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domenica 30 maggio 2010

IL MISTERO DELLA SS. TRINITA'

30 maggio 2010

IL MISTERO DELLA SS. TRINITA’

Il nostro credo domenicale ha una storia che risale agli inizi del IV secolo, Ario, prete di Alessandria, sosteneva che il Figlio, seconda persona della Trinità, era un Dio inferiore al Padre, perché da questi generato. La chiesa ha reagito contro questa dottrina contraria alla rivelazione; e lo dimostrano le voci dei grandi padri di quel secolo.
Atanasio di Alessandria, ha sofferto molti anni di esilio, a causa di imperatori di fede Ariana. Lo stesso accadde a Eusebio di Vercelli, Ilario di Poitiers. I celebri padri della Cappadocia, Basilio, Gregorio di Nazianzo e Gregoriodi Nissa, si sono impegnati con coraggio nella lotta contro gli eretici e le autorità che li sostenevano; e alla fine sono stati determinanti nel far trionfare la fede cattolica.
La prima reazione ufficiale della chiesa è stato il concilio di Nicea (325 d. C.) , essendo papa Silvestro I e imperatore Costantino. Il concilio ha emanato una dichiarazione di fede che insegna come il Figlio, in quanto generato dal Padre, è Dio come il Padre, ed eterna è la sua generazione. Infatti è nell’ordine delle cose che colui che è generato abbia la stessa natura di chi lo genera. Lo sottolinea San Basilio polemizzando con gli ariani: “ Ho detto: Fu generato, non per affermare che l’Unigenito fu generato nel tempo. La tua mente non cammini nel vuoto, pensando all’esistenza di secoli anteriori al Figlio”.
Nel 381, il 1 concilio di Costantinopoli, ha redatto quella formula che recitiamo noi, detta “ Credo Niceno Costantinopolitano” . In esso professiamo anche la divinità dello Spirito Santo il quale, dichiara Gregorio Nazianzeno, “ in quanto procede dal padre, non è una creatura; in quanto non è generato, non è il Figlio; in quanto intermediario tra l’ingenerato e il generato, è Dio”.
Questa è la fede trasmessaci dai Padri.

Luigi Gambero

mercoledì 26 maggio 2010

Gita a TORINO


VIAGGIO A TORINO


(Periodo dal 18.05.2010 al 20.05.2010)

Partenza in treno (Frecciarossa) dalla stazione S. M. Novella alle ore 08,00 del giorno 18.05. ed arrivati a Torino, in perfetto orario, alle ore 11.00. In tre ore nette siamo arrivati a Torino facendo fermata a Bologna e a Milano. Viaggio comodo in un treno super veloce con possibilità di accedere al Bar situato in un vagone al centro del treno. Spesa Euro 64.00 andata e Euro 64.00 per il ritorno; il tutto con prenotazione circa 20 giorni prima del viaggio. La prenotazione è possibile effettuarla anche con Internet e carta di credito per il pagamento. La prenotazione , stampata, vale come biglietto per il treno. Finalmente un buon servizio, anche se caruccio, dato da Trenitalia che permette di lasciare l’auto a casa e rilassarsi all’interno del treno con le comode poltrone ed i tavolini sui quali puoi inserire il computer personale, nelle apposite spine, e navigare tranquillamente per le tre ore di viaggio.
Arrivo a Torino ore 11.00 alla stazione Porta Nuova e dopo circa 5 minuti a piedi siamo giunti all’Hotel Montevecchio, posto nella via Montevecchio 13, situato nel centro di Torino.
Alle ore 12,00 siamo saliti sul tram numero 15 con direzione stazione Sassi e da lì abbiamo preso il Bus di linea 85 che ci ha portati in 15 minuti sulla collina di Superga.
Per raggiungere la sommità della collina è possibile avvalersi di un trenino a grimagliera (non in funzione il martedì) inaugurato il 26 aprile 1884 (linea Sassi-Superga) . Si tratta di una funicolare costruita secondo il sistema Agudio , una tecnica all’avanguardia per quell’epoca nella trasmissione a fune. Trasformata negli anni trenta in tranvia a dentiera, la Sassi Superga è tornata in funzione per offrire al visitatore un viaggio di altri tempi, ricco di emozioni e suggestione. Il convoglio , nella versione autentica del 1934, è costituito dalla motrice e da due vagoni: uno con finestrini abbassabili, l’altro con tendine per un viaggio pieno d’aria. Un tragitto con la “ Dentiera” che si inerpica sulla collina Torinese offrendo scorci della città.
I numeri sono: 425 metri di dislivello, 3100 metri di percorso, 18 minuti di viaggio, 21% di massima pendenza, 210 i passeggeri.
Arrivati sulla sommità della collina (mt. 669 ) si apre, agli occhi una stupenda basilica (Basilica di Superga) e dal piazzale antistante si può vedere un panorama mozza fiato su tutta Torino (è un bello spettacolo) .
La storia di questa basilica inizia nel lontano mese di settembre del 1706 dove Vittorio Amedeo II scrutava la disposizione delle truppe francesi che assediavano da mesi Torino. Proprio in quel punto fece voto di innalzare una chiesa alla Madonna, se le sorti della prossima battaglia avessero favorito i piemontesi. Così fu e undici anni dopo il re commissionò l’impresa all’architetto Filippo Juvarra. Ci vollero quindici anni per portare a termine l’opera, che aveva comportato un grande sbancamento del colle, abbassato di 40 metri, e il trasporto a dorso di mulo dei materiali costruttivi.
Nel 1731 la basilica venne solennemente consacrata, la forma del tempio, secondo il progetto dell’architetto , pare continuare l’armonioso profilo della collina . Oltre il profondo pranao a otto colonne corinzie, si innalza il corpo cilindrico della chiesa, coronato da una cupola con alto tamburo, affiancata da due campanili simmetrici, che si innestano sulle ali dell’annesso convento. Nell’interno, a pianta circolare si aprono due cappelle principali e quattro secondarie con opere di Sebastiano Ricci( S. Maurizio, S. Luigi di Francia), Claudio Francesco Beamont ( Beata margherita di Savoia, S. Carlo) , Bernardino Cametti (altorilievo in marmo che illustra la battaglia di Torino del 1706). Sulla sinistra dell’altare è la Cappella del Voto, con la statua della Madonna davanti al quale pregò il re prima della battaglia. Dall’ingresso a sinistra della basilica si scende nei sotterranei dove sono collocate le tombe dei re, da Vittorio Amedeo II a Carlo Alberto, e dei principi, sepolti dal 1731 in poi.
Una galleria conduce alla cappella centrale (1773-78 )ornata di marmi e stucchi; le statue della Fede, della Carità, della Speranza, del genio delle Arti spettano a Ignazio e Filippo Collino (1778), la pietà dell’altare ad Agostino Cornacchini.
Dal coschio si accede alla sala dei papi , dove alle pareti sono allineati, in ordine cronologico, i ritratti di tutti i papi ascesi al soglio pontificio , da San Pietro in poi. Si tratta dell’unica raccolta al mondo di immagini su tela di tutti i pontefici della storia. Inerpicandosi sui 131 scalini di una scala a chiocciola è possibile salire alla prima balaustra esterna della cupola, da cui si gode un panorama mozza fiato. Visibili sono gli appartamenti reali al primo piano del convento.
Una lapide, incastonata nella collina, sul lato posteriore della basilica, ricorda l’incidente aereo del 4 maggio 1949, in cui morirono tutti i componenti del grande Torino e, con la squadra di calcio, la delegazione al seguito.
“ Bacigalupo,Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Casigliano, Ossola, Loik, Gambetto, Mazzola, Ferrarsi: recitata come un rosario nei bar, nelle osterie, nelle case di tutta Italia, questa era la formazione titolare del GRANDE TORINO , forse la squadra più forte della storia del calcio italiano , senz’altro la più amata. Voluto e creato dal presidente Ferruccio Novo, il Toro di capitan Valentino Mazzola non solo ottenne grandi risultati sportivi (vinsero 5 scudetti, il primo nel 1943 l’ultimo nel 1949, ed arrivò ad avere ben dieci titolari in campo con la maglia della nazionale italiana), ma soprattutto si impose nell’immaginario popolare di tutto il mondo come il volto nuovo, fresco e vincente, dell’Italia uscita distrutta e umiliata dalla seconda guerra mondiale.
Il 4 maggio 1949, di ritorno da una trasferta in Portogallo, l’aereo della squadra si schiantò contro la collina di Superga: il custode della basilica, sentito il colpo, corse a vedere, e tra le lamiere trovò borse sportive, scarpe da calcio, brandelli di stoffa granata. La notizia percorse Torino come un lampo, e subito una nera processione di gente, cominciò a salire verso la colina.
Morirono 18 giocatori, lo staff tecnico, i giornalisti al seguito. Ai funerali partecipò mezzo milione di persone, mentre il silenzio spazzava Torino, e rimbombava fra i gradoni del mitico stadio Filadelfia. La leggenda era già
cominciata” .
Basilica stupenda per architettura ed opere interne e naturalmente un doveroso omaggio ai giocatori della squadra del grande Torino era dovuta. Alle ore 16,30 abbiamo ripreso il nostro autobus che ci ha ricondotto alla stazione di Sassi e da lì siamo saliti sul tram 15 che ci ha riportato, dopo circa 30 minuti, all’albergo. Il primo giorno termina con una cena nel centro di Torino al prezzo di euro 22.00 .
Il giorno 19.05.2010 (mercoledì) partenza dall’Albergo ore 8,30 per immergersi , nel pieno centro di Torino, alla visita del museo Egizio posto via Accademia delle Scienze 6. Grande museo con opere e reperti artistici di notevole valore storico. Deve essere assolutamente visitato.
Qui sotto viene redatta una breve storia sulla nascita di questo museo :
Il museo Egizio di Torino è il più antico del mondo, venne fondato nel 1824 con l’acquisizione , da parte di Carlo Felice di Savoia, di un’ampia collezione riunita da Bernardino Drovetti che, prestando servizio sotto Napoleone Bonaparte, andò in Egitto in qualità di console di Francia. La “ collezione Drovetti” comprendeva 5268 reperti di notevole qualità e fu depositata, insieme ad altre antichità egizie raccolte in precedenza, presso il seicentesco palazzo che ancora oggi è sede del museo. Agli inizi del 900 nuove spedizioni archeologiche guidate da Ernesto Schiapparelli consentirono l’acquisizione di oltre 25000 reperti.
Il Museo Egizio di Torino è considerato il più importante al mondo dopo quello del Cairo: al di fuori dell’Egitto, è l’unico museo ad essere dedicato esclusivamente all’arte e alla cultura egizia. Le collezioni torinesi, considerate di straordinaria qualità , documentano un arco temporale di oltre 4000 anni e rendono accessibili a tutti la conoscenza di una delle più affascinanti civiltà del passato.
Nel 2009 il Museo Egizio ha iniziato un importante progetto finalizzato all’ampliamento degli spazi e alla valorizzazione delle sue collezioni secondo criteri museologici e museografici moderni.
L’inaugurazione del Nuovo Museo Egizio è prevista per il 2013, una data storica che rinnoverà il significato di una celebre frase di Jean Francois Champollin il decifratore di geroglifici “ La strada per Menfi e per Tebe passa per Torino.
La scrittura Geroglifica è stata tradotta grazie al ritrovamento della “ Stele di Rosetta”che consisteva in una lastra di pietra con iscritto un editto del Faraone, riportato in tre diverse scritture: geroglifico, egizio demotico e greco. La stele ha fornito la chiave decisiva per decifrare la scrittura geroglifica.
L’ARTE E L’ARCHITETTURA egizia attraversano secoli, ambiti geografici, tecniche e materiali raccontando le vicende di una civiltà e di singoli uomini. Il talento creativo e artistico degli antichi egizi apre una prospettiva su una dimensioneumana più alta, un orizzonte che appartiene a tutti, al di la delle barriere dello spazio e del tempo. IlMuseo Egizio offre un percorso nell’arte che rappresenta una vita privilegiata per comprendere le nostre radici e per coltivare un dialogo consapevole fra le civiltà:
RELIGIONE, SPIRITUALITA’ E CULTO DELL’ALDILA’ rappresentano alcuni dei temi che più affascinano e incuriosiscono poiché raccontano uno degli aspetti peculiari della cultura faraonica. Il percorso mussale offre una ricca panoramica sui rituali sacri, oggetti dedicati al culto, mummificazione, imbalsamazione e soprattutto sulle divinità: Amon-Ra, Anubi, Bastet, Bes, Hathor, Iside, Maat, Osiride, Ptha e Sekhmet sono le più note sebbene il “ pantheon egizio” ne comprende più di 400.
Le collezioni torinesi non raccontano solo di faraoni e divinità ma anche di costruttori di piramidi, di chirurghi e astronomi: La civiltà Egizia si distinse per capacità e ingegno, diventando un punto di riferimento per “ la scienza e la tecnologia” del tempo. Il percorso mussale offre importanti testimonianze su temi quali astronomia, matematica, medicina e chirurgia creando così un ponte tra le antiche conoscenze e le più moderne tecnologie.
Statue monumentali, papiri, stele, sarcofagi, mummie , bronzi, amuleti ma soprattutto numerosissimi oggetti di “ Vita quotidiana” consentono di conoscere una delle più affascinanti civiltà del passato. Piccoli e grandi utensili, cibi e bevande, abiti e accessori di uso comune caratterizzano le collezioni del Museo Egizio di Torino offrendo un viaggio nel tempo che pone in collegamento l’attualità con usi e costumi antichissimi e rivela aspetti inconsueti di una civiltà che per tutti rappresenta ancora un modello insuperato.
Il periodo storico di riferimento è riconducibile nelle seguenti epoche:
PREDINASTIACO (Naquada I 4000-3500 a. C. ,Naquada II 3500-3200 a. C., Naquada III 3200-3000 a.C.) ; PROTODINASTICO (I e II dinastia ,3000-2650 a.C.); ANTICO REGNO (III-IV dinastia, 2650-2150 a.C.); 1° PERIODO INTERMEDIO (VII-XI dinastia ,2150-1955 a.C.); MEDIO REGNO (XII dinastia 1955-1750 a.C.); 2°PERIODO INTERMEDIO (XIII-XVII dinastia 1750-1540) ; NUOVO REGNO (XVIII-XX dinastia a.C.) ; 3° PERIODO INTERMEDIO (XXI-XXIV dinastia a.C.); ETA’ TARDA (XXV-XXX dinastia 664-332 a.C.) ETA’ GRECA O TOLEMAICA (332-31 A.c.) ; eta’ romana e bizantina ( 31 A.c.- 640 D. c.).
Terminata la visita al museo Egizio, alle ore 12, 00 circa, ci spostiamo alla Mole Antonelliana, e dopo due ore circa di coda riusciamo a prendere l’ascensore panoramico che ci porta alla vetta , metri 85,24, da dove è visibile il panorama di Torino. Al secondo ingresso della Mole Antonelliana è visibile il museo del cinema. E’ la storia delle riprese cinematografiche dall’inizio de cinema ( tardo1800) fino ai giorni nostri. Risulta una mosta molto interessante per gli appassionati del cinema e degli effetti speciali. La visita termina alle ore 16.00:
CENNI STORICI DELLA MOLE ANTONELLIANA:
La Mole Antonelliana è il simbolo storico della città di Torino, il suo nome ricorda il progettista , l’architetto Alessandro Antonelli. Attualmente ospita il museo Nazionale del Cinema e l’ascensore panoramico.
La Mole nasce come sinagoga: la comunità israelitica della città decise, nel 1860, di acquisire la ristretta area nel borgo Vanchiglia, allora contrada del Cannon d’oro, per edificare un monumento per celebrare la libertà di cultoalle religioni non cattoliche concessa dal re Carlo Alberto. La comunità israelitica si rivolse all’architetto dell’accademia Albertina , Alessandro Antonelli (1836-1857). Nel 1863 iniziarono i lavori che furono sospesi nel 1869 per l’aumento considerevole dei costi. L’ Antonelli deciso a terminare la sua opera nel 1873 convinse il comune di Torino a rilevare il cantiere, per dedicare l’edificio al Re Vittorio Emanuele II e successivamente ad approvare, nel 1880, le variazioni che porteranno l’edificio prima a quota 146 metri , poi a 163,35 metri e quindi ai definitivi 167,5 metri , con l’aggiunta in cima alla guglia della statua del genio alato (l’angelo per i Torinesi) alta più di 4 metri e pesante 300 chilogrammi.
La Mole fu inaugurata nel 1889, un anno dopo la morte del suo progettista, come sede del Museo del Risorgimento. Il suo completamento seguitò sotto la guida del figlio dell’Antonelli, Costanzo; nel 1908 l’architetto Annibale Rigotti ultimò le decorazioni all’interno.
Il museo risorgimentale fu trasferito dalla Mole a Palazzo Carignano e dal 1987 fu sede di numerose mostre. Dal 20 luglio 200 fu inaugurato il museo del cinema.
All’interno della Mole è in funzione una cabina ascensore panoramico realizzata in cristallo di sicurezza e guidata da 4 funi di acciaio tesate. Si parte dal piano di imbarco, piano terra, al piano di sbarco “ del Tempietto” a quota 85,24 metri. La cabina si muove, a regime, a una velocità di 1,5 m/s (poco più di 5 Chilometri orari)
Alle ore 17,00 partenza ,con il bus turistico scoperto da piazza Castello, per un giro turistico nelle parti più belle della città; durata circa un ora. Poi una bella doccia in albergo e cena vicino la stazione Porta Nuova al Self Service alla modica spesa di euro 15,00.
Il giorno 20.05.2010 ( giovedì) sveglia alle ore 8.00 e dopo abbondante colazione siamo alla fermata del tram n° 4 alle ore 8,30; dopo circa tre minuti arriva il tram che ci porta al duomo di Torino per la visita alla Sacra Sindone. Avendo preso la prenotazione tramite internet ci incanalano in un percorso fra transenne all’interno dei giardini reali, dietro il Duomo, che è di svariate centinaia di metri; dopodichè si entra nel percorso all’interno del Duomo che ci porterà , dopo la coda di circa 40 minuti, davanti alla Sacra “ Sindone” . In questo percorso silenzioso con migliaia di persone ci pervade una sensazione di tranquillità e benessere che ci porta alla commozione davanti a questo telo nel quale è impressa la figura di un uomo che ha sofferto le pene dell’inferno, prima di essere ucciso. Ad ognuno di noi credere o meno che in quel lenzuolo sia stato avvolto Gesù , ma è indicativo vedere che durante tale percorso di avvicinamento c’erano tante persone in lacrime ed altre in carrozzina che , forse, nei loro cuori speravano in una grazia da Gesù stesso. Qui mi fermo in quanto le sensazioni che ogni persona prova davanti a tali eventi rimane sempre soggettiva.
BREVE STORIA DELLA SACRA SINDONE:
La più celebre e fragile reliquia della storia viene esposta nel Duomo di Torino dal 10 Aprile al 23 maggio 2010, oltre un milione di prenotazioni per avvicinarsi al sacro lenzuolo.
Un lenzuolo di lino lungo4,40 metri e largo 1,13 con impressa l’immagine dell’uomo torturato e morto in croce. Secondo una tradizione secolare è il lenzuolo che avvolse il corpo di Gesù nel sepolcro. I vangeli raccontano infatti della tomba vuota e di un sudario ripiegato.
La Sindone è un telo molto antico e, come qualunque altro oggetto altrettanto antico, non è affatto facile ricostruirne la storia, anche se esiste una tradizione secolare che la identifica con il telo funerario in cui è stato avvolto il corpo di Gesù dopo la sua morte.
Le ipotesi storiche prima del XIV secolo:
I primi documenti che parlano della Sindone sono le descrizioni della sepoltura di Gesù nei vangeli. La domenica mattina quando Pietro e Giovanni , avvisati dalle donne, giungono al sepolcro non vi trovano più il corpo di Gesù che è risorto, ma trovano solo la Sindone e gli altri teli sepolcrali. Cosa accadde successivamente non è possibile saperlo con precisione. Esistono però molte testimonianze che raccontano che già nei primissimi secoli dopo la resurrezione di Gesù i suoi teli funebri, compresa la Sindone, erano gelosamente conservati e venerati dai cristiani. Nel V-VI secolo si possono leggere testi che affermano che nella città di Emessa (oggi Urfa, in Turchia sul confine con la Siria) era conservato un ritratto di Gesù (chiamato con la parola greca Mandylion che significa asciugamano) non fatto da mano umana, impresso su una tela. Secondo una leggenda era stato inviato al re di Emessa, Abgar, da gesù stessoche vi aveva impresso miracolosamente il suo volto. Alcuni studiosi ritengono che possa essere proprio la Sindone conservata oggi a Torino, che a quei tempi veniva esposta al pubblico ripiegata in otto partiin modo da mostrare solo il volto e nascondere il resto del corpo.
Nel X secolo il Madylion viene trasferito a Costantinopoli (che all’epoca era la più grande e ricca città d’Europa e del Medio Oriente essendo la capitale dell’Impero Bizantino.
Robert de Clari era un cavaliere francese che partecipò alla IV crociata. Siamo nel 1204. Nel suo diario, oggi conservato nella Biblioteca Reale di Copenaghen, riferisce di avere visto in una chiesa di Costantinopoli la Sindone di gesù e precisa che, quando veniva esposta ogni venerdi si poteva vedere bene tutto il suo corpo come se fosse in piedi. Robert De Clari aggiunse poi che pochi mesi dopo i crociati saccheggiarono Costantinopoli e rubarono tutti gli oggetti preziosi in essa conservati, compresa la Sindone.
E’ probabile che sia stato un francese a rubare la Sindone perché in una lettera scritta nel 1205 da un membro della famiglia imperiale al papa per richiederne la restituzione, lo scrivente dice di sapere che la Sindone era stata portata ad Atene che nel frattempo era stata conquistata dai francesi.
Le notizie storiche dopo il XIV secolo:
Passa oltre un secolo e finalmente abbiamo di nuovo notizie della Sindone: sappiamo che verso il 1350 il cavaliere francese Geoffroy de Charny fa costruire una chiesa a Lirey (una piccola città non lontana da Parigi) per custodire e mostrare ai fedeli la Sindone. Come ne sia entrato in possesso non lo sappiamo, ma si sa che un avo della sua seconda moglie partecipò alla IV crociata e questo è sicuramente un indizio molto interessante.
Nel 1453 Marguerite, ultima discendente degli Charny, dona o vende la Sindone ai Savoia. Rimarrà di proprietà della famiglia Savoia fino al 1983, quando l’ultimo re d’Italia, Umberto II, la donò al Papa prima di morire.
I Savoia fanno costruire a Chambery, la capitale del loro ducato, la Sainte Chapelle, per custodire la Sindone. Nel 1532 un incendio scoppiato proprio nella predetta cappella, danneggia la Sindone provocando danni visibili ancora oggi. Due anni dopo le suore clarisse di Chamberry la restaurano chiudendo i buchi provocati dall’incendio con delle toppe che verranno eliminate solo nel 2002.
Nel 1562 Emanuele Filiberto, duca di Savoia trasferisce la capitale del Ducato a Torino epochi anni dopo, nel 1578, fa altrettanto con la Sindone. La motivazione ufficiale è quella di abbreviare il viaggio dell’Arcivescovo di Milano, San carlo Borromeo, che intendeva recarsi a Chamerry a piedi per venerarla e scioglier un voto fatto in occasione di una grave pestilenza che colpì la città di Milano. Da allora salvo due brevi intervalli, la Sindone è rimasta sempre a Torino fino ad oggi.
Nel secolo successivo i Savoia incaricarono l’architetto Guarino Guarini di costruire tra la cattedrale ed il Palazzo Reale una cappella per conservare degnamente la Sindone. Il 1 giugno 1694 la Sindone fu trasferita nella Cappelladove è stata conservata fino al 1993.
Il 1898 è un anno di fondamentale importanza per la sindone. Accade un fatto a prima vista banale ma che si rivelerà di enorme importanza: il fotografo torinese Secondo Pia viene incaricato di fotografare per la prima volta nella storia la Sindone. Il 25 maggio scattò alcune fotografie di prova e il 28 maggio quelle ufficiali: l’esame delle lastre fotografiche (a quell’epoca erano passati solo cinquanta’anni dall’invenzione della fotografia e le fotografie venivano realizzate su lastre di vetro) rivelò che l’immagine ha le caratteristiche di un negativo fotografico con i chiari e gli scuri invertiti rispetto alla realtà. Inoltre il possedereun’immagine fotografica consentì agli studiosi di iniziare lo studio scientifico della Sindone. Tali studi non sono mai cessati e ancora oggi, nonostante i grandi progressi delle conoscenze scientifiche, vi sono molti aspetti oscuri che non è stato ancora possibile comprendere a fondo.
La Sindone verrà fotografata ufficialmente altre sei volte: nel 1931,1969 (la prima fotografia a colori) , 1997, 2000,2002 e 2008.
A causa della seconda guerra mondiale , dal 1939 al 1946, la Sindone viene nascosta per motivi di sicurezza nell’Abbazia di Montevergine, presso Avellino. Nel 1993 la Sindone viene trasferita nel coro della Cattedrale di Torino per consentire il restauro della Cappella del Guarini. La sera del 11 aprile 1997, quando i lavori di restauro stavano per concludersi, nella Cappella scoppia un furioso incendio che la danneggia gravemente. La Sindone non subisce alcun danno anche perché, per precauzione, viene portata via dai Vigili del Fuoco.
Dal 1998 la Sindone è conservata in una nuova teca moderna, completamente distesa, in posizione orizzontale, protetta dalla luce e immersa in argon, un gas inerte.
Dal 2000 la Sindone ha trovato sistemazione definitiva in una cappella appositamente restaurata del Duomo di Torino, al di sotto del palco reale.
Nel 2002 la Sindone è stata sottoposta ad un importante operazione di restauro: sono state tolte le toppe cucite nel 1534 sui buchi provocati dall’incendio ed è stato sostituito il telo d’Olanda sul quale allora era stata cucita. In occasione del’estensione del 2010 sarà possibile vederla per la prima volta dopo il restauro.
Alle ore 11,30 usciamo dal Duomo di Torino per visitare il museo delle Armi antiche nella piazza San Carlo . Mostra interessante per la presenza di armature medioevali e di epoca romana e preistorica. Alle ore 12,30 ci portiamo a visitare la chiesa di San Lorenzo nella piazzetta reale. Bellissima chiesa secentesca di pregevole fattura , che vale la pena visitare per il suo stile particolare.
CHIESA DI SAN LORENZO:
La chiesa fu fatta costruire dal duca Emanuele Filiberto per adempiere al voto fatto in occasione della battaglia di San Quintino avvenuta il 10 agosto 1557 , giorno di San Lorenzo. In questa chiesa è stata custodita temporaneamente la Sindone dopo il suo trasferimento a Torino in occasione del pellegrinaggio dell’arcivescovo milanese San Carlo Borromeo (1578); vi venerò la Sindone anche Torquato Tasso.
L’8 febbraio 1634 i padri Teatini, ordine di canonici regolari fondato a Roma nel 1524 da Gaetano da Tiene, si insediarono nella struttura della preesistente cappella medioevale di Santa maria del Presepio, con il compito di erigere una chiesa dedicata a San Lorenzo accanto al palazzo ducale. Guarino Guarini (1624-1683), padre teatino e architetto, incominciò a lavorarvi nel 1668 e nel 1687 la costruzione era finita. La pianta centrale è a base ottagonale con gli otto lati convessi ricurvi verso lo spazio interno. Dietro le colonne di marmo rosso si aprono nicchie che ospitano statue di santi secondo un articolato programma iconografico e devozionale. Al di sopra dei pennacchi corre una galleria su cui si affacciano finestre ovali, intercalate da otto pilastri dai quali partono i costoni della volta. Questi incrociandosi formano una stella a otto punte e, sull’ottagono regolare che si forma, si erge la lanterna.
La chiesa fu inaugurata il 10 maggio 1680.
L’altare maggiore , disegnato da Guarino guarini è costruito quindici anni dopo l’inaugurazione della chiesa, è isolato nel presbiterio, fatto che rappresentò per l’epoca la principale innovazione. Nel paliotto d’altare in marmo di Carrara, opera di Carlo Antonio Tandardini, è raffigurato il Voto di Emanuele Filiberto. La pala di San Lorenzo, situata sopra l’altare, è di Marcantonio Franceschini. Ai lati dell’altare sono situate le tribune ducali, collegate direttamente al palazzo. Nel primo altare a destra, disegnato dal Guarini, si trova una crocefissione del fratello gesuita Andrea pozzo; sul paliotto è riprodotta in marmo la Sindone a ricordo del 15 settembre 1578, giorno in cui il lenzuolo fu portato nella vecchia chiesa di San Lorenzo. L’altare della Concezione di maria (terzo a destra) anch’esso progettato da Guarini, conserva la pala della Vergine Maria con beati sabaudi, eseguita dal pittore bolognese Domenico Maria Muratori. Il pulpito in noce d’India è finemente intagliato e scolpito da Stefano maria Clemente; era stato costruito per la chiesa del Corpus Domini ma, essendo troppo grande, fu collocato in San Lorenzo. Nell’altare della Natività (terzo a sinistra), costruito su disegno del luganese Antonio Bettini, viè un paliotto a tre pannelli raffiguranti al centro San Giuseppe tra gesù Cristo e la Madonna; il quadro sopra l’altare rappresenta la natività ed è opera di Paolo Dufour.
Nel 1779 il convento fu spogliato di arredi e documenti. Nel 1802 l’ordine dei Teatini fu soppresso e i religiosi costretti ad allontanarsi. La carenza di manutenzione indebolì la costruzione. Dopo la Restaurazione iniziarono i lavori di restauro : nel 1829 si decorarono la cupola e le cappelle. Nel 1838 i teatini furono sostituiti dalla collegiata della Santissima Trinità. Nel 1846 Antonio Dupuy, sul sito della primitiva cappella di Santa Maria del presepe, riplasmò l’oratorio dell’addolorata, vestibolo dell’aula della chiesa. L’altare, attribuito a Bernardo Antonio Vittone, è preceduto dalla scala santa: su di esso vi è una Pietà in legno di Giovanni Tamone. Alle pareti si possono osservare scene della passione attribuite al fiorentino Pietro Antonio Palloni.
La costruzione è priva di facciata; benché sia documentato un progetto di Guarino Guarini, il fronte monumentale verso la piazza non fu mai realizzato, poiché avrebbe modificato l’omogeneità delle costruzioni adiacenti e sarebbe entrato in competizione con i palazzi ducali: la chiesa mantenne un prospetto da edificio civile, che testimonia l’architettura originaria delle cortine sulla piazza prima delle sopraelevazioni e delle rimodellazioni tardo seicentesche e settecentesche.
Visitato anche il palazzo reale, le stanze poste al secondo piano,fatto edificare dai Savoia nel tardo cinquecento prima metà del seicento.

Termina la visita a Torino alle ore 18,00 ci aspetta alla stazione Porta Nuova il treno Frecciarossa che ci porta a Firenze in sole tre ore. Con precisione svizzera arriviamo alla stazione S. Maria Novella alle ore 21,00.
Devo rivedere il giudizio su Torino che davo come città anonima e non meritevole di visite turistiche. La città presenta una organizzazione di mezzi pubblici, Bus, Tram , Metropolitana, quasi perfetta. I mezzi pubblici, specialmente nel centro storico e per le colline adiacenti passano a frequenza accettabile, non oltre i cinque minuti, il centro storico presenta una serie di portici percorribili per circa 17 chilometri che li collega alla riva sinistra del Po’, in cui all’intero vi sono un’infinità di negozi vari, sia quelli di lusso,nella centralissima via Roma, che quelli più abbordabili nelle altre vie.
Gli alberghi, nel centro storico sono piuttosto cari, anche se i prezzi equivalgono quelli di Firenze.
Consiglio una gita turistica a Torino di almeno due o tre giorni, ne vale la pena.

Evy

Viaggio sul Monte BALDO


Giugno 2009


VIAGGIO A FERRARA DI MONTE BALDO

Ci portiamo sui monti sopra il lago di Garda, siamo a Ferrara di Monte Baldo, un comune della provincia di Verona con meno abitanti, i residenti sono poco più di cento unità. Il suo territorio copre la parte orientale del Monte Baldo. Ci portiamo presso l’Hotel ristorante , due stelle, “Del Baldo” posto in un paese immerso nel verde con poche case , la sede del comune un locale pubblico e l’albergo che si affaccia sulla piazza centrale. Siamo ad un’altitudine di circa metri 850 dal livello del mare. Sopra il paese sovrasta imponente il Monte Baldo (mt 2218 circa) che è definito da secoli il “ Giardino botanico d’Italia”Varie specie floreali tipiche o esclusive di questa montagna portano il nome di “ baldenis” .
L’albergo, senza troppe pretese, è ben disposto e ha camere accoglienti. Si mangia una cucina tradizionale locale molto buona. I prezzi sono davvero imbattibili.
CENNI STORICI:
Il nome di Ferrara quasi certamente trae origine dai giacimenti di ferro che i Romani sfruttavano nella valle facendovi lavorare gli schiavi. Nel VI secolo il territorio del Baldo passò sotto il dominio dei Longobardi e nel secolo successivo dei Franchi. Nel 1193 divenne comune con sede in Saugolo, poi in Campedello e quindi dove si trova attualmente. La valle di Ferrara fu testimone di fatti d’arme sia durante le campagne di Napoleone in Italia, sia nel corso della guerra del Risorgimento.
L’area del comune fu sempre scarsamente abitata. L’economia, ora prevalentemente turistica, si basava sulle attività dei boscaioli e sull’alpeggio.
CULTURA:
A Novezzina
, a 1232 metri d’altitudine, è stato allestito l’orto Botanico del Monte Baldo, nel quale possono essere ammirati fiori del massiccio. La struttura raccoglie specie uniche al mondo, perché il Baldo è un ecosistema isolato: per questo fu usato l’appellativo di Horus Europae. Ciò spiega perché molte specie botaniche portano la specificazione di “ baldense” ( Anemone baldense, Valium Baldense ecc. ecc) Nell’orto Botanico sono raccolte centinaia di specie esclusivamente locali, frutto dell’attenzione dei botanici dei secoli scorsi. Che individuarono sul Baldo specie fino allora ignote.
Sopra l’orto botanico, a nord, in una conca, si stà costruendo il nuovo osservatorio Astronomico del Monte Baldo.
ARCHITETTURA ED ARTE:
i MONUMENTI IMPORTANTI DI Ferrara di Monte Baldo sono sostanzialmente due:
1) La chiesa parrocchiale , intitolata a Santa Caterina, E’ del XVII secolo e sorge al centro del paese. All’interno, sono notevoli la “ Cappella del Paradiso” ed un prezioso quadro del Lanceni, che raffigura l’Ultima cena
2) Il Santuario della Madonna della Corona. Si tratta di una costruzione cinquecentesca, più volte ristrutturata, meta di pellegrinaggi da varie zone; all’interno vi è un’interessante scultura della pietà.
La Corona è nido di silenzio e di meditazione, sospeso tra cielo e terra, celato nel cuore delle rocce del Baldo. Lo scenario originario del luogo era un abisso spaventoso aperto nel vuoto, erte e inospitali pareti rocciose. Potenza della natura, scaturigine delle acque; un luogo ideale per percepire la nullità dell’uomo, la grandezza del creato. Luoghi come questo nella preistoria divennero sedi di culto; anche la Corona fin dall’età della pietra fu meta di transito come dimostrano i ritrovamenti di selci neolitiche in zona.Più di uno studioso ritiene che la Corona fosse frequentata dalle popolazioni retiche della zona. Vi è anche chi fa il nome dell’antica divinità galloretica della fecondità, Brigit, alla quale qui sarebbe stato dedicato un antichissimo sacello.
Intorno all’anno mille prese corpo un movimento religioso eremitico che rivolse la sua attenzione anche all’area del Baldo, dove fin dal IX secolo il monastero di San Zeno di Verona ebbe possedimenti. Fu allora che la Corona cominciò ad essere frequentata da anime ascetiche, assetate di Dio. La nascita del Santuario della Madonna della Corona si fa risalire all’anno 1522 anno in cui la scultura qui venerata sarebbe stata miracolosamente traslata per intervento angelico dall’isola di Rodi, allora invasa dall’armata musulmana di Solimano II.
Documenti medioevali, però forniscono testimonianza inconfutabile che in questi luoghi, gia trecento quattrocento anni prima, vivevano degli eremiti legati all’Abbazia di San Zeno ed esistevano un monastero ed una cappella dedicata a S. Maria di Montebaldo. Ulteriore conferma è costituita da un dipinto della Madonna con bambino conservato nei recessi dell’attuale Santuario, di chiara fattura trecentesca, che costituì la prima immagine venerata nell’originaria chiesetta, che da essa prese il nome.
Importanti lavori di demolizione e ricostruzione del Santuario furono effettuati dal 1975 al 1978 ed il 4 agosto 1978 il Vescovo Carraio poté procedere alla dedicazione del nuovo Santuario.
GUIDA DI MONTE BALDO:
Posta all’estremità occidentale delle Prealpi Venete, la catena del Monte Baldo si presenta come un massiccio isolato, a forma di rettangolo, che si allunga dal veronese al Trentinoper quasi 40 chilometri, costeggiando il lago di Garda. La catena del Baldo è formata da due settori distinti, il monte Baldo vero e proprio, che da punta San Virgilio arriva a Bocca Navene (m. 1430) , e il monte altissimo di Nago, che da bocca Navene va fino alla sella di Loppio. Il nome Baldo deriva probabilmente dal longobardo Wald, selva, ed è citato per la prima volta nel 1163 in una carta topografica tedesca, mentre in epoca romana era detto Mons Polninus.
La superfice del Monte Baldo è di circa 320 chilometri quadrati: la sua altezza va dai 65 metri a livello del Lago di Garda, ai 2218 metri di Cima Valdritta, con una larghezza media di 7 chilometri La catena occidentale va dal Monte Creta (1023) alle Creste di Naole (1660) , al crinale di Costabella (2062) , alla punta Telegrafo (2199), alla cima Valdritta (2218), alla cima delle Pozzette (2128), a Bocca Navene (1430) per finire , in territorio trentino, con l’Altissimo (2078). Nella parte orientale il massiccio presenta un andamento ondulato che comprende le valli di Spiazzi e Ferrara di Monte Baldo, e le laterali del monte Altissimo: questo altopiano si mantiene ad una altezza di metri 1000 e si affaccia sulla Val Lagarina, ove digrada con imponenti strapiombi. Il versante occidentale scende abbastanza ripido verso il Garda, interrotto solo dagli stetti pianoli di Prada, San Zeno e Albisano.
Il Monte Baldo è costituito da rocce in prevalenza calcaree e dolomitiche disposte in strati inclinati verso Ovest, formatesi nel mare dell’era Secondaria e Terziaria, circa 180-100 milioni di anni fa e poi sollevatosi in un periodo compreso tra 40 e 15 milioni di anni fa .
CONCLUSIONI:
La gita sul Monte Baldo con base a Ferrara di Monte Baldo è stata piacevole ed economica, ad esclusione dei parchi giochi di Gardaland e l’Acqua Park e lo Zoo Safari, distanti solamente 20 minuti di auto da Ferrara di Monte Baldo, che hanno dei prezzi non proprio economici ma restano un vero divertimento per adulti e bambini. Dopo una giornata passata nei parchi divertimenti del lago di Garda, si risale volentieri a 800 metri di altezza per riposare in una oasi di tranquillità e silenzio assoluto. Per gli appassionati ci sono anche escursioni , a quota 1200 circa, a cavallo presso il maneggio “ la Suerte” a Malga Gambon loc. Novezzina Ferrara di Monte Baldo.
Il Santuario della Madonna della Corona posto ad alcuni chilometri prima di arrivare a Ferrara di Monte Baldo è assolutamente da visitare, sia per i credenti come oasi di riflessione, sia dai non credenti come bellezza artistica in uno scenario indimenticabile.


Evy

domenica 16 maggio 2010

Ascensione del Signore (domenica 16.05.2010)

“ ANDATE E FATE DI DISCEPOLI TUTTI I POPOLI “

Il compimento del piano di Dio contenuto nelle scritture non è solo che Gesù sia morto e risorto, ma che nel suo nome sono annunciati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati. Risorgendo, Gesù entra in una vita nuova, che non è la semplice ripresa della sua vita storica. Ora è in piena comunione con il padre, dalle cui mani riceve la signoria su ogni realtà: Il risorto non si allontana dalla terra ne si separa dalla storia; ne diviene il signore, rimanendo presente in essa con la sua regalità, che continua a manifestarsi nel suo essere servo al dono di se stesso.
L’ascensione, anzi rappresenta l’universalizzazione della sua signoria e del suo servizio. Ora egli è davvero il servo di tutti. Dà la vita al mondo intero. Questo dono di se che sostiene il mondo, Luca lo descrive con il gesto di benedizione che, salendo al cielo, Gesù impartisce sui discepoli. Mentre la benedizione scende su di loro riempie il cielo; si irradia in tutto il tempo e in tutto lo spazio. I discepoli si sentono perciò inviati ad annunciarla perché tutti possono riconoscerla e accoglierla.

Luca Fallica
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Commento:

Questa domenica il Vangelo ci indica quanto sia importante per noi cristiani e per il mondo intero, annunciare a tutti che possiamo salvarci e vivere felici se saremo capaci di testimoniare quanto detto e fatto da Gesù, e soprattutto adempiere alla sua volontà.
Troppo spesso ci vergognamo di testimoniare il nostro essere cristiani per paura di scatenare polemiche o derisioni, oppure il pensare che qualcuno si potrebbe offendere.. Il mondo è rivolto sempre di più al futile ed al divertimento ad ogni costo, perdendo di vista i veri valori della vita.
Credo che il predicare l’Amore verso il prossimo e indicare qual è la vera salvezza indicando in Gesù colui che ci potrà salvare dall’apparenza e dal nulla, sia un obbligo morale per tutti i Cristiani, nella consapevolezza che non vi è nessun obbligo da parte di Gesù verso di noi, solo consigli e amore. Ma non ascoltarlo significa sperare sul nulla e non avere salvezza alcuna.
A noi cristiani il compito di fare capire a tutti i nostri fratelli che l’ascensione di Gesù al cielo è la sua piena glorificazione presso il padre, per questo dobbiamo confermare la nostra fedeltà al Battesimo chiedendo perdono dei nostri peccati.

Evy

venerdì 14 maggio 2010

Introduzione al Vangelo

IL VANGELO DI GESU’ CRISTO
Introduzione generale dei Vangeli

Il vocabolo Vangelo significa “buona notizia”, “lieto annuncio” e deriva dal greco. Nel linguaggio biblico dell’ Antico Testamento significa anzitutto annuncio di vittoria, e i profeti l’adoprarono per indicare il compimento delle promesse messianiche.
Gesù si appropriò del termine per dichiarare l’avverarsi in lui delle profezie e del Regno di Dio . Dopo che Giovanni fu arrestato, nota l’evangelista S. Marco, Gesù venne in Galilea, predicando il Vangelo di Dio. Diceva: il tempo è compiuto , ed il regno di Dio è giunto. Convertitevi e credete al Vangelo.
Evangelizzare significa quindi, gia durante la vita di Gesù, dare la lieta notizia che la salvezza è giunta, che Dio ha realizzato le sue promesse. A Nazaret, all’inizio dell’attività pubblica, Gesù riferendo a se profezie di Isaia e Sofonia, proclamò nella sinagoga davanti ai suoi compaesani:
¨ Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato e mi ha inviato a portare ai poveri il lieto annuncio, ad annunziare ai prigionieri la liberazione e il dono della vista ai cechi; per liberare coloro che sono oppressi e inaugurare l’anno di grazia del Signore
Dopo la morte di Gesù il vocabolo diventa usuale e tipico in San Paolo per designare l’annuncio della morte e risurrezione di Gesù principio di redenzione e liberazione per ogni uomo. Il vocabolo riveste perciò nella bocca di San Paolo una carica di entusiasmo e il Vangelo riceve una titolatura gloriosa : “Vangelo di Dio “ , “Vangelo di Cristo” “Vangelo del Regno” , “ Vangelo del figlio di Dio”, “Vangelo della grazia di Dio”, “Vangelo della gloria di Cristo”, “Vangelo della pace”, ”Vangelo della Gloria”, “Vangelo della Salvezza” .Da notare che per San Paolo il Vangelo non è ancora un libro, ma parola viva portata dagli Apostoli e accompagnata da una energia divina avente la capacità di trasformare i cuori preparati a riceverla . Ecco come ne parla ai Tessalonicesi, verso l’anno 50, durante il secondo viaggio missionario: “ Il nostro Vangelo non vi è stato annunziato soltanto a parole, ma anche con potenza, con effusione dello Spirito Santo e con piena convinzione.
Secondo quanto si legge alla fine del Vangelo di San marco, Gesù, prima di accomiatarsi dai suoi, ordinò loro : “Andate per tutto il mondo e enunciate il Vangelo (letteralmente , portatela lieta notizia) a tutte le creature. Chi crederà e si farà battezzare sarà salvato , ma chi non crederà sarà condannato”. Il Vangelo deve dunque essere annunciato, per ordine di Gesù, su tutta la terra. A designare quelli che lo propagano venne subito coniato il termine “evangelisti”, e la loro azione sarà detta “evangelizzazione” . L’annuncio riguarda l’avvento del Regno nella persona storica di Gesù di Nazzaret, e soprattutto la sua vittoria pasquale sopra il peccato e la morte.
Per questo dall’età apostolica fino a oggi i vocaboli “Vangelo” ed “Evangelizzazione2 hanno sempre conservato un’evocazione missionaria, significando ad un tempo notizia di qualcosa di nuovo, di inaudito, di gratuito che viene offerto agli uomini, e insieme invito pressante a riceverlo, convertendosi, uscendo fuori dall’ignavia e dal torpore dell’esistenza. Si vede per esempio come si esprime Origene nell’Omelia 7 dedicata al Libro di Giosuè. Commentando il pittoresco episodio della caduta delle mura di Gerico al suono delle trombe dei sacerdoti per ordine di Giosuè, aggiunse: “Ora viene il nostro Signore Gesù Cristo, la figura del cui arrivo è già prima in quel Giosuè figlio di Nun; e manda i suoi sacerdoti , cioè i suoi apostoli, con trombe facili a portarsi da un luogo all’altro, cioè con la eccellente e celeste dottrina del Vangelo. Il primo a lanciare i suoi squilli di tromba è Matteo nel suo Vangelo. Suonano, poi, ognuno con la propria tromba sacerdotale, Marco,Luca e Giovanni. Anche Pietro fa squillare la tromba delle sue epistole; anche Giacomo e Giuda. Ciononostante anche Giovanni continua ancora a far squillare la tromba con le sue epistole e con l’Apocalisse, e Luca con la storia delle imprese degli Apostoli. Venendo poi ultimo… Paolo e lanciando irresistibili squilli con le trombe delle sue 14 epistole contro le mura di Gerico, abbatté, scalzandole dalle fondamenta, