geronimo

giovedì 24 ottobre 2013

La cucina Fiorentina

La cucina Fiorentina e’ celebre per la sua semplice magnificenza. E’ una cucina fondamentalmente rustica che predilige pochi prodotti di grande qualità e freschezza tra cui verdure e e legumi, un solo condimento (olio extra vergine d’oliva di qualità eccellentissima), carni sublimi, preferibilmente cotte alla brace e preparazioni lunghe e laboriose. Ma questa e’ una storia che ha origini remote e che forse vale la pena di raccontare

Dagli Etruschi a i Romani

Il territorio su cui nel I secolo A.C. sarebbe sorta la romana “Florentia”, era popolata dalla grandiosa civiltà etrusca per la quale la cucina rivestiva una importanza assoluta che ne aveva fatto una delle più fertili aree d&rs 
ITALIA e per la quale la cucina rivestiva un’importanza assoluta.
Una cucina raffinata e allo stesso tempo semplicissima, fatta di carni arrostite , minestre di legumi, polente di cereali, uova e verdure, legumi, formaggi, pesce , frutta , condimenti a baste di erba pestata e annaffiata da un eccellente vino che già si produceva in questa terra.
Grandi buongustai preparavano le loro pietanze con perizia e cura, sfruttando tutti i gli odori, gli aromi , e i sapori che la terra regalavano loro.
Un’alimentazione sana e curata ereditata poi dai Romani che conquistarono l’Etruria nel III secolo A.C. Essi continuarono a consumere i piatti della tradizione come il “pulmentum(orzo cotto nel brodo) o il “puls”(polenta a base di farro, iglio e fecola di patate) e piatti a base di pesci verdure e formaggi fino a quando l’estendersi del dominio di Roma sul mondo fece nascere nei romani il dei serio di sperimentare preparazioni assolutamente stravaganti oltre che costosissime.

Il buio e la Rinascita

Con la caduta dell'impero romano e le invasioni delle popolazioni barbare proveniente dall’EST e dal NORD che dilagarono in tutt’ ITALIA e favorirono il sorgere del Feudalismo , si annulla qualsiasi forma di educazione e cultura gastronomica.
Il gusto per la buona tavola rinascerà soltanto dal XII secolo con il ripristino dei commerci e degli scambi e di conseguenza l’inizio di un rinnovato benessere economico e sociale.
Una leggenda a Firenze narra che il primo episodio della lotta tra Guelfi e Ghibellini ebbe luogo nel 1225 proprio a tavola quando due giovani aristocratici ricorsero alle armi per contendersi un tagliere di carni arrostite.
Nel Corse del XIV secolo si cominciarono a utilizzare le posate e la cucina si caratterizzò per la sua estrema varietà e per i suo decisi sapori .
Con l’olio e lo strutto si cucinavano le pietanze a base di Selvaggina vitello ovini suini pollame e pesce.
Con il vino si aromatizzavano “umidi” e “ brodetti”.
L’opulenza la varietà e l’allegria saranno i tratti distintivi dei banchetti fiorentini nel secolo successivo.
Ulteriore impulso per la cucina di Firenze si ebbe con l’avvento della Signoria dei Medici che ebbe inizio dal 1434 con Cosimo Il Vecchio .

Cucina e Regime

Nel 1533 Caterina dei Medici nipote di Lorenzo il Magnifico sposa per procura Enrico II di Francia e parte alla volta di Parigi con un fastoso seguito del quale facevano parte pasticcieri addetti al servizio dei vini e un maestro cuciniere.
Ed e ‘ la futura regina di Francia che rinnova la cucina francese su basi e con ricette fiorentine. A lei si attribuisce il merito di aver diffuso Oltralpe: i fagioli toscanellli , l’uso degli spinaci, dei piselli e dei carciofi, le frattaglie e le fritture , la ricetta dell’anatra all’arancia, quelle delle crespelle , i segreti della preparazione della “ TORTA FRANGIPANI” e della “SALSA COLLA”(nobilitata poi con il nome di “ BECHAMEL”)
A un’altra Medici Maria figlia di Francesco I si deve invece l’introduzione sempre in Francia di specialità fiorentine come la pasta frolla le creme, la pasta per i bignè, i sorbetti al latte e miele che prenderanno il nome di “Cherbert”.

Dagli inizi del Secolo..

A cavallo dei due secoli assistiamo al fiorire di pubblicazioni gastronomiche e al miglioramento della cucina classica, semplice ma curata , sana e saporita, presentata sulle tavole borghesi , ma , proposta anche nelle vecchie trattorie cittadini dai nomi assolutamente irresistibili.
Si ricordano “ L’osteria delle Bertucce” “ l’osteria Del Porco” “ l’osteria del Fico” “ l’osteria della Cervia” “l’osteria della Baldracca” “Beppe Sudicio” “Gigi Porco” e tante altre.
In queste trattorie popolari così come nelle caratteristiche “buche” costruite negli scantinati di case e palazzi si servivano “zuppe” di magro, “ baccalà in inzimino” “pappa al pomodoro” “ ribollita” “ fagioli all’uccelletto” e finocchiona mentre presso i “barroncini” disseminati nelle vie della città o concentrati all’interno del mercato vecchio i fiorentini gustavano , trippa e lampredotto, roventini e ranocchi aringhe e baccalà.

……A OGGI

A i‘ Tempo de’ Medici si mangiava pe’ sedici a ‘i tempo de’ Lorena pranzo , desinare e cena , e oggi co ‘ i progresso un pò di minestra e un po’ di lesso (detto popolare fiorentino).
Recitava così un adagio fiorentino nei primi del Novecento ma anche in tempi di benessere diffuso quella fiorentina rimane una cucina povera fatta di odori e sapori semplice profumata di erbe e di alloro, essenziale e appetitosa.
Una cucina che non abusa di ingredienti e miscele e che rifugge dallo spreco.
Un cucina spesso fatta di lunghe cotture o “ricotture” di pane secco ammorbidito nell’acqua di frattaglie e di avanzi.
Piatti poverissimi ma assolutamente sublimi per il palato.
E allora largo a :

“pancotto”

(pane casalingo raggeremo cotto con olio extravergine d’oliva parmigiano aglio e sale) 

“pappa al pomodoro”

(pane casalingo raggeremo cotto con pomodori,m basilico una punta di zenzero brodo vegetale olio extravergine d’oliva sale e pepe)

“ panzanella”

( pane casalingo raggeremo bagnato e strizzato condito con pomodori maturi cipollotti basilico olio extra vergine d’oliva una spruzzata di ottimo aceto di vino rosso)

“ minestra di pane”

( fagioli cannellini freschi o secchi pomodori cavolo verza cavolo nero pane casalingo abbrustolito e strofinato con l’aglio un battuto di cipolla sedano prezzemolo e una punta di zenzero olio extravergine d’oliva sale e pepe.

