L’influsso ebraico sull’islam inizialmente fu importantissimo. Le “genti del Libro”, come il Corano chiama gli ebrei e i cristiani , potevano vivere all’interno dell’Islam nella fedeltà alla propria religione, a condizione di riconoscere l’autorità musulmana. L’ebraismo sefardita (da Se farad:Spagna) fu in stretto contatto con il mondo arabo-islamico e produsse eminenti figure di studiosi, filosofi , poeti e scienziati.
Dalla Spagna proviene anche il Sefer ha-Zohar (Libro dello Splendore) , massima opera della mistica ebraica (la qabbalà: ricezione, tradizione) , attribuita oggi a Moshé de Leon (m 1305)
Le crociate furono occasione di violente persecuzioni nei confronti degli ebrei. Anche la diffusione della peste nera verso la metà del XV secolo fu accompagnata da violenze contro gli ebrei, accusati di diffondere l’epidemia. Nel 1492 l’espulsione degli ebrei dalla Spagna riconquistata dai re “cattolici” diede inizio alla diaspora sefardita. Dal 1516 a Venezia il quartiere ebraico della città, sorto spontaneamente come luogo di protezione , fu trasformato in una residenza chiusa  imposta a tutti gli ebrei (ghetto) .
Il gheto di Roma, istituito da Papa Paolo IV nel 1555, fu quello che durò più a lungo  nel tempo; fu abolito solo nel 1870, con l’annessione di Roma all’Italia. Nel corso del XVI secolo il mistico Izchaq Luria diede vita a Safed, in Palestina, a un centro di studio che rinnovò la qabbalà, in cui si fondevano dottrine tradizionali del giudaismo con dottrine neoplatoniche e popolari. Il 600 vide il sorgere del sabbatianesimo, movimento che riconosceva la venuta del Messia nel predicatore Shabbataj Zevì (1626-1676) che però fu arrestato dalle autorità ottomane e si convertì all’Islam pur di avere salva la vita.
Nel 700 l’illuminismo ebraico (o haskalà) tentò di avvicinare  l’ebraismo al mondo moderno, mostrandone la conciliabilità con la ragione. Il principale rappresentante dell’haskalà fu Moses Mendelssohn (1729-1786) All’illuminismo ebraico si contrappose il chassidismo (da chasid: pio), corrente mistica a carattere popolare, iniziata da Israel ben Eliezer, detto il Baal Shem Tov (Signore del Nome buono), intorno al 1740 e diffusasi rapidamente nell’Europa orientale.
Il processo di emancipazione degli ebrei dall’emarginazione a cui erano stati condannati nei secoli precedenti si diffuse in Europa nel corso del secolo XVIII e si accompagnò spesso ad una forte spinta di secolarizzazione. Il giudaismo riformato, sorto in Germania, tentò di ritradurre l’ebraismo nella moderna civiltà occidentale attraverso una forte riduzione e relativizzazione delle osservanze rituali, l’abbandono dell’ebraico nella liturgia, la presa di distanza da una identità nazionale ebraica. In Russia le misure adottate dagli zar contro gli ebrei e i frequentissimi e sanguinosi pogrom (in russo, distruzione) aizzati contro di essi provocarono un ingente migrazione ebraica prevalentemente verso gli Stati Uniti, divenuti sede del più numeroso insediamento ebraico.
L’aspirazione ebraica a un ritorno nella Terra di Israele si concretizzò nel movimento sionista fondato da Theodor Herzl (1860-1904) . Dalla fine dell’800 iniziò l’emigrazione ebraica in Palestina, intensificatasi nel primo dopoguerra. Nel 1925 fu fondata a Gerusalemme la prima università ebraica ; il fatto consacrava ufficialmente la rinascita della lingua ebraica come lingua quotidiana e non solo liturgica.
L’antisemitismo razzista teorizzato nel secolo XIX culminò nel 900, durante la seconda guerra mondiale con la Shoà (in ebraico: catastrofe) : gli ebrei vittime dello sterminio nazista furono circa 6 milioni. La tragedia della Shoà ha segnato profondamente la memoria ebraica e la coscienza cristiana che l’ha permessa. Il 14.5.1948 segna ufficialmente la nascita dello stato ebraico; secondo la legge del ritorno (1950) ogni ebreo del mondo ha diritto di trasferirsi in Israele e diventarne cittadino . Gli ebrei residenti in Israele assommano a poco più di un terzo della totalità della popolazione ebraica mondiale (dati del 1991).
La fede ebraica:
L’ebraismo definisce la propria esperienza di fede attraverso il termine “emunà”, il quale va compreso soprattutto nella sua eccezione di “fiducia di Dio” in riferimento non tanto a ciò che egli è, ma soprattutto a ciò che egli opera nella storia e, in particolare, in quella del popolo d’Israele. Dalla stessa radice di “emunà” deriva il termine ‘amen, col quale si esprime l’atteggiamento di chi ha fede nel Signore e per questo rimane saldo” in lui e nei suoi insegnamenti.
La Bibbia ci testimonia che tale atteggiamento nasce e si sviluppa come fede storica nell’orizzonte della rivelazione di Dio verso l’umanità: è JHWH che per primo si rivolge ad Abramo, impegnandosi con un patto in nome del quale successivamente libera il popolo di Israele dalla schiavitù dell’Egitto e lo conduce verso la terra promessa. Israele risponde all’azione divina nei suoi confronti accogliendo gli insegnamenti rivelati sul Monte Sinai attraverso la Torà, ricevuta per mano di Mosé e poi trasmessa dalla Tradizione.
L’ebreo si riconosce quindi nella storia  di fede del popolo di Israele che da Abramo conduce ai giorni nostri e si lascia plasmare dalla memoria di questa storia attraverso azioni che coinvolgono i diversi momenti della vita quotidiana esprimendo concretamente la sua appartenenza al popolo della promessa.
Tale fede non è frutto di una elaborazione filosofica, ma piuttosto di una disposizione all’ascolto della parola rivelata: lo Shemà, la professione di fede ebraica, sottolinea questa disposizione nelle parole iniziali : “ Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, Il Signore è uno…” Lo Shemà impegna l’ebreo a osservare gli insegnamenti divini indicati dai precetti e a trasmetterli di generazione in generazione: “ Porrete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole; le insegnerete ai vostri figli.., e gli ricorda che la sua adesione deve coincidere con una scelta di vita orientata dalla torà, in quanto segno di un impegno concreto di fronte alla fedeltà del Signore.
Fare la volontà del Signore:
