geronimo

domenica 27 giugno 2010

LETTERA DI SAN PAOLO AI GALATI

DOMENICA 27 GIUGNO 2010

XII domenica del tempo ordinario



Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà. State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l'amoresiate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso.
Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri. Vi dico dunque: camminate secondo lo spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo spirito, non siete sotto la legge.

Le parole di GANDHI

" E' sempre un mistero, per me, come gli uomini possano sentirsi onorati dall'umiliazione dei loro simili " Aveva appena visto degli indiani costretti a camminare nel rigagnolo per non intralciare i bianchi sul marciapiede.
Albert Einstein ebbe a dire di Gandhi " Le generazioni future stenteranno a credere che un uomo come lui abbia davvero camminato su questa terra "
"La forza non deriva dalle capacità fisiche. Proviene da un'indomita volonta."
Gandhi
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Commento:
Pochi uomini , su questa nostra terra hanno lasciato un segno indelebile, uno di questi è Gandhi.
Persone come lui non si possono che amare.
Evy

lunedì 21 giugno 2010

LE VERITA' DI BUDDHA

Proteggiendo se stessi si proteggono gli altri; proteggendo gli altri si protegge se stessi.
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Le parole hanno il potere di distruggere e di creare, quando le parole sono sincere e gentili possono cambiare il mondo.
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Nessuna cosa vivente deve essere uccisa non il più piccolo animale o insetto, perché ogni vita è sacra.
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Noi siamo quello che pensiamo.
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Tante parole una sola esortazione: CONSAPEVOLEZZA

Buddha

sabato 19 giugno 2010

L'AMORE E' SEMPRE NUOVO

L'amore è sempre nuovo non importa che amiamo una,due,dieci volte nella vita:
ci troviamo sempre davanti a una situazione che non conosciamo. Amore può condurci all'inferno o in paradiso, comunque ci porta sempre in qualche luogo. E' necessario accettarlo perché esso è ciò che alimenta la nostra esistenza.
Se non lo accettiamo moriremo di fame pur vedendo i rami dell'albero della vita carichi di frutti: non avremo il coraggio di tendere la mano e di coglierli. E' necessario ricercare l'amore là dove si trova anche se ciò potrebbe significare ore, giorni, settimane di delusione e di tristezza.
Perché nel momento in cui partiamo in cerca dell'amore anche l'amore muove per venirci incontro, e ci salva.
Paulho Coelho

LE DUE FRECCE

Sia l'uomo ignorante che l'uomo saggio che percorre il sentiero percepiscono sensazioni piacevoli, spiacevoli e neutre. Ma qual’è la differenza tra i due, ciò che li caratterizza?
Facciamo l’esempio di una persona che, trafitta da una freccia, ne riceva una seconda, sentendo quindi il dolore di entrambe le ferite. Ecco, la stessa cosa accade quando un ignorante, che non conosce l’insegnamento, viene a contatto con una sensazione spiacevole e - come reazione - si preoccupa, si agita, piange, grida, si batte sul petto, perde il senso della realtà. Quindi egli fa esperienza di due dolori: quello fisico e quello mentale.
Gravato dalla sensazione spiacevole, reagisce con avversione e, con questo atteggiamento, inizia a creare in sè un condizionamento di avversione.Infatti, quando prova queste sensazioni negative, egli cerca il diletto in qualche sensazione piacevole, perchè - da persona ignorante quale è - non sa rispondere correttamente ad una sensazione spiacevole se non cercando riparo nel piacere dei sensi. E quando comincia a godere di un piacere, allora comincia ad instaurarsi in lui un condizionamento al desiderio, alla bramosia.Egli è completamente inconsapevole di come vadano le cose, non sa cioè che le sensazioni sono impermanenti, non sa quale sia l’origine della bramosia verso di esse, non conosce il pericolo che rappresentano, e non sa quale sia la via per non esserne schiavi.Questa sua incapacità crea dentro questo tipo di uomo un condizionamento di ignoranza. Provando sensazioni piacevoli, spiacevoli o neutre, l’ignorante, rimanendone condizionato, lontano dalla verità, è soggetto alla nascita, alla morte, alla vecchiaia, ai turbamenti, alle sofferenze, alle negatività. L’ignorante è così destinato all’infelicità.Invece l’uomo saggio, che percorre la via della verità, quando prova una sensazione spiacevole, non si preoccupa, non si agita, non piange, non urla, non si batte il petto, non perde il senso della realtà.È come chi venga trafitto da una sola freccia e non da due, percependo solo un tipo di sensazione spiacevole, quella fisica e non quella mentale. Colpito così da questa sensazione, non reagisce con avversione, e così non si forma in lui un condizionamento all’avversione.
Inoltre non cerca rifugio in una sensazione piacevole per sfuggire quella spiacevole che sta vivendo. Egli sa, da persona saggia che è sulla via della verità, come ripararsi dalla sensazione sgradevole senza cadere nel piacere dei sensi. Così evita di creare un condizionamento di bramosia e desiderio. Egli comprende la realtà così come essa è effettivamente, del perenne sorgere e passare delle sensazioni, di quale sia l’origine della bramosia verso esse, del pericolo che essa costituisce e del modo di uscirne. Avendo dunque la perfetta e completa comprensione della realtà, egli non permette che si formino in lui questi condizionamenti di ignoranza.Quindi il meditante impara a rimanere equanime e distaccato qualora si manifestino sensazioni piacevoli, spiacevoli e neutre. Così facendo, chi cammina sulla via del retto insegnamento, rimane distaccato anche dalla nascita, dalla vecchiaia, dalla morte, dai turbamenti, dalle sofferenze e dalle negatività. Egli è equanime davanti a tutte le sofferenze. Questa è la differenza tra il saggio e l’ignorante.L’uomo saggio, concretamente addestrato nella pratica del retto insegnamento, rimane equanime di fronte alle sensazioni gradevoli e sgradevoli che sorgono
Buddha

La verita è una terra senza sentiero

L’ uomo non può arrivare ad essa con alcuna organizzazione, con alcuna dottrina religiosa, con alcun dogma, preghiera o rituale, non con alcuna conoscenza filosofica o tecnica psicologica. Deve trovarlo tramite lo specchio del rapporto, con la comprensione del contenuto della sua propria mente, con l’osservazione e non con l’analisi intellettuale o le dissezioni introspettive.Non vi è percorso alla verità, essa deve venire a voi. La verità può venire a voi soltanto quando le vostre menti e i vostri cuori sono semplici, liberi e vi è amore; non se il vostro cuore è occupato dalle cose della mente. Quando c’è amore nel vostro cuore, non parlate dell’organizzazione per la fratellanza, non parlate della credenza, non parlate della divisione o delle potenze che creano la divisione, non dovete cercare la riconciliazione. Allora siete semplicemente un essere umano senza un’etichetta, senza un paese. Ciò significa che dovete mettervi a nudo di ogni cosa e permettere che la verità possa manifestarsi; e può venire soltanto quando la mente è vuota, quando la mente cessa di creare. Allora verrà senza il vostro invito. Allora verrà rapidamente come il vento. Viene inaspettatamente, non quando state aspettando, desiderando. E’ accecante come la luce solare, pura come la notte; ma per riceverla, il cuore deve essere pieno e la mente vuota. Voi, ora, avete la mente piena e il vostro cuore vuoto.

