geronimo

lunedì 20 agosto 2012

Storia di Genova


GENOVA


Storia

Fondata dai Liguri, florido centro di traffici già nel secolo IV  a. C. , fu distrutta dai Cartaginesi (205 a. C. )  per essersi alleata con i Romani durante le guerre puniche. Più tardi divenne municipio romano (Genua) . Sede vescovile dal secolo III, fu conquistata dai Goti di Teodorico; ripresa da Belisario durante la guerra greco.gotica, Genova era diventata  il più importante centro dell’omonima provincia. Nel 569, fuggendo i Longobardi, vi trovò rifugio Onorato , vescovo di Milano, e la sede episcopale milanese vi rimase almeno fio al 643, quando Rotari , re dei Longobardi, conquistò la città facendone capitale del ducato di Liguria . Dopo la conquista franca (774), Genova divenne contea; nel 845 fu saccheggiata dall’imperatore Lotario, che la tenne soggetta fino all’850. Nel secolo seguente fu incorporata nella marca degli Obertenghi, che vi inviarono un loro rappresentante. La necessità di difendersi dalle scorrerie dei Saraceni fece si che i genovesi, attaccati nella loro stessa città (saccheggio del 935) , si arroccassero in una forte cerchia di mura e si stringessero attorno al vescovo, acquistando gradatamente una salda coscienza cittadina. Passarono poi all’offensiva e, insieme coi Pisani, tra la fine del secolo X e gli inizi del secolo XI, scacciarono i Saraceni dalla Corsica e dalla Sardegna. Nel secolo XI la città, retta dal vescovo, creò un organismo nuova, un’associazione di marinai, armatori e commercianti, la Compagna. Nata con i fini economici, la Campagna si allargò e acquistò ben presto un peso determinante nella vita politica della città, divenendo un’entità di carattere pubblico, sempre sotto il patrocinio del vescovo, e nella seconda metà del secolo XI furono da essa eletti i primi consoli. Genova, divenuta così un potente comune, iniziò una politica estera più ambiziosa, contribuendo al trasporto e al vettovagliamento dei crociati (1099) e ottenendo numerosi scali marittimi e privilegi commerciali in Oriente. Contemporaneamente impose la sua supremazia sulle Riviere, scontrandosi in quella di Levante con Pisa, contro la quale lottò a lungo per il possesso della Corsica, dove i Genovesierano penetrati dal 1132. Nel 1158 alla Dieta di Roncaglia il console genovese Caffaro Caschifellone  otenne da Federico Barbarossa l’esenzione della città dal tributo e, tre anni dopo, la concessione delle regalie. Seguì un nuovo periodo di lotte con Pisa, che terminò con la precaria Pace di pavia (1175)  L’ascesa politico economica della città, il prevalere sui nemici esterni e la grande prosperità determinarono all’interno lotte fra le grandi famiglie guelfe e ghibelline , che portarono alla nomina di un podestà forestiero, il bresciano Menegoldo del Tettoccio (1191) .
Il prevalere  dei guelfi determinò la sua cacciata e il ritorno temporaneo al sistema consolare. Genova rifiutò di piegarsi a federico II, ma nel 1241 la sua flotta fu sconfitta presso l’isola del Giglio. La ricca borghesia intanto premeva per avere parte nella cosa pubblica e nel 1257 ottenne la creazione, accanto al podestà, di un capitano del popolo, nella persona di Guglielmo Boccanegra, che fu però costretto nel 1262 dai nobili ad abbandonare la carica.  Solo nel 1270 Oberto Doria e Oberto Spinola riuscirono a imporre l’autorità del capitano del popolo, scalzando il podestà . A un periodo di flessione economica, provocato dalla grande affermazione della rivale Venezia, nel commercio del levante, coincidente con l’impero latino di Costantinopoli (1204-61)  seguì per la città un periodo di alta prosperità grazie ai vantaggi ottenuti dall’imperatore Michele Viii Paleologo restauratore dell’impero bizantino (trattato di Ninfeo, 1261) Ripresa la lotta con Pisa, Genova la sconfisse nel 1284 alla Meloria, ottenendo una supremazia nel Mediterraneo che le fu contesa senza tregua da Venezia. Nel 1298 Genova riportò a Curzola una grande vittoria su Venezia. . Questa vittoria, la prosperità negli affari (formazione delle maone e della società dei Giustiniani) , l’ampliamento della città furono l’ultima stagione  felice per Genova: ben presto ripresero le lotte intestine tra i nobili guelfi (Fieschi, Grimaldi, Montaldo) e quelli ghibellini (Doria, Spinola, Fregoso)  Il partito borghese cercò, con la creazione del Dogato e l’esclusione dei nobili dal governo, di pacificare la città.
Il primo Doge fu Simone Boccanegra (1339), che cinque anni  dopo, per il perdurare dei disordini , dovette dimettersi (1344) . Poco dopo iniziò per Genova  le serie delle signorie  straniere :quella Milanese (1353-56) e quella francese (1396-1409) , che furono inframmezzate dal nuovo dogato del Boccanegra(1356-63) . nel periodo francese fu istituito il Banco di San Giorgio (1407).
Ad affrettare il declino politico della città ligure seguì la ripresa del conflitto con Venezia (guerra di Chioggia, 1378-81).
Nel secolo XV Genova dopo essersi data in signoria  a teodoro II del Monferrato (1409.13) ebbe una serie di dogi incapaci di imporsi sulle fazioni, finché nel 1421 la città e l’intera Liguria vennero unite al ducato di Filippo maria Visconti. Una rivolta nel 1436 affidò la città ai “ capitani della libertà” e si riprese l’elezioni dei dogi. Seguì un confuso periodo di congiure e di ribellioni, mentre la Repubblica perdeva quasi tutte le colonie in Oriente e i centri rivieraschi.
Dal 1458 al 1460 la città fu sotto Carlo VII di Francia; dal 1464 al 1478 e, dopo una breve parentesi di libertà, dal 1487 al 1499, sotto gli Sforza, duchi di Milano; quindi di nuovo sotto un re di Francia, Luigi XII (1499-1507) . Così indebolita e coinvolta nelle lotte franco spagnole per il predominio in Italia, Genova fu saccheggiata dalle forze imperiali di Prospero Colonna nel 1522e fu sul punto di perdersi definitivamente, schiacciata dalle due potenze rivali. La salvò dall’estremo pericolo l’ammiraglio Andrea Doria che, passando improvvisamente dal servizio di Francesco I alla parte imperiale, ottenne il riconoscimento dell’autonomia della città (1528) ed emanò una nuova costituzione che assicurò ai nobili quasi tutti i poteri. Neppure così però, la città ritrovò la sua pace. Perdute le colonie e diminuita di molto l’attività marinara fu contemporaneamente turbata dalla congiura dei Fieschi (1547) e da quella di Giulio Cybo (1548) , dall’insurrezione corsa di Sampietro d’Ornato da bastelica (1564-67) e dalle feroci lotte tra nobili antichi e nobili nuovi. Il secolo XVII segnò un ulteriore decadenza. La deviazione delle correnti del commercio verso l’America inaridì molte fonti di ricchezza e indebolì la città. Ne approfittarono i duchi di Savoia tentando di impadronirsi del suo porto nel corso della guerra della Valtellina e poi con le congiure di Genova Cesare Vachero (1628) e di R. della Torre (1672) che fallirono però miseramente . Riuscì invece a sottometterla Luigi XIV di francia che, dopo averla bombardata nel maggio del 1684, costrinse il Doge a umiliarsi ai suoi piedi e ad accettare una sorta di protettorato in realtà alquanto oneroso.
Ritrovò ancora momenti di gloria quando, occupata da truppe austriache, insorse con un violento moto popolare iniziato dal leggendario Balilla (dicembre 1746) . Ma fu un breve episodio. La città  era di fatto ormai entrata nell’orbita della politica  francese, tanto che nel 1768, assillata da gravi difficoltà finanziarie, fu persino obbligata a cedere a Luigi XV la Corsica, in perpetua rivolta, per la somma di 40 milioni di lire.
Scoppiata la rivoluzione francese , dopo inutili tentativi di rimanere neutrale, nel 1796 fu costretta ad accogliere l’armata napoleonica e a trasformarsi poco dopo (giugno 1797)  in repubblica democratica e giacobina.
Tra l’aprile ed il giugno 1800  sostenne agli ordini di A. massena il terribile assedio degli Austro-Russi che permise a napoleone la vittoria di marengo. Nel 1805 entrò a far parte integrante dell’imero francese e dopo il Congresso di Vienna fu assegnata al Regno di sardegna: decisione fieramente avversata dai genovesi, ma che fu d’altra parte all’origine del rinnovamento economico della città, messa così in comunicazione con un ampio e sicuro retroterra. Focolaio di propaganda rivoluzionaria durante il risorgimento, fu sede di carbonari, cospiratori e patrioti di ogni genere che fomentarono le insurrezioni del 1821 e del 1849, ma diedero anche notevoli contributi alla causa monarchico costituzionale.
Durante la seconda guerra mondiale fu sottoposta a numerosi bombardamenti che provocarono gravissimi danni alle attrezzature portuali e all’abitato. Centro attivissimo di organizzazione partigiana fu la prima città dell’Italia settentrionale a insorgere contro i nazifascismi (24 aprile 1945), ottenendo la liberazione prima dell’arrivo degli Alleati.
Genova è medaglia d’oro della Resistenza.