“Ribollita”

Pane casalingo raffermo fagioli cannellini freschi o secchi bietola pomodori una cipolla rossa e uno spicchio d’aglio sedano carote porro un rametto di popolino olio extravergine d’oliva sale e pepe.

Fiori di zucca ripieni”

fiori riempiti con carne lessa o in umido macinata con besciamella un uovo sbattuto prezzemolo tritato immersi in pastella e fritti ottimi anche ripieni di mozzarella acciughe e mollica di pane bagnato nel latte o ancora con un composto di aglio e ricotta parmigiano e pancetta e noce moscata legata con l’uovo.

Involtini di cavolo

preparati con fogli di cavolo verzotto lesso macinato pomodori maturi passati un uovo aglio prezzemolo tritato parmigiano grattugiato olio extravergine d’oliva sale e pepe.
Grande importanza ricopre nella cultura gastronomica toscana in generale e dell’area fiorentina in particolare la carne.

Carne tagliata

dai “beccai” con la maestria derivata da un’arte antica .

Sempre molto apprezzata dai fiorentini la salsiccia

glorificata già nel Rinascimento e gustata sia fresca che secca sia lessa che alla brace e , indimenticabili, i salumi della tradizione: prosciutto toscano , salame e “finocchiona” profumato insaccato aromatizzato con i semi del finocchio selvatico.

Ma come slegare la cultura gastronomica Fiorentina dal mito della “ bistecca”

che in nessun altro luogo e’ come qui , e’ espressione di una terra e di una civiltà tanto che per celebrarla e tutelarla nel 1991 e’ nata l’”Accademia della Fiorentina” che tra i proprio adepti conta anche insigni uomini di cultura.
L’ unico modo per cucinare la vera bistecca alla Fiorentina e’ frollarla al punto giusto tagliarla alta (dello spesso di almeno due dita e del peso di circa 800 grammi) cuocerla sulla brace e soprattutto servirla al “sangue” senza aggiunta di nessun’altro ingrediente se non la giusta quantità di sale (niente olio per favore) ma deve soprattutto essere di pura carne chianina.
La bistecca comunque la regina di una tavola ricchissima di specialità di carne come la saporita “rosticciana”(costolette di maiale) e l’arista di maiale, il succulento “stracotto alla fiorentina” con carne di manze e il sublime “Bollito” di carni miste con salsa verde.

Tra i piatti “preziosi” ma sempre più rari ricordiamo il “cibreo”rigaglie di pollo indorate e legate con rosso d’uovo e la “ carabaccia” zuppa preparata con cipolle rosse sedano legumi di stagione, salsiccia, pancetta, fette di pane casalingo abbrustolite, olio extravergine d’oliva, sale e pepe.


Religioni Indoeuropee

LE RELIGIONI  ANTICO  EUROPEE  E  INDOEUROPEE

La cultura Indoeuropea, con la sua struttura sociale basata su diverse classi e la sua religione fondata su guerrieri, si impose in Europa in molteplici fasi: giunse dapprima in Europa centrale, nel 4500-3000 a.C. , poi si diffuse a nord e a sud nella prima metà del III millennio a.C. arrivando successivamente alle isole dell’Egeo e del Mediterraneo. Dal III millennio a.C. in poi, comparvero culture e mitologie ibride.
La civiltà in cui si insediò la cultura indoeuropea, l’Europa Antica, con le sue decine di migliaia di statuette, la sua ceramica mirabilmente dipinta , i suoi templi affrescati e le sue città ordinate, scompare. Al suo posto si costruiscono castri, si diffonde l’uso delle armi e fa la comparsa un sistema simbolico completamente diverso.
Il riconoscimento della collisione di due ideologie, quella Antico Europea e quella Indoeuropea, come presentato sopra, si basa sui quasi trent’anni di ricerche di Marja Gimbutas, (studiosa del Neolitico Europeo) riassumibile nei seguenti punti centrali: 1) la definizione dell’Europa neolitica e dell’età del rame, dal 6500 al 3500 a.C. circa, come Europa Antica, in contrasto con quanto si suole chiamare indoeuropeo; 2) la ricostruzione del complesso sistema religioso e filosofico del culto della Dea, che era al centro della cultura antico-europea; 3) la ricostruzione dello scontro tra l’Europa Antica e la Cultura Kurgan proto-indoeuropea, di cui si hanno le prime tracce nella zona del Volga durante il neolitico, e delle successive invasioni di cavalieri Kurgan in Europa centro orientale nel periodo tra il 4500 e il 3000 a.C., che condusse alla trasformazione dell’Europa antica: il mutamento della struttura sociale, la transizione dell’ordine matrilineare a quello patrilineare, da un avanzata teocrazia a un patriarcato militare, dall’eguaglianza sociale alla disuguaglianza, dalla religione della dea ctonia al pantheon indoeuropeo dominato da divinità maschili e celesti; 4) la formazione di una seconda patria, europea, in Europa centrale, composta da elementi indigeni ed elementi Kurgan.
La cultura europea, ma anche quella dell’Anatolia e dell’Asia meridionale, ha due ingredienti costitutivi principali: un substrato (antico-europeo) e uno strato superiore (indoeuropeo) , entrambi ancora esistenti  oggi nella lingua , nel mito, nei simboli . I sistemi di credenza antico-europei e indoeuropeo sono diametralmente opposti. Anche solo questo fatto testimonia della collisione, ovvero del carattere invasivo degli Indoeuropei rispetto all’Europa . Non è possibile che il sistema di credenze indoeuropeo si sia sviluppato linearmente da quello antico-europeo . Così come non è possibile che la società indoeuropea, esogamica, patriarcale, patrilineare e patrilocale, con forte organizzazione clanica e gerarchizzazione sociale, si sia sviluppata dalla società antico-europea, centrata sull’interazione armoniosa degli uomini con la natura e sulla complementarietà dei rapporti tra uomini e donne .
I simboli antico-europei sono intimamente collegati alla terra umida, alle sue acque generative, agli organi procreativi femminili; sono simboli ciclici come la luna e il corpo femminile. La filosofia che produsse queste immagini non ha assolutamente  nulla a che vedere con l’ideologia indoeuropea orientata sul cielo, con i suoi dei guerrieri armati a cavallo, signori del tuono e del fulmine, o le sue divinità degli inferi acquitrinosi, la sua strutturazione polare del mondo (giorno notte, splendente buio,maschio femmina), la sua ideologia in cui le divinità femminili non sono più creatrici, ma ridotte a mere bellezze, “ Veneri” spose degli Dei del cielo.
Sintesi delle funzioni e delle immagini delle dee e degli dei dell’Europa Antica:
Il tema principale del simbolismo della dea antico-europea è il mistero della nascita, della morte e del rinnovamento della vita, mistero che riguarda non solo la vita umana ma tutta la vita sulla terra.
I simboli e le immagini si raggruppano attorno alla Dea partenogenetica (che si genera da sé) . Essa era l’unica fonte di tutta la vita che traeva forza dalle sorgenti e dai pozzi, dalla luna, dal sole, dalla terra, dagli animali e dalle piante. Le sue funzioni fondamentali erano dare la vita, governare la morte, rigenerare. Era anche la Dea della fertilità della terra, che nasce e muore con la vita delle piante. C’erano anche divinità maschili, ma non fungevano da creatori: erano i guardiani o i proprietari della natura selvaggia, o erano metafore dell’energia vitale e dello spirito della vegetazione.