Krishnamurti

lunedì 14 giugno 2010

IL GETSEMANI

Getsemani (luogo del tradimento)
Getsemani, più che " orto degli ulivi " , per se significa " pressoio o frantoio per l'olivo " ; si tratta comunque di terreno ricco di ulivi, poco fuori Gerusalemme, ai piedi del monte detto anch'esso " degli livi " . Negli ultimi giorni trascorsi a Gerusalemme, Gesù, di giorno insegnava al tempio, di notte usciva e pernottava all'aperto sul monte degli ulivi, annota Luca; Giovanni ricorda che Giuda conosceva il posto perchè Gesù vi si recava con i suoi discepoli.
Ma quella sera, dopo l'ultima cena, Gesù sapeva a che cosa andava incontro, e la sua natura umana rifuggiva, come la nostra, dal dolore e dalla morte, perché il padre ci ha creati per la vita e per la gioia a cui egli vuol condurre i suoi figli. E gesù trema, il suo organismo si sconvolge fino a provocargli un sudore di sangue, e prega il Padre di allontanare quello che sta per accadergli; però accoglie la sua volontà. E la volontà del Padre non erano i tormenti del figlio, ma l'obbedienza, la fiducia e l'amore: ciò che l'umanità gli aveva negato fin dagli inizi.
L'amore di Gesù sarebbe stato più forte del tradimento, dei tormenti e della croce. E il Padre risponderà a questo amore con la resurrezione.

Antonio Girlanda

martedì 8 giugno 2010

LA FORZA DELL'AMORE

LA FORZA DELL’AMORE
Avete udito che è stato detto “ Tu amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: Amate i vostri nemici, benedite quelli che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano e pregate per quelli che vi trattano con disprezzo e vi perseguitano: cosicché possiate essere figli del Padre vostro che è nei cieli “
MATTEO , 5,43,35

Forse nessun comandamento di Gesù è stato così difficile da seguire come “ amate i vostri nemici” . Alcuni hanno sinceramente pensato che metterlo in praticamente in atto non sia possibile. E’ facile, dicono, amare quelli che ci amano, ma come si può amare queli che apertamente o con insidie cercano di distruggerci ? Altri, come il filosofo Nietzsche, sostengono che l’esortazione di Gesù ad amare i propri nemici è la prova del fatto che la morale cristiana è concepita per il debole e il vile e non per il forte e il coraggioso. Gesù, dicono, era un idealista teorico.
A dispetto di queste insistenti domande e obbiezioni, questo comandamento di Gesù ci chiama con urgenza nuova. Una serie di catastrofi ci ha ammonito che l’uomo moderno è in cammino lungo una via chiamata odio verso la distruzione e la dannazione. Ben lungi dall’essere la pia raccomandazione di un sognatore utopista, il comandamento di amare i propri nemici è un’assoluta necessità per la nostra sopravvivenza.. Amore anche per i nemici: ecco la chiave per la soluzione del problema del nostro mondo. Gesù non è un idealista teorico: è un realista pratico. Io sono certo che Gesù comprendeva le difficoltà inerenti all’atto di amare i propri nemici. Egli non è mai stato di quelli che parlano con leggerezza della facilità della vita morale: si rendeva conto che ogni genuina espressione d’amore nasce da un profondo e totale abbandono a Dio. Cosi quando Gesù diceva: “ Amate i vostri nemici” , egli non era inconsapevole delle ardue difficoltà di tale legge, e tuttavia ogni parola di essa era intenzionale. La nostra responsabilità come cristiani è di scoprire il significato di questo comandamento e di cercare appassionatamente di viverlo nella nostra vita quotidiana.