Tutto ciò è espresso in maniera significativa in un passo biblico caro alla Tradizione ebraica: dopo che Mosè ebbe letto il libro dell’alleanza alla presenza di tutto il popolo, questo rispose: “ Tutto quello che il Signore ha detto noi lo faremo e lo ascolteremo. L’antecedenza del verbo “fare” rispetto al verbo “ascoltare” viene spiegata nei commenti rabbinici sottolineando il fatto che a chiedere l’osservanza dei precetti è il Signore che ha liberato dalla schiavitù d’Egitto, pertanto i precetti vanno accolti come una via indicata da un Dio che desidera la salvezza dell’uomo e quindi, prima di tutto, nella logica di una prassi animata dalla fede La fede tuttavia non sminuisce la necessità di un approfondimento anche di tipo intellettuale, necessario per comprendere progressivamente i molteplici sensi della parola rivelata e per adeguare i precetti alle sempre nuove situazioni storiche. Studio e preghiera sono compresi e vissuti come atti religiosi fondamentali che ogni ebreo deve impegnarsi a compiere: in ogni epoca la Torà è stata letta, studiata, commentata, attualizzata attraverso il metodo della discussione, con cui i maestri di tutti i tempi hanno esposte le loro interpretazioni, non necessariamente concordi, secondo criteri stabiliti  dalla Tradizione..
Quando un’interpretazione è accolta dalla maggioranza viene considerata rivelazione di Dio sul Monte Sinai portata alla luce del dibattito tra quanti cercano Dio nella sua parola. Per questa ragione la fede ebraica non si presenta come una dottrina monolitica, ma come una continua ricerca e comprensione di ciò che Dio ha rivelato: non si mette mai in dubbio il fatto che egli abbia parlato, ma si discute sul significato di ciò che egli ha detto, e la scrittura è considerata, più che una fonte di risposte, un ambito che suscita e orienta nuove domande, affinché gli uomini continuino a ricercare tutti i suoi significati possibili.
L’obbiettivo di tale indagine non è una speculazione intellettuale  fine a se stressa , bensì l’esigenza di comprendere sempre meglio come vivere e realizzare la vocazione particolare  per cui il Signore ha separato Israele dagli altri popoli, che è quello di diventare “un regno di sacerdoti e una nazione santa”, nell’orizzonte di un servizio di testimonianza animato dal precetto dell’amore verso Dio e verso il prossimo che riassume in sé tutti gli altri. In questo modo l’ebraismo esprime la consapevolezza di essere chiamato come primo Patriarca Abramo, a camminare “davanti” al Signore, invito che viene interpretato nei commenti rabbinici in relazione alla realizzazione della salvezza nella storia: perché Dio possa agire nella storia è necessario che qualcuno gli indichi e gli prepari la strada, e per i figli di Israele questo significa continuare a essere quel popolo attraverso il quale la benedizione di JHWH ( secondo la tradizione ebraica, il tetagramma, parola di quattro consonanti, che rappresenta il nome proprio di Dio) in Abramo si offre a tutte le famiglie della terra.
La benedizione e la santificazione del tempo:
L’orientamento della spiritualità ebraica e la radice di ogni sua forma liturgica sono ben espresse dalla dinamica che la benedizione divina suscita: dal momento che JHWH crea nel segnod ella benedizione, il mondo e la storia possono svelare la profondità del loro senso ultimo solo a chi è capace di vivere in rapporto alla creazione benedicendo Dio per ogni cosa e in ogni situazione, sia nel bene che nella sventura. A questo proposito nella Tradizione ebraica esistono benedizioni per ogni circostanza, le quali ricordano all’uomo che tutto proviene dal Signore e solo in riferimento a lui e alla sua Totà acquista significato.
Secondo tale prospettiva, il mondo è compreso innanzitutto come il mondo di Dio, nel quale il credente è chiamato a santificare il tempo attraverso la celebrazione delle feste che ripercorrono i momenti più significativi della rivelazione di Dio a Israele. Fra queste la celebrazione annuale della Pasqua costituisce un momento fondante e particolarmente importante per l’identità stessa del popolo ebraico: la sua struttura “memoriale” rende chi la celebra contemporaneo agli ebrei che con Mosè sono usciti dall’Egitto , per cui è considerata uno spazio privilegiato per la trasmissione della fede alle nuove generazioni. In senso analogo vengono vissute le altre liturgie familiari che caratterizzano le diverse feste religiose: attraverso esse i bambini, coinvolti attivamente fin dalla più tenera età, assimilano la Tradizione di cui fanno parte, facendo memoria della storia di fede  del loro popolo. Ricordare, infatti è per gli ebrei una dimensione fondamentale, un esplicito comando divino,in nome del quale i genitori hanno il dovere di raccontare  e spiegare ai figli ciò che il Signore  ha compiuto in Israele.
L’attesa messianica:
Fra le speranze e le attese dell’ebraismo si colloca anche quella dei tempi messianici, che, pur non essendo la prospettiva principale, ne rappresenta comunque uno degli orientamenti significativi. Questo evento non è atteso necessariamente legato ad un Messia particolare, bensì come svolta storica  nella quale i segni della salvezza saranno evidenti per tutti, cancellando definitivamente dal mondo ogni traccia di dolore. La Tradizione ebraica ha sviluppato al riguardo correnti fra loro diversificate, così come più volte  ha creduto di aver individuato figure messianiche che poi non si sono rivelate tali. Fra l’altro ha sottolineato, soprattutto nelle sue correnti mistiche, anche la possibilità che i tempi messianici non siano solo il frutto di un intervento divino, ma insieme il risultato di un impegno dell’uomo a favore del bene comune dell’umanità.
La fiducia ebraica di JHWH di intervenire con azioni di salvezza nei confronti del suo popolo si è misurata nel corso dei secoli con eventi particolarmente dolorosi come la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C., la cacciata degli ebrei dalla Spagna nel 1492 e, nel 900, con la catastrofe nazista che ha prodotto l’orrore di Aushwitz. La Shoà rimane nella memoria degli ebrei come un esperienza di silenzio da leggersi su due versanti: silenzio di Dio ma anche silenzio dell’uomo, che non può non interpellare sia gli ebrei che l’hanno subito, sia tutti coloro che in qualche modo, lo hanno permesso. Diverse sono le riflessioni maturate all’interno del pensiero ebraico contemporaneo, che nelle sue forme più audaci è arrivato a rimettere in discussione il modo di comprendere l’onnipotenza divina. Tutto ciò comunque non impedisce alla Tradizione ebraica di continuare con coraggio a testimoniare fra i popoli l’unicità del Dio di Israele a cui rimane fedele..

