Quando l’Egitto cominciò ad avere
una sua religione ufficiale, le divinità riconosciute dallo stato erano nove ,
raggruppate nella famiglia divina, detta appunto Ennead, che significa nove: Atum
il creatore, Shu dio dell’aria, Tefnut dea dell’acqua , Geb dio della
terra, Nut dea del cielo, Osiride, Iside, Seth, e Nephtys. Di un culto particolare furono adorati, col
passare del tempo, Osiride e Iside. Ricche di suggestione sono le storie che
fiorirono intorno a queste due figure divine, marito e moglie. Solo per esse il
sentimento religioso degli Egizi, abitualmente così distaccato e severo, si
caricò di accenti umani, addirittura patetici. Osiride viene raffigurato spesso
col volto dipinto di verde perché in origine
era il dio della vegetazione e di ogni cosa vivente sulla terra; e
proprio questo fu la causa di tutti i suoi guai: succedendo nell’alto incarico
a Geb, dio della terra, aveva involontariamente mosso l’ira e la gelosia del
fratello seth, che lo aveva ucciso e gettato nel Nilo. La fedele Iside però si
era buttata nelle acque vorticose e aveva recuperato il corpo del marito. Cieco di odio, Seth aveva poi
tagliato il corpo del fratello in quattordici parti, ma Iside lo aveva ancora
una volta trovato e ricomposto. Osiride era
diventato così il Dio dei morti, e suo figlio Horo il dio dei viventi . I faraoni stessi erano adorati come Horo
in vita e come Osiride in morte.
Ma la divinità che presso gli
Egizi godette di un vero culto universale fu senza dubbio Ra, il sole . Le innumerevoli testimonianze del suo potere erano
talmente vive e così vicine all’esperienza di ogni giorno che tutti si
sentivano in qualche modo legati a lui. Il beneficio calore, la luce vitale e
quindi la rigogliosità delle messi e le possibilità della sopravvivenza umana
dipendevano dal sole, da Ra. In suo nome erano sorti diversi culti, era stata
costruita una città, Elaiopoli (città del sole) , a lui vennero perfino
sacrificate vite umane. Nulla sembrava troppo degno per un dio tanto potente.
Una delle caratteristiche di Ra
era quella di assumere vari aspetti: a seconda delle particolari preferenze di
una città o di singole persone , egli veniva accoppiato con l’immagine di
qualche divinità locale. Diventava così, di volta in volta, falco, ariete, uomo, scarabeo e perfino
piramide. Aton-Ra, cioè Ra disco del sole, fu l’incarnazione che trovò forse il maggior numero di seguaci,
per merito anche del faraone Amenophi IV. “ Tu splendi di bellezza,
signore degli dei. Belle sono le cose che hai creato sulla terra “, è inciso su
una piramide. Furono molti, del resto, i faraoni che si proclamarono figli di
Ra e instaurarono per questo Dio un culto particolare.
Il fanatismo di Amenophi IV per
il dio Aton-Ra non era ingiustificato: in un periodo di sfrenato politeismo
(adorazione di molti dei) , il giovane faraone si era impegnato in una tremenda
lotta nell’affermazione di un monoteismo (adorazione di un solo dio) che avesse
appunto in Aton il suo rappresentante. Per questo aveva anche cambiato nome
aveva voluto chiamarsi Eknaton , colui che piace ad Aton. In questa sua
coraggiosa opera lo assisteva la bellissima regina Nefertiti che con lui, alla fine, condivise
il dolore della sconfitta. Mentre il sogno di una unità religiosa si andava
spegnendo, l’Egitto si avviava alla conclusione della sua esistenza. Mancava
circa 1300 anni alla nascita di Cristo.
La commovente leggenda di Osiride
e di Iside ebbe influenze notevoli nella politica dell’Egitto. Le ingiustizie e
le sofferenze patite da lui, l’eroica fedeltà di lei, la simpatia e la tenerezza
che emanavano dalle loro tragiche vicende, così umane, tanto simili a quelle di
ciascun mortale, portarono a una rapidissima diffusione del loro culto.
Già simboli di vita, protettori
degli esseri viventi sulla terra e
passati contro la loro volontà a governare il misterioso e oscuro mondo dei
morti, Osiride e Iside ebbero in sorte di potere avere un figlio. Nelle
silenziose paludi di Kemmis, lontani da occhi indiscreti, gli eroici e
sventurati consorti diedero alla luce Horo. Lo allevarono segretamente perché
sfuggisse alle ire del terribile Seth. Divenuto grande Horo vendicò il padre e
divenne re dei viventi: i genitori poterono così avere la consolazione di veder
trionfare di nuovo la loro divina progenie.
La dottrina religiosa che si
fondava sul divino Ra, faceva discendere i faraoni dal sole. L’alba e il
tramonto dell’astro dio simboleggiavano l’eterna vita del faraone divino. In
ogni circostanza civile e religiosa nessun Egizio poteva dimenticare che al
vertice di ogni potere sulla terra stava il dio-re. E come c’erano le colossali
piramidi composte di enormi blocchi
sovrapposti l’uno a l’altro, così nella società egizia esisteva una massiccia piramide di
funzionari, ministri e sacerdoti al sommo della quale il dio-re dominava con potere assoluto. L’intangibilità del
vertice massimo di questa piramide , cioè il faraone , garantiva la stabilità e
la sicurezza di tutta l’organizzazione gerarchica.
Innumerevoli erano i compiti che
spettavano al faraone per diritto divino, ma alcuni venivano affidati ai suoi
funzionari. Tra questi, uno dei più importanti era l’amministrazione della
giustizia.
Gli Egizi, per potere ospitare
degnamente il dio-re mentre era in vita, costruirono regge incomparabili , le
cui rovine ancor oggi, dopo millenni, lasciano sbalorditi e ammirati i
visitatori. La loro imponenza e la loro
armonia sono miracoli di perfezione e di bellezza.
Gli Egizi tuttavia credevano
anche nell’immortalità, e perciò costruirono per i faraoni defunti tombe
altrettanto stupende quanto le regge ,
ma ancora più massicce e potenti, adatte a sfidare i secoli e i millenni.
Una di queste tombe, meglio
sarebbe dire “templi funerari “ viene comunemente chiamata “ Casa dei milioni
di anni”, tale è la sua possente struttura. Si trova a Medinet Habu, prossima a
Tebe, ed è ancora pressoché intatta dopo tremila anni. Fu costruita infatti
1180 anni prima della nascita di Cristo. Questo magnifico e grandioso tempio
dalle mura spesse otto metri fu costruito dal faraone Ramsete III. Il culto a questi tributato però, com’era consuetudine
in Editto, veniva esteso contemporaneamente
anche a tutti gli dei raffigurati sulle mura del tempio: una
interminabile schiera di solenni
divinità protettrici.
Nella parte più segreta della
costruzione era collocata la tomba, l’urna che doveva conservare per l’eternità
il corpo del faraone. I faraoni, i re-dei, che governarono per millenni il
civilissimo popolo egizio, furono assai numerosi. Di alcuni si è perduta
perfino la memoria, ma di altri non solo sono conosciuti i fatti più importanti
della loro vita, ma anche il carattere, i gusti, le tendenze. Di molti sono
note le esatte sembianze in quanto vennero effigiati in sculture graffiti e
dipinti giunti fino a noi; molte di queste sculture sono addirittura colossali.
