geronimo

mercoledì 16 marzo 2011

IL CARRO DEI GRULLI

Il  Carro  dei  Grulli
In via della Scala, proprio di fronte a via del Porcellana, sorge il palazzo Dal Borgo, dal nome della famiglia omonima che lo fece costruire nel quindicesimo secolo.
I Dal borgo, come conferma il nome, avevano origine da Borgo San Lorenzo; una volta insediati in città avevano ricoperto per diverse volte la carica di priori in Palazzo Vecchio .
A Firenze però la famiglia era meglio conosciuta con il nome di “ Grulli” per via di una singolare analogia. Il giorno di Pasqua, infatti, per la cerimonia dello scoppio del carro, erano due le famiglie che, da tempo immemorabile, avevano il privilegio di gestire la manifestazione.
La famiglia dei Pazzi aveva la prerogativa di conservare le pietre focaie che dovevano appiccare il fuoco prima alla colombina  e poi al carroccio.
La famiglia Dal Borgo, invece, aveva l’onere di far trainare il “ brindellone” , il carroccio in gergo popolare , da due coppie di buoi, rigorosamente di razza chianina.
I Buoi venivano guidati da due campagnoli, provenienti dalle terre dei Dal Borgo l’appellativo che veniva dato a tutti coloro  che accudivano ed accompagnavano gli animali era “ Grulli” .
Nel giorno dello scoppio del carro, il corteo si inoltrava lungo le vie della città tra due ali di folla, le massime autorità cittadine avanzavano a passi lenti e cadenzati, tra colpi di tamburi, chiarine e bandiere, gli abiti sfarzosi, la piume dei cappelli al vento, i volti fieri, gli sguardi altezzosi e severi, le barbe ed i capelli ben curati.
Davanti a quelle figure così dignitose e signorili, l’ammirazione e lo stupore del popolo era generale… poi arrivavano i Grulli con i buoi ed il Carroccio… e qui l’immagine cambiava completamente.
I povero contadini, scaraventati dalla campagna in quel contesto raffinato e così diverso da loro, vestiti in maniera dimessa, con i volti scavati dal duro lavoro e l’espressione di sorpresa , un po’ stupita, così lontani da tutto il resto della sfilata … venivano impietosamente e crudelmente derisi e scherniti dal popolino: “ ecco i grulli! “, “arrivano i grulli”.
Da qui l’origine del termine “ grullo” , comunemente usato per significare una persona sempliciotta, sciocca, stolta, ingenua.


venerdì 11 marzo 2011

LE PALLE DEI MEDICI

Le  Palle Medici

 Alla sinistra della facciata della Chiesa di Ognissanti si può ammirare un bellissimo stemma policromo della famiglia Medici.
“ Nel campo dorato (giallo), sei bisanti (palle) di cui cinque di rosso e la sesta, posta in campo, d’azzurro ai tre gigli dorati”.
Lo stemma dei Medici ha una storia ben definita che ha origini antichissime e si è modificato nel corso dei secoli. Prima di diventare gli indiscussi signori di Firenze, i Medici ebbero origini modeste; originari del Mugello si presentarono in città iscrivendosi alle arti dei medici e Speziali.
“Medici” appunto, da cui l’origine del nome della famiglia, ma anche “Speziale”, cioè farmacisti, da cui i sei bisanti colorati di rosso che rappresentavano le tipiche pasticche che gli Speziali erano soliti preparare nelle proprie botteghe.
Le pasticche venivano spesso colorate di rosso proprio per evidenziare il carattere di “ farmaco” e per evitare che se ne potesse fare un uso diverso.
In origine dunque lo stemma era rappresentato da otto palle rosse, poi ridotte a sei, in campo giallo e lo stemma sintetizzava in una sola immagine il nome e l’attività della famiglia .
Solo successivamente, quando nel 1533 Caterina Dé medici andò sposa ad Enrico, futuro re di Francia con il nome di Enrico II, la famiglia volle modificare lo stemma sostituendo la palla rossa posta in alto con una azzurra caricata da tre gigli d’oro.
Questo rappresentava il simbolo ed i colori della casata reale francese e ne suggellava da allora in poi i legami di parentela.
Tornando alle pasticche che venivano preparate e vendute dagli Speziali, occorre dire che queste, che fossero o meno colorate di rosso, avevano sempre un gusto estremamente amaro e sgradevole.
Per ovviare a questo spiacevole inconveniente le pasticche venivano sovente ricoperte con una polverina zuccherata e dolciastra dal tipico colore dorato.
Da questo il detto “indorare la pillola” quando si cerca di “ addolcire” una situazione o una notizia un poco difficile o amara.

giovedì 10 marzo 2011

IL BALCONE ROVESCIATO

Il  Balcone   Rovesciato
In Borgo Ognissanti, al numero 12, si può ammirare ancora oggi quello che gli antichi fiorentino chiamavano “il palazzo alla rovescia”.
La curiosità di questo palazzo consiste infatti nel grande balcone che, sorretto da imponenti mensole, si affaccia sulla via, corre lungo tutto il primo piano ed ha una caratteristica unica: è costruito alla rovescia.
Nei primi anni del 500 il palazzo, di proprietà della famiglia Vespucci (imparentata alla lontana proprio con Amerigo Vespucci) doveva essere ristrutturato ed i proprietari vollero ingentilirlo con la costruzione di un ampio terrazzo posto lungo tutto il primo piano.
L’architetto della famiglia presentò il progetto direttamente al duca Alessandro dé Medici il quale, proprio in quel periodo, stava portando avanti una campagna per rendere più spaziose e pulite le strade di Firenze.
Per questo motivo faceva abbattere balconi e sporti, faceva allineare i palazzi per dare maggior luce e respiro alle strade della città.
La risposta del duca alla proposta della costruzione di un nuovo balcone in Borgo Ognissanti, per di più lungo quanto tutta la facciata del palazzo ed anche piuttosto sporgente sulla strada, fu categorica: “ no!”.
L’architetto ,pressato dalla famiglia Vespucci, ripresentò poco tempo dopo un nuovo progetto del palazzo, con opportune modifiche, ma sempre con la presenza dell’ingombrante terrazza .
La seconda risposta del duca Alessandro non si fece attendere molto  e non si discostò dalla prima: il progetto venne bocciato.
Ma alcuni mesi dopo l’architetto dei Vespucci presentò un terzo progetto  del palazzo; le modifiche del palazzo  erano minime ed il progetto della terrazza era sempre lo stesso.
Il duca Alessandro dé Medici a quel punto, indispettito e contrariato da tanta insistenza, volle rispondere in modo sarcastico e carico di quell’ironia pungente dei fiorentini:  invece di dire “ no”  scrisse “ si alla rovescia”!
L’architetto non si fece pregare, prese la risposta alla lettera e costruì la balconata “ alla rovescia”: i capitelli infatti sono alla rovescia , le balaustre sono rovesciate ed anche le grandi mensole che sostengono il tutto sono state costruite alla rovescia.
Il duca Alessandro dè Medici non volle punire gli insolenti proprietari ma, al contrario, apprezzò con spirito tipicamente fiorentino quella garbata disobbedienza.
Oggi, camminando per Borgo Ognissanti, basta alzare gli occhi e si può passare proprio sotto la terrazza “ alla rovescia”.

martedì 8 marzo 2011

LA PIPI' MIRACOLOSA

La Pipì Miracolosa (4)

Piazzetta dé Rucellai si trova proprio a metà di via della Vigna Nuova, dove sorge il famoso Palazzo Rucellai ideato da Leon Battista Alberti ed iniziato da Bernardo Rossellino nel 1446.
I componenti di questa casata erano iscritti sia all’Arte della Lana che a quella della Seta ed è a dir poco singolare il motivo che li ha fatti diventare membri di una delle più ricche e potenti famiglie della Firenze rinascimentale.
Si narra, infatti, che un antenato, certo Alemanno del Giunta, durante uno dei periodici viaggi in oriente, scese da cavallo per un normale bisogno fisiologico e notò che, al contatto dell’orina, un’erba selvatica assumeva un particolare ed intenso colore violaceo.
La macerazione nell’orina per colorare le stoffe era già conosciuta fin dai tempi dei romani, ma Alemanno aveva osservato qualcosa di veramente  particolare: il colore che nasceva da quella fusione  di erba e orina assumeva una gradazione di un viola carico e deciso, un’assoluta novità per i mercati italiani ed europei dell’epoca.
Alemanno portò a Firenze una grande quantità di quell’erba che, proprio per la sua caratteristica, prese il nome di “oricella” e venne utilizzata in larga misura per la tinteggiatura di stoffe e panni.
L’erba Oricella venne coltivata in larga scala in una zona estesa della città che proprio per questo motivo prese il nome di “orti oricellari”.
La famiglia divenne dunque ricca grazie all’abilità commerciale dei suoi membri ma anche grazie a questa erba miracolosa per cui assunse il nome di Oricellari. Poi ingentilito in Rucellai.
Lo splendido palazzo quattrocentesco in via della Vigna Nuova venne costruito grazie allo strano connubio tra l’erba e l’orina.