Siamo pratici e domandiamoci: in che modo possiamo amare i nostri nemici? Innanzitutto, dobbiamo sviluppare e conservare la capacità del perdono. Colui che è incapace di perdonare è incapace anche di amare. E’ impossibile anche tentare l’atto di amare i propri nemici senza la previa accettazione della necessità di perdonare ripetutamente quelli che ci fanno del male e ci offendono. E’ anche necessario rendersi conto che l’atto del perdono deve partire sempre dalla persona che ha ricevuto il torto, della vittima di qualche grave pregiudizio , da cui ha ricevuto qualche tortuosa ingiustizia, da chi ha subito qualche terribile atto di oppressione. Colui che fa il torto può invocare perdono, può rientrare in se stesso e, simile al figliuol prodigo, mettersi in cammino per una strada polverosa, col cuore palpitante del desiderio del perdono: ma solo il vicino offeso, il padre amoroso che aspetta a casa possono realmente versare le calde acque del perdono.
Perdonare non significa ignorare quanto è accaduto o mettere un etichetta falsa su un atto malvagio: significa piuttosto, che l’atto malvagio non rimane più come una barriera che impedisca i rapporti. Il perdono è un catalizzatore che crea l’atmosfera necessaria per un fresco slancio ed un nuovo inizi. Significa sollevare da un peso cancellare un debito. Le parole “ ti perdono, ma non dimenticherò mai quello che hai fatto” non esprimono la vera natura del perdono. Certo, non si può mai dimenticare, se questo significa cancellare totalmente qualcosa dalla propria mente; ma quando perdoniamo, noi dimentichiamo, nel senso che l’azione malvagia non costituisce più un blocco mentale che impedisce una nuova relazione. Allo stesso modo, non possiamo mai dire : “ Ti perdono, ma non voglio mai più avere a che fare con te “ . Perdono significa riconciliazione, tornare di nuovo insieme. Senza di questo, nessuno può amare i nostri nemici. Il grado di perdono di cui siamo capaci determina il grado di amore per i nostri nemici di cui siamo capaci.
In secondo luogo , dobbiamo riconoscere che l’azione malvagia del vicino nemico, la cosa che offende, non esprime mai interamente tutto ciò che egli è: un tratto di bontà si può trovare anche nel nostro peggiore nemico. Ciascuno di noi è in qualche misura una personalità schizofrenica, tragicamente divisa in se stessa. Una perenne guerra civile infuria dentro di noi per tutta la nostra vita. Qualcosa dentro di noi ci spinge a lamentarci con Ovidio, il poeta latino: “ Vedo e approvo le cose migliori, ma seguo le peggiori”; o a concordare con Platone che la personalità umana è simile ad un cocchiere che guida due cavalli testardi, ciascuno dei quali vuole andare in una direzione diversa; o a ripetere con l’apostolo Paolo : “ Il bene che vorrei non lo faccio, ma il male che non vorrei, quello lo faccio”. Questo significa semplicemente che vi è qualcosa di malvagio anche nel migliore: quando ce ne rendiamo conto, siamo meno inclini a odiare i nostri nemici. Quando guardiamo sotto la superficie, sotto all’atto malvagio impulsivo, noi scorgiamo dentro al nostro prossimo nemico una misura di bontà e comprendiamo che la depravazione e la malvagità del suo atto non rappresentano interamente tutto ciò che egli è. Lo vediamo in una nuova luce. Riconosciamo che il suo odio nasce da timore, orgoglio, ignoranza, pregiudizio e incomprensione, ma, ad onta di ciò, sappiamo che l’immagine di Dio è ineffabilmente scolpita nel suo essere. Allora noi amiamo i nostri nemici, rendendoci conto che essi non sono totalmente cattivi e non sono fuori della portata dell’amore redentivi di Dio.
In terzo luogo, non dobbiamo cercare di sconfiggere e di umiliare il nemico, ma di conquistare la sua amicizia e comprensione. Alle volte, noi siamo in grado di umiliare il nostro peggiore nemico: inevitabilmente, il suo momento debole viene e noi siamo in gradoni sconfiggere nel suo fianco la lancia della sconfitta. Ma non dobbiamo farlo. Ogni parola ed ogni atto devono contribuire ad una comprensione col nemico e sprigionare quelle vaste riserve di buona volontà che sono state bloccate dalle impenetrabili muraglie dell’odio. Il significato dell’amore che va confuso con un espansione sentimentale. L’amore è qualcosa di molto più profondo di uno sfogo emotivo. Forse la lingua greca può chiarirci la confusione su questo punto. Nel Nuovo Testamento in greco vi sono tre parole per esprimere amore: la parola eros è una specie di amore estetico o romantico. Nei dialoghi di Platone eros è lo slancio dell’anima per il regno del divino. La seconda parola philia , amore reciproco, intimo affetto e amicizia tra amici: noi amiamo quelli che ci piacciono, e amiamo perché siamo amati. La terza parola è agape , compressione e buona volontà costruttiva, redentiva per tutti gli uomini. Amore traboccante che nulla cerca in cambio, agape è l’amore di Dio operante nel cuore umano . A questo livello, noi amiamo gli uomini non perché ci piacciono, né perché le loro maniere ci attraggono, e nemmeno perché essi possiedono una specie di scintilla divina; noi amiamo ogni uomo perché dio lo ama. A questo livello, noi amiamo colui che commette un atto malvagio, sebbene odiamo l’atto che egli compie.
Ora possiamo comprendere che cosa intendeva Gesù quando diceva: “ Amate i vostri nemici “. Dovremmo essere felici che egli non abbia detto: “ Provate affetto per i vostri nemici”: è quasi impossibile provare simpatia per certa gente. “ provare simpatia è una parola sentimentale e affettiva: come possiamo provare affetto per una persona la cui intenzione manifesta è di annientare il nostro essere e di porre innumerevoli ostacoli sul nostro cammino? Come ci potrebbe piacere una persona che minaccia i nostri figli e lancia bombe sulla nostra casa? Questo è impossibile. Ma Gesù riconosceva che amore è più grande che affetto. Quando Gesù ci comanda di amare i nostri nemici , egli non parla ne di eros ne di philia; parla di agape, buona volontà comprensiva, costruttiva e redentivi verso tutti gli uomini. Solo seguendo questa via e rispondendo con questo tipo di amore noi possiamo essere figli del padre nostro che è nei cieli.
Passiamo ora dal come pratico al perché teorico. Perché dovremmo noi amare i nostri nemici ? . La prima ragione è addirittura ovvia: rendere odio per odio moltiplica l’odio , aggiungendo oscurità più profonda ad una notte gia senza stelle.. La tenebra non può scacciare la tenebra: solo la luce può farlo. L’odio non può scacciare l’odio: solo l’amore può farlo: solo l’amore può farlo. L’odio moltiplica l’odio, la violenza moltiplica la violenza, la durezza moltiplica la violenza, la durezza moltiplica la durezza, in una discendente spirale di distruzione. Così, quando Gesù dice : “ Amate e vostri nemici”, egli ci da un ammonimento profondo e in ultima analisi ineluttabile. . Non siamo forse giunti, nel mondo moderno, ad una via talmente senza uscita da dovere amare i nostri nemici, o altrimenti? La reazione a catena del male, l’odio che genera l’odio, le guerre che producono altre guerre, deve essere spezzata, o noi saremo sommersi nell’oscuro abisso dell’annientamento.
Un’altra ragione per cui dobbiamo amare i nostri nemici è che l’odio deturpa l’anima e sconvolge la personalità. Consapevoli che l’odio è una forza malvagia e pericolosa, noi troppo spesso pensiamo a ciò che esso fa alla persona odiata, e questo è comprensibile, perché l’odio produce irreparabile danno alle sue vittime: abbiamo visto le sue terribili conseguenze nell’ignominiosa morte inflitta a sei milioni di ebrei da un pazzo ossessionato dall’odio di nome Hitler; nell’indicibile violenza fatta ai negri da folle assetate di sangue; nei tenebrosi orrori della guerra e nelle terribili indegnità e ingiustizie perpetrate contro milioni di figli di Dio da oppressori senza coscienza.
Ma vi è un altro lato che non dobbiamo mai trascurare , l’odio è ugualmente dannoso per la persona che odia. Come un cancro non conosciuto , l’odio corrode la personalità e divora la sua unità vitale. L’odio distrugge in un uomo il senso dei valori e l’oggettività: lo porta a descrivere il bello come il brutto e il brutto come bello, a confondere il vero con il falso ed il falso col vero.
Il dottor E. Franklin Frazier, in un interessante saggio intitolato “ La patologia del pregiudizio di razza”, include parecchi esempi di bianchi, normali, amabili e simpatici nelle loro quotidiane relazioni con altri bianchi, ma che, quando erano invitati a pensare ai negri come uguali o anche a discuterela questione dell’ingiustizia razziale, reagivano con incredibile irrazionalità e con uno squilibrio del tutto anormale. Ciò accade quando l’odio ristagna nella nostra mente. Gli psichiatri riferiscono che molte delle cose strane che avvengono nel subconscio, molti dei nostri conflitti interiori, sono radicati nell’odio. Essi dicono: “ Amare o morire “ . La moderna psicologia riconosce ciò che Gesù insegnò tanti secoli fa: l’odio divide la personalità e l’amore, in maniera sorprendente e inesorabile, la ricompone.
Una terza ragione per cui dovremmo amare i nostri nemici è che l’amore è l’unica forza capace di trasformare un nemico in un amico. Noi non ci liberiamo mai di un nemico rispondendo all’odio con l’odio: ci liberiamo di un nemico liberandoci dell’inimicizia. Per la sua stessa natura, l’odio distrugge e lacera; per la sua stessa natura, l’amore crea e costruisce. L’amore trasforma col suo potere redentivo.
Lincoln sperimentò l’amore e lasciò alla storia un magnifico dramma di riconciliazione. Quando egli conduceva la sua campagna per la presidenza, uno dei più accaniti nemici era un uomo di nome Stanton. Per qualche ragione Stanton, odiava Lincoln: usava ogni grammo della sua energia per avvilirlo agli occhi del pubblico. Così profondamente radicato era l’odio di Stanton per Lincoln che egli pronunciava apprezzamenti indelicati sul suo aspetto fisico e tentava di metterlo in imbarazzo ogni momento con le più aspre invettive. Ma, ad onta di ciò. Lincoln fu eletto Presidente degli Stati Uniti . Venne allora il momento in cui egli dovette scegliere il suo gabinetto, che sarebbe stato composto dalle persone che gli sarebbero state più intimamente associate nella realizzazione del suo programma. Egli cominciò con lo scegliere uomini qua e la per i vari ministeri ; venne infine il giorno in cui dovette scegliere un uomo per coprire la carica più importante fra tutte, di segretario della guerra. Potete immaginare chi scelse per ricoprire questo posto? Nessun altri che l’uomo di nome Stanton. Vi fu un immediato tumulto nel circolo degli intimi, quando la notizia cominciò a diffondersi. Un consigliere dopo l’altro fu udito dire: “ Signor Presidente, voi state commettendo un errore. Conoscete questo Stanton ? Siete a conoscenza di tutte le orribili cose egli ha detto di voi ? Egli è vostro nemico, cercherà di sabotare il vostro programma. Ci avete pensato bene, sig. Presidente? “. La risposta di Lincoln fu netta e pertinente: “ Si. Conosco il sig. Stanton. Sono al corrente delle terribili cose che egli ha detto di me. Ma, dopo avere esaminato tutta la nazione, trovo che egli è l’uomo più adatto per questo posto” . Così Stanton divenne Segretario della Guerra di Abramo Lincoln e rese incalcolabili servigi alla nazione ed al Presidente. Non molti anni dopo, Lincoln fu assassinato. Molti elogi furono pronunziati su di lui. Anche oggi, milioni di persone ancora lo adorano come il più grande di tutti gli americani. H. G. Wells lo scelse come uno dei sei grandi uomini della storia. Ma di tutte le grandi cose dette intorno ad Abramo Lincoln, le parole di Stanton rimangono fra le maggiori. Stando presso il corpo dell’uomo che una volta egliodiava, Stanton si riferì a lui come ad uno degli uomini più grandi che fosse mai vissuto, e disse: “ Egli ora appartiene alla storia “. Se Lincoln avesse odiato Stanton, entrambi sarebbero scesi nella tomba come acerrimi nemici. Ma, col potere dell’amore, Lincoln trasformò un nemico in un amico. Fu lo stesso atteggiamento che rese possibile a Lincoln parlare con benevolenza del Sud durante la guerra civile, quando il risentimento era più amaro. Avendogli domandato un’ascoltatrice urtata come potesse egli fare ciò. Lincoln disse : “ Madama, non distruggo forse i miei nemici, quando me li faccio amici?” . Tale è il potere dell’amore redentivo.
Dobbiamo affrettarci a dire che non sono queste le ragioni definitive per cui dobbiamo amare inostri nemici. Una ragione anche più fondamentale per cui ci è comandato di amare è espressa esplicitamente nelle parole di Gesù: “ Amate i vostri nemici… affinché possiate essere figli del padre vostro che è nei cieli”. Noi siamo chiamati a questo difficile compito allo scopo di realizzare una relazione unica con Dio. Noi siamo potenzialmente figli di Dio: attraverso l’amore, questa potenzialità diviene attuale. Noi dobbiamo amare i nostri nemici perché solo amandoli possiamo conoscere Dio e sperimentare la bellezza della sua santità. L’applicazione di ciò che ho detto alla crisi nei rapporti razziali dovrebbe essere subito evidente. Non vi sarà soluzione permanente del problema razziale finché gli oppressi non sviluppino la capacità di amare i loro nemici. La tenebra dell’ingiustizia razziale sarà dissipata solo dalla luce dell’amore capace di perdono. Per più di tre secoli i negri americani sono stati battuti dalla verga di ferro dell’oppressione, frustrati e sconvolti giorno e notte da un’ingiustizia intollerabile e oppressi sotto l’orribile peso della discriminazione, Costretti a vivere in queste infami condizioni, noi siamo tentati di divenire amari e di vendicarci con odio non minore. Ma, se questo accade, il nuovo ordine che noi cerchiamo sarà poco più di un duplicato dell’ordine antico. Noi dobbiamo, con forza e con umiltà, corrispondere all’odio con l’amore. Certo, questo non è pratico. La vita è una questione di render la pariglia, di non lasciarsi sopraffare, di cane mangia cane. E io sto dicendo che Gesù ci comanda di amare quelli che ci offendono e ci opprimono ? Faccio la figura della maggior parte dei predicatori, idealista e teorico ? Forse, voi dite, in qualche lontana utopia quell’idea funzionerà, ma non già nel duro gelido mondo in cui viviamo.
Amici miei, abbiamo seguito la cosiddetta via pratica gia per troppo tempo, ormai, ed essa ci ha condotti inesorabilmente ad una più profonda confusione ed al caos. Il tempo risuona del fragore della rovina di comunità che si abbandonarono all’odio e alla violenza. Per la salvezza della nostra nazione e per la salvezza dell’umanità, noi dobbiamo seguire un’altra via. Questo non significa che noi abbandoniamo i nostri giusti sforzi: con ogni grammo della nostra energia dobbiamo continuare a liberare questa nazione dall’incubo della segregazione ; ma nel fare questo, non dobbiamo rinunziare al nostro privilegio ed al nostro dovere di amare.
Pur aborrendo la segregazione, dovremo amare i segregazionisti: questa è l’unica via per creare la comunità tanto desiderata.
Ai nostri più accaniti oppositori noi diciamo : “ Noi faremo fronte alla vostra capacità di infliggere sofferenza con la nostra capacità di sopportare le sofferenze; andremo incontro alla vostra forza fisica con la nostra forza d’animo. Fateci quello che volete, e noi continueremo ad amarvi. Noi non possiamo, in buona coscienza, obbedire alle vostre leggi ingiuste, perché la non cooperazione col male è un obbligo morale non meno della cooperazione col bene. Lanciate bombe sulle nostre case e minacciate i nostri figli, e noi vi ameremo ancora. Mandate i vostri incappucciati sicari nelle nostre case, nell’ora di mezzanotte, batteteci e lasciateci mezzi morti, e noi vi ameremo ancora. Ma siate sicuri che vi vinceremo con la nostra capacitàdi soffrire. Un giorno noi conquisteremo la libertà, ma non solo per noi stessi: faremo talmente appello al vostro cuore ed alla vostra coscienza che alla lunga conquisteremo voi, e la nostra vittoria sarà una duplice vittoria” .
L’amore è il potere duraturo che vi sia al mondo. Questa forza creativa, così splendidamente esemplificata nella vita del nostro Signore gesù Cristo, è il più potente strumento disponibile nell’umana ricerca della pace e della sicurezza. Napoleone Bonaparte, il grande genio militare, si dice che abbia detto, guardando indietro ai suoi anni di conquista : “ Alessandro, Cesare, Carlo magno ed io abbiamo costruito grandi imperi, ma appoggiati su che cosa ? Appoggiati sulla forza.
Ma tanti secoli fa Gesù diede inizio ad un impero che fu costruito sull’amore, e anche al giorno d’oggi vi sono milioni di uomini pronti a morire per lui.” .
Chi può dubitare della veracità di queste parole? I grandi capi militari del passato sono scomparsi, e i loro impersono crollati e ridotti in cenere: ma l’impero di Gesù costruito solidamente e maestosamente sul fondamento dell’amore, cresce ancora. Cominciò con un piccolo gruppo di uomini devoti che, per ispirazione del loro Signore, furono capaci di scuotere le fondamenta dell’Impero Romano e di portare il Vangelo in tutto il mondo. Oggi l’immenso regno terreno del Cristo conta più di novecento milioni di uomini e si estende ad ogni paese e ad ogni nazione. Oggi noi udiamo di nuovo la promessa di vittoria. “ Gesù regnerà dovunque il sole, Si volge nei suoi viaggi regolari; Il suo regno si stende da sponda a sponda, Finché la luna crescerà per non scemare più. E un altro coro gioiosamente risponde: “ In Cristo non vi è ne Est ne Ovest, in Lui non vi è ne Sud ne Nord, ma una grande comunione d’amore, attraverso l’intero orbe terrestre”.
Gesù ha eternamente ragione. La storia è piena delle ossa imbiancate dei popoli che rifiutarono di ascoltarlo.
Possiamo noi nel ventesimo secolo ascoltare e seguire le sue parole, prima che sia troppo tardi. Possiamo noi solennemente renderci conto che non saremo mai veri figli del nostro padre celeste finché non ameremo i nostri nemici e non pregheremo per coloro che ci perseguitano.