In tutte le raffigurazioni dei re sono riportati i segni del loro grado e della
loro potenza: vesti e paramenti indicano infatti a noi, come indicavano del
resto al popolo egizio millenni or sono, i segni dell’autorità. La barba
diritta era ornamento rituale dei faraoni , che così si distinguevano dagli
dei, raffigurati con la barba ricurva . La corona era simbolo di sovranità: del
Basso Egitto se era rossa, dell’Alto Egitto se era bianca. Amenhotep III porta due corone riunite perche sotto il suo regno avvenne
l’unificazione dell’Egitto. Il bastone
ricurvo era segno di potere. Il serpente sacro raffigurava la potenza di
Ra, che contrastava i nemici del faraone.
Per capire quanto fosse
importante per gli Egizi l’immortalità, basta
considerare la parola “ankh!, vita, che per essi significava nello stesso tempo la vita terrena e quella
dell’oltre tomba . Morte e vita quindi erano due aspetti della medesima realtà.
Il richiamo della vita terrena esercitava una così forte suggestione sull’animo
degli egizi da indurli a credere possibile il godimento delle medesime gioie anche nel regno dei morti. Più che di
una morte si trattava del mutamento della vita stessa: bisognava perciò
preparare il corpo a sostenere un così
lungo cammino. Era infatti credenza degli Egizi che per godere dell’immortalità
fosse necessario che il corpo restasse il più possibile intatto: un corpo
dissolto non meritava il premio eterno. Nacque così una vera e propria arte dell’imbalsamazione
, vale a dire della conservazione dei cadaveri. “ Mummie” erano appunto
chiamati i corpi imbalsamati e il dio tutelare di quest’arte era Anubi , guardiano dei sepolcri,
raffigurato con la testa di sciacallo.
La delicata operazione di
imbalsamazione poteva richiedere fino a due mesi di lavoro. Nella casa
perfetta, così veniva chiamato l’apposito laboratorio, prima di tutto si
procedeva a togliere le viscere del cadavere e poi, per mezzo di un
procedimento di cui si è perduto conoscenza, si ungeva il cadavere con le “
lacrime versate dai celesti per Osiride e Iside. Al di fuori del linguaggio
immaginoso degli Egizi queste “ lacrime “ non erano altro che speciali
unguenti: mirra, miele, Sali e una specie di bitume che in egizio prendeva il
nome di “mum”, da cui appunto derivò il termine mummia. Alla fine il corpo
veniva completamente avvolto in candide bende e chiuso in casse lavorate e
dipinte, i sarcofaghi. Ancora oggi, dopo quattromila anni, alcune mummie
conservano la stessa espressione che avevano quando furono imbalsamate.
L’oltretomba immaginato dagli Egizi
raccoglieva tutti i giusti in un luogo di pace: nella frescura delle palme e
dei sicomori, tra i filari di viti, in mezzo ai canali dei fiumi ricchi di
pesce e di selvaggina..
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La religione era presente in ogni gesto della
vita, per potersi guadagnare un giorno l’accesso verso l’adilà.
Una distesa di acqua senza colore, il
Num.
Niente vita, luce, forma: solo il caos. Poi emerse una collina dove il dio
creatore , Atum, potè appoggiarsi e far nascere l’Umido e il Secco,
che a loro volta diedero origine al Cielo e alla Terra.
Nella creazione secondo gli Egizi, le
versioni potevano variare secondo le diverse scuole teologiche , ma vi figurava
sempre il Num , l’ambiente caotico ed indefinito (ispirato evidentemente, da
quelle piene del Nilo che sfuggivano al controllo) dal quale spuntava la
collina della creazione. Ma soprattutto c’era l’idea che il mondo fosse nato
perfetto. Compito del faraone era allora quello di mantenere l’equilibrio e
l’ordine contro le forze del caos. Tutto, dalle opere idrauliche ai riti
religiosi, fino alla politica estera, tendeva all’equilibrio.
Se la civiltà egizia durò 3000 anni, quasi il
triplo di quella di Roma, non fu quindi solo per quel relativo isolamento
geografico dovuto al deserto . Il confronto con gli altri popoli avvenne anche
in età antica e gli Egizi non scelsero mai di isolarsi, ma solo di affermare la
propria identità basata su principi filosofici e religiosi ben diversi da
quelli dei Greci e del mondo occidentale, sempre pronto ad espandersi e a
trasformarsi.