Storia della Liguria


LIGURIA


Preistoria

Le piu antiche testimonianze della presenza umana nell’attuale Liguria provengono dalla grotta del principe ai Balzi Rossi  di Grimaldi, vicino a Mentone , dove, nel corso di scavi condotti dal museo di Antropologia preistorica di Monaco , sono state rinvenute industrie dell’Archeuleano superiore associate a faune costituite da cervo, stambecco , ippopotamo , orso, lupo e renna.
Dagli stessi livelli proviene  un frammento di osso iliaco umano , attribuito  a Hommo erectus, al quale datazioni assolute col metodo uranio torio attribuiscono un’età superiore  a 230.000 anni.. L’industria litica  e questo resto umano  sono stati riferiti al Riss II, in epoca compresa tra 240.000 e 280.000 anni circa. Si conoscono in Liguria poche altre segnalazioni di industrie così antiche, mentre è assai meglio rappresentato il Paleolitico  medio.
Industrie musteriane sono presenti sulle spiagge tirreniane  della grotta della Madonna  dell’Arma di Taggia (Sanremo) , del Baousso da Torre (Balzi Rossi)  e della Barma Grande , mentre alle prime fasi  fasi del Wurm sono riferiti i complessi litici  rinvenuti alla Barma Grande, nei livelli superiori  della gia citata grotta  del Principe, nella grotta delle Fate (Savona) e nella grotta di Santa Lucia  a Tirano ; industrie musteriane  provengono anche dal riparo  Mochi e dall’Arma delle Manie (Finale Ligure)  e, attribuite a fasi più recenti , dal riparo Bomprini  e dal sito di San Francesco  (Sanremo) .
Fasi arcaiche  del paleolitico  superiore (Protaurignaziano) sono note al riparo Mocchi, mentre più frequenti sono i livelli aurignaziani in diverse grotte  dei Balzi rossi, da alcune delle quali (Grotte dei Fanciulli) provengono sepolture attribuite dubitativamente  a questi livelli  o a quelli successivi . Industrie gravettiane  si sovrappongono  al riparo Mocchi e alla grotta dei Fanciulli, ai livelli aurignaziani; esse sono, a loro volta, seguite da complessi di varie fasi dell’Epigravettiano, in particolare , oltre alle grotte citate, alla grotta delle Arene Candide (Savona) , all’Arma dello Stefanin e all’Arma di Nasino. Manifestazioni artistiche ( un cavallo inciso nella grotta del Caviglione, alcuni ciottoli dipinti dalle Arene Candide )  sono riferibili a questo periodo , mentre nobn è nota la provenienza stratigrafica di circa 15 statuette femminili , scolpite  in steatite  e rinvenute alla Barma Grande.  Una sepoltura con eccezionale corredo, cosiddetta del Principe, è stata rinvenuta da L. Cardini nei livelli dell’Epigravettiano antico delle Arene candide, mentre nella stessa grotta , quindici sepolture , i cui inumati  sono spesso forniti  di corredo( industria, macine e pestelli di pietra) e di acconciature  ( mantelline ricavate da code di scoiattolo) , sono attribuite ai livelli dell’Epigravettiano finale e costituiscono una delle più antiche necropoli paleolitiche. Resti del Neolitico provengono specialmente dalle numerose cavità del retroterra di Finale Ligure. A questo periodo appartengono alcune delle statue stele della Lunigiana (altre si datano fino all’età del ferro). Nel corso dell’Età del Bronzo compaiono gli insediamenti su altura, alcuni dei quali (Zignago, Castellano dell’Uscio) sono stati esplorati sistematicamente . All’Età del Ferro appartiene l’importante necropoli  di Chiavari.

Storia

All’inizio dell’epoca storica i Ligyes o Ligures occupavano una vasta zona estendentesi  dalla Francia meridionale ai corsi del Serchio, del Po e del Ticino, lungo tutto l’arco dell’Appennino settentrionale fino al mar Tirreno e sui due versanti delle Alpi Occidentali.  Venuti in contatto con gli Etruschi, Fenici e Greci, nel secolo III a. C. si divisero in due blocchi: i Genuates si allearono con Roma, mentre le tribù della Riviera di ponente si schiararono con Cartagine; l’occupazione di  Clastidium (oggi Casteggio)  presso Voghera (197 a. C. ) , la sottomissione dei Liguri Friniati (187-180 a.C.) , le spedizioni contro gli Ingauni, i Liguri Stazielli (173 a. C. ) , i Valeati gli Oxobii e altre tribù ribelli, le costruzioni  delle grandi vie Postumia, Aemilia Scauri e Iulia Augusta furono le principali tappe della colonizzazione  romana della regione che, con parte del Piemonte , ebbe il nono posto nell’ordinamento augosteo e nell’89 a. C. ottenne la cittadinanza romana. Centri principali erano Genova, Vado, Portofino, Sestri levante, Ventimiglia, Alberga e Luni. Dopo la caduta dell’impero romano , nel 538 d. C. la Liguria divenne provincia bizantina (provincia marittima Italorum) e subì poi invasioni da parte degli Eruli e dei Goti . Nel 643 fu sottomessa dai Longobardi di Rotari e frequenti si fecero lungo le coste liguri le scorrerie dei Saraceni e dei Normanni . Verso la metà del secolo X Berengario II suddivise la Liguria nelle tre marche dell’Obertenga  ( a Est) , dell’Aleramica (al centro) e dell’ Arduinica (a ovest) , che nei due secoli seguenti si frazionarono a loro volta in un gran numero di feudi più o meno estesi. In età comunale risorsero i grandi centri costieri, prima fra tutti Genova; questa, nel tentativo di sottomettere tutto il retroterra e le due riviere, riuscì a stabilire propri capisaldi a Taggia e a Sanremo (979) , a Portovenere (11139  A Ventimiglia (1140) , a Porto Maurizio (1184), a Diano (1195); nel 1256 si piegarono anche Lerici e Trebbiano, nel 1279 Oneglia e più tardi Sarzana e Pietrasanta. Nel 1284 la “ superba” Genova sconfisse alla Meloria la flotta Pisana. La lotta per la supremazia non fu però facile: i centri della riviera di Ponente si allearono infatti contro Genova prima con Federico II di Svevia e poi con Carlo d’Angiò. Nel 1313 le rivalità tra guelfi e ghibellini portarono alla lotta civile all’interno di Genova; i ghibellini espulsi dalla città (1317) , si ritirarono a Savona e organizzare l’opposizione , trovando alleate Alberga, Lerici, Chiavari e Finale, e la lotta fra le due frazioni continuò con sorti alterne fino al 1528; nel frattempo a Genova , dopo l’istituzione del dogato(1339) , si susseguirono le dominazioni di Giovanni Visconti ( 1353), di Carlo VI di Francia (1396), del marchese del Monferrato e poi di nuovo dei Visconti (1421) e dei francesi e si inasprì la  rivalità con Venezia. Nel 1528 , infine, Genova trionfò su Savona e la Liguria trovò la sua quasi completa unità sotto l’energica dittatura di Andrea Doria (1528-60) . Attaccata nel 1648 dai Francesi e occupata nel 1746 dagli Austriaci (cacciati dalla rivolta popolare di Balilla), nel 1797, con la rivoluzione francese, la repubblica di Genova scomparve e venne creata la Repubblica Ligure che nel 1805 fu aggregata all’impero francese e divisa nei dipartimenti di Montenotte (con capoluogo Savona), di Genova e degli  Appennini (con capoluogo Chiavari) . Nel 1815 il congresso di Vienna decise che la Liguria con il nome di Ducato di Genova, fosse annessa al Regno Sabaudo. Grande parte ebbe infine il popolo ligure nel movimento risorgimentale e nella Resistenza al nazifascismo.


domenica 5 agosto 2012

Storia di Venezia


VENEZIA

Storia:

L’intenso popolamento e la progressiva organizzazione e strutturazione cittadina delle isole lagunari risalgono ai Longobardi (568), che provocarono un esodo massiccio da Aquileia, Padova e altre città verso Malamocco, Rialto, Grado, sotto la protezione dei Bizantini. Un magistrato bizantino governò le isole con residenza prima a Eraclea, poi a Malamocco: solo nel 762 appare un doge indigeno, Orso; ma sia questi  sia i suoi succ essori rimasero alle strette dipendenze dell’esarca fino al 751. Venezia acquistò allora una larga autonomia, ma non cessò di riconoscere la sovranità di Bisanzio e di coltivarne un vantaggioso protettorato per i viaggi di mare. Nel confronto fra l’impero carolingio e quello bizantino, Venezia si schiarò con quest’ultimo, resistette agli attacchi franchi (803 e 810) e alla composizione del conflitto e alla definizione dei confini tra i due imperi restò a quello d’oriente (814) , quasi un ponte tra due mondi. In questo periodo il centro politico di Venezia si spostò a Rialto e qui, dopo la traslazione delle reliquie di San marco e la costruzione della basilica, ebbe anche  il suo centro religioso.
Nei secoli IX e X, con la crescita della città, il legame con Bisanzio si trasformò da sudditanza in alleanza. All’interno i Dogi avevano poteri quasi dittatoriali, senza peraltro riuscire  a trasformare  in eredità la loro dignità elettiva e vitalizia . All’estero i veneziani difendevano con successo insieme ai Bizantini la libertà della navigazione nell’adriatico contro i pirati slavi e saraceni. Tra la fine del secolo X e i primo dell’XI la città ottenne larghi privilegi commerciali nell’impero bizantino (992) in cambio di un alleanza militare, assicurandosi protezione e garanzie da Ottone III di Sassonia per il transito dei suoi mercanti in Italia e Germania e imponendo, sotto la specie della difesa, il suo controllo sulla Dalmazia (999) . Formalmente delegato dall’imperatore bizantino, in realtà il doge agiva ormai  come il capo di uno stato indipendente.  Nella difesa comune contro i Normanni l’imperatore Alessio I Comneno accordò larghissimi privilegi al commercio veneziano e, in cambio, i Veneziani salvarono dai Normanni il caposaldo bizantino di Durazzo (1085). Neutrale nella lotta delle investiture, Venezia prese invece parte alla I crociata per non essere sopravanzata dai Pisani e genovesi (1100) e occupò Caifa in Palestina. Ma la politica ambigua degli imperatori bizantini nei confronti dei veneziani, temuti ora come troppo potenti e perciò frenati favorendone i rivali Pisani, portò ad una aperta rottura (1118). Venezia s’impegnò allora in imprese militari contro Bisanzio e, in Siria, contro i Turchi, che le fruttarono la conferma e l’estensione dei privilegi del 1082 nell’impero (1126)  e nuovi privilegi e colonie nel regno di Gerusalemme (Ascalona, Tiro) . Con le crociate aveva inizio il grande impero veneziano del levante: basi in area bizantina (a Costantinopoli, Tessalonica, Corinto, Isole Ionie, Creta, Cipro) e gerosolimitana (Tiro, caifa, Sidone, Ascalona, Acri)  nonché ad Alessandria. La gestione di questa vastissima rete di interessi essenzialmente commerciali era tuttavia ancora affidata  all’iniziativa dei privati: lo stato si limitava  a proteggerli. All’interno emergeva dall’Assemblea popolare un sistema di consigli destinati ad integrare il governo dogale. Nella seconda metà del secolo XII Venezia dovette salvaguardare la sua indipendenza dall’imperialismo tedesco: favorì allora i comuni  contro il Barbarossa, ma vide compromessa la sua egemonia sull’alto adriatico a favore dei Bizantini.. I veneziani furono perseguitati nell’impero bizantino (1071), mentre Slavi e Ungheresi scrollavano le posizioni veneziane sulla costa adriatica orientale e Genovesi e Pisani prendevano il sopravvento sui mercati del Levante. La pace di Venezia tra il Barbarossa e papa Alessandro III (1177) attenuò molto la crisi. All’interno del governo cittadino avveniva frattanto importanti mutamenti costituzionali: l’elezione de Doge fu tolta al popolo e riservata a soli 40 elettori scelti da una apposita commissione; al popolo rimase il diritto di ratificarla (1172) Il doge fu affiancato da 6 consiglieri (uno per ciascuno sestiere della città), costituendo un consiglio ristretto (Minor Consiglio) e con l’aggiunta di altri 3 savi, la Signoria. Tutte le iniziative di questi organi supremi dovevano però essere sottoposte all’approvazione del Maggiore Consiglio, emanazione dell’Assemblea popolare (soppressa poi nel 1423) organo del potere legislativo e, col volgere del tempio, di altri poteri, nonché di altri consigli sorti in tempi diversi, come il Senato, sviluppatosi dal primitivo gruppo di consiglieri pregati dal doge di collaborare con lui ( i Pregadi) e destinato a governare infine la politica estera, la difesa e l’economia, cioè a tenere le leve di comando della politica veneziana.
Con la IV Crociata  Venezia potè raggiungere con i suoi traffici il Mar nero e dopo la conquista di Bisanzio a Venezia toccarono le coste e le isole Ionie, il Peloponneso, le Cicladi, stabilimenti sugli Stretti, Creta, un ampio quartiere a Costantinopoli. Con il crollo  dell’impero Latino, Venezia perdette le principali posizioni e i privilegi raggiunti (tra cui l’accesso al Mar nero) che passarono in gran parte a Genova. Ne tentò il recupero facendo guerra a Genova e normalizzando i rapporti col restaurato impero Bizantino. Nel secolo XIII, al culmine della sua fortuna, Venezia diede un’organizzazione razionale al suo impero commerciale, accentrandone il governo e inviando nelle colonie rettori (baili)  responsabili di fronte al doge. A fine secolo Venezia stessa trasformava il suo regime in forma di quasi oligarchia, limitando l’accesso al maggior Consiglio alle famiglie che gia ne avevano fatto parte (Serrata del maggiore Consiglio, 1297). Per prevenire reazioni da parte popolare o da parte dogale fu istituito il Consiglio dei Dieci (1310) , magistratura investita della difesa del nuovo regime. Nonostante le non sempre prospere vicende della seconda metà del secolo XIII e della prima metà del XIV, l’impero veneziano nel Levante conservava un valore commerciale immenso, con i suoi vertici in Crimea (a Tana), in Cilicia ( a Laiazzo), in Egitto (ad Alessandria), coi suoi scali a Costantinopoli e nelle isole del Mediterraneo orientale. A organizzare la flotta era ormai lo stato, che aggiudicava ai privati , caso per caso, il naviglio occorrente. Verso la metà del secolo XIV, e in concomitanza con i primi progressi dei Turchi Ottomani, Venezia, sentendosi minacciata sulla terraferma, intraprese una politica italiana per garantirsi contro gli Scaligeri di Verona con l’acquisto di Treviso (1337-38). Poi vinta la guerra di Chioggia (1381) contro i genovesi e scongiurata l’impetuosa avanzata di Milano, tolse all’ultimo dei Carraresi Padova, Vicenza e Verona (1405) e conquistò il Friuli . Frattanto riprese il possesso della Dalmazia. La politica di terraferma costrinse Venezia a impegnarsi in una serie di guerre specialmente contro Milano. Nonostante alterni successi e insuccessi, tra il 1425 e il 1454 la repubblica riuscì ad annettere Brescia e Bergamo e i rispettivi territori (1454) diventando uno dei 5 maggiori Stati italiani. I domini italiani s’adattarono senza gravi turbamenti al governo veneziano, uno dei più tolleranti e illuminati d’ Europa. Mentre era impegnata nella sua politica italiana, Venezia, perdeva terreno in Oriente. I Turchi le tolsero anzitutto Salonicco (1430) e , dopo la caduta di Costantinopoli, tra Maometto II e la repubblica si giunse ad un trattato (1454) che si rivelò una semplice tregua: il sultano riattaccò ben presto le posizioni veneziane dal Peloponneso alla Crimea e spinse l’offensiva fino al Friuli. Contro le molte posizioni perdute, Venezia venne in possesso di Cipro. Alla fine del medioevo, Venezia era la città cosmopolita più importante ed ammirata d’Europa. La sua posizione però doveva cambiare con la scoperta dell’America: chiusa nel bacino del mediterraneo, Venezia ne avrebbe risentito le irreversibili conseguenze. L’aggressiva spregiudicatezza della sua politica e la potenza economica e militare tuttavia erano ancora tali da far sospettare che mirasse al predominio su tutta l’Italia: nel giro di pochi anni Venezia partecipò alla lega contro Carlo VIII (1495) e fu presente alla battaglia di Fornivo; approfittò delle difficoltà degli Aragonesi e s’impadronì di alcuni porti Pugliesi affacciandosi sullo Ionio; intervenne nella guerra tra Firenze e Pisa; per ottenere Cremona e la Ghiara d’Adda si alleò con la Francia e contribuì alla sconfitta dei Visconti: dopo la caduta del Valentino occupò rapidamente  Cervia e  e Faenza (1504)  e tolse agli Asburgo  Gorizia  e Trieste  (1507-08) . Le potenze europee e italiane allora si coalizzarono per ridurla ai soli territori  della laguna ( Lega di Cambrai, 1508); Venezia fu sul punto di soccombere. Per sua fortuna , l’accordo fra i collegati  venne meno ed essa si liberò della Spagna , del papa e della Francia  restituendo le terre occupate  dopo il 1494 e potè contrattaccare l’imperatore ; con la partecipazione alla Lega Santa  rientrò poi in possesso  di molti dei territori  perduti ; migliorò ancora la sua condizione  attraverso una nuova alleanza  con Luigi XII (Blois 1516)  e con la pace di Noyon (1516) , infine riebbe anche le ultime città  che stavano in mano nemica . Grazie all’abilità diplomatica  e all’energia militare  la gravissima crisi parve superata , ma in realtà la politica  della repubblica  fu da allora costretta  ad una condotta più cauta  ed essenzialmente conservatrice. Il ritorno offensivo dei Turchi le inflisse la perdita di gran parte delle isole  egee, Malvasia e Napoli di Romania (1537-39)  e alla fine di Cipro. Anche la vittoria di Lepanto (1571) non le recò tangibili vantaggi e riuscì solo a salvare  i suoi privilegi commerciali nell’impero Ottomano. E se di fronte ai tentativi di ingerenza pontificia la repubblica seppe ancora trovare atteggiamenti di risoluta indipendenza, i momenti della grande politica erano però finiti, stretta fra il ducato Spagnolo di Milano e l’incombente minaccia degli Asburgo e dei Turchi, Venezia si chiuse  in una decisa volontà di difesa: nel 1617 riuscì a sgominare gli Uscocchi  che infestavano l’Adriatico; nel 1618 sventò in extremis la congiura organizzata dal Bedmar per abbattere la signoria con un colpo di mano; dalla guerra in Valtellina uscì praticamente sconfitta (trattato di Monzon, 1626) . Nel Mediterraneo ottenne qualche brillante successo ( Paro, 1651; Dardanelli, 1656)  ma alla fine dovette cedere anche Creta e il suo vittorioso ritorno nel Peloponneso (1687) fu vanificato dalla pace di Passarowitz (1718)  Ridotta alla Dalmazia, alle isole Ionie e alla Bocche di Cattaro, impotente contro la concorrenza dei porti atlantici, francesi e persino ispano-italiani, la Repubblica si ridusse a potenza di secondo grado, avviata a una progressiva decadenza dalla tendenza a investire i capitali nella proprietà terriera. Nemmeno l’illuminismo riusì a cambiare in qualche modo l’atmosfera stagnante della città. I circoli responsabili, ultraconservatori, rifiutarono ogni suggerimento di riforme. Gravata da un debito pubblico di quasi cento milioni di ducati verso il 1790, la Repubblica ebbe ancora uno sprazzo di effimera gloria con le imprese marinare di Giacomo Nani (1766-68) e Angelo Emo (1784-92) contro le reggenze barbaresche (Tunisi, Tripoli e Algeri) , ma poi cadde quasi senza avvedersene sotto i colpi dell’offensiva napoleonica. Costretta a lasciare il passo sul suo territorio alle truppe francesi e austriache durante la prima campagna d’Italia, con la rivolta popolare di Verona (1797) , offrì il pretesto al Bonaparte per porre termine alla sua millenaria esistenza. Il 12 maggio 1797, su richiesta di Buonaparte, il Maggiore Consiglio dichiarò dissolto lo Stato e il doge Ludovico Manin lasciò il posto a una municipalità di giacobini filo francesi; poco dopo, in base al trattato di Campoformido , Venezia passò all’Austria con tutto il suo territorio italiano fino all’Adige tra l’indifferenza delle potenze europee. Annessa al Regno d’Italia insieme all’Istria e alla Dalmazia (Pace di Presburgo, 1805), ritornò agli Asburgo nel 1814. Agli svantaggi della dominazione straniera si aggiunse un regime fiscale e doganale particolarmente esoso: ma alla notizia della rivoluzione di Vienna  Venezia insorse  il 17 marzo 1848 e costrinse la guarnigione austriaca ( generale Zichy)  ad abbandonare la città (sera del 22) . Costituitosi quindi un governo provvisorio presieduto da D. Manin (23 marzo) , dapprima venne proclamata la Repubblica di San marco e successivamente (4 luglio) la formale annessione agli Stati Sardi.
 Dopo la battaglia di Custozza, il popolo insorse di nuovo (11 agosto 1848) , costrinse i commissari piemontesi ad abbandonare il campo e nominò Manin  presidente di un nuovo governo provvisorio. Gli Austriaci misero il blocco alla città e invano le milizie veneziane  tentarono di spezzarlo con numerose sortite. Con l’armistizio di Novara gli Austriaci poterono aumentare le loro forze e investirono la città. Dopo una serie di scontri preliminari , il 4 maggio fu attaccato il Forte di Marghera che resistette 22 giorni ma dovette essere abbandonato. Gli assediati fecero saltare allora il lungo ponte ferroviario che univa la città alla terraferma e la resistenza continuò nonostante la fame, il colera e il cannoneggiamento nemico. La resa venne il 24 Agosto e, con la sospensione immediata delle operazioni, venne concessa l’amnistia per tutti i soldati e sottoufficiali combattenti; i militari, gli ufficiali e i quaranta patrioti più in vista (tra cui Manin) dovettero lasciare Venezia. Ritornata quindi sotto il dominio austriaco, solo dopo la III guerra d’indipendenza in base al trattato di Vienna (3 ottobre 1866) e al plebiscito del successivo 22 ottobre passò infine all’Italia.