Elargizione e protezione della vita
Fertilità
Donna/uccello, anatra, oca, uccello acquatico, cuculo, altri uccelli primaverili.Vasellame. Menhir.
Donna incinta/fertilità della terra
Donna/serpente, serpente innocuo
Metafore del grembo gravido:collina, pietra, forno, tomba (tomba a forma di forno, di alveare, a camera tonda).
Partoriente (in posizione di parto) antropomorfa e zoomorfa (orsa, cerva).
Donna/scrofa, scrofa.
Nutrice:donna mascherata da orsa che porta una borsa.
Giovane dea in piedi con le braccia alzate e Vecchia strega, la natura morente.
Madonna: antropomorfa o zoomorfa (uccello, orsa, serpente)
Dio della vegetazione che sorge e che muore: uomo itifallico vecchio, sofferente, seduto su di un trono.
Protettrice di animali e piante: Se antropomorfa, affiancata da animali e piante

Guardiano/proprietario (maschio) degli animali selvatici e delle foreste, in sembianze umane porta la barba. Seduto su un trono, regge un uncino.

Governo della morte e rigenerazione
Donna/uccello rapace, avvoltoio, civetta, corvo, cornacchia, cane bianco, cinghiale.
Nuda rigida (“la dama bianca”)  con maschere di civetta o serpente
Orso con occhi di civetta
Triangolo rigenerativo, ascia, clessidra.
Utero in forma zoomorfa: pesce, rospo, porcospino, tartaruga , bucranio, donna/pesce, donna/rana, donna/porcospino.
Colonna della vita: con serpente avvolto in cima,albero, colonna d’acqua, fallo.
Ape, farfalla. Donna/ape, donna/farfalla.
La suddetta tabella indica funzioni e immagini delle dee dell’Europa antica (sulla base di materiali del neolitico e dell’età del Rame, VII-V millennio a.C.

Sintesi delle funzioni e delle immagini delle dee e degli dei indoeuropei           

Il pantheon proto-indoeuropeo era organizzato secondo un ideologia socialmente ed economicamente  orientata: le classi dominanti, quella dei sovrani, dei sacerdoti e dei guerrieri, erano adatte al ruolo predominante della pastorizia in un economia ad allevamento misto, con particolare enfasi sul cavallo. Le più importanti divinità maschili montavano a cavallo e portavano armi. Le funzioni di creazione della vita e di dominio della morte appartenevano alle principali divinità maschili. Le dee, come l’Alba o la Fanciulla Solare, non sono creatrici, ma sono spose o mogli degli dei . La religione era orientata verso la rotazione del sole e altri fenomeni celesti , come il tuono e il fulmine . I loro dei celesti splendevano  “ intensi come il cielo” . Nelle rappresentazioni dell’età del bronzo essi portano armi splendenti , coltelli, dischi d’oro o di rame, ed erano adornati con pettorali di rame  o d’oro e cinture di rame placcato .
D’altro canto, il dio della morte era un dio infero oscuro e spaventoso. Gli indoeuropei glorificavano la velocità della freccia e della lancia e l’affilatezza della lama. Il tocco della lama dell’ascia risvegliava le potenze  della natura e trasmetteva la fecondità del dio ( il dio del tuono) ; con il tocco della punta della sua lancia, il dio della morte e degli inferi destinava l’eroe a una morte gloriosa. Il tempo era concepito come un movimento progressivo inesorabile , come la traccia lanciata da una ruota. Il cavallo tira la ruota delle quattro stagioni e quella del giorno, l’alba al tramonto. Il cielo è visto come una collina: il sole sale e scende sulla collina, tirato su un veicolo (che poi diverrà un cocchio) da cavalli instancabili. Il sole nelle lingue indoeuropee è chiamato “ il corridore”, “l’instancabile” , “va-e-vieni”, o anche “il cavallo”.
C’erano tre divinità maschili principali, nessuna delle quali era subordinata all’altra. Ciascuna era intimamente associata ad animali domestici: il cavallo, il toro e il caprone. Non c’era nessun Grande Dio corrispondente alla Grande Dea; tuttavia il dio del Cielo Splendente in alcune mitologie indoeuropee compare come uno summus deus, il dio più importante . Le immagini associate a questo dio sono le più numerose.
Il Dio del Cielo Splendente
Dio dell’anno, inseparabile dal sole , neonato, giovane maturo, e dalle stagioni che mutano, compare in forme differenti a seconda delle stagioni . In primavera e in estate si presenta come un giovane bello  e vestito come un re . Creatore della vegetazione , degli uccelli e degli animali domestici . Epifanie: cavallo bianco, betulla. Armi: stiletto, spada, alabarda. Guardiano dei contratti . Dio della pace e dell’amicizia .
Il Dio del Tuono
In seminatore della terra . Dio della giustizia . Avversario del dio della morte  e degli inferi con cui combatte  incensantemente con le sue frecce  o asce. Immaginato come un uomo di mezza età con la barba rossa.
Epifania : toro e capro , quercia, sorbo. Armi: ascia, arco e frecce.

Il Dio della Morte e degli Inferi
Crudele e furioso dio della morte immaginato come un vecchio o un dio oscuro. Creatore degli animali repellenti e degli uccelli rapaci , delle conifere e delle radici. Animali: satallone e orso . La comune epifania in lotta con il dio del Tuono : serpente mostruoso in acque torbide . Armi: lancia, cappio dio impiccato . Dio dei contratti .
Satelliti:
Dio della luna
Aspetto notturno del Dio del cielo . Splendente. Guerriero.
I gemelli:
Cavalli o antropomorfi.
Fanciulla Solare:
Dea dell’amore e della bellezza. Epifanie : giumenta e vacca.
Il fratello o servitore dell’alba :
Il mandriano.
Il fabbro celeste:
Forgia il nuovo sole.
Tabella: Funzioni e immagini degli dei e delle dee proto-indoeuropei sulla base della mitologia comparata e dei ritrovamenti archoeologici del IV-II millennio a.C.