Gli Egizi erano conservatori: se il loro
mondo era perfetto, perché cambiarlo? La religione era la loro forza. Scandiva
le regole della società e dava una risposta convincente al problema della
morte. Assicurava che era possibile continuare a vivere, bastava prepararsi..
Morire era senzaltro spiacevole, ma dopotutto non cos’ terribile: “Possa tu star bene nel tuo sarcofago, avendo
gioito di tutto quanto di buono desiderava il tuo cuore” diceva un
iscrizione.
Una bella vita doveva essere coronata dal
rispetto di norme morali, non troppo dissimili da quelle che si daranno poi
ebrei e cristiani.
Il defunto si presentava davanti al tribunale
divino presieduto da Osiride, dio della morte. Anubi poneva sul piatto di una
bilancia il suo cuore, che per gli Egizi era sede della coscienza: se il peso
era pari a quello di una piuma, simbolo della dea della verità e della
giustizia Maat, il morto riprendeva il suo corpo e la sua vita
normale nell’aldilà, dove “ara,miete ,
mangia, beve e fa l’amore e tutto ciò che faceva prima”.
Se il suo cuore era troppo gravato dai
peccati, veniva divorato da Ammut, mostruoso incrocio tra un coccodrillo, un
leone e un ippopotamo. La morte, questa volta, era per sempre. La permanenza
nell’aldilà, all’inizio riservata solo ai faraoni, divenne poi una conquista
per tutti, un’eventualità concreta che per ciò dava sicurezza. Ma dadove
venivano queste generose divinità che promettevano l’altra vita ? Dalla lontana
preistoria. In gran parte da una serie di animali sacri che con il tempo
acquisirono forma umana, mantenendo però alcuni caratteri animaleschi. Le
diverse scuole teologiche raggrupparono poi in famiglie divinità in origine
autonome e adorate solo localmente. “Per esempio Anubi”, il dio con testa di
sciacallo che presiedeva all’imbalsamazione, era originario di Assyut. Thot, con testa di ibis, che
diede agli uomini la scrittura, aveva un centro di culto Ermopoli. La dea
avvoltoio Nekhbet era di Elkab. Sobek, il dio coccodrillo, di
El-Faiyum, e così via. Se un faraone era nativo
del luogo dove era adorata una divinità, questa poteva assumere
importanza nazionale. E le altre città erano ben felici di ospitare il culto o
di scoprire che, in fondo, il loro dio locale era un’altra forma o espressione
di quello stesso dio nazionale.
Quando il potere centrale si rafforzò,
entrarono in scena le grandi divinità cosmiche, le cui fortune furono legate a
quelle delle dinastie reali e del clero che le appoggiava. Per esempio, per i
sacerdoti di Eliopoli il dio principale era Atum che, secondo alcuni
masturbandosi, secondo altri espettorando, diede origine alla prima coppia
divina : Shu, il secco, e Tefnut, l’Umido . Per i sacerdoti di
menfi, invece, era stato Ptah, sulla collina della creazione, a fare il mondo
con la magia delle parole. Ra fu l’evoluzione solare di Atum, caro ai grandi
costruttori di piramidi come Cheope . Atom , cui il faraone Akhenaton destinò tutte
le offerte dei templi d’Egitto , fu al
centro di una riforma tendente al monoteismo
che fece infuriare il clero. Infine Amon venne imposto nel Medio regno
dalla dinastia regnante a tebe.
Di fatto gli archeologi hanno visto che i più
radicati dei dell’Egitto erano Horo e Osiride. Horo, il falco, era un
dio solare, originario di Hierakompolis. Nei geroglifici, uno dei segni che
significa Dio è costituito proprio dalla figura di un falco pellegrino.