Martin Luther King

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Commento:

In questo sermone pronunciato da Martin L. King c’è tutta l’essenza della vita stessa. E’ un qualcosa che mette i brividi da quanto è bello. Certo rimane difficile amare i propri nemici, ma Martin L. King ci ha dimostrato che tutto è possibile per gli uomini. Basta avere fede e gli insegnamenti di Gesù ben presenti, che nulla sarà impossibile.
Lottiamo tutti insieme per un mondo migliore dove le guerre non esisteranno più. Cominciamo ad inondare d’amore la Palestina e Israele, cominciamo ad inondare d’amore l’Afganistan etutti quei paesi che hanno inviato soldati credendo di portare la pace; cominciamo a fare ritirare da quel paese tutti i soldati , non è con loro che costruiremo il regno dell’Amore.
Cominciamo a fare regole certe e giuste uguali per tutti e basare la nostra società sulla solidarietà ed allora cominceremo a capire il vero significato della parola Amore. I cardini di tutto ciò si ritrovano nel vero significato delle tre parole greche che vengono indicate nel Nuovo Testamento,e cioè : Eros (amore estetico e romantico) ; Philia (amore reciproco, intimo affetto e amicizia fa amici. Noi amiamo quelli che ci piacciono, e amiamo perché siamo amati); Agape ( comprensione e buona volontà costruttiva e redentivi per tutti gli uomini. Amore traboccante che nulla cerca in cambio) . Come dice Martin L. King nel suo sermone, Agape è l’amore di Dio operante nel cuore umano.
Combattiamo con la forza dell’amore affinché le tre tipologie della parola amore siano attuate in tutte le società del mondo, ma con una attenzione particolare per l’amore chiamato Agape.

Evy

domenica 6 giugno 2010

IL CENACOLO

6 GIUGNO 2010 ,SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO

IL CENACOLO

Il luogo in cui si svolse l’ultima cena di Gesù con gli apostoli era un ampia sala, nella casa di un discepolo, o un amico di Gesù, a Gerusalemme, dove egli manda due discepoli per preparare la cena pasquale.
Questi mostrò loro una stanza grande al piano superiore, gia arredata, in cui prepararono la cena. Ma in quella sala poi avvennero altri eventi importanti alle origini della chiesa: istituzione dell’Eucarestia, che fu l’anticipazione profetica del sacrificio di Gesù, e istituzione del sacerdozio; qui avvennero le apparizione di Gesù risorto; qui si raccolsero in preghiera con Maria gli apostoli e altri discepoli e discepole di Gesù dopo l’ascensione; qui Pietro completò il numero degli apostoli; qui alla Pentecoste discese lo Spirito che diede il via alla predicazione del Vangelo e alla Chiesa.
Nei secoli l’edificio fu distrutto e rifatto varie volte; quello attuale, ricostruito dai padri Francescani nel secolo XIV, fu loro sottratto dai musulmani alla metà del 500 e solo dal secolo XIX sono permesse visite ai cristiani senza però alcun atto di culto. Paolo VI (1964) vi pregò in silenzio; solo Giovanni paolo II (2000) vi poté celebrare una santa Messa.

Antonio Ghirlanda (biblista)