Storia del Veneto


VENETO

Preistoria:

Le più antiche tracce di frequentazione della regione sono state rinvenute nelle cave  di Quinzano (Verona) dai ciu livelli inferiori provengono materiali del Paleolitico inferiore di tecnica  clactoniana; seguono nello stesso giacimento industrie su scheggia con tecnica  Levallois, tipicamente attribuibile alla fine del Paleolitico inferiore o alla fase di transizione col medio. Industrie musteriane di età wurmiana sonoattestate, oltre che nei levelli più alti di questa stessa cava, in diverse località per lo più in provincia di Verona (fra le più importanti ricordiamo il Riparo Tagliente e quello di Fumane) e di Vicenza (Grotta del Broion con datazioni comprese tra 46.000 e 40.000 anni da oggi, grotta di san Bernardino) La lunga serie del citato riparo Tagliente prosegue con livelli dell’Aurignaziano (una fase antica del quale è stata  recentemente rinvenuta anche al Riparo di Fumane) e termina con livelli dell’Epigravettiano finale datati tra 11400 e 10000 anni da oggi. Numerose le manifestazioni di arte mobiliare con motivi di animali (stambecco,bisonte, bovidi, un felino ) astratti e incisi su pietra, cortice di selce e osso. A questa stessa epoca  ( 14:10090 a. C.) risale la sepoltura rinvenuta da A. broglio nei Ripari di  Villabruna (Belluno) , sulla quale è stata ritrovata una pietra con una raffigurazione simbolica dipinta. Piuttosto frequenti sono i rinvenimenti di industrie del Sauveterriano e del Castelnoviano attribuibili all’Olocene antico. Di particolare importanza il sito di Mondeval de Sora  (Belluno)  dove gli scavi di A. Guerreschi  hanno messo in luce una sepoltura di un cacciatore mesolitico con ricco corredo funebre di manufatti litici, in osso e in corno, datata intorno al 7300 a. C. Al Neolitico appartengono invece i resti di numerosi insediamenti tra cui quello di  Ripoli in Val d’Adige, altri dei Lessini, degli Euganei e dei Berici, specie nell’alveo dell’antico lago di Fimon  e in Valpantena.
All’età del Rame appartengono sia siti della facies di Remedello sia del bicchiere campaniforme; nella successiva Età del Bronzo, accanto al perdurare  della tradizione degli abitati palafitticoli si formano, nella parte sud- occidentale della regione insediamenti affini alle terramare emiliane. Particolarmente importante  è l’abitato di Frattesina di Fratta Polesine, vero e proprio terminale, nell’età del Bronzo finale, di traffici tra la penisola, il mondo transalpino e il Mediterraneo orientale. A partire dalla prima Età del Ferro appare la facies atestina, che ha nei materiali di abitato e, soprattutto, di necropoli di Este e Padova le sue più importanti manifestazioni. Il punto più alto di queste civiltà è certamente rappresentato dalle splendide sicule in bronzo istoriate dei secoli VII e VI a. C. al centro di una Koine artistica che coinvolge Hallstatt e tutto l’arco alpino sud-orientale.

Storia:

I Veneti (latino Venéti) , antica popolazione, parlante un linguaggio indeuropeo , stanziata probabilmente già prima del 1000 a:C. nell’attuale Polonia da dove si spostarono  successivamente, dirigendosi in parte verso i Balcani e l’Asia Minore e in parte verso la Gallia.
Dai Balcani  si mossero, forse nel secolo X i gruppi di Veneti che occuparono , nell’Italia Settentrionale, la zona tra le Alpi orientali e l’Adige. I Veneti emigrati in Gallia si stanziarono nell’Aremorica, tra la Loira e la Senna, con centro a Darioritum (oggi Vannes, nel dipartimento del Morbihan, in Bretagna). Dediti ai commerci anche per mare e civilmente assai evoluti, i Veneti erano in via di assimilazione con i Galli quando Cesare, cui si erano tenacemente opposti, li sconfisse (56 a. C.) inglobandoli col loro territorio nella provincia della Gallia Transalpina. Con contorni più precisi, in quanto ne sono rimaste cospicue testimonianze, è la civiltà dei Veneti dell’Italia settentrionale; nella pianura in cui risultano stanziati in età storica i Veneti avevano assimilato l’evoluta civiltà degli Euganei e loro centri principali furono, oltre a Este e Padova, verona, Vicenza, Oderzo, Belluno: popolazione progredita e pacifica, praticavano largamente i commerci. Famosi i loro allevamenti di cavalli.
Difesesi con successo dagli Etruschi insediatesi ad Adria, porta d’ingresso dei prodotti dell’arte greco-occidentale, e dai Galli insediatisi specialmente attorno al Garda e nella Carnia, i Veneti instaurarono poi rapporti amichevoli con Roma cui furono d’aiuto durante l’invasione galica della penisola nel 225 a. C., rimanendole fedeli anche nel corso della discesa di Annibale in Italia.  Dal secolo II a.C. i Romani penetrarono nel loro territorio creando la colonia di Aquileia contro l’Istria e dirimendo poi contese territoriali tra città venete. Inglobati gradualmente nello stato romano, i Veneti fruirono tuttavia di larghe autonomie locali.  Ottennero i diritti latini dopo la guerra sociale (89 a. C. ) e, da Cesare, nel 49 a. C., la cittadinanza romana.
La romanizzazione del territorio, cominciato attorno al secolo III, fu poi intensa. Brutalmente saccheggiato dai barbari, la sua vita sociale si spostò per necessità , lungo la costa. Nel secolo VI la guerra Greco-Gotica e l’avvento dei Longobardi trasformarono il Veneto in un campo di battaglia, con la distruzione dei maggiori centri e l’accentramento dei commerci nell’orbita veneziana. Ma i centri maggiori (Padova,Treviso,Vicenza,Verona) si eressero in comuni, in lotta con l’impero.
Si susseguirono quindi le signorie degli Scaligeri, dei Carraresi, dei da Camino, tutti appartenenti a nobili e ricche famiglie che si lanciarono in imprese di conquista scontrandosi con i potenti stati  vicini, tra cui Venezia. La Serenissima tuttavia non assorbì nella propria macchina statale i nuovi domini di terra, ma fu largamente tollerante e rispettosa degli ordinamenti locali, riuscendo a dare una struttura unitaria alla regione. Dal 1797 il Veneto fu immesso nella corona Austriaca: dal 1805 al Regno d’Italia, dal 1815 al Lombardo-Veneto e dal 1866 al regno d’Italia dopo la III guerra d’Indipendenza.

venerdì 3 agosto 2012

Storia di Torino


TORINO

Storia

Centro del popolo Celtico (o Ligure)  dei Taurini, nel 221 a. C. venne assediata e presa da Annibale. Passata quindi ai Romani, vi fu successivamente dedotta una colonia che assunse il nome di Julia Augusta Taurinorum  . Sede vescovile dal secolo V e importante base militare bizantina divenne capitale di ducato con i Longobardi (568) e di contea con i Franchi (774) . Dopo essere stata governata dai Supponidi, passò con re Ugo agli Arduinici. A metà del secolo X fu costituita la marca di Torino ( chiamata anche marca d’Italia) , per ordine di Berengario II, organizzata da Arduino Glabrione cui succedette (975) Manfredi I (m. 1001) che ampliò la stessa marca. Il figlio Olderico Manfredi (m.1034) la resse con molta abilità. Morto Olderico, l’effettivo governo della marca fu tenuto da Adelaide. Alla morte (1091) i Savoia cercarono d’impossessarsi della marca, ma furono contrastati dai vescovi e dallo sviluppo delle autonomie cittadine. Dopo una lunga serie di lotte la città fu concessa ai Savoia da Federico II,  bisognoso del loro aiuto, ma essa si ribellò subito dopo (1255) reggendosi di nuovo a comune indipendente. Passata quindi agli Angioini (1270)  e a Guglielmo VII di Monferrato (1266-70 e 1274-80) , ritornò infine ai Savoia (1280) che la resero poi stabilmente  con la linea di Acaia .
La pace di Torino , pose fine (1308), con la mediazione di Amedeo VI di Savoia, alla disastrosa guerra di Chioggia iniziata nel 1378 tra Genova e Venezia. Il trattato impose a Venezia alla rinuncia della Dalmazia ed alcuni possedimenti di terra ferma.
 Estintosi il ramo cadetto nel 1418, Torino passò allora ad Amedeo VIII che fece di essa il centro della sua attività  politica e militare al di qua delle Alpi.
Occupata dai francesi dal 1536 al 1562 , fu restituita a Emanuele Filiberto che ne fece la capitale del ducato . Assediata ed espugnata dai Savoia (1639)  durante la guerra civile per la reggenza dello stato conferita a Cristina di Francia, nel 1713 divenne capitale del regno di Sardegna.
Durante la guerra di successione di Spagna, dopo un primo attacco a Torino nel settembre del 1705 le truppe francesi al comando del La Feuillade cinsero d’assedio la città (1706). La difesa constava di 10 mila uomini e otto battaglioni di milizie cittadine. I Francesi mossero più volte all’attacco ma furono sempre respinti e un tentativo si sorpresa effettuato il 30 agosto fu sventato dal sacrificio di Pietro Micca. Le forze di Vittorio Amedeo II uscite dalla città si riunirono a un esercito di soccorso guidato da Eugenio di Savoia, costrinsero le truppe francesi a togliere l’assedio e a fuggire presso Pinerolo. A ricordo della battaglia Vittorio Amedeo fece costruire la basilica di Superga.
 Durante la rivoluzione francese fu unita alla Francia sotto un governo provvisorio ( 1798-99)  e dal 1800 al 1814 fu capoluogo  del dipartimento del  Po .Nel 1814 ritornò ai Savoia e, divenuta negli anni successivi alla restaurazione uno dei popoli dell’agitazione  patriottica italiana, dopo il 1848 si trasformò in punto d’arrivo dell’emigrazione politica  proveniente dagli altri stati della penisola. Capitale infine del nuovo regno d’Italia (1861), perdette tale ruolo nel 1865. Si trasformò allora in un importante centro industriale e agli inizi del 1900 vide, insieme allo sviluppo della Fiat, la nascita della confederazione dell’Industria ( a opera di L. Craponne) e di un forte movimento operaio (costituzione della F.I.O.M. e della Confederazione Italiana del Lavoro , 1907) che dopo gli scioperi del 1913-14 e le manifestazioni contro la guerra del 1917 culminò nell’occupazione delle fabbriche del 1920 in cui fu presente il movimento ordinovista di A. Gramsci. Duramente provata dai bombardamenti dell’ultima guerra, fu tra le città protagoniste  della resistenza armata contro il Nazi-fascismo.
Trattati di Torino:
Diversi furono i trattati firmati nel capoluogo piemontese. Il 26 agosto 1696 il Piemonte e la Francia firmarono un trattato che confermava il ritorno di Pinerolo agli stati Sabaudi, sanciva il matrimonio della figlia di Vittorio Amedeo II, Adelaide, con Luigi duca di Borgogna,  e segnava l’allineamento completo del Piemonte con Luigi XIV. L’8 novembre 1703 Leopoldo I d’Asburgo e Vittorio Amedeo II di Savoia, nel quadro della guerra di successione spagnola, siglarono un trattato con il quale il Piemonte  si impegnava ad abbandonare la precedente alleanza con Luigi XIV  e otteneva in cambio il futuro dominio sulla Lomellina, la Valsesia, Valenza e Alessandria, il Monferrato e i feudi delle Langhe. Articoli segreti assegnavano inoltre a vittorio Amedeo il territorio di Vigevano , alcune terre del Novarese e le eventuali conquiste in Provenza e nel Delfinato. Il patto di alleanza tra il Piemone e la Francia stipulato in funzione antiaustriaca durante la guerra di successione polacca, firmato il 26 settembre 1733, assegnava , assegnava a Carlo Emanuele III il comando delle truppe franco-piemontesi operanti in Italia e, in caso di occupazione, il futuro possesso della Lombardia. Il trattato rimase però senza effetto in seguito agli accordi di Madrid tra la Francia e la  Spagna.
Il 18 gennaio 1859 la Francia e il Piemonte stipulavano un trattato che confermava sostanzialmente  gli accordi di Plombiéres  dell’anno precedente. Napoleone III prometteva aiuto militare  contro l’Austria per la costituzione  di un “ Regno dell’Alta Italia”  ed il Piemonte assicurava la cessione  alla Francia del ducato di Savoia e della provincia di Nizza. Il 24 marzo 1860 all’indomani dei plebisciti  nell’Italia centrale  fu firmato quello che stabilì, in conformità agli accordi  segreti precedenti , la cessione di Nizza  e della Savoia  alla Francia.