Appariva nei nomi dei re che unificarono
l’Egitto (Scorpione e Narmer). Osiride, il dio egizio più popolare in assoluto,
inizialmente di casa ad Abido, era invece legato alla fertilità e alla
rigenerazione.. Come il seme
che,apparentemente morto, rinasce dopo la semina, Osiride era la
proiezione della fiducia degli uomini nell’aldilà.
Le due divinità si ritrovarono come parenti
in un famoso dramma dell’antichità, che è poi il mito della fondazione della
civiltà egizia. Eccone la trama: Osiride
era stato designato dagli dei re dell’Egitto. Ma Seth, fratello invidioso, lo
uccise e lo fece a pezzi, spargendone i resti lungo il Nilo. Disperata, la
moglie di osiride, Iside, ritrovò tutti i pezzi e ricompose in bende il corpo
del marito, fece, insomma la prima mummia. Osiride riebbe la vita, a patto però
di restare confinato nella Duat (l’aldilà degli Egizi) . Horo, figlio di
Osiride, sarebbe allora dovuto subentrare al padre sul trono. Ma ad opporsi fu
ancora Seth. Dopo un lungo processo, in cui si dimostrò la colpevolezza di
Seth, gli dei diedero ragione a Horo.
Questa storia di giustizia condizionò anche i
faraoni : il re che moriva era assimilato a osiride, e suo figlio (novello
Horo) doveva provvedere a garantirgli la rinascita mummificandolo , per poi
governare. La credenza era talmente radicata che se il primogenito del faraone
deceduto si trovava fuori dall’Egitto e non rientrava in tempo per la
sepoltura, gli subentrava in veste di Horo il principe che presiedeva le
esequie. Sulle pareti interne delle piramidi , a cominciare da quella di Unis,
della V dinastia, si trovano le istruzioni che il faraone doveva seguire per
superare le varie porte del regno dei
morti e raggiungere Ra nella barca solare. Sono i cosiddetti “ testi delle
Piramidi” .
Con la fine del primo periodo Intermedio,
segnato da rivolte sociali, le istruzioni per l’aldilà apparvero
direttamente sui sarcofaghi anche di
gente comune. Il diritto al “paradiso” insomma si allargò, finché nel nuovo
regno si giunse alla sua completa
democratizzazione. Il famoso libro dei morti, una raccolta di circa 200 formule per raggiungere,, risale a questo
periodo e fu scritto su rotoli di papiro in migliaia e migliaia di copie, con
tanto di illustrazione a colori che
accompagnavano i testi. Per gli Egizi, chiusa la tomba, tutto si animava per
magia (formule scritte, fabbricanti di pane e birra, figure di servi e
contadini, gli ushabti delegati a svolgere il lavoro, e persino sensuali
bamboline) per il benessere del defunto. Pensavano insomma che immagini e
parole producessero effetti reali. Se non ci si poteva permettere una tomba ,
bastava deporre in un luogo di culto un iscrizione con il proprio nome , la
propria storia e una dichiarazione di
non colpevolezza a Maat per assicurarsi l’aldilà. La religiosità era anche un
fatto di vita tereena . Aveva un punto centrale i Temli, che erano anche centri
amministrativi . Lì si risolvevano le dispute , s’imparava a scrivere , erano
conservati gli antichi testi , l’anagrafe, i conti di rendite e donazioni . Si
è calcolato che ai tempi di Ramses III (1185-1153 a. C.) un settimo dei terreni
coltivabili ne mezzo milione di capi di bestiame fossero di proprietà dei
templi .
I sacerdoti, che rispondevano del loro
operato al faraone, non avevano l’obbligo di celibato e ricoprivano anche
incarichi civili. Le statue contenevano lo spirito del dio e ogni mattina venivano lavate , vestite ingioiellate e
nutrite dai sacerdoti (ai quali in
realtà andava il cibo)
Mostrate in pubblico solo in feste religiose
, durante le processioni la gente poteva interrogarle su malattie, amori ed eventi. La posizione
inclinata che assumevano durante il percorso
(in avanti o indietro) suggeriva le risposte. Ma la vera arma segreta
degli egizi era l’heka, la
magia. Se ne servivano tutti ,
contadini, sacerdoti , faraoni , persino medici , e tutti i giorni, con formule
, pozioni e sortilegi speciali di cui parlano alcuni papiri.