venerdì 4 giugno 2010

LA CAMPAGNA DEI POVERI

LA CAMPAGNA DEI POVERI

“ Siamo entrati in un epoca in cui siamo chiamati a sollevare determinate questioni di fondo su tutta la società. Siamo ancora chiamati a prestare aiuto al mendicante che si trova nell’angoscia e nel tormento sulla strada della vita. Ma un giorno, dovremo chiederci se un edificio che produce mendicanti non debba essere ristrutturato e rimesso a nuovo. Ecco dove ci troviamo adesso”.
“ Abbiamoli potere di cambiare l’America e di dare una sorta di nuova vita alla religione di Gesù Cristo. E possiamo far capire ai giovani e alle giovani che hanno perduto la fede nella chiesa, che Gesù era un uomo serio proprio perché aveva a che fare con quella traccia di umano contenuta nella luce del Divino, e aveva a cuore proprio i loro problemi. Si preoccupava del pane; l’operazione Borsa della spesa è stata avviata e aperta da lui, molto tempo fa. E’ stato lui ad inaugurare il primo sit-in. E’ il più grande rivoluzionario che la storia abbia mai conosciuto. E quando noi prendiamo una posizione , e gli altri ci dicono che ci siamo ispirati a questo o a quello, bisogna tornare indietro e spiegargli bene da dove abbiamo preso l’ispirazione”.
“ Ho letto Das Kapital e il manifesto comunista, anni fa, quando studiavo al college. E molti movimenti rivoluzionari del mondo sono sorti in conseguenza di quanto Marx aveva detto.
La grande tragedia è che il cristianesimo non ha saputo accorgersi di avere questo taglio rivoluzionario. Non c’è bisogno di andare da Karl Marx, ha preso l’ispirazione da un uomo di nome Gesù, un santo della Galilea che ha detto di essere stato unto dal Signore per guarire chi aveva il cuore spezzato. Era stato unto per affrontare i problemi dei poveri. Ed è qui che noi prendiamo la nostra ispirazione.Noi usciamo in un giorno in cui abbiamo un messaggio per il mondo, e possiamo cambiare questo mondo e possiamo cambiare questo paese”.
Era l’anno 1968 ed era in atto a Memphis uno sciopero di 1300 netturbini , Martin L. King prese la parola e disse:
“ Allora, fatemi dire una parola a quellifra di voi che sono in sciopero. Siete fuori da un po di giorni, ormai, ma non disperate. Senza sacrifici non si ottiene nullache valga la pena di avere. Quel che dovete fare è restare uniti e dire a tutti in questa comunità che terrete duro fino alla fine, finche non saranno accettate tutte le vostre richieste, eche direte sempre: Non permetteremo a nessuno di farci tornare indietro. Dev’essere noto ovunque che quello per cui lottare, oltre al salario e agli altri benefici, è il diritto di associarvi e di essere riconosciuti.
Insieme tutti noi possiamo ottenere più di quanto otteniamo singolarmente, ed è così che acquistiamo maggior potere. Il potere è la capacità di conseguire i propri obbiettivi, il potere è la capacità di introdurre il cambiamento, e noi abbiamo bisogno di potere. E io voglio che voi teniate duro, così da costringere il Sindaco e gli altri a dire “ si” anche se vorrebbero dire “no” .
Bene, la seconda cosa che voglio dire è che se non si fa pressione non si ottiene nulla. Non permettete a nessuno di dirvi di tornare al lavoro e di farvi discorsi paternalistici, del tipo “ voi siete miei uomini, ci penserò io a mettere le cose a posto per voi. Voi pensate solo a tornare a lavorare”. Non tornate a lavorare finché non avranno accettato le vostre richieste. Non dimenticate mai che la libertà non è una cosa che l’oppressione concede spontaneamente; è una cosa che gli oppressi devono pretendere. La libertà non è una pietanza di lusso che la struttura di potere e i dirigenti bianchi fanno girare su di un piatto d’argento, mentre i negri non fanno altro che metterci l’appetito. Se vogliamo ottenere l’uguaglianza, se vogliamo ottenere salari decenti, dovremo lottare per riuscirci…
Sapete che Gesù, con una magnifica parabola, ci ha ricordato un giorno che un uomo andò all’inferno perché non voleva i poveri. Si chiamava EPULONE. E c’era un uomo chiamato LAZZARO che veniva tutti igiorni alla sua porta, che non aveva la possibilità di soddisfare i più elementari bisogni vitali, ma EPULONE non fece nulla per lui. Così alla fine si trovò all’inferno. Nella parabola non si dice affatto che EPULONE sia finito all’inferno perché ricco. Gesù non ha mai proclamato una condanna universale contro la ricchezza. E’ vero che un giorno un giovane ricco e potente venne da lui per parlare della vita eterna, e Gesù gli consigliò di vendere tutto, ma in quel caso, Gesù ha fatto una prescrizione individuale, non ha proclamato una diagnosi universale. Se continuerete a leggere quella parabola in tutte le dimensioni e in tutto il suo simbolismo, ricorderete che fra il cielo e l’inferno si svolge un dialogo. All’altro capo di quella telefonata interurbana fra il cielo e l’inferno si trova Abramo, che sta in cielo e parla con Epulone che sta all’inferno. Non è un milionario all’inferno che parla con un povero in cielo, è un piccolo milionario all’inferno che parla con un multimilionario in cielo.
Epulone non è andato all’inferno perché era ricco; la sua ricchezza era l’opportunità di cui disponeva per gettare un ponte sull’abisso che lo separava dal suo fratello Lazzaro. EPULONE è andato all’inferno perché ha lasciato che LAZZARO diventasse invisibile. EPULONE è andato all’inferno perché ha lasciato che i mezzi con i quali viveva tenessero a distanza i fini per cui viveva. EPULONE è andato all’inferno perché ha voluto essere un obbiettore di coscienza nella guerra contro la povertà.
Ora io vengo qui per dire anche l’America andrà all’inferno , se non usa la sua ricchezza. Se l’America non userà le sue immense risorse di ricchezza per mettere fine alla povertà e rendere possibile a tutti i figli di Dio di soddisfare i bisogni elementari della vita, andrà all’inferno anche lei. Sentirò l’America parlare attraverso i suoi storici, negli anni e nelle generazioni future, per dire: “ Abbiamo costruito edifici giganteschi, fino a toccare il cielo. Abbiamo costruito ponti mastodontici, per attraversare i mari. Con le nostre navicelle spaziali siamo riusciti a creare autostrade nella stratosfera. Con i nostri sottomarini siamo riusciti a penetrare negli abissi degli oceani” . E mi sembra di udire Dio dell’universo che dice: “ Anche se avete fatto tutto questo, io ero affamato e voi non mi avete dato da mangiare. Ero nudo e non mi avete rivestito. I bambini dei miei figli e delle mie figlie avevano bisogno di sicurezza economica e voi non gliel’avete data. E dunque non potete entrare nel regno della grandezza” . Questa potrebbe essere davvero la condanna dell’America: E questa stessa voce, a Memphis, dice al sindaco, all’intera struttura del potere: “ Quanto avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei figli l’avete fatto a me”.
Dovendo vivere ogni giorno sotto la minaccia della morte, talvolta mi perdo di coraggio. Dovendo sopportare tanti insulti e critiche, a volte dal mio stesso popolo, talvolta mi perdo di coraggio. Dovendo tanto spesso andare a dormire frustrato dai gelidi venti dell’avversità che minacciano di farmi crollare, talvolta mi perdo di coraggio e mi sembra che il mio lavoro sia inutile.
Ma poi lo Spirito Santo risuscita la mia anima. A Gileard, c’è un balsamo che risana i feriti. Se sapremo credere questo, costruiremo una nuova Memphis. E faremo nascere il giorno in cui si colmi ogni valle, ogni monte o colle si abbassi. L’erta si cambi in piano e le scabrosità in liscio suolo. Così si mostrerà la magnificenza del Signore, e ogni uomo potrà vederla”.

Tratto dall’autobiografia di Martin Luther King
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Commento:

Certo che in King c’era sicuramente una fede fuori dal comune per quello che ha potuto fare e quello che sta continuando a fare anche dopo la sua morte.
Certo rimango esterefatto da queste parole che riescono a giungere al cuore di chi le legge. Dopoo tanti anni Epulone esiste ancora ed è più forte che mai, anche in Italia gli Epuloni fanno tabula rasa di tutto ciò che non riguarda l’ego personale, il successo ad ogni costo, il dio Denaro. Sono tornate di moda anche le città di Sodoma e Gomorra dove il divertimento allo stato puro sopravanza le reali necessità delle due città.
Epulone continua a non guardare e naturalmente considerare i poveri i diseredati, chi necessita di aiuto per le enormi difficoltà del momento. Epulone continua a non guardare chi ha perso il lavoro, chi non può pagare il mutuo per la casa, chi non riesce a sfamare i propri figli. Epulone non guarda chi è solo, gli anziani, le persone che sono in Italia per lavorare e per cercare di sopravvivere alla miseria o alla morte sicura per fame nei loro paesi di origine.
Epulone ama solo il dio Denaro e la consapevolezza che riesce sempre o quasi a dividere il popolo con falsi miraggi.
Sinceramente auguro a Epulone, quello Italiano, di ravvedersi e di capire che bisogna guardare più in la del proprio naso. Ma auguro a tutti i cittadini che vivono nel nostro paese onestamente di svegliarsi dal torpore che ci ha cacciato Epulone, e con Amore, ripudiando l’odio, di far capire ad Epulone che sta sbagliando. Guardiamo con fiducia verso il futuro, perché abbiamo avuto la fortuna di avere, ai nostri tempi, due persone che ci hanno indicato la strada sicura per la giustizia e la pace.
Grazie fratello King, grazie fratello Gandhi !!!!