Sintesi delle credenze nell’aldilà:
I due sistemi mostrano due tipologie diversissime di credenza nell’aldilà.
Europa Antica:
Una forte credenza nella rigenerazione ciclica è riflessa nei riti funebri del neolitico. L’idea dominante nell’architettura funebre è la tomba (Tomb) come grembo (Womb) . Le tombe sono ovali, a forma di uovo, di forno , di utero, oppure antropomorfiche, concepite come fossero il corpo della dea. Il triangolo generativo compare anche nei profili delle tombe e altari e in altre strutture architettoniche. I simboli sulla pietra delle tombe megalitiche sono simboli di rigenerazione, di acqua vivificatrice e di energia vitale (cappelle, cerchi concentrici con un punto centrale, archi concentrici, serpenti che si attorcigliano, spire, teste di toro come uteri, triangoli, losanghe, forme a clessidra, zigzag , cicli lunari ), o immagini della dea della rigenerazione con labirinti, vulve, seni) .
C’è una barriera di acqua tra questo mondo e l’aldilà, che è attraversata da barche, a loro volta simboli di rigenerazione. La collocazione dell’altro mondo è a ovest. La vita dopo la morte è piacevole, desiderabile.
Indoeuropei:
C’è una continuità lineare tra questa vita e l’aldilà. Per questo si costruiscono case mortuarie e i morti portano con se nell’altro mondo i propri beni, gli oggetti, le armi e gli ornamenti a seconda del loro rango. I doni conferiscono ai morti il loro rango. Le tombe regali e quelle di altri membri importanti della società sono sontuosamente arredate . I re e i capi sono sepolti  con esseri umani  (moglie, servi, bambini) e animali ( cavalli , pariglie di buoi, cani) La morte in battaglia è glorifica.
I doni del cibo continuano ad essere fatti dopo il funerale: necessari al benessere delle ombre.
L’altro mondo è sotterraneo , paludoso, dominato da una divinità sovrana maschile. E’ cupo, freddo e sterile. Il viaggio per l’altro mondo implica  una strada o un fiume e di solito un periodo di tre giorni di viaggio  ( a piedi, a cavallo o su u cocchio) . Le anime restano là e trascorrono al loro esistenza  post mortem in modo fiacco e passivo. Non c’è credenza nella rinascita o nella continuità dell’energia vitale in altri esseri viventi come nell’Europa antica. Per questo occorre ribadire che le credenze degli Indoeuropei non potevano avere un terreno di cultura originario presso gli Antichi Europei. Con la formazione della Cultura Baden-Ezero nell’Europa  centro orientale e quella dell’anfora globulare nell’Europa centro settentrionale  nella seconda metà del IV millennio a.C. il modo indoeuropeo di seppellir e le annesse credenze nell’altro mondo mettono radice in Europa e gradatamente sostituiscono al sepoltura comune di tipo antico-europeo.

Tradizione antico-europea

Serpente benevolo: simbolo dell’energia vitale del cosmo, degli uomini, degli animali e delle piante. Stimola e protegge le potenze della vita della famiglia e degli animali domestici. La spira di serpente è intercambiabile con i sole, la luna e l’occhio.
Serpente velenoso: epifania della Dea della Morte.

Tradizione indoeuropea

Simbolo del male. Epifania del Dio della morte e degli inferi, avversario del Dio del Tuono



Tabella: il serpente.

Il contrasto degli Antichi-Europei e Indoeuropei:
L’analisi dei simboli antico-europei e indoeuropei mostra che le due religioni e mitologie  avevano simbologie completamente diverse . entrambe le simbologie  sono ancora esistenti oggi nelle mitologie e nel folcrore europeo. Nelle tabelle 1, 2, 3 ho fatto solo qualche esempio , non certo l’intero glossario dei simboli . Gli esempi sono presi dal mondo animale , dai corpi celesti e dai colori.

Conclusione:

Le sintesi delle funzioni e delle immagini di dei, di credenze nell’aldilà e delle differenti simbologie, dimostrano l’esistenza di due religioni e di due mitologie, quelle antico-europee indigene, ereditate dal paleolitico, e quelle degli invasori indoeuropei. La loro collisione in Europa provocò l’ibridazione delle due strutture simboliche. Gli indoeuropei prevalsero, ma gli Antichi-Europei sopravvissero come un fiume carsico. Senza il discernimento delle due diverse strutture simboliche, le ideologie dei popoli europei e la genesi e il significato dei simboli, credenze e miti, non possono essere comprese.

Mazdeismo

MAZDEISMO

Religione (dal nome della divinità Ahura Mazdah) dell’Iran preislamico , sviluppatasi probabilmente attorno al secolo VII a.C. e chiamata anche zoroastro, dal nome del suo fondatore Zoroastro (Zarathustra) . Pur monoteista , il mazdeismo contiene forti elementi di dualismo , per la contrapposizione fra il bene luce (il dio Ahura Mazdah) e il male tenebra (Angra Mainyu o Arimane): Ahura Mazdah ha creato l’uomo per farsene un alleato nella lotta contro Arimane , Libro sacro è l’Avesta . Diffusosi in tutto l’impero achemenide, con l’appoggio della corte imperiale, e dotatosi di un influente clero addetto ai riti sacri  (i cosiddetti “Magi”), il mazdeismo subì l’influsso ellenistico con la conquista di Alessandro Magno . Sotto i Sassanidi (secolo III-IV) divenne religione di Stato. La conquista islamica della  Persia portò  però alla sua scomparsa nella regine , mentre nell’area indiana permangono a tutt’oggi piccole minoranze zoroastriane (i Parsi).  

forma grecizzata del persiano Zarathustra , colui a cui la tradizione fa risalire la fondazione del mazdeismo perciò detto anche zoroastrismo dal suo nome. Di Zoroastro non si hanno reali testimonianze storiche tanto che gli studi più recenti (M.Molé) vedono in lui non un uomo veramente vissuto bensì un personaggio mitico fenomenologicamente definibile come un “eroe cultuale” .
Nella lettura del suo mito , poi, si potrà scorgere il senso di questa presenza , sia che essa significhi l’azione liturgica  o il sacerdozio prototipico ( come è stato detto) sia che significhi altro. Sta di fatto che Zoroastro risulta un essere preesistente alla nascita materiale , inviato sulla terra come un fuoco celeste (da cui resta gravida la donna che lo partorirà) da Ahura Mazdah  per predicare agli uomini la vera religione.