Storia del Piemonte


STORIA DEL PIEMONTE


Preistoria

Mentre è ancora discusso l’effettivo significato  di alcuni materiali litici attribuibili al Paleolitico inferiore rinvenuti a Cuorgné, il popolamento di questa regione inizia certamente con il paleolitico medio. Industrie musteriane  sono state rinvenute nel Piemonte settentrionale sul Monferrato ( bassa Valsesia Novara)  ed in particolare nella grotta Ciota Ciara, nella grotta Ciutarun e nel riparo Belvedere. Scarsi elementi del paleolitico superiore, riferiti all’Epigravettiano evoluto, sono stati rinvenuti in strato soprattutto in quest’ultimo riparo. Industrie epipaleolitiche   sono state segnalate nella grotta di Bòira Fusca (Alto Canadese) . All’Età eneolitica e a qu sono attribuite le palafitte di Mercurago, di Trana e quella recentemente esplorata di Viverne, che hanno dato anche ruote di carro  e canoe lignee. In base ad attenti studi  tipologici è stato possibile attribuire all’età del bronzo  un gruppo di incisioni rupestri di Monte Bego  (geograficamente  piemontese, passato alla Francia  dopo l’ultima guerra) che costituiscono un grandioso santuario rupestre  è in cui è gia presente la figura umana. Nella prima età del ferro la regione orientale verso la Lombardia  è caratterizzata dalla cultura  di Golasecca (necropoli di Castelletto Ticino, Ameno, San Bernardino  di Briona) con caratteristiche urne cinerarie  a stralucido  nella fase più tarda. Della seguente cultura  celtica  caratteristica della seconda Età del ferro sino alla conquista romana restano tracce in diverse località (sepolcreto  di Ornavasso nella provincia del Verbano Cusio Ossola, insediamento al colle della Burcina presso Biella).

Storia

Le condizioni ambientali non dovettero favorire l’insediamento umano nella regione ancorché risultino stanziamenti di Liguri (Primi abitanti dell’odierna Liguria, erano stanziati in un vasto territorio che andava dal Rodano e l’Arno) e Galli Cisalpini ( nome dato dai Romani agli abitanti che stanziavano oltre le Alpi (transalpini), attualmente territorio di Francia e Belgio) nella preistoria.  Il primo contatto con il territorio piemontese i Romani lo ebbero nel 218 a. C. ; allo scoppio della seconda guerra punica, quando tentarono , senza successo di sbarrare la strada ad Annibale che, sceso dalle Alpi , si era presentato nella valle Padana . In Piemonte i Romani penetrarono poi solo dopo la sottomissione dei Liguri: vinti  nel 173 a.C. , gli Statielli , che occupavano con i Bagienni (antico popolo di stirpe Ligure che aveva sede in Piemonte, a sud delle alpi fino al Po e alle Langhe) la regione a sud del Po’, vi installarono guarnigioni a Industria, alla confluenza del po  con la Dora Baltea, a Potentia e Polentia sul Tanaro; nel 120 fondarono la colonia di Dertona (Tortona) . Altri centri tribali con l’influsso romano si trasformarono in città , Alba Pompeia (Alba) Aquae Statiellae ( Acqui) , Caburum (Cavour)  che ricevettero prima i diritti latini  e poi la cittadinanza romana . A nord del Po , i Romani si spinsero  sulla fine del I secolo a. C.  per fondare un'altra colonia  a Eporedia ( Ivrea) , all’ingresso della Val d’Aosta ricca di minerali: la occupavano i Salassi, tribù celtiche ( antico popolo stanziato nel Canadese e nella valle della Dora Baltea)  che solo con Augusto, nel 25 a. C. , furono sottomesse definitivamente  e sul loro territorio  dedotta la colonia  di Augusta Praetoria (Aosta) . In questo tempo i romani rinforzarono anche  nel territorio dei Taurini ( antico popolo, ramo dei Taurisci, stanziata alle falde delle Alpi occidentali della Dora Riparia, centro principale fu Taurasia ,attuale Torino) la guarnigione che vi aveva installata Cesare, trasformandola in colonia denominata Augusta Taurinorum ( Torino) . Poiché tenevano buoni rapporti  con i Cotii occupanti la valle di Susa, tutti passi alpini erano ormai saldamente  controllati così che il territorio piemontese entrò a fare parte, fino ai piedi delle Alpi  dell’Italia romana. Augusto nella divisione regionale dell’Italia  attribuì il territorio a sud del Po alla Regione IX Liguria, e a quello a nord alla Regione XI Transpadana. Le zone alpine vennero invece organizzate in più province procuratorie , Alpes Maritimae, Cottiae, Graiae, Poeninae. . Nell’età imperiale, la regione conobbe una notevole prosperità con sviluppo di nuovi municipi e con costruzione di strade; vi progredirono l’agricoltura e l’artigianato ed il commercio si fece intenso specialmente con la Gallia Transalpina. Quando Diocleziano, sul finire  del secolo III d. C. , divise l’impero romano in dodici diocesi e ognuna di queste in province, il territorio piemontese, ormai esteso fino al crinale alpino, fu in gran parte incluso nella provincia  della Liguria ed Emilia, mentre la restante parte formò quella delle Alpi Cottiae: l’una e l’altra provincia erano incluse nella diocesi dell’Italia  Annonaria, tenuta a provvedere al mantenimento di una delle corti imperiali, quella insediata a Milano dove aveva stanza un Vicarius Italiane. Nel 402 , presso Pollentia, Silicone vinse in battaglia i Goti. Dopo il 488 il territorio passò da Odoacre a Teodorico e dal 526 ai Bizantini. Dal 568 cominciò la dominazione Longobarda. Si ricordano Ariperto I (653-671), duca d’Asti, e Ragimperto (700-701) e Ariperto II (701-712)  duchi di Torino.
Sotto il dominio franco (774-887) e sotto il regno Italico indipendente (888-951)  si diffuse in Piemonte  il feudalesimo: Berengario II d’Ivrea prevalse per un certo tempo sugli altri feudatari e creò le tre Marche: Arduinica (Torino,Alba, Ventimiglia) , Aleramica (Monferrato, Acqui, Savona) e Orbetenga (Genova, Tortona,, Pavia, Milano).
Nel 963 Berengario II fu sconfitto da Ottone di Sassonia e successivamente, dopo le lotte che opposero i marchesi piemontesi a Enrico II e a Corrado II, Adelaide, marchesa di Torino figlia di Olderigo Manfredi, unì i propri domini a quelli dei Savoia andando in sposa a Oddone, figlio di Umberto Biancamano, primo conte di Savoia . Sotto Adelaide la regione piemontese raggiunse l’attuale estensione. Nel secolo XIII si svilupparono anche i marchesati di Saluzzo e del Monferrato, cui Federico Barbarossa aveva concesso  ampliamenti territoriali per contrastare il diffondersi delle istituzioni comunali. Le lotte comunali favorirono poi Carlo d’Angiò, sotto il cui dominio andarono spontaneamente alcune città ( Cuneo,Savigliano, Mondovì, Alba, Alessandria, Tortona, Chieri, Bra)  che volevano contrastare l’egemonia di Asti: ma la lega Ghibellina di Asti e Genova sconfisse Carlo d’Angiò; la contea angioina del Piemonte venne ricostituita da Carlo II d’Angiò e da Roberto d’Angiò che sottomisero il marchesato di Saluzzo, Alessandria e Alba. Mentre il marchesato del Monferrato passava (1305) alla dinastia dei Paleologhi, i Visconti e in particolareLuchino riuscirono ad insediarsi a Vercelli, Tortona, Bra, Alessandria e Alba, ma la loro espansione fu frenata da Amedeo VI di Savoia. A quest’ultimo succedette nel 1383 il figlio Amedeo VII, che nel 1388 assicurò ai propri domini uno sbocco al mare con l’occupazione di Nizza. Questa politica espansionistica fu continuata da Amedeo VIII, suo figlio e successore, che tra il 1426 e il 1434 fu impegnato in una continua contesa con i Visconti, i quali nel  1427 gli cedettero Vercelli. Risoltasi di tentare di accentuare la propria penetrazione  in Piemonte  anziché in direzione  della Francia, la casa Savoia  estese nel secolo XV a tal punto  la propria influenza nella regione da inglobare vasti territori tranne i marchesati di Saluzzo e del Monferrato, Alessandria e Asti. Quest’ultima, lungamente dominata dai duchi d’Orleans, fu nel 1529 concessa da Carlo V a Beatrice del Portogallo, il che, essendo questa moglie di Carlo III di Savoia, ne consentì l’annessione da parte del casato sabaudo, che nel 1601 ottenne anche Saluzzo e nel 1631 poté grazie alla pace di Cherasco, prendere possesso di numerose località del Monferrato. Ulteriori tappe del processo di unificazione del Piemonte nelle mani dei Savoia furono il trattato di Utrecht (1713), il trattato di Vienna (1738), con cui venne annessa Novara, e il trattato di Acquisgrana (1748), che consentì ai sovrani del Piemonte di estendere i propri possedimenti anche nell’attuale territorio lombardo. Tornato ai Savoia dopo la parentesi Napoleonica , il Piemonte espresse alla metà del secolo XIX da un lato un’esperienza di vita politica liberale quasi unica nell’Italia di quel tempo e dall’altro riuscì, incentivando il proprio sviluppo in campo agricolo e industriale, a porre le basi per divenire una delle principali aree produttive dell’Italia unita.