Evy

giovedì 3 giugno 2010

LA FORZA DELL'AMORE E NON VIOLENZA

L’UNICO METODO, MORALMENTE SANO E INSIEME PRATICABILE, CHE SIA ACCESSIBILE A UN POPOLO OPPRESSO

Mentre frequentavo il Crozer, entrai anche in contatto per la prima volta con le tesi pacifista, ascoltando una conferenza del professore A. J. Muste. Il suo discorso mi lasciò profondamente commosso, ma tutt’altro che persuaso circa l’attuabilità di una simile impostazione. Come quasi tutti gli studenti del Crozer , avevo l’impressione che la guerra, pur non potendo mai essere un bene positivo o assoluto, potesse servire come bene negativo nel senso di impedire la diffusione e la crescita di una forza malvagia. Per quanto orribile sia, la guerra potrebbe essere preferibile alla resa a un sistema totalitario: Nazista, fascista o comunista.
In quel periodo ero arrivato quasi a perdere la speranza che l’Amore avesse il potere di risolvere i problemi sociali. Pensavo che il nostro problema della segregazione potesse essere risolto soltanto con una ribellione armata. Avevo la sensazione che l’etica cristiana dell’amore fosse riservata ai rapporti fra singoli individui: non riuscivo a vedere come potesse funzionare nei conflitti sociali.
Forse la mia fede nell’amore era stata temporaneamente scossa dalla filosofia di Nietzsche. Avevo letto parti della Genealogia della morale e La volontà di potenza per intero. La glorificazione che Nietzsche fa della potenza, secondo la sua teoria, ogni forma di vita esprime la volontà di potenza, nasce dal suo disprezzo per i comuni mortali. Nietzsche si scaglia contro l’intero edificio morale ebraico cristiano, le virtù della pietà e dell’umiltà, l’accento sulla vita ultraterrena, la posizione nei confronti della sofferenza, considerandolo una glorificazione della debolezza, un modo di chiamare virtù quel che nasce dalla necessità e dall’impotenza. La sua ipotesi è che si formi un superuomo destinato a superare l’uomo così come l’uomo ha superato la scimmia.
Poi una domenica pomeriggio andai a Filadelfia, per ascoltare un sermone del professore Morderai Johnson, rettore della Howard University, venuto a predicare nella Fellowship House di Filadelfia. Il professore Johnson era appena tornato da un viaggio in India, è parlò della vita e della dottrina del Mahatma Gandhi ,suscitando in me un forte interesse. Il suo messaggio fu cosi profondo ed elettrizzante che appena uscito dalla riunione comprai una mezza dozzina di libri sulla vita e le opere di Gandhi.
Come tutti, avevo sentito parlare di Gandhi, ma non lo avevo mai studiato sul serio. Leggendo rimasi affascinato dalle sue campagne di resistenza non violenta. In particolare mi commosse la sua Marcia del sale e i numerosi digiuni. Il concetto stesso di satyagraha (satya è la verità che equivale all’amore, e agraha è la forza: quindi satyagraha significa forza dell’amore, o forza della verità) aveva per me un significato profondo. A mano a mano che penetravo nella filosofia di Gandhi diminuiva di pari passo il mio scetticismo sulla potenza dell’amore: per la prima volta riuscii a comprenderne la possibile forza per riformare la società. Prima di leggere Gandhi, ero in procinto di concludere che l’etica di Gesù fosse efficace soltanto nei rapporti individuali. La filosofia del “ porgere l’altra guancia” e dell’ “ amate i vostri nemici” mi sembrava valere soltanto nel caso in cui i singoli individui entravano in conflitto con altri singoli individui: quando a trovarsi in conflitto erano gruppi razziali e i popoli , mi sembrava necessario adottare una posizione più realistica. Ma dopo avere letto Gandhi, compresi quanto fossi in errore.
Gandhi è stato probabilmente il primo nella storia a innalzare l’etica dell’amore predicata da Gesù al di sopra della paura e semplice interazione fra individui, considerandola una forza sociale potente ed efficace su larga scala. Per Gandhi l’amore era uno strumento potente per indurre trasformazioni della società e della collettività. Nella concezione Gandhiana, che esaltava l’amore e la non violenza, scoprivo il metodo per riformare la società che avevo tanto cercato.
Nella filosofia della resistenza non violenta propugnata da Gandhi trovavo quell’appagamento intellettuale e morale che non ero riuscito a trarre dall’utilitarismo di Bentham e di Mil, dai metodi rivoluzionari di Marx e di Lenin, dalla teoria dei contratti sociali di Hobbes, dall’ottimismo del superuomo di Nietzsche.

Quanto sopra è tratto dall’autobiografia di Martin Luther King
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Commento:
Ancora una volta King ci da un insegnamento magistrale su come impiegare la nostra vita nell’aiuto del prossimo, per ricavare più giustizia sociale senza intortarsi nella violenza come metodo di lotta politico sociale.
Ci fa capire che anche le convinzioni in noi radicate si possono cambiare o diversificare di fronte ad un atteggiamento che disarmerebbe chiunque, cioè l’Amore.
Questa parola è il concetto più alto che l’uomo possa esprimere, nella consapevolezza che in una società da sola, questa parola non può bastare a risolvere tutti i problemi. Ma però se sappiamo metterla in pratica per l’intero suo significato possiamo finalmente costruire qualcosa di buono.
Ancora una volta devo dire grazie a King e ad Gandhi per quello che ci hanno insegnato e lasciato in eredità.
A noi trarre beneficio da queste due grandi persone che hanno reso l’uomo meno cattivo.
Naturalmente rimane come insegnamento supremo quanto lasciatoci da Gesù. L’unico ad averci insegnato e messo in pratica, senza se e senza ma, l’insegnamento dell’Amore.

Evy

Fra Marxismo e Capitalismo

La verità non si trova né nel Marxismo né nel capitalismo tradizionale

Durante le vacanze di Natale del1949 decisi di dedicare il tempo libero alla lettura di Karl Marx,per cercare di comprendere come mai il comunismo attirasse tante persone. Per la prima volta lessi con attenzione Das Kapital e il manifesto comunista; lessi anche alcune opere interpretative sul pensiero di Marx e di Lenin. Dall’aver letto questi scritti comunisti ricavai alcune conclusioni di cui sono convinto tuttora.
In primo luogo, rifiutavo la loro interpretazione materialista della storia. Il comunismo, dichiaratamente laico e materialista, non riconosce un posto a Dio. Questo non avrei mai potuto accettarlo perche da cristiano credo che in questo universo esista una potenza creativa personale, che è il fondamento e l’essenza di tutta la realtà: una potenza che non può essere spiegata in termini materialistici . In ultima analisi la storia è guidata dallo spirito e non dalla materia.
In secondo luogo, ero in forte dissenso con il relativismo etico del comunismo. Dato che per i comunisti non esiste un potere divino, non c’è ordine morale assoluto, non vi sono principi fissi e immutabili, ne consegue che praticamente qualsiasi cosa, la forza, la violenza, l’assassinio, la menzogna , diventa un mezzo giustificabile per raggiungere un fine “millenaristico”.
Io aborrivo un simile relativismo morale. Un fine costruttivo non può costituire una giustificazione morale assoluta per un mezzo distruttivo, perché, in ultima analisi, nel mezzo stesso preesiste il fine.
In terzo luogo, ero contrario al totalitarismo politico del comunismo. Nel comunismo l’individuo finisce con l’essere soggetto allo stato. I Marxisti obbietterebbero che lo stato è una realtà “ vicaria”, destinata a essere eliminata quando nascerà la società senza classi; ma finché esiste, lo stato è il fine, e l’uomo è solo il mezzo per raggiungere il fine. E se i cosiddetti diritti o libertà di un uomo entrano in collisione con quel fine, sono semplicemente spazzati via.
La libertà di espressione, la libertà di votare, la libertà di ascoltare i notiziari che preferisce o di scegliere i propri libri vengono tutte sottoposte a restrizione. Nel comunismo l’uomo, spersonalizzato, diventa poco più di una rotella nell’ingranaggio che fa muovere lo stato.
Questa visione negativa della libertà individuale mi appariva discutibile. Sono convinto oggi, come lo ero allora, che l’uomo è un fine perché è figlio di Dio: l’uomo non è fatto per lo stato; lo stato è fatto per l’uomo. Privare l’uomo della libertà significa confinarlo nella condizione di cosa, invece di innalzarlo al rango di persona.
L’uomo non deve mai essere trattato come un mezzo per i fini dello stato, ma sempre come un fine in se. Tuttavia, sebbene la mia reazione al comunismo fosse allora, com’è oggi, negativa, sebbene io lo considerassi fondamentalmente un male, per certi aspetti lo trovavo stimolante. Nonostante le sue false promesse e i metodi malvagi, il comunismo era nato come protesta contro le privazioni subite dai diseredati. In teoria il comunismo esaltava la società senza classi e la giustizia sociale, sebbene il mondo avesse amaramente constatato che in pratica aveva dato origini a nuove classi e a un nuovo lessico dell’ingiustizia. Ma il cristiano deve sempre sentirsi chiamato in causa da chi protesta contro il trattamento ingiusto subito dai poveri.
Ho anche ricercato risposte sistematiche alla critica cui Marx sottopone la cultura borghese moderna. Secondo Marx, il capitalismo era in sostanza una lotta fra i proprietari delle risorse produttive e i lavoratori, considerati da Marx i veri produttori. Marx interpetra le forze economiche come il processo dialettico attraverso il quale la società passa dal feudalesimo al capitalismo e infine al socialismo; il motore primario di tale movimento della storia è, secondo il suo pensiero, la lotta fra classi economiche aventi interessi inconciliabili. Era evidente che la sua teoria non teneva conto delle numerose e significative complessità, di ordine politico, economico, morale, religioso e psicologico, che avevano avuto un ruolo cruciale nel plasmare la costellazione di istituzioni e di idee oggi definibile come civiltà occidentale. Inoltre era una teoria datata, nel senso che il capitalismo descritto da Marx somigliava soltanto in parte al capitalismo quale lo conosciamo in questo paese. Nonostante le carenze della sua analisi, tuttavia , Marx solleva alcune questioni fondamentali. Fin dall’infanzia io ero stato profondamente colpito dall’abissale distanza che separava la ricchezza superflua dall’abbietta miseria: la lettura di Marx mi rese ancor più consapevole dell’esistenza di questo abisso. Sebbene il capitalismo americano moderno avesse diminuito tali distanze introducendo le riforme sociali, persisteva ancora la necessità di attuare una migliore distribuzione della ricchezza. Inoltre, Marx rivelava quanto fosse pericoloso vedere nel movente del profitto l’esclusivo fondamento di un sistema economico: il capitalismo corre sempre il rischio di indurre gli uomini a preoccuparsi di guadagnarsi da vivere più che di costruirsi una vita. Siamo propensi a giudicare il successo in base alla scala dei nostri stipendi o alla dimensione delle nostre automobili, piuttosto che in base alla qualità del servizio che rendiamo all’umanità e del tipo di rapporto che sappiamo instaurare. Così il capitalismo può indurre a un materialismo pratico altrettanto pernicioso quanto il materialismo propugnato in teoria dal comunismo.
Insomma lessi Marx così come leggevo tutti i filosofi della storia che avevano avuto qualche influenza: in modo dialettico, coniugando un parziale si con un parziale no. Nella misura in cui Marx postulava il materialismo metafisico, il relativismo etico e un soffocante totalitarismo, lamia risposta era un deciso no; ma nella misura in cui metteva in luce le debolezze del capitalismo tradizionale, contribuiva alla formazione di una chiara autocoscienza delle masse, e gettava una sfida alla coscienza sociale delle chiese cristiane, io rispondevo un chiaro si.
Leggendo Marx mi convinsi inoltre che la verità non sta ne nel marxismo , ne nel capitalismo tradizionale: ciascuno dei due sistemi rappresenta una verità parziale . In una prospettiva storica il capitalismo non ha saputo vedere la verità dell’impresa collettiva e il marxismo non ha saputo vedere la verità dell’impresa individuale.
Il capitalismo ottocentesco non ha saputo vedere che la vita è sociale, il marxismo non ha saputo e tuttora non sa vedere che la vita è individuale e personale. Il regno di Dio non è la tesi dell’impresa individuale, né l’antitesi dell’impresa collettiva, ma una sintesi in cui conciliano le verità di entrambe.


Articolo tratto dall’autobiografia di MARTIN LUTHER KING

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Commento:

Nel leggere questa autobiografia del grande King viene da pensare anche ai giorni nostri che nulla sia cambiato . E’ vero che il comunismo è crollato come cartapesta anche se regge in poche altre realtà del mondo. Da questo crollo però non è che la nostra società sia migliorata in giustizia, umanità ed amore per il prossimo. Nel mondo ci sono ancora milioni di persone che muoiono di fame rispetto a pochi che hanno ricchezze esagerate. Nella nostra piccola Italia, dove impera una specie di capitalismo, si riesce in qualche modo ad avere una parvenza di giustizia camuffata da benessere strisciante. E’ bastato un anno di crisi internazionale per precipitare nella paura di non farcela e per migliaia di persone non sapere come arrivare alla fine del mese. Tanti hanno perso il posto di lavoro, altri che in famiglia lavoravano in due è potevano godere di un falso benessere, ora se uno ha perso il proprio posto di lavoro, con uno stipendio solo, non riesce ad andare avanti.
“ Vedi caro King, dalle tue parole profetiche nel lontano 1949, ad oggi poco è cambiato per fare trionfare la giustizia e la pace. Ma certamente tu ci hai insegnato come lottare per fare trionfare la giustizia, anche se credo che questa non sia fatta per l’uomo, e fare crescere la democrazia.
La democrazia è l’unica via di giustizia per l’uomo, ma per arrivare ad ottenerla bisogna lottare con sistemi pacifici e non violenti, in poche parole con la forza dell’amore.
E’ attraverso la forza dell’amore che si può ottenere rispetto da un nemico, certo non è facile attuarla ma quantomeno ci dobbiamo provare.
Dobbiamo arrivare ad una terza via che si sappia inserire nel mezzo fra il capitalismo ed il marxismo e sia soprattutto portatrice di amore, ripudiando l’odio” .
Come prima proposta facciamo rientrare i nostri soldati dall’Afganistan, ed offriamo ai musulmani il nostro ramoscello d’ulivo, per fargli capire il nostro amore per l’umanità. Certo non sarà sufficiente per arrestare il terrorismo, ma qualcuno deve cominciare a diffondere amore in alternativa all’odio.
“ Caro Martin Luther King io, pur essendo cattolico ,sto dalla tua parte in quanto i tuoi scritti ci hanno dato forte speranza per un mondo migliore” .

Evy