AVESTA’

libro sacro del mazdeismo , il libro sacro del mezdeismo . Il nome Avestà deriva dal pahlavico Apastak ( testo fondamentale ) contrapposto allo Zand  (commento) che l’accompagna.
Quale ci è stato tramandato dalla tradizione zoroastriana .L’avestà non costituisce un opera unitaria , ma un copleso di libri liturgici e rituale, redatti in un dialetto iranico nord-orientale (avestico) , databili dal periodo achemenide (secolo V-VI a.C.) all’inizio dell’era volgare. L’avestà completo sarebbe stato composto , secondo la tradizione , di 21 libri, perduti in seguito alla conquista di Alessandro Magno ; attualmente ci resta solo una piccola parte , tramandata oralmente per molti secoli e messa per iscritto  con un alfabeto di origine semitica  nel secolo V d.C. . Essa consta di quattro parti fondamentali: gli Yasna (preghiera, celebrazione), comprendenti le preghiere che il sacerdote recitava nella preparazione  e nell’offerta dell’ Haoma, la bevanda sacrificale  degli Irani; il loro nucleo più antico è costituito dalle Gàthà, diciassette inni sacri redatti in una lingua più arcaica  delle altre parti e contenenti la dottrina originale di Zarathustra ; il Visprat (tutti i giudici) , che comprende il complesso di formule integrative  degli Yasna ; il Videvdat ( la legge contro i demoni) , che contiene le regole della purificazione ; il Khwartak Apastak (piccolo avestà) , una sorta di estratto dell’avestà per il servizio divino ordinario . Di esso fanno parte  gli Yast , inni dedicati a singole divinità , che costituiscono una preziosa raccolta di miti prezoroastriani.

PARSI

Nome dei membri di una comunità etnico-religiosa d’origine persiana (donde il nome , che in persiano indica appunto il popolo omonimo), stanziatisi in India, nel secolo X . La comunità conta tutt’oggi oltre 100.000 individui nella regione di Bombay e professa una religione, detta carsismo, che è uno sviluppo locale del mazdeismo iranico. Dopo la conquista araba della Persia e la sua islamizzazione, un folto gruppo di fedeli volendo mantenere la propria fede si rifugiò in India.
Il mazdeismo dei Parsi, privato della sua base sociale e nazionale, ha subito inevitabili trasformazioni schematicamente riconducibili a un impoverimento dottrinale e a una contaminazione con la tradizione religiosa indiana .

Fino a quando essi poterono mantenere i contatti con i nuclei mazdei rimasti in Persia, riuscirono a mantenere intatta la propria fede , ma alla fine del secolo XVIII  con la conquista di Kirman da parte degli Afgani e la conseguente eliminazione di ogni residuo mazdeo  in Persia, i Parsi rimasero completamente isolati e divennero incapaci persino di comprendere la lingua dei loro testi  sacri che venivano recitati meccanicamente , quasi con formule magiche , durante le azioni culturali . Coinvolti inoltre nella politica religiosa di Akbar, che cercò di formulare un sincretismo solare capace di riunire la fede islamica, e la tradizione induista dei suoi sudditi, essi vi aderirono con entusiasmo per i molti elementi mazdei che questa formulazione conteneva. In realtà però, più che una conversione degli Indiani alla fede mazdea, si trattò della conversione di questi mazdei trapiantati alle suggestioni  del nuovo ambiente culturale. Ciò che restò di una grande tradizione religiosa fu soltanto un complesso ritualismo , in funzione del quale fu conservata,  ancorché divenuta incomprensibile , quella parte dell’Avestà che proprio per il suo uso liturgico  viene detta Yasna ( persiano, celebrazione) E’ la cerimonia più importante del Carsismo : viene compiuta da almeno una coppia di sacerdoti , un “recitante” (zòt) e un assistente (ràspì)  dopo varie azioni preliminari si passa alla consacrazione dell’haoma, una bevanda ricavata dai rami  pestati di un’efedracea, che costituisce la materia del sacrificio ; la consacrazione è fatta sostanzialmente mediante la recitazione dei 72 capitoli dell’Avesta  che vengono chiamati Yasna . Tutto il culto dei Parsi si muove nella dialettica fra puro e impuro : il fine è sempre quello di evitare  l’impurità  o di ristabilire la purità . In questa dialettica si spiega la nota  e caratteristica usanza funeraria delle cosiddette  “torri del silenzio” , ossia di quelle torri in cima alle quali vengono esposti i cadaveri perché siano scarnificati dagli avvoltoi ; si evita così di contaminare  il fuoco, la terra e l’acqua, rispettivamente con la cremazione , l’inumazione o l’abbandono dei corpi nei fiumi , usanze tutte note nell’ambiente indiano . Una ripresa del carsismo  in senso dottrinario si è avuta dopo l’esplosione di studi mazdei da parte degli occidentali in seguito alla scoperta dell’Avestà  a opera di Anquetil Duperron (secolo XVIII) . In un certo senso i Parsi hanno accolto gli studi occidentali come si accoglie una teologia ; hanno appreso da essi  i fondamenti dottrinali  della propria religione . Il che ha condotto anche una specie di azione modernista del carsismo , realizzatasi in due direzioni: l’insorgenza di formule teosofiche capaci d’inserirsi nella religiosità occidentale , e una produzione di scritti apologetici  per tener testa , nell’ambito di questa religiosità , al cristianesimo. La politica nazionalista dell’Iran sotto i Pahlavì portò al riconoscimento della cittadinanza iraniana per i Parsi desiderosi di stabilirsi nella loro patria originaria.

giovedì 3 ottobre 2013

Religione Cinese

RELIGIONE   CINESE

I cinesi non avevano una religione ben definita , possedevano solo un’idea confusa in Dio. L’imperatore, chiamato “ Figlio del cielo” , era l’intermediario cui rivolgere preghiere e voti. Era infatti proprio l’imperatore che si faceva  guida religiosa del suo popolo verso l’Ente supremo. I sacrifici erano analoghi a quelli dei popoli primitivi: offerte di cibo e immolazione di animali. Il primo pensatore religioso importante fu Lao-tzu (604 a.C.) che diede inizio al cosiddetto Taoismo, una credenza fondata sul principio supremo che tutto il creato è governato da una legge di eterna armonia.
Bisogna però arrivare fino a Confucio , che nacque a Lu nello Shantung durante la dinastia dei Chou, nel 551 a.C., per incontrare il riformatore religioso fondamentale della Cina. Dopo una vita di equilibrio umano, spirituale e  sociale, dedicata in gran parte all’aiuto del prossimo, per l’invidia di molti fu costretto a peregrinare da una città all’altra, finché si ritirò in campagna presso Ch’en, dove morì nel 479. Lasciò molti scritti in cui indica la via del perfezionamento per mezzo della virtù e il modo per costruire una società priva di ingiustizie.