JHWH
Secondo la tradizione ebraica, il tetragramma (parola di quattro consonanti) che rappresenta il nome di Dio. Esso non veniva e non viene pronunciato in base al comandamento “Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio. Gli ebrei nella lettura liturgica della Bibbia lo leggono Adonaj (mio Signore) al di fuori del culto ha-Shem (il Nome) . Nella traduzione della Bibbia  in greco dei Settanta JHWH è reso con Kyrios (Signore); nelle traduzioni moderne viene tradotto Signore nelle versioni cattoliche ed Eterno in quelle protestanti. L’esatta pronuncia di JHWH non è conosciuta. La sua lettura vocalizzata con “a”ed “e” (Jahweh) è sconsigliata in quanto irrispettosa e, comunque, offensiva per la fede ebraica. Del tutto infondata è la vocalizzazione con “e”, “o”, “a”, da cui cui Jehowa o Geova.
Il tetragramma ricorre nella Bibbia 5372 volte ed è l’appellativo usato per Dio. Dal punto di vista grammaticale corrispondeva alla terza persona singolare dell’imperfetto del verbo essere: “egli c’è, “egli esiste”; secondo l’interpretazione più accreditata “Dio che è con noi”

TORA’
Il complesso della Rivelazione donata da Dio a Mosè sul Monte Sinai. Torà sono le dieci parole (il Decalogo) del Sinai, ma Torà indica anche l’insieme dei primi cinque libri della Bibbia ( Genesi,Esodo, Levitino, Numeri, Deuteronomio) attribuiti tradizionalmente a Mosè e chiamati con termine greco Pentateuco; essi narrano la storia del popolo di Israele dalle origini all’ingresso nella Terra promessa.
Il termine Torà in ebraico significa “insegnamento, dottrina”. La traduzione greca nòmos: “Legge”, impiegata nel Nuovo testamento e successivamente affermatasi, è deviante in quanto introduce una connotazione legalistica assente nel termine ebraico.

TALMUD
Il termine Talmud (che significa studio) indica la raccolta dei commenti (Ghemarà) alla Torà orale confluita nella Mishnà. Si presenta sotto forma di discussioni fra maestri e discepoli intorno ai più diversi argomenti e raccoglie materiale disparato: racconti, sentenze, storie popolari, interpretazioni di passi biblici. Fu elaborato dalle scuole rabbiniche della Palestina e di Babilonia, per cui esistono dueredazioni del Talmud: il Talmud di Gerusalemme (fine del IV secolo d.C.)  e il Talmud babilonese (fine del VI secolo d.C.).

HALAKA’
Termine ebraico (via,comportamento) che nell’interpretazione rabbinica della Bibbia e nel Tamud indica le parti dirette a ricavare precise norme di condotta che concretizzando il rispetto scrupoloso dei precetti contenuti nella Torà.


MACCABEI
Due libri storici della Bibbia: deuterocanonici, sono ammessi nel canone delle Chiese cattoliche e ortodosse, ma  non sono entrati nel canone ebraico e in quello delle chiese riformate. La traduzione greca dei Settanta ne riporta altri due , considerati apocrifi anche dalla chiesa cattolica. Il titolo dei libri proviene dal soprannome dato a Giuda, terzo figlio del sacerdote Mattatia, detto il Maccabeo, in ebraico “il martello”, ed esteso poi ai suoi fratelli. I libri narrano la riscossa giudaica contro la dominazione ellenistica di Antioco IV Epifanie, re di Siria, guidata dai Maccabei.
La dominazione siriana appoggiava in Palestina i fautori dell’ellenismo, quegli ebrei cioè che avevano, in diversa misura, accolto la cultura greca. Sotto Antioco IV vennero introdotte in Palestina le istituzioni pedagogiche greche; nel Tempio, accanto all’altare  degli olocausti, fu collocata una statua di Zeus Olimpio; le pratiche giudaiche vennero proibite sotto pena di gravi sanzioni. Il primo libro dei Maccabei venne redatto verso la fine del II secolo a.C. e ci è pervenuto in un testo greco che costituisce probabilmente la versione di un originale ebraico. Il racconto inizia con la descrizione della Palestina dopo la profanazione  del Tempio del 167 a.C. e prosegue presentando i capi della resistenza giudaica: Giuda, Gionata, Simone, . Il libro, pur avvalendosi di documenti storici, manifesta il chiaro intento di tessere lodi ai Maccabei, strumenti di cui Dio si serve per ottenere la liberazione  religiosa e politica del suo popolo. Il secondo libro, compendio di un opera più vasta, fu redatto verso il 100 a.C. manifestando maggiore interesse per l’aspetto religioso rispetto al primo Maccabei.
Alcune lettere indirizzate ai giudei dell’Egitto per invitarli a venerare il Tempio aprono l’opera; e il tema del Tempio appare in tutti i cinque quadri che compongono il testo. La testimonianza della fede fino al martirio e la speranza nella resurrezione renderanno particolarmente caro questo  testo alla Chiesa antica provata dalle persecuzioni.

ESSENI
Corrente religiosa del giudaismo, attiva dal II secolo a.C. alla prima guerra giudaica  (66-70 d.C.) . Gli Esseni presentavano le caratteristiche della “ setta” separata dall’insieme del popolo, con una organizzazione di tipo cenobitico (che vivevano in comunità), secondo una regola scoperta a Qumran, presso il Mar Morto, dove, secondo una tesi accreditata, avevano stabilito il centro del loro movimento.
Gli Esseni si caratterizzavano per la radicalità del rispetto della legge nell’attesa dell’evento messianico. Sembra che la comunità essenza abbia conosciuto una riorganizzazione agli inizidel secolo I a.C..
Ne fu promotore un personaggio il cui nome non è ricordato, forse perché assurto nella sfera nell’ineffabile: documenti successivi alla sua morte lo designano semplicemente come “maestro di giustizia” e “sacerdote”. Poco prima del 63 a.C. subì insieme ai fratelli crudeli persecuzioni da parte di un “sacerdote empio” identificabile nel somo sacerdote Arcano II, che lo fece giustiziare.. La repressione non riuscì a disperdere gli esseni, ma accentuò l’importanza da loro attribuita al tema del dolore dei giusti, riproposto in chiave messianica.  Essi erano convinti di costituire il “vero Israele” e di poter rappresentare, alla fine dei tempi, i “ Figli della luce” nella vittoriosa battaglia contro i “ Figli delle Tenebre”. La loro comunità, retta da sacerdoti, seguiva un calendario proprio, diverso da quello del Tempio di Gerusalemme,,osservava una rigida purezza rituale (bagni lustrali, rinuncia al matrimonio), praticava una partecipazione egualitaria dei beni, con la rinuncia alla proprietà privata. Vi si era ammessi dopo una prova di due anni e il giuramento di osservare le norme della purità e del pasto comune. La scoperta dei rotoli di Qumran, che molti studiosi ritengono appartenuti agli esseni, risulta di grande importanza per stabilire il testo della Bibbia e facilitarne l’esegesi (interpretazione critica di un testo), oltre che per conoscere aspetti importanti della società religiosa in cui si inserì la predicazione di Gesù.

FARISEI
Corrente religiosa del giudaismo sorta probabilmente al tempo dei Maccabei (secondo secolo a.C.). I farisei venivano chiamati con questo nome (in ebraico ferushim:separati) perché formavano un gruppo caratterizzato da una scrupolosa osservanza della Torà, letta, meditata, amata quale espressione della volontà divina, e da una rigida separazione da quanti non aderivano agli stessi principi. Mentre i sadducei, classe sacerdotale legata al tempio e fortemente ellenizzata, si richiamava unicamente all’autorità della Scrittura, i farisei accettavano accanto ad essa l’interpretazione della legge data dalla tradizione orale (la Torà orale, ritenuta rivelata direttamente a Mosè sul Sinai) , credevano all’immortalità dell’anima , alla resurrezione dei corpi, all’esistenza degli angeli. Politicamente moderati, non condividevano l’atteggiamento degli Zeloti, gruppo che si ribellava alla dominazione romana e che prese parte attiva alle rivolte  che ebbero luogo in Palestina a partire  dal 66 d.C.. Dopo la distruzione del tempio per mano dei romani (70) , scomparsa la classe sacerdotale, i farisei divennero la guida spirituale del popolo ebraico. Gesù, che pure nella sua predicazione fa propri alcuni temi cari ai farisei, critica severamente il legalismo e l’ipocrisia di molti di loro. Va ricordato tuttavia, che questi testi rispecchiano la situazione di forte tensione tra il nascente cristianesimo e il giudaismo e tendono ad accentuare le differenze, le opposizioni, mettendo in guardia contro la tentazione del fariseismo, inteso in accezione negativa, come ipocrita legalismo, sempre incombente anche all’interno della comunità cristiana.

SADDUCEI
Partito religioso ebraico, costituito dall’aristocrazia sacerdotale, sorto nella seconda metà del secolo II a.C. in opposizione ai farisei. Ritenuto vincolante solo la Torà scritta della Bibbia e non la Torà orale tramandata dai farisei e negavano la resurrezione dei morti. Furono i principali nemici della predicazione di Gesù. Scomparvero nel 70 d.C., dopo la presa di Gerusalemme e la distruzione del Tempio da parte dei romani.

ZELOTI
Partito religioso giudaico (dal greco Zelotès: pieno di zelo, entusiasmo) . Secondo lo storicoGiuseppe Flavio, gli zelati erano vicini alle posizioni dottrinali dei farisei, ma “tenevano alla libertà con grande tenacia e riconoscevano come loro signore e re soltanto Dio”. Per questo non riconoscevano la signoria dell’imperatore romano né le imposte a lui dovute e si opponevano con la violenza al dominio romano, in vista di ricostruire il regno d’Israele, su cui solo Dio poteva regnare. I padroni di questo movimento si possono forse vedere nell’insurrezione di Giuda il Galileo contro Roma al tempo del censimento di Quirino (6 d.C.) .
Gli Zelati furono i più attivi protagonisti nella guerra giudaica (66-70 a.C.) . Secondo Luca e gli Atti degli Apostoli di Gesù c’era un aderente a questo movimento, Simone lo Zelota.

SHOA’
Shoà è il termine ebraico (letteralmente “annientamento, devastazione”) che designa la catastrofe consumatasi in Europa durante la seconda guerra mondiale perpetrata dai nazisti che sterminarono 6 milioni di ebrei di cui 1 milione e mezzo di bambini.
E’ errato indicare tale sciagura con il termine olocausto , in quanto gli olocausti erano i sacrifici “graditi al Signore” che venivano offerti al Tempio di Gerusalemme.
Questo tragico evento ha segnato profondamente la memoria del popolo ebraico che lo ha subito, sia quella della cultura europea di ispirazione cristiana che non ha saputo evitarlo. Per l’ebraismo la shoà (il suo nome-simbolo eè Auschwitz) rimane infatti il momento del silenzio di Dio nei confronti del suo popolo, silenzio delle vittime alle quali è stata tolta la possibilità di vivere, silenzio di coloro che potevano intervenire per evitarla o attenuarla e non l’hanno fatto. Di fronte a questo silenzio l’ebraismo stà ripensando la sua identità e sta sviluppando una nuova riflessione su Dio. Per la cultura europea cristiana la shoà è la cifra di un fallimento epocale che costringe i cristiani a interrogarsi sulle proprie responsabilità nell’alimentare l’antisemitismo: come ha sottolineato J.B. Metz, dopo Auschwitz la teologia cristiana non può più essere la stessa. Per questa ragione un comitato internazionale (comprendente anche ebrei sopravvissuti) riunitosi nel 1947 a Seelisberg, ha elaborato un documento in dieci punti che ha orientato le scelte di tutte le chiese, le quali, condannando più o meno esplicitamente l’antisemitismo come un peccato contro Dio e contro gli uomini, si sono incamminate sulla strada del dialogo cristiano-ebraico.

SIONISMO
Movimento politico-culturale ebraico, sorto alla fine del XIX secolo (Cogresso di Basilea del 1897, che diede forma organizzata alle proposte avanzate nel 1896 da Th. Herzel nel lIbro “Lo stato ebraico” : di fronte a quello che veniva valutato come fallimento della politica di assimilazione degli ebrei nelle comunità nazionali dell’Occidente , si proponeva la rinascita del popolo ebraico mediante la costituzione in Palestina di uno stato indipendente ispirato a valori intellettuali, scientifici, politici e sociali della moderna civiltà occidentale  (con una forte sottolineatura degli ideali socialisti) e, al tempo stesso, agli specifici valori nazionali-culturali del mondo ebriaco.
Il termine sionismo deriva dal colle (chiamato Sion)  su cui sorgeva la parte antica di Gerusalemm

giovedì 5 dicembre 2013

SIKHISMO (Sikh)

SIKHISMO  (Sikh)