giovedì 2 agosto 2012

Storia, Milano


MILANO
Storia:

Fondata verso 396 a. C.  da tribù di Galli Insubri che in quel tempo avevano sconfitto gli Etruschi cacciandoli da Melpum (oggi Melzo) , il suo antico nome Mediolanum , documentato dal secolo III a. C. di origine Celtica , significa “ in mezzo alla  pianura”  ed è toponimo  che compare in altre zone celtiche ( Gallia, Britannia,Mesia) . Dopo essere stata valido baluardo  contro i Liguri, Milano fu occupata temporaneamente  già nel 222 a. C. dai Romani in lotta contro i Galli a nord del Po’; fu definitivamente assoggettata  nel 196 a. C.  dopo la sconfitta che gli stessi Romani spalleggiati da altri Galli , i Cenomani, , inflissero presso il Mincio  agli Insubri e ai Boi , che avevano collaborato con Annibale.
 Per la felice posizione  al centro di una fertile pianura in cui convergevano importanti strade dalla Liguria, dal Piemonte, dal Veneto, dalle Alpi, la città crebbe d’importanza  ottenendo nel 89 a. C. il diritto latino e nel 49 l’ammissione alla cittadinanza romana. Ma ulteriore sviluppo ebbe nell’età degli Antonimi quale centro di floridi commerci e di produzioni artigianali.
Nel secolo III d. C. acquistò anche importanza strategica quale centro d’organizzazione delle campagne di guerra contro le invasioni germaniche. Nel secolo IV vi sostava di frequente la corte imperiale ed era sede del prefetto del pretorio e del vicario d’Italia. Nel 313 Costantino vi emanò con Licino l’editto di tolleranza (v. sottolemma)  . Dal 373 al 397 la diocesi milanese, formatasi tra i secoli II e III, ricevette grande impulso dal Vescovo Sant’Ambrogio che vi combattè l’arianesimo in appoggio alla chiesa romana e fu attivamente presente nelle vicende politiche del tempo. Agli inizi del secolo V  Milano perdette il ruolo di capitale dell’impero di occidente , che passò a Ravenna, dove Onorio trasferì la corte per scampare l’avanzata dei Visigoti . Questi misero in allarme la città, ma la risparmiaronotanto nella prima quanto nella seconda, e più grave incursione. La colpirono invece gli Unni di Attila che la misero a ferro e fuoco  (452) ; e fu poi il vescovo Eusebio, defensor civitatis, senza il sostegno di alcuna autorità civile , a curarne la restaurazione, a cominciare dalla chiesa maggiore, dedicata a Santa Tecla. La città non fu coinvolta direttamente nel conflitto tra Oreste e Odoacre ne nella conseguente scomparsa, con Romolo Augustolo, dell’ultimo imperatore d’occidente; neppure ebbe a soffrire dall’invasione degli Ostrogoti di Teodorico (490) , forse grazie alla mediazione del vescovo Lorenzo. Fu invece rovinosa per Milano come del resto per tutta l’Italia, la guerra gotico-bizzantina (535-553) nel corso della quale un tentativo di defezione dal governo degli Ostrogoti a quelloimperiale, patrocinato dal vescovo Dazio, costò alla città una feroce rappresaglia (assedio gotico-borgognone di Uraia, con conseguente resa, massacro e deportazione di molti abitanti e diroccamento e saccheggio, 538-539) . Dopo la fine della dominazione ostrogotica (553) , la restaurazione imperialeaffidata a Giustiniano a Narsete non valse a risollevare la città e nel 569 i Longobardi  la occuparono pressoché indifesa : il vescovo con il suo clero e l’aristocrazia ripararono a Genova e vi rimasero finchè anche questa città fu annessa al regno longobardo(643). La città fu sede di un duca Longobardo, ma fu largamente sopravanzata da Pavia, capitale del regno. Restava tuttavia la maggiore metropoli cattolica d’occidente e riprese quota con il progressivo processo di conversione dei Longobardi dalla fede ariana alla cattolica, iniziatosi al principio del secolo VIIe intensificatosi via via, con il concorso della restaurazione episcopale: Milano infatti fu sede del re cattolico Petardo, in conflitto per la corona col fratello Godeperto, ariano( che appartiene alla supposta razza da cui sono nate le lingue indoeuropee. Movimento ereticale promosso dal prete Africano Ario 256-336)  e residente a Pavia (661-662)  Ma solo ai tempi di Liutprando (712-744) , il più fervente cattolico dei re Longobardi, acquisì una posizione di primo piano , urbanistica, economica, militare, nel regno, attestata enfaticamente da un anonimo elogio poetico contemporaneo (Versumde Mediolano civitate) . Era questo il risultato di un lungo travaglio di popolo  per la sopravvivenza e il recupero di condizioni di vita civile, favorito infine da un relativo affiatamento tra la popolazione germanica e la latina sotto l’azione moderatrice e diretta dell’episcopato, che può dirsi da allora vero e proprio governo , nell’ambito di uno stato, quale fu il regno longobardo, non giunto mai a maturità. La conquista di Carlo Magno (774) non modificò la situazione: i vescovi (anzi, a datare dai tempi di Carlo magno, arcivescovi della metropoli ambrosiana, da cui dipendevano sedici sedi suffraganee) andarono assumendo un ruolo di fatto preminente rispetto ai conti franchi, succeduti ai duchi longobardi, e raramente presenti nelle vicende cittadine, ed ebbero parte attiva e talvolta determinante nei conflitti dinastici dei Carolingi fino all’ 887  e in quelli dei re d’Italia fino al 951, quando Ottone I di Sassonia inaugurò la sua nuova politica italiana e imperiale. Tra gli arcivescovi dell’età carolingia spiccano Tommaso, interlocutore di Carlo magno, Ansperto, fautore di Lodovico II e poi Carlo II il Calvo, fieramente dissenziente da papa Giovanni VIII nel sostenere Carlo III il Grosso e promotore del rinnovamento edilizio e delle fortificazioni di Milano; fra gli arcivescovi dell’età del regno feudale, Landolfo I e Andrea, che si adoprarono  per salvarla dalle incursioni degli Ungari  dei primi decenni del secolo X, e Valperto, che coronò Ottone I  re d’Italia. La politica carolingia  e più accentuatamente  quella di ottone I e della sua dinastia  che tendeva a costituire  una feudalità ecclesiastica atta a integrare , ed equilibrare, quella laica e a realizzare l’unità politico-religiosa del Sacro Impero, contribuì alla formazione di un informale signoria episcopale ambrosiana largamente autonoma in seno al Regno d’Italia e all’impero  e, in materia ecclesiastica , alla chiesa di Roma.. Arcivescovi signori di vaste ambizioni furono Landolfo II, che si creò uno stuolo di vassalli infeudando le pievi della diocesi (983) e più tardi Ariberto che, passato da un rapporto di quasi vassallaggio  a guerra aperta con l’imperatore  Corrado II(1037)  riuscì a creare intorno a se una solidarietà cittadina , che prelude alla coscienza civica del comune; solidarietà dapprima nell’ambito della aristocrazia  divisa dal conflitto tra maggiori e minori ( capitanei e valvassores), poi, dopo una sollevazione popolare  legata al nome di Lanzone da Corte, e fuori dal controllo episcopale, estesa anche ad una fascia sociale  sottostante , quella dei Cives  (1042-44) Emblema della città , al di sopra degli strati sociali e delle rispettive consorterie e partiti, divenne allora il carroccio . Ma nella seconda metà del secolo XI l’evoluzione della signoria episcopale fu deviata dall’emergenza di situazioni nuove. Le forze laiche politicamente maturate ed economicamente progredite nel quadro di una generale espansione  della produzione e degli scambi incominciata dopo il Mille, un’aristocrazia media di piccoli nobili (valvassores) e di imprenditori e mercanti (cives) cominciò ad esprimere in diverse forme la sua aspirazione a gestire il governo cittadino sia pure nell’ambito del regime episcopale. Quando poi nella seconda metà del secolo XI Milano fu coinvolta nella lotta per la riforma della Chiesa e nella conseguente lotta delle investiture tra il papato e l’impero, e il moto popolare della pataria mise sotto accusa arcivescovi e alti ecclesiastici simoniaci e nicolaiti, il governo episcopale entrò in crisi, Ciò permise la costituzione di un amministrazione cittadina laica, ancorché sotto il controllo dell’arcivescovo, retta da consoli eletti dall’assemblea dei cittadini; il Comune, attestato dai documenti per la prima volta come esistente nel 1117 , ma certo anteriore di alcuni ani.
Il COMUNE . La città stato, mentre cercava di darsi una struttura costituzionale idonea e equilibrare le esigenze di una società composita  e in rapida trasformazione, sotto la spinta di interessi economici sempre più larghi impersonati da una borghesia in crisi di crescita, con un aggressiva politica di espansione , dilatò la sua giurisdizione sul contado a spese sui signori feudali che vi dominavano e scontrandosi duramente con le città vicine. Lodi,Pavia e Como in particolare, situate in delicate posizioni di transito. Quando poi Federico Barbarossa rivendicò con le armi i diritti regi (le regalie) , cioè i proventi largamente usurpati  al fisco dai Comuni, queste e altre città lombarde lo appoggiarono nell’offensiva contro Milano e concorsero ad abbatterla (1162) Ma Milano, diroccata e spartita in quattro borgate, si riprese ben presto grazie alla solidarietà della Lega Lombarda  e con il conforto di papa Alessandro III e dei vescovi Umberto e Galdino divenne l’anima della guerra  per l’autonomia (libertas) dei Comuni e a essa soprattutto si dovettero la vittoria di Legnano (1176) e la conseguente Pace di Costanza (1183) , che sanzionò definitivamente quell’autonomia a favore della città e delle altre della Lega. La vita del comune legittimato  nel quadro dell’impero fu tuttavia agitata da pressoché ininterrotte lotte interne per il potere. , fra frazioni vagamente  caratterizzate dale componenti sociali, nobiltà e popolo , quest’ultimo un impetuoso  progresso come protagonista  del crescente sviluppo economico  e del correlativo sommovimento  sociale dei secoli XII e XIII . Al governo collegiale dei consoli si sovrappose e infine si sostituì quello del Podestà unico e forestiero, supremo arbitro e giudice di pace sopra le fazioni inconciliabili; una complessa legislazione statutaria codificò ed integrò le antiche consuetudini ; si moltiplicarono magistrature , uffici e consigli destinati a perfezionare l’amministrazione e mantenere gli instabili equilibri politici di parte; dal 1198, la credenza di S. Ambrogio, organo del popolo, esercitò un ruolo di primo piano nella politica cittadina. Milano così affrontò uno stato di crisi  l’offensiva di Federico II e fu sconfitta a Cortenuova (1237). Si risollevò, ma a prezzo della signoria di fatto di Pagano, poi di Martino della  Torre , innalzati dalla Credenza di S. Ambrogio, roccaforte della fazione popolare e borghese. Avanguardia del guelfismo antisvevo Milano torriana contribuì alla rovina di Federico II, del suo epigono (imitatore che si limita a rielaborare le idee, a ripetere l’arte di un illustre predecessore sena apporvi nessun contributo originale)  Ezzellino  da Romano, di suo figlio Manfredi e all’affermazione di Carlo D’ Angiò; ma sempre in fermento ed in discordia. Finche Napo della Torre cadde sotto l’urto degli avversari, nobili in esilio, perlopiù di nome ghibellino, riuniti sotto le insegne di Ottone  Visconti, arcivescovo di Milano.  