Religione Cretese

RELIGIONE  CRETESE

Alla fertilità della terra i Cretesi dovevano gran parte del loro benessere, alla terra, dono inesauribile di vita, essi dunque credevano come l’unica divinità. La dea della terra, forse l’unica divinità di Creta, era la “ dea madre” , simbolo della fertilità e dell’abbondanza. Essa non veniva onorata con templi grandiosi , ma era oggetto di un culto profondamente sentito, che si esprimeva in modi semplici  e ingenui, in armonia con il carattere dei suoi fedeli . In ogno casa vi erano dei piccoli sacrari, dove venivano collocati simulacri scolpiti raffiguranti la dea atteggiata in diversi modi. Da questo fatto derivò forse l’opinione che diverse fossero le divinità cretesi: la dea madre, la dea dei serpenti, la dea del vino e così via. Il fatto però che tutte fossero femminili fa pensare invece a un’unica dea, alla quale si attribuivano poteri diversi e quindi raffigurazioni e culti leggermente differenziati. Al di fuori della casa, la divinità aveva i suoi luoghi di culto in ambienti del tutto naturali: nel fitto dei boschi , sulle cime delle montagne, nelle grotte. Ricche di particolare suggestione erano queste ultime; il mistero che vi aleggiava era favorito dalle magiche penombre, dalle profond e eco sonore, dallo sgocciolare lento  ma continuo di acque che andavano poi a creare sul terreno misteriosi riflessi. Nelle grotte sacre il contatto con la natura, e quindi con la dea che ne era il simbolo, diventava più immediato e diretto, suggeriva gesti solenni e allo stesso tempo carichi di interiore sentimento, favoriva il senso del divino, del magico, del supremo. Erano gesti che stavano a significare un omaggio personale al quale non era indispensabile un intermediario.
Le sacerdotesse puer presenti nel culto religioso cretese, non avevano infatti  quei caratteri di esclusivo monopolio del sacro, tipici invece di molte altre religioni. Tra i singoli e la divinità il rapporto era diretto, spontaneo e soprattutto sincero. Le stesse offerte votive che i fedeli portavano alla divinità erano espressioni di questa fede religiosa fatta di sentimenti semplici: si trattava in prevalenza di prodotti del lavoro.
Ricche di animazione e di gaiezza erano invece le feste del raccolto. E’ vero che anche queste avevano uno sfondo religioso, nel senso che servivano come ringraziamento alla dea madre per le messi avute in dono, ma rappresentavano soprattutto delle felici occasioni per riunirsi nella gioia e nella gaiezza, per esprimere coralmente quel senso di felicità che era la caratteristica più evidente del sentimento popolare. Possiamo facilmente immaginare i preparativi per la processione del raccolto: dalla campagna, numerosi affluivano i giovani  che sarebbero stati i protagonisti della festa; al loro seguito vi era l’immancabile  codazzo di ragazzini curiosi. Nel frattempo anche le persone più anziane , sbrigate le quotidiane incombenze , si affrettavano a prendere posto  nei loggiati del palazzo o lungo le vie per le quali  sarebbe passato il corteo . Quando il sole era alto  aveva inizio la cerimonia . Le strade brulicavano di gente , i loggiati delle case erano gremiti di folla lieta ed esultante . Il corteo era aperto da quattro cantori, immediatamente seguiti da un suonatore e danzatore, il quale, eseguendo piroette a tempo di danza , dava il tempo ai cantori e guidava al massa dei giovani  che lo seguivano. Alla testa di questi vi era un proprietario terriero; il vestito del nobile personaggio era costituito da una cotta di cuoio formata da tante scaglie tondeggianti e terminate in una frangia : era forse il simbolo di una autorità  e di un potere accettati pacificamente da tutti . I giovani contadini , che formavano il grosso del corteo , procedevano in modo bizzarro , senza una regola fissa , agitando fasci di spighe , simbolo della loro fatica quotidiana, ma anche della loro vita semplice e serena.


Religione Assiro-Babilonese

RELIGIONE ASSIRO-BABILONESE

- A Babilonia la religione, che era alla base stessa della vita della città, era più o meno quella degli antichi Sumeri. Il nuovo popolo semitico che si era sovrapposto alla loro civiltà l’aveva rispettata al punto da conservare per le pratiche religiose la stessa lingua dei Sumeri, mentre per gli atti pubblici si usava ormai soltanto l’accadico. Tuttavia a capo dei moltissimi dei locali i Babilonesi avevano posto Marduk, il loro dio nazionale..
Presso i babilonesi si sviluppò un concetto nuovo nel rapporto tra dio e gli uomini: si credeva cioè che il dolore fisico o morale fosse provocato dagli dei, attraverso potenze malefiche , per punire l’uomo delle sue colpe. Si faceva strada quindi l’idea dell’esistenza di demoni, di forze del male, che potevano anche essere evocati da uomini dotati di poteri sovrumani: i maghi e le streghe. Da questa credenza si svilupparono pratiche di esorcismo, per allontanare le forze malefiche, e si cercò di assecondare il volere degli dei tentando di interpretare la volontà in ogni occasione. Nasceva così la pratica della divinazione, esercitata da una categoria di sacerdoti specializzati. Questi sacerdoti-indovini esprimevano i loro giudizi dopo avere interrogato le forze della natura, e soprattutto dopo un’attenta osservazione degli astri, poiché proprio la loro posizione nel cielo poteva rappresentare un messaggio degli dei.
Assidui osservatori del cielo, i Babilonesi già duemila anni prima di Cristo riuscivano a preparare una carta molto precisa della volta stellata. Essi erano stati i primi a capire la differenza tra le stelle ed i pianeti, e avevano segnato con precisione  nelle loro mappe le orbite di ogni pianeta conosciuto del sistema solare, le congiunzioni e le eclissi. Furono pure i primi a precisare le date degli equinozi e dei solstizi, quindi a stabilire con esattezza la durate delle stagioni. Individuarono nelle costellazioni i vari gruppi dello zodiaco e predisposero insomma le basi per le ulteriori più approfondite conoscenze astronomiche. A loro va pure il merito di avere adottato il sistema di numerazione sessagesimale, ancor oggi in uso in geometria e in astronomia, perché una tale numerazione è facilmente divisibile sia per due sia per tre sia per quattro. In base alla numerazione sessagesimale divisero il cerchio in 360 gradi , e l’anno in 360 giorni: l’ora in sessanta minuti e m il minuto in sessanta secondi. L’anno fu inoltre diviso  dai Babilonesi in 12 mesi, di quattro settimane  ciascuno, secondo le quattro fasi lunari. I loro calcoli sul tempo erano così avanzati che introdussero anche l’uso di aggiungere qualche giorno  supplementare, alla fine di ogni anno , per colmare il divario tra l’anno solare e quello di 360 giorni.
I Babilonesi avevano ereditato dai Sumeri la scrittura cuneiforme, sillabica e abbastanza semplice in quanto composto di soli 300 segni . I testi e le registrazioni delle operazioni commerciali si scrivevano incidendo i caratteri cuneiformi con uno stilo appuntito su tavolette di argilla tenera, Se si trattava di testi importanti, che dovevano essere conservati le tavolette in un secondo tempo venivano cotte. Negli scavi archeologici sono state ritrovate  intere biblioteche  formate da migliaia e migliaia  di tavolette, che ci hanno permesso di conoscere a fondo la storia di questo popolo.
In Mesopotamia, al tempo degli Assiro-Babilonesi, esistevano palazzi e templi grandiosi, vere città nelle città. Le case private invece si allineavano lungo le strade e avevano più o meno tutte la stessa pianta: alla base di un alto muro si apriva l’unica porta sulla strada, che dava accesso ad un ampio cortile interno, tutto attorno al quale si aprivano le camere e le stanze di soggiorno, che erano dotate di mobili e di utensili assai confortevoli.