venerdì 4 marzo 2011

Le Cipolle del Caparra

Le Cipolle del Caparra (3)
Prima della costruzione di Palazzo Strozzi la piazza antistante  era comunemente chiamata “Piazza delle Cipolle” perché vi si svolgeva il mercato ortofrutticolo e quindi vi si vendevano  cipolle , cocomeri,poponi, ortaggi, verdure e frutta di stagione.
Messer Filippo Strozzi fece costruire il suo splendido palazzo quattrocentesco da Benedetto da Maiano e Giuliano da Sangallo e anche durante i lavori nella piazza si continuava a vendere cipolle.
Un giorno, con sua grande sorpresa, messer Filippo notò tra i venditori di verdure anche Niccolò Grosso, famoso fonditore e battitore di ferro, detto  “Il Caparra” perché aveva l’abitudine di non iniziare mai un lavoro senza aver ricevuto prima un congruo anticipo.
Se un famoso artista era costretto per vivere a vendere cipolle in piazza, voleva dire che non doveva viaggiare in buone acque, pensò messer Strozzi e si impietosì.
Non si è mai saputo se quello stato di bisogno del Caparra fosse reale o se fosse piuttosto un’abile finzione, dato che il palazzo era stato quasi completamente costruito e mancavano soltanto le rifiniture… in ferro!
Filippo Strozzi commissionò a Niccolò Grosso tutti i lavori in ferro battuto, tra cui battenti, porta fiaccole, porta bandiere e quattro grandi lanterne da collocare agli angoli del palazzo… ovviamente anticipando all’artista un acconto sul pagamento finale!
Tuttavia il Caparra non sembrò restare insensibile a quell’episodio, al punto che, nel forgiare le quattro lanterne, si ispirò a quella piazza tanto da fondere delle lunghe reste che ricordavano proprio gli steli delle cipolle.
Le quattro lanterne oggi visibili sono soltanto delle copie, mentre una parte dell’originale ancora esistente è stata collocata, dopo molti restauri, all’angolo tra via Strozzi e via Dé Pescioni, proprio di fronte all’antica Piazza delle Cipolle.

giovedì 3 marzo 2011

Il Diavolino del Gianbologna

Il Diavolino del Giambologna (2)
In un lontano giorno del 1245 San Pietro Martire era intento a predicare contro gli eretici in Piazza del mercato Vecchio ( Piazza della repubblica) ed una grande folla si era radunata per ascoltarlo tanto che la piazza non riusciva a contenere tutti i fedeli che si accalcavano lungo la via dé Ferravecchi (Via Strozzi) fino a Piazza delle Cipolle (Piazza Strozzi) .
Il diavolo era gelosissimo di quel successo personale del Santo e davanti al quel muro di folla volle vendicarsi; assunse le sembianze di un possente cavalo nero, il diavolo iniziò a galoppare all’impazzata in direzione  della gente che dapprima  ondeggiò, poi si aprì e tutti cominciarono a correre terrorizzati per evitare di essere travolti e calpestati.
San Pietro Martire dal pulpito, resosi conto del pericolo, alzò il braccio e tracciò con la mano il segno della croce in direzione del cavallo  imbizzarrito  e questi, come per magia, si fermò all’istante.
Ripresisi dallo spavento e dallo scampato pericolo, i fedeli si diressero riconoscenti verso il frate e ben presto si resero conto che del cavallo nero si erano perse le tracce, come se per incanto fosse svanito nel nulla. Si gridò al miracolo e in tutta la città fu grande festa.
Alcuni secoli dopo, in ricordo di quell’episodio, Bernardo Vecchietti, durante la costruzione del suo nuovo palazzo ordinò al Gianbologna di forgiare un “Diavolo” e l’artista modellò un portabandiera a forma di diavolino  che venne posto all’angolo del palazzo ( via Vecchietti- via Strozzi) esattamente nel punto in cui il cavallo  nero si era prima miracolosamente arrestato e poi svanito per incanto.
Questo episodio è stato immortalato da un anonimo del 300 in un affresco, recentemente restaurato, che sovrasta la Loggia del Bigallo, quasi di fronte alla porte sud del Batttistero.
Si può notare San Pietro Martire sul pulpito in atto benedicente con ai suoi piedi il popolo fiorentino che lo ascolta assorto ed estasiato mentre in alto, proprio sulle teste dei fedeli, si scorge un cavallo nero in pieno galoppo.