Il fondatore del sikhismo, Nanak (1469-1539), nasce a Talwandi (nell’attuale Pakistan) nel 1469. È figlio di funzionari che appartengono alla casta degli kshatriya (guerrieri), ma nella sottocasta dei bedi (nome che identifica le famiglie kshatriya che conoscono e studiano le scritture vediche). Lavora come contabile, ma si interessa all’Islam e al sufismo. Nel 1498, mentre fa il bagno in un fiume, ha un’esperienza mistica. Gli amici lo pensano annegato, ma il quarto giorno riappare affermando che Dio gli è apparso e lo ha incaricato di una missione religiosa; dovrà insegnare che “davanti a Dio non c’è indù, non c’è musulmano” ma soltanto carità, servizio e preghiera. Da allora, percorre il subcontinente indiano e i paesi vicini – si sarebbe spinto fino a Sri Lanka, alla Mecca, a Baghdad – in quattro lunghi viaggi, che – se hanno senza dubbio una qualche realtà storica – costituiscono pure il mito di fondazione del sikhismo. Negli anni 1520, esausto per i lunghi viaggi, Nanak si stabilisce a Kartarpur, dove raduna un buon numero di discepoli (in lingua punjabi sikh), e dove muore nel 1539.
Nella tradizione di Nanak, la nozione di guru è fondamentale, e ancora oggi per essere considerati sikh è necessario riconoscere il lignaggio dei primi dieci guru, da Nanak fino a Gobind Singh (1666-1708). Il secondo guru, Angad (1504-1552), e il terzo, Amar Das (1479-1574) perfezionano il processo di separazione della comunità sikh sia dall’induismo, sia dalle confraternite sufi. Al servizio di questa nuova religione, il quarto guru Ram Das (1531 o 1534-1581) fonda nel Punjab la città santa di Amritsar, e pone le basi per un’alleanza con il potere politico mogul che avrà peraltro varie traversie. Il suo successore, il quinto guru Arjun (1563-1606), raccoglie gli scritti dei predecessori – e di altri “santi” indù e musulmani – nell’Adi Granth, e lancia un ambizioso programma di costruzioni a Amritsar e di proselitismo. È vittima del suo stesso successo: insospettito dal crescente potere dei sikh, il quarto imperatore mughal dell’India (1605-1627) – Jahangir (1569-1627) – lo fa arrestare. Arjun muore in carcere nel 1606. Il figlio e sesto guru, Hargobind (1595-1644), è una figura importante nel processo di trasformazione del sikhismo da movimento che aveva avuto accenti pacifisti in religione che dispone di un vero e proprio esercito, e i cui membri diventano leggendari per il valore militare. Sotto la guida di Har Rai (1630-1661), Hari Kishan o Krishen (1656-1664: morto a soli otto anni e tuttavia, secondo la tradizione sikh, già prodigioso per erudizione e saggezza), Tegh Bahadur (1621-1675) e infine Gobind Singh, i sikh si oppongono o tentano di venire a patti – con alterne fortune – con l’impero mogul. Alla morte del decimo guru, Gobind Singh, in un periodo di grande confusione politica e militare, la comunità decide di non riconoscere un nuovo guru; il libro sacro Adi Granth funge da guru con il nome di Guru Granth Sahib.
Per cento anni, dal 1699 al 1799, la comunità sikh ortodossa (khalsa) vive un periodo di confusione e di divisioni, cui pone termine una personalità forte, Ranjit Singh (1780-1839), che non solo riconcilia le diverse fazioni ma riesce a farsi riconoscere come sovrano del Punjab nel 1799. Regna per quarant’anni; sei anni dopo la sua morte, nel 1845, gli inglesi entrano nel Punjab e nel 1849 lo annettono all’India. La comunità sikh, nella sua maggioranza, non si oppone agli inglesi, ma stabilisce rapporti di collaborazione: molti sikh si arruolano nell’esercito britannico, dove rinnovano la fama militare che si erano conquistati in India nel XVII secolo. Nel 1873 è fondata la società Singh Sabha, con lo scopo di preservare e rivitalizzare i caratteri distintivi della religione sikh. Negli ultimi decenni dell’amministrazione inglese, per un complesso di ragioni (fra l’altro di carattere economico, perché le terre abitate da una maggioranza sikh si aspettano di ricevere – come compenso della loro fedeltà alla Corona inglese – aiuti economici in tempi di carestia che non sono concessi), le relazioni fra i sikh e autorità coloniale britannica peggiorano, fino alla dura repressione del 1919 (“massacro di Amritsar”). Ancora più tese – nonostante temporanee schiarite – sono le relazioni fra i sikh e l’India indipendente, a maggioranza induista. Il punto più basso di queste relazioni si raggiunge negli anni 1980, con l’uccisione di diversi leader sikh qualificati come “terroristi” dal governo, l’ingresso delle truppe indiane nel tempio di Amritsar (considerata una profanazione dai sikh) e il successivo assassinio del primo ministro Indira Gandhi (1917-1984) da parte delle sue guardie del corpo sikh.