Religione degli Aztechi

RELIGIONE DEGLI    AZTECHI
E’ la religione della popolazione amerindia degli Aztechi, gli ultimi e più noti dominatori dell’altopiano del Messico, prima della conquista spagnola del 1519-1521.
La religione azteca rientra nel novero delle religioni messicane e delle religioni indiane d’America. Le tribù degli Aztechi, in origine nomadi e cacciatori, nel corso del XIII secolo si stabilirono, assieme ad altre tribù Nahua, alle quali appartenevano, sull’altopiano messicano, trasferendosi dalla mitica  regione di Aztlàn (da cui il nome della popolazione), situabile nel Messico Nordoccidentale.
Tra il XIV e il XV secolo essi diedero vita a un potente regno con capitale Mexica-Tenochtitlan, fondata nella prima metà del XIV secolo sulle isole del lago Texcoco (oggi prosciugato), la dove ora sorge Città del Messico.
Intorno al 1430, la tribù principale, sotto la guida del loro quarto sovrano, Itzcoatl (1428-1440), rese tributarie le altre tribù e fondò una lega imperniata sulle tre città di Tenochtitlàn, Texcoco e Tlacopàn. In seguito Montezuma II (1502-1520) ampliò ulteriormente il territorio del regno, finché, nel 1519, sbarcarono i conquistadores spagnoli, guidati da Herman Cortes, in cui gli Aztechi cedettero di identificare il re divinizzato Quetzalcoatl. La tradizione del culto di questa figura si basava su precedenti miti tolte chi (messicane, religioni), in base ai quali gli aztechi veneravano Quetzalcoatl (serpente dalle piume preziose).
La parola Teotl (in cui teo – era  la radice e –tl il suffisso che formava il sostantivo), in atzeco significava duraturo, potente, di pietra, e indicava generalmente la divinità.
Nella teologia atzeca , un posto preminente era certamente occupato dagli Dei solari , della pioggia e del vento.
Huitzilopochtli (colibrì di sinistra ossia colibrì del sud, dato che il sud si trovava a sinistra del sole, quando sorge) era il Dio del Sole che proteggeva la tribù e la spingeva alla guerra per procurare vittime umane da sacrificare . Gli Aztechi erano convinti che questo dio li avesse assistiti nella loro migrazione da Aztlàn verso Messico. Da allora egli divenne il protettore del regno, e nella consacrazione del suo tempio principale, nell’anno 1486, gli vennero sacrificati 70.000 prigionieri di guerra.
Tezcatlipoca (specchio fumante), dio dell’Orsa maggiore, era anche signore dell’inverno, dei freddi del nord e della morte. Egli era detto anche Titlacahuan (noi siamo i suoi schiavi) , perché veniva onorato soprattutto dagli schiavi che solo dalla sua onnipotenza potevano aspettarsi un cambiamento della loro condizione. Nell’iconografia veniva generalmente rappresentato con una gamba sola. Egli era inoltre patrono dell’educazione impartita  ai ragazzi delle classi inferiori nelle telpochalli  (case dei giovani), e in suo onore si celebrava la festa di Toxcate.
Altre divinità astrali erano invece il Dio solare Tonatiuh (vai per illuminare e per scaldare), detto anche Pilzintecutli, e le divinità delle stelle e del cielo del sud, i Centzon Uitznahua ( i quattrocento del sud), nemici di Huitzilopochtli .
Divinità del cielo più alto era la coppia di genitori divini composta da Tota (padre nostro) e Totan (madre nostra), chiamati anche Ometecutli e Omecihualt (rispettivamente signore e signora dell’aldilà), oppure Tonacatecutli  e Tenacacihuatli  (rispettivamente signore e signora della nostra carne) La madre degli dei era invece Teteo Innàn (madre degli dei, chiamata anche Tonantzin (nostra piccola madre). Sul luogo del suo tempio principale, a Tapeyacac (cima della montagna) sorge oggi il santuario cristiano della Madonna di Guadalupe.
Dea della fertilità era invece Tlazolteotl (dea dell’immondizia), chiamata anche Tlaelquani (divoratrice dello sporco): ai suoi sacerdoti si poteva confessare i peccati di adulterio. Anche Xipe Totec (nostro signore lo scorticato) era un dio della fertilità. Per celebrare la primavera e il germogliare della semina, venivano offerti a questa divinità sacrifici umani, durante i quali alla vittima veniva strappata la pelle, indossata poi dal sacerdote.
L’alimento principale nell’America Centrale precolombiana era indubbiamente costituito dal Mais, e Centeotl (dio del mais) era appunto la divinità di questo cereale, così come Chicomecoatl (sette serpenti).
Xechiquezatl (fiore che sta eretto) era invece dio dei fiori, dei giochi e dell’amore, mentre Xochipilli ( principe dei fiori) era dio, oltre che dei fiori, anche delle feste, della gioia e della musica.
Diversamente Coatlicue (colei che ha una veste di serpenti) era una dea della terra, madre di Huitzilopochtli. Essa veniva raffigurata appunto come una madre con un bambino in braccio.
Chihucoatl (signora serpente) era invece dea della terra e della nascita, mentre Xolotl (gemello deforme) era ritenuto il fratello gemello di Quetzalcoatl e, come dio dei neonati deformi, veniva raffigurato con una testa di cane. Agli dei della pioggia apparteneva invece Tlaloc (colui che fa germogliare), che era anche signore dell’aldilà, e aveva per simbolo l’albero della vita.
Sorella e compagna di Tlaloc era la dea dell’acqua corrente, dei fiumi dei laghi , nota come Chalchiutlicue (colei che porta il perizoma di giada). Essa era sposa di Xiuhtecutli (signore del fuoco), il quale, oltre che dio del fuoco e della pioggia, era anche la più importante divinità rituale del calendario. Egli era chiamato anche Ueueteotl (dio vecchio) e i suoi minuscoli aiutanti erano noti come Tlaloque.
Mitlontecutli (signore del luogo dei morti) e la sua sposa Mictlancihuatl (signora del luogo dei morti) dominavano invece sul mondo sotterraneo, mentre Yacatecutli (signore e capo) era il patrono dei commercianti e dei diplomatici che viaggiavano in luoghi lontani, e che egli proteggeva precedendoli nei loro viaggi. Secondo gli Aztechi il cielo era articolato in 13 parti, ognuna sede di una divinità, e gli inferi in 9. Il cielo più alto detto Omeyocan (luogo della dualità), era abitato dalle già citate divinità genitrici Ometecutli e Omecihualt.
In base alla loro visione del mondo, il cielo e gli inferi costituivano due enormi e altissime piramidi, i cui vertici erano agli antipodi, e in cui la superficie di contatto delle rispettive basi veniva a coincidere con la superficie terrestre, che altro non era se non un disco piatto, circondato dalle acque.
Per quanto riguarda il mondo dell’aldilà, gli Aztechi credevano nell’esistenza di tre differenti regni dei morti  Nel primo, chiamato ichan tonatiuh ilhuicac (casa del sole nel cielo) , dimoravano tutti coloro che venivano uccisi  nei sacrifici, così come i caduti in battaglia e le donne morte di parto.
 Nel secondo regno, noto come tlalocan  , e corrispondente al regno  del dio della pioggia Tlaloc, trovavano eterno riposo  tutti gli annegati e coloro  che erano stati colpiti da fulmini , nonché i lebbrosi  e i paralitici. Infine, tutti gli altri morti  finivano nel terzo regno , detto mictlan (luogo dei morti) , e corrispondente al regno sotterraneo  del dio Mictlantecutli.
Tra i valori etici, gli Aztechi attribuivano importanza primaria all’amore per la verità, all’onestà, alla fedeltà alla monogamia , e alla parità di diritti tra i due sessi.
La trasgressione di un precetto veniva duramente punita presso i nobili, mentre da coloro che appartenevano a livelli sociali più bassi veniva scontata in forma più mite. La pena di morte era riservata ai colpevoli di alto tradimento, furto, truffa e adulterio. Caratteristica degli Aztechi era poi la pratica di severe mortificazioni della carne, come ad esempio perforarsi le orecchie, trafiggersi le unghie.
I rituali del battesimo in acqua dei bambini e della confessione, così come la pratica di banchetti sacri e l’uso simbolico della croce, indussero i conquistatori spagnoli a ritenere che gli Aztechi professassero una sorta di deformazione “diabolica” del Cristianesimo. Il sospetto era accresciuto anche dal sistematico ricorso degli Aztechi alla pratica dei sacrifici umani, che nulla aveva a che fare col sacrificio di Cristo, ma si ricollegava invece alla loro concezione dell’universo e del tempo.
Gli Aztechi infatti possedevano vari calendari. Ve ne era uno rituale, detto tonalpohalli, di 260 giorni, suddiviso in 13 mesi di 20 giorni ciascuno, ed uno solare (Xiutl) di 365 giorni.Questo secondo calendario, suddiviso in 18 mesi e di 20 giorni (i mesi erano detti metztli, cioè lune) , con in più 5 giorni intercalari, detti nemontemi, esigeva che ad ogni ventesimo giorno, e quindi 18 volte all’anno, venissero celebrate grandi festività, ma soprattutto richiedeva che, per assicurare il giro del sole nella sua orbita giornaliera, si offrisse durante tali cerimonie, del sangue umano alle divinità solari.
Senza questi sacrifici, gli Aztechi ritenevano che la vita sulla terra si sarebbe estinta. Al sacrificio umano erano generalmente deputati i prigionieri di guerra, e di conseguenza, per procurarsi sempre nuove vittime, gli Aztechi intraprendevano continue campagne militari contro i loro vicini, imponendo loro regolari tributi umani, attraverso la pratica dello xochiyaoyotl (guerra dei fiori).
Le forme di sacrificio del corpo umano erano varie. In primo luogo figurava la cerimonia dell’offerta del cuore, che veniva strappato dal corpo vivo della vittima. Vi erano poi cerimonie di immolazione col fuoco, nonché sacrifici gladiatori. Infine vi erano pratiche di scorticamento  durante le quali alle vittime  veniva levata la pelle  mentre erano ancora in vita . Tra i sacrifici incruenti erano molto apprezzate le offerte di fiori di incenso o di frutti vari.
Un valore rituale aveva anche  il gioco della palla Ollama, disputato nei pressi dei templi. A esso era attribuito  un significato simbolico , in rapporto al moto del sole. Nella gerarchia sociale , articolata in sacerdoti , nobili, liberi, servi della gleba  e schiavi , il vertice era costituito , oltre che dal re, da due sacerdoti di maggiore dignità , che si occupavano , rispettivamente, di Huitzilopochtli  e del tempio di Tlaloc, e che godevano entrambi del titolo di Quetzalcoatl.
I centri culturali erano detti teocalli (casa divina), e comprendevano tutta l’area del tempio piramidale, il calmecatl (casa dei sacerdoti), le abitazioni dei giovani nobili, e i luoghi destinati al gioco sacro della palla.
Il tempio piramidale, a gradoni, si ergeva su un alto basamento. Sulla sua sommità si trovavano per lo più due sacrari, generalmente con le facciate  rivolte verso occidente , nonché il cippo sacrificale . Spesso, due scaloni paralleli, estremamente ripidi, conducevano alla sommità della piramide. Nei sacrari vi erano due stanze: una anteriore, per i sacerdoti, e una posteriore, che custodiva l’immagine della divinità.