Da quindici anni, ma non mai ammesso in città (battagli di Desio, 1277) . Ottone Visconti, poi il pronipote Matteo, instaurarono una signoria su basi più larghe, rendendo partecipe la nobiltà e riformando  la costituzione del Comune in modo da snellire l’apparato amministrativo (istituzione del vicario e dei Dodici di provvisione,1279)  e vanificarne l’iniziativa politica, riservata ai signori. Nuovi rivolgimenti ristabilirono per un breve periodo la signoria dei Torrioni con Guido (1302), poi di nuovo quella di Matteo Visconti, che dopo un esilio, riafferrò il potere approfittando dell’illusoria pacificazione delle fazioni milanesi voluta da Enrico VII di Lussenmburgo (1311), e lo assicurò alla sua famiglia  sino all’estinzione (1447)  . Milano era allora al culmine del suosvoluppo demografico ed economico (enfaticamente documentatola Bonvesin de la Riva) . Matteo (m1322) e i suoi successori Galeazzo I, Azione, Luchino soprattutto l’arcivescovo Giovanni ( 1339-54) gettarono le basi d’uno Stato territoriale milanese che si estendeva a quasi tutta l’attuale Lombardia, a Novara, Asti e Alessandria e temporaneamente Genova e Bologna, con i consueti mezzi propri dei “ tiranni”  italiani del tempo: asservimento degli organi politici e amministrativi del Comune e soppressione di ogni libertà, eliminazione degli oppositori, promozione delle attività economiche ma correlativo, spietato fiscalismo, mecenatismo e magnificenza a fini demagogici e di prestigio, spregiudicata diplomazia, largo impiego di milizie mercenarie.
Il Ducato di Milano : Nell’instabile sistema degli stati Italiani, Milano andò acquistando un posto preminente , antagonista delle concorrenti, e spesso coalizzate ambizioni di Verona Scaligera di Venezia, dei principati piemontesi, degli Estensi, di Firenze e degli stati Papali, e divenne il popolo antagonista del regno Angioino di Napoli, il maggiore degli stati della penisola . Con Matteo II, Galeazzo e Bernabò l’espansione milanese in Emilia e Romagna si scontrò contro una grande lega Guelfa patrocinata dal papato avignonese, che ne rallentò il progresso. Ma Gian Galeazzo (1378-1402) fattosi con un delitto unico detentore del potere, portò lo stato milanese alla massima espansione e potenza; sfidando con successo tutta l’Italia, lo dilatò nel Veneto sino a Padova, in Emilia sino a Bologna e a Pisa, a Perugina ad Assisi. Da Venceslao re dei Romani acquistò il titolo di duca di Milano (1395) e tra le opere di magnificenza (duomo di Milano, certosa di Pavia)  e le guerre curò il complesso impianto politico e amministrativo del ducato sovrapponendo a quello municipale, i cui margini di autonomia furono estremamente  ridotti, se non annullati. La crisi che seguì la scomparsa di Gian Galeazzo (1402) sfociò da un lato nell’assassinio del suo primogenito e successore Giovanni Maria (1412), d’altro lato nell’incalzante avanzata di Venezia nella Lombardia orientale. La crisi fu poi faticosamente superata dal secondogenito Filippo Maria  (1412-47) Con una politica economica e finanziaria molto efficace (promozione del setificio, espansione del commercio con l’estero , organizzazione degli estimi, ecc..) e con assiduo sforzo militare , egli riuscì a ricostruire il ducato, sia pure entro i confini più ristretti  ( i Veneziani a Brescia e a Bergamo, i Savoia a Vercelli) Morto Filippo Maria senza eredi maschi, un gruppo di aristocratici e intellettuali diede vita alla fragile Aurea repubblica Ambrosiana )1447-50) evocando un’inattuale restaurazione delle libertà comunali , mentre le altre città del ducato  rivendicavano la loro indipendenza da Milano, la successione ai Visconti era disputata  da Lodovico di Savoia, Alfonso d’Aragona e Francesco Sforza, condottiero e genero dell’ultimo Visconti, e i veneziani riprendevano la loro avanzata  avendo come meta Milano . Vinse Francesco Sforza (1450-66) , che i Milanesi stessi acclamarono  duca, e che nel 1454 stipulò con Venezia, ormai definitivamente a l’Adda , la pace di Lodi. Sotto la dinastia degli Sforza  (1450-1535)  Milano ed il ducato godettero di un lungo periodo di pace (il quarantennio di equilibrio della storia d’Italia, 1454-94), in cui la capitale raggiunse un livello economico europeo. Fastosa quanto torbida  la vita della corte: Galeazzo Maria (1466-76) , figlio e successore di Francesco , fu assassinato dai congiurati  repubblicani ; suo figlio Gian Galeazzo (1476-94) passò dalla tutela della madre Bona di Savoia  e quella di Ludovico il Moro 1494/99 e 1500) zio paterno, che lo estromise dal potere e gli succedette (ed ebbe dall’imperatore Massimiliano primo il riconoscimento del titolo ducale, 1495) . Alla sua celeberrima magnificenza , il Moro accompagnò un’ambiziosa e tortuosa politica (non priva di motivazioni economiche, data la fitta rete di interessi che legava Milano ai paesi transalpini), che favorì, se non provocò, gli interventi stranieri a cominciare quello di Carlo VIII di Francia (1494). Ludovico il Moro finì prigioniero di Luigi XII di Francia, che occupò Milano per qualche mese tra il 1499 e il 1500 e dal 1500 al1512; i successi del Moro, i suoi figli Massimiliano  (1512-15) e Francesco II (1521-35) videro il ducato passare da alterne denominazioni francesi alla tutela degli Svizzeri e degli imperiali, finché Carlo V succedette nel ducato a Francesco II (1521-35)  e lo destinò nel 1540 al figlio Filippo II con il quale ebbe inizio la dominazione spagnola. Sotto il dominio degli Asburgo l’amministrazione dello stato era affidata ad un governatore  di nomina regia dotato di ampi poterei civili e militari. Esso era fiancheggiato dal Senato che risaliva al tempo degli Sforza e dall’Ufficio camerale, altro avanzo della costituzione viscontea che amministrava tutte le rendite dello stato e decideva delle liti con il fisco. Furono inoltre istituiti un consiglio segreto del governatore  e una congregazione dello stato. Benché gli Spagnoli quindi non alterassero la struttura amministrativa le condizioni della città peggiorarono notevolmente e benché l’economia  lombarda rimase sempre la più progredita  e attiva della penisola le imprese agricole e industriali ristagnarono e isterilirono  nonostante gli sforzi degli amministratori locali; i traffici ed i commerci furono intralciati dal fiscalismo e dagli eccessivi favori concessi a una nobiltà troppo spesso oziosa o contraria alle fortune borghesi; le due epidemie di peste (1576 e 1629-32), le carestie e la guerra (1630) contribuirono, infine a decimare la popolazione che si ridusse in quegli anni di quasi la metà. Presa dagli Austro-Savoiardi  nel 1706  e confermata all’Austria nel 1713 (pace di Utrecht),  la città dovette ancora subire la breve occupazione di Carlo Emanuele di Sardegna (1733-36) e di Filippo di Borbone (1745-46) , ma la pace di Acquisgrana  (1748) si vide aprire un periodo di pacifico e fecondo sviluppo nelle industrie, nelle arti e nella vita civile. Sotto il governo di Maria Teresa e dei suoi successori vennero riformate l’amministrazione e la giustizia; nel 1776 fu abolita la tortura e nel 1784 la pena di morte (tranne che per il reato di ribellione allo Stato) . L’inquisizione e i tribunali ecclesiastici vennero soppressi  Sorsero fabbriche, industrie e manifatture. La città si trasformò e ingrandì. Le idee provenienti dalla Francia illuministica e rivoluzionaria penetrarono tra i ceti sempre più vasti della popolazione cosicché quando Napoleone entrò nella città dopo la vittoria di Lodi (10 maggio 1796) vi fu accolto trionfalmente nella speranza di nuove e più ampie libertà. Milano divenne allora la capitale della Repubblica Cisalpina (1797), poi (dopo una breve restaurazione austriaca : 1799-1800) della Repubblica Italiana (1802) e del Regno d’Italia (1805).
La Repubblica  Cisalpina e la restaurazione Austriaca
Se le aspettative dei patrioti furono in gran parte deluse, Milano godette però di una certa autonomia reale che permise di formarsi una nuova classe dirigente e di un primo barlume di coscienza nazionale che avrebbe poi dato i suoi frutti nell’imminente Risorgimento. Il ritorno degli Austriaci, avvenuta dopo la caduta di Napoleone  e l’eccidio del Prina (1814) fu salutato favorevolmente dalla classe conservatrice ostile alla rivoluzione e dalla parte meno consapevole e più incostante del popolo, ma suscitò tra i patrioti, ormai numerosi, vari tentativi di rivolta. Dopo una prima congiura militare avvenuta  nello stesso 1814 e la scoperta di trame antiaustriache organizzate dai carbonari e dai federali nel 1821 (condanne di Pelllico, Gonfalonieri, Maroncelli, Pallavicino, Corsieri ecc..),  l’insofferenza dei patrioti esplose pienamente nelle famose Cinque giornate del 1848 che costrinsero gli Austriaci ad abbandonare la città.  Nuovamente sottomessi poco dopo (6 agosto 1848), i Milanesi non poterono più in alcun modo essere riavvicinati agli Asburgo né da promesse né da riforme. Nel 1853 un improvvisato moto mazziniano fu subito represso, ma nel 1859 in seguito alla battaglia  di Magenta (4 giugno e all’armistizio di Villafranca (8-11 luglio) furono uniti al Piemontese poco dopo al regno unitario.
Dopo l’unificazione, nei decenni che seguirono, Milano divenne il centro economico e commerciale più importante d’Italia acquistando contemporaneamente una funzione di particolarissimo rilievo anche nelle manifestazioni più significative  della vita nazionale tanto da autoproclamarsi  con un po’ di polemica enfatica capitale morale del Regno o unica città italiana d’importanza Europea..
Agli inizi del secolo XX Milano modificò le proprie strutture industriali sviluppando i settori meccanici e metallurgici. Sorretta da un amministrazione socialista nel primo dopoguerra, fu tra le prime città italiane a subire la violenza fascista . Resasi autonoma dalle direttive del governo Badoglio (25 luglio- 8 settembre 1943) , sede del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, a lungo ferramente controllata dai Nazi-fascisti che avevano le loro centrali all’Hotel Regina e a palazzo Carmagnola (di via Rovello) , gravemente bombardata dagli Alleati, Milano (medaglia d’oro della Resistenza) divenne l’anima della lotta di Liberazione e della guerra Partigiana culminata con l’insurrezione del 25 aprile 1945, che ridiede la libertà alla città che riprese il ritmo di sviluppo contribuendo al cosiddetto “ miracolo economico”.