Il popolo era molto legato anche alle
divinità minori (si calcola che ce ne fossero circa 3 mila) come Bes, protettore della
famiglia, o la cima della montagna di tebe. Ridicolo? Mai sottovalutare la
sapienza popolare! Se ne accorse anche un tale Neferabu, che dopo un grave calo
della vista fece scrivere su una stele : “Bisogna rispettare la divinità della
cima, perché mi ha dato una lezione.
Gli animali del Nilo:
amati, idolatrati, imbalsamati: Convivenza, rispetto, idolatria. E’ il rapporto
dell’antico Egitto con l’universo animale, verso il quale aveva una attenzione
puntigliosa. I segni geroglifici degli animali sono piccoli capolavori di
precisione, e denotano una amorosa osservazione della natura. Sulle pareti
delle tombe, specie nell’Antico e Medio regno, erano scolpiti ricchissimi
bestiari. Gli animali erano compagni dell’uomo. Il gatto (miu, nella lingua
egizia), il cane e il cavallo vivevano con gli egizi. Babbuini e cercopitechi
stavano in casa come animali domestici . venerati, tutti gli esseri avevano un
doppio volto: familiare e divino. Vi erano animali sacri e dei dal volto
animale, venerati anche in forme oggi impensabili. Nella regione di Tebe i
coccodrilli erano ammansiti e ingioiellati con bracciali d’oro. Erano sepolti
mummificati gatti (a Bubasti, centro religioso della dea Bastet ve ne sono migliaia), cani
e non solo: si stima che siano 4 milioni gli uccelli ibis imbalsamati nelle
catacombe a nord di Saqqara. Culti che sorprendevano i viaggiatori e che
giungeva all’estremo: come nei templi ove si celebravano in pubblico amplessi
di sacerdotesse con montoni, in onore di Amon-Ra, dio con la testa
d’ariete.
La Dichiarazione d’Innocenza:
Gli egittologi l’hanno definita la
“confessione negativa” per poter essere ammesso nell’aldilà, il defunto doveva
negare davanti al tribunale di Osiride di aver commesso atti riprovevoli. Molte
di queste dichiarazioni trovano eco nei dieci comandamenti ebraici e cristiani.
Eccone qualche esempio:
“ Non ho commesso iniquità contro gli uomini”
“Non ho maltrattato i sottoposti”
“ Non ho bestemmiato Dio”
“ Non ho rubato”
” Non ho calunniato uno schiavo presso il padrone”
“ Non ho affamato nessuno”
“ Non ho fatto piangere nessuno”
“ Non ho ucciso”
“ Non ho commesso atti impuri”
“ Non ho fornicato con donna maritata”
“ Non ho diminuito le offerte nei templi”
“ Non ho barato sui terreni”
“ Non ho alterato il peso della bilancia”
“ Non ho tolto il latte dalla bocca dei bambini”
Gli egizi pensavano che i componenti della
persona fossero ben cinque : il Ka, il ba, l’ombra, l’akh e il nome.
Il
Ka
era la forza vitale. Poteva trasferirsi dal corpo del defunto ad una statua.Alcune divinità
avevano il loro ka in altre divinità. Le offerte, reali o raffigurate sulle
pareti delle tombe, servivano a nutrire il Ka dei defunti.
Il ba, rappresentato spesso
come un uccello dal volto umano, era qualcosa di più vicino aciòche oggi si
intende per anima: la manifestazione animata e soggettiva del morto. Poteva
uscire alla luce del giorno, spaziare in cielo e tornare nel sarcofago. Le
altre tre:
L’ombra era anch’essa
indipendente dal corpo e poteva muoversi da sola passando il confine del regno
dei morti. La dissoluzione della propria ombra da parte del mostro Ammut
durante il giudizio divino significa finire perduti nel Caos.
L’akh era quella parte
dell’individuo che, dopo innumerevoli riti e formule magiche, poteva salire al
cielo e brillare insieme alle stelle. Era parte dell’energia creatrice , la massima
luminosità dopo la trasfigurazione che portava l’individuo rinnovato a
partecipare allo splendore degli Dei.
Il nome rappresentava in vita una
seconda nascita, una “presenza” quando veniva letto e pronunciato. Nel mondo
dei morti era indispensabile per la sopravvivenza dell’individuo. La sua
cancellazione da statue e tombe era come un omicidio.
L’adilà non era riservato solo al faraone.
Dopo la morte, a separarsi dal corpo era dapprima il ka del defunto (la sua
essenza vitale) , seguito, dopo la cerimonia funebre, dal ba (l’anima). Il viaggio
nell’oltretomba iniziava sotto la protezione di Horo (rappresentato in forma di
uomo con la testa di falco) che scortava il defunto davanti al tribunale
divino. Ma prima di questo, la salma doveva essere stata correttamente
imbalsamata e posto nel sarcofago, contornata di suppellettili e cibo e dalle
formule propiziatorie contenute nel Libro dei morti. Questi oggetti non erano
altro che il corredo per l’oltretomba, tanto più ricco quanto più elevata era
stata la posizione sociale in vita.
UNA GRANDE
FAMIGLIA
Il Pantheon egizio fu il risultato della
progressiva assimilazione di molteplici divinità locali. Menfi, tebe, Eliopoli
ed Elefantina forono le sedi principali di culto, in cui gli dei furono
organizzati in triadi familiari e in una enneade (nucleo di nove divinità, più
altre collegate).
Enneade di Eliopoli:
ATUM-RA= Divinità solare, creò l’universo;
MAAT =
Energia coesiva dell’universo. Sovrintende all’ordine cosmico e alla giustizia;
SHU= incarnazione del Secco. Fratello e sposo
di Tefnut; TEFNUT Dea che incarna l’Umido. La criniera è attributo di forza;
GEB=
Fratello e sposo di Nut. Dio della terra;
NUT =
Sorella e sposa di Geb. Dea del cielo;
ISIDE =
Dea madre, regina e maga;
OSIRIDE =
Dio risorto, re dell’oltretomba;
NEFTI = Patrona della casa, madre di Anubi;
SETH =
Dio del caos, uccisore di Osiride;
HATHOR = Vacca celeste, dea dell’amore;
HORO =
Dio falco patrono dell’Egitto;
ANUBI = Dio sciacallo custode dei segreti;
THOT = Dio ibis patrono degli scribi.
Triade di Menfi:
PTAH = Creatore, patrono degli artigiani;
SEKHMET = Dea leonessa divinità solare.
API = Toro solare, animale sacro a Ptah;
NEFERTUM = Dio dei profumi il cui simbolo è
illoto;
Triade di Tebe:
AMON “ Il nascosto” il suo animale è
l’ariete;
MUT = Dea della guerra e dell’inondazione.
KHONSU Dio della luna, con codino da
fanciullo;
Triade di Elefantina:
KHNUM = Dio ariete, modellò gli uomini al
tornio
SATET = Dea dell’amore, con corna d’antilope;
ANUQUET = Figlia divina, dal copricapo di
piume;
Altre Divinità:
SOBEK = Dio coccodrillo delle acque del Nilo,
BES = Protettore di donne e bambini;
NEKHBET = Dea avvoltoio, patrona dell’Alto
Egitto;
UADJET = Dea cobra, patrona del Basso Egitto;
BASTET = Dea gatta, sorella lunare di Sekhmet.