Anche a causa di queste difficoltà, fin dagli inizi del XX secolo l’emigrazione sikh dall’India aveva assunto grandi proporzioni. Oggi, fuori dell’India (dove rimangono diciannove milioni di fedeli) vivono quasi un milione di sikh, di cui oltre quattrocentomila in Gran Bretagna, trecentomila in Canada e centomila negli Stati Uniti. In Italia, i sikh “etnici” indiani sono diverse migliaia (secondo la comunità, circa 25.000, anche se osservatori esterni sono assai più prudenti e parlano di circa diecimila residenti, cui si aggiungono lavoratori stagionali o che soggiornano in Italia per qualche anno), impiegati per una parte significativa nell’agricoltura e nell’industria lattiero-casearia, benché i primi sikh emigrati in Italia si dedicassero in prevalenza a un’altra loro specialità, il circo. Oggi sono presenti soprattutto nelle province di Cremona, Brescia, Reggio Emilia, Parma, Mantova, Verona, attorno alla statale Pontina, a Sud di Roma (fra Aprilia, Latina, San Felice Circeo e Terracina vivono stabilmente quattrocento indiani di religione sikh, con un centro di culto in un tempio nelle vicinanze di Aprilia), e nella zona di Arzignano, in provincia di Vicenza, dove un centro di culto e una Associazione Gurudwara Shri Guru Nanak Niwas sono state aperte nel comune di Castelgomberto.
Una casa colonica era stata originariamente trasformata in gurdwara a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, dove un nuovo tempio è stato inaugurato il 1° ottobre 2000 alla presenza del presidente della Commissione Europea, Romano Prodi. In quest’ultimo centro si celebrano regolarmente le feste del calendario sikh, in particolare il Baisaki Day (13 aprile) con la partecipazione sia di sikh “etnici” sia di sikh italiani che si ispirano al movimento 3HO fondato da Yogi Bhajan (1929-2004). Questo dovrebbe sciogliere ogni dubbio sul fatto che i sikh occidentali sono “veri” sikh. Di fatto, la comunità internazionale sikh ha accolto i seguaci occidentali di Yogi Bhajan e di altri maestri all’interno delle sue organizzazioni e dei suoi congressi. Nella storia del sikhismo, del resto, accanto ai khalsa sikh che accettano tutti i dettami e portano tutti i segni esteriori della fede, altre “famiglie” di non-khalsa sikh e di gora sikh (“sikh bianchi”) sono state riconosciute come parte della comunità nel senso più ampio, fino a quando le loro differenze non diventano così radicali da contraddire l’essenza stessa della fede.
Nanak insegna che Dio è senza qualità (nirguna), ed è insieme creatore, sostegno e distruttore della vita. Se queste caratteristiche di Dio fanno parte della tradizione induista, è sotto l’influenza dell’Islam che Nanak ripete: “C’è un solo Dio”, e insiste sul fatto che Dio non può prendere forma umana. Pertanto, non c’è posto nel sikhismo per incarnazioni divine o avatara. Dio, creatore, è egli stesso l’autore della dualità e dell’illusione, in cui l’uomo rimane intrappolato divenendo così soggetto al ciclo delle reincarnazioni. Lo scopo dell’uomo è sfuggire a questo ciclo, divenendo uno con Dio. Per ottenere questo scopo, tre cose sono principalmente necessarie. Anzitutto, nessuno può ottenere la liberazione senza l’intermediazione di un guru. Dopo il decimo guru, tuttavia, come si è visto il sikhismo (almeno nella sua corrente principale) non ritiene più necessario un guru vivente, sostituito dagli insegnamenti dei primi dieci guru e dei loro predecessori contenuti nell’Adi Granth (così che il libro sacro diventa il vero guru per il tempo presente). In secondo luogo è necessario vivere una vita morale – evitare i vizi, rendere servizio alla comunità e ai poveri, lavorare onestamente, combattere quando è necessario con coraggio, astenersi dall’adorazione degli idoli e dalle pratiche superstiziose –, mentre non è necessario l’ascetismo (un aspetto della devozione indù rifiutato con forza dal fondatore). In terzo luogo, quotidianamente occorre un “ricordo” di Dio, sotto forma di ripetizione del suo nome (nam) anche attraverso il canto di inni (kirtan). A chi medita, particolarmente nelle prime ore del mattino, Dio si rivela come musica, luce, e via di liberazione.
Nel corso degli anni, si sono consolidate nella comunità sikh anche una serie di pratiche che ne definiscono l’identità, particolarmente con riferimento ai khalsa sikh. Khalsa significa, letteralmente, “puro”, e identifica il sikh che ha partecipato a una cerimonia di battesimo condotta da cinque sikh battezzati. Il 30 marzo 1699 il decimo guru Gobind Singh aveva infatti battezzato i primi cinque sikh, e si era fatto battezzare da loro. Per essere sikh non è necessario essere “battezzato” (esistono non-khalsa sikh ), ma la khalsa è considerata il segno della dedizione totale alla fede. A essa si accompagnano i “segni fisici della fede” (che sono più che simboli): le cinque “k”, cioè kesh (capelli lunghi raccolti in un turbante, obbligatorio per gli uomini e talora usato anche dalle donne), kangha (il pettine, segno di capelli raccolti in modo ordinato, a differenza della crescita “libera” e disordinata degli asceti induisti), kara (un braccialetto di ferro, che rappresenta il controllo morale nelle azioni e il ricordo costante di Dio), kacha (mutande o sottovesti di tipo allungato, simbolo dell’autocontrollo e della castità) e kirpan (spada cerimoniale, di cui oggi si sottolinea che è un simbolo religioso di fortezza e lotta contro l’ingiustizia, non un’arma). I khalsa sikh (e anche alcuni non-khalsa) usano come cognome, o aggiungono al cognome, Singh per gli uomini e Kaur per le donne.


I Dieci Guru del Sikhismo

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Nome
diventato guru il
data di nascita
data di morte
età
padre
madre
1
70
2
48
3
95
4
46
5
43
6
48
7
31

8
7
9
54
10
41