Storia della Lombardia


STORIA  DELLA  LOMBARDIA

Preistoria

La presenza di industrie arcaiche è molto scarsa nella regione. Industrie su scheggia riferite al paleolitico inferiore sono state raccolte a Monte Netto (Brescia) e a Monte Rotondo (Brescia) e vengono riferite, la prima a una fase avanzata del Riis, le altre genericamente al penultimo Glaciale. A sporadici materiali del paleolitico medio e superiore trovati in grotte (Buco del piombo, Erba; Buco del Corno in Val Cavallina, Bergamo)  si contrappongono i numerosi resti, dal Neo Eneolitico alla età del bronzo, di insediamenti palafitticoli sulle rive di numerosi laghi della regione e anche villaggi all’aperto. La ceramica nero lucida della Lagozza di Besnate (Varese) da nome a una cultura che dal Neolitico continua nell’età del Rame anche in altre zone. All’Eneolitico appartengono palafitte del Varesotto e del Com’asco, villaggi all’aperto del cremonese, i sepolcreti di Fontanella di Casalromano (Mantova) e di Ramedello Sotto ( Brescia) , in cui appare anche il bicchiere campaniforme. Nell’età del bronzo più antico (intorno al 2000 a. C.)  continuò la vita sulle palafitte (tra le più recenti quelle di Peschiera sul Garda) o in abitati capannicoli (Gottolengo e Monte Lonato nel bresciano) e si sviluppò la cultura detta di Polada (da un villaggio lacustre sul Garda) con grossolana ceramica non decorata; nelle fasi più recenti comparvero industrie terramaricole (terramare arginata di Bellanda nel mantovano ) e le urne ornate dei primi sepolcreti a cremazione (Canegrate) . La fioritura della regione continuò nella prima età del Ferro soprattutto nel Com’asco e nella zona del Ticino con la cultura di Golasecca e della Cà Morta. Dell’età del ferro sembra anche la maggior parte delle incisioni rupestri della Val Camitica, con figurazioni umane e animali, in gran parte di carattere religioso ( altre sono in Valtellina, specie a Grosso); le più antiche possono risalire all’età del bronzo o anche Neolitico; molte sembrano essere però gia in età storica, ispirate come sembra alla cultura Gallica altre romane o ancora posteriori.

Storia

In età storica la Lombardia fu abitata da popolazioni Celtiche ( i Celti erano antichi popoli appartenenti a un gruppo linguistico omogeneo, occupante una vasta area dell’Europa continentale, dalla Galizia e dall’Irlanda ai balcani con propaggini in Asia minore. Erano anche chiamati Galati , dai Greci, e Galli dai Romani . La zona dove si irradiarono sembra potersi circoscrivere nella Germania meridionale); i Galli o Celtizzate, come pure gli Orobi (popolazione preromana dell’Italia settentrionale probabilmente di origine Gallica. Le fonti antiche attribuiscono agli Orobi l’origine di Como e di bergamo)  che si erano stabiliti nella fascia prealpina. Tra tutte predominò la stirpe degli Insubri  , stanziati nella zona centrale, dai quali derivò il nome di Insubria, con cui era designata nell’antichità.
Quando i Boi ( antico popolo celtico stanziato nell’odierna Boemia) Insubri  (antico popolo Gallico immigrato nella Transpadana nel secolo V a. C. )  e altri Galli compirono un incursione oltre Appennino (225 a. C. ) in Etruria, Attilio regolo inflisse loro, a telamone, una sconfitta così grave che non riuscirono a difendere il loro territorio dalla penetrazione delle legioni romane. Esse avanzarono tra il fiume Oglio e forzato il passaggio dell’Adda, sconfissero gli Insubri presso Milano (22 a. C. ) , la loro capitale. I romani si impossessarono dell’Italia settentrionale, per stabilirvi alcune colonie tra cui quella di Cremona (218 a. C. ) . All’arrivo di Annibale, nello stesso anno, la zona dovette essere abbandonate i Galli parteggiarono per i Cartaginesi ripresero la loro indipendenza. Risottomessi nel 191 a. C., furono romanizzati rapidamente. Le bonifiche e le centuriazioni dell’agro, il quale con le suddivisioni perpendicolari  caratterizza ancora le campagne lombarde, trasformarono terreni incolti e paludosi in fertili campi. L’invasione dei Cimbri ( 101 a. C. , antica popolazionedi stirpe germanica, sconfitti a Vercelli da Gaio Mario, presso i campi Riudii) non scosse la fedeltà degli abitanti, ai quali, dopo la guerra sociale (90-82 a. C. ) fu concesso lo ius Latii. Tra l’82 e il 75 a. C. la valle padana fu ordinata in un'unica provincia, la Gallia Cisalpina. La conquista della zona montana fu più tarda e venne conclusa all’epoca di Augusto.
Nei secoli III e IV d. C. Milano, per il suo valore strategico nelle guerre contro i barbari, divenne sede imperiale. Accomunata alle sorti dell’impero durante le invasioni dei popoli germanici, fu devastata da numerosi passaggi, finchè i Longobardi ( popolo di stirpe germanica appartenente  al gruppo marco marcomanno-svevo. Il nome originale dei Longobardi è Winnili , migrarono dalla scandinavia) vi si stanziarono più stabilmente ( secolo VI.VIII). Cominciò allora ad esserechiamata Longobardia , tutto il territorio occupato da loro, per distinguerlo da quello rimasto ai Bizantini ( Romania) . Più tardi la denominazione si restrinse : nel 888 la marca di Lombardia (divisa in contee) comprendeva la zona tra le linee del Ticino- Trebbia, del Mincio-Panaro, dalle Alpi e degli Appennini, per poi (secolo 950) limitarsi verso il Po’ e verso ovest all’Oglio.
Dopo un periodo di lotte tra feudatari e vescovi, tra imperatori e pontefici, nei centri abitati cominciò ad emergere l’elemento cittadino , che liberatosi della tutela vescovile, creò i comuni già dal secolo XI . Primeggiarono Milano, Pavia, Lodi, Crema, Cremona, Como, Bergamo, Brescia. Quando a cominciare  dalla seconda metà del secolo XIII, si costruirono le signorie, la regione divenne politicamente meno frazionata. Verso oriente, penetrò in Lombardia la conquista degli Scaligeri (secolo XIV) , mentre da Milano si allargava quella dei Visconti, fino a comprendere tutta la regione, meno Mantova . Con Gian Galeazzo (1378-1402) il dominio Visconteo raggiunse la massima estensione con vasti territori anche fuori dalla Lombardia. Alla morte di Gian Galeazzo andarono staccandosi le parti periferiche, alcune delle quali, lombarde come Brescia e Bergamo, furono sottomesse da Venezia (1433) , che nel secolo  XVI raggiunse anche Cremona e la Ghiara o Gera D’ Adda. Nello stesso secolo Bellinzona e il Ticino passarono agli Svizzeri, la Valtellina ai Grigioni . mentre la parte soggetta a Venezia non conobbe la dominazione straniera fino alla pace di Campoformido (1797), la parte ovest dell’Adda subì il dominio spagnolo  dal 1535 e austriaco dal 1714. Nello stesso anno furono ceduti i territori al di là del Ticino ai Savoia, ma fu acquistato il mantovano. I confini amministrativi  della Lombardia corrisposero a quelli attuali durante il risorgimento, allora fece parte del Lombardo Veneto, è storia d’Italia per la sua funzione di primaria importanza. Liberata nel 1859, fu tra le prime regioni che composero il regno d’Italia

Storia della Lega Lombarda:

Lega: nome di due alleanze antimperiali tra vari comuni dell’Italia settentrionale.
La prima si costituì contro federico Barbarossa, che nella Dieta di Roncaglia (1158) riordinando l’amministrazione, in Italia, aveva ristabilito tutti i tradizionali diritti imperiali a scapito delle libertà comunali. Così nel monastero di Pontida, presso Bergamo il 7 aprile 1167 avvenne il giuramento dei comuni di Bergamo, Brescia, mantova, Cremona e Milano ai quali, nel dicembre si unirono Venezia, Verona, Padova, Vicenza,TREVISO,Ferrara,Lodi,Piacenza. Parma. Modena, Bologna , mentre Pavia e Como rimasero fedeli all’imperatore. La Lega ottenne la protezione di papa Alessandro III, a cui fu dedicata una città di Alessandria, fondata nel 1168 dagli aderenti alla Lega. Il Barbarossa nel 1174 discese in Italia per la quinta volta e pose l’assedio ad Alessandria che venne liberata dall’esercito della Lega il 29 maggio del 1176, poi , nella battaglia di Legnano l’imperatore riconosceva la Lega e permetteva che i comuni eleggessero i propri magistrati, che avrebbero ricevuto poi l’investitura dall’imperatore.
Nel 1226 si costituì la seconda lega Lombarda contro l’imperatore Federico II , il quale, vinse la battaglia di Cortenuova (1237) . ma dopo che papa Gregorio IX ebbe aderito alla Lega l’esercito imperiale venne a sua volta sconfitto a Parma (1248) e a Fossalta (1249). La lotta finì per la sopravvenuta morte di Federico II (1250)