martedì 1 marzo 2011

FIRENZE, l'ombelico della città

Da oggi inizia una serie interessante di articoli che avvicinano un poco la conoscenza alla città. Questi articoli sono tratti da un bellissimo libro intitolato " Il Canto dei Bischeri".

                                                           "L'ombelico della città"
In Piazza della Repubblica si trova la Colonna dell'Abbondanza che rappresenta il centro esatto di Firenze, l'antico "umbelico" del Forum Romano.
Come ogni "castrum" anche la Firenze romana era quadrata: il lato nord era formato dalle attuali Via Cerretani e Piazza del Duomo, il lato est da via del Proconsolo, il lato sud da via di Porta Rossa e via della Condotta, il lato ovest da via Tornabuoni. Al centro di ogni lato siaffacciava una porta: a nord c'era la Porta del Vescovo o Porta Aquilonia (angolo di Borgo San Lorenzo con Piazza San Giovanni), così chiamata perché era proprio da nord che soffiavano i venti freddi provenienti dalle montagne dove vivevano le acquile; ad est Porta San Piero (angolo tra il Corso e via del Proconsolo); a sud Porta di Santa Maria, da cui la contrazione dell'attuale via di Por Santa maria; infine ad oves Porta San Pancrazio che i fiorentini erano soliti storpiare il " San Brancazio" (angolo tra via Strozzi e via Tornabuoni).
Da ciascuna porta partiva una strada diretta che si collegava con la porta diametralmente opposta: il " cardo maximun" collegava la città da nord a sud (via Roma e Calimala ) mentre il " decumanum maximum" la collegava da est ad ovest (via Strozzi, via degli Speziali, Corso).
Esisteva poi tutta una serie di altri cardini e decumani minori che si estendevano parallelamente a quelli principali; queste strade regolavano la città dal punto di vista urbanistico, formando una serie di quadrati chiamati "insulae", cioè gli attuali isolati.
L'incontro tra il Cardine ed il Decumano maggiori segnava il centro esatto della città ed era proprio in questo punto che i romani erigevano nella loro città una colonna propiziatoria che doveva augurare ogni forma di bene ai cittadini. Alla sommità della colonna veniva fissata una statua detta "dell'Abbondanza" con la dea bendata che sorreggeva unacornucopia simbolo di prosperità e di fortuna.
Intorno alla statua si estendeva il "Forum", centro commerciale, politico e sociale della città, dove si svolgevano le attività più importanti (antica Piazza del Mercato Vecchio e parte dell'attuale Piazza della Repubblica).
La colonna attuale risale agli anni 50, quella originale romana e quella successiva del 1431 (con statua di Donatello) sono andate irrimediabilmente perdute. La colonna segnaanche il confine tra gli storici quartieri di Santa Maria Novella (rossi), San Giovanni (verdi) e Santa Croce (azzurri); il quartiere di Santo Spirito (bianchi) si trova invece oltrarno.
La colonna presenta ancora due ordini di cerchi metallici: a quello in alto era attaccata una campanella che scandiva gli orari di inizio e di fine del mercato pubblico, mentre a quella più bassa venivano incatenati i ladri ed i truffatori esposti al pubblico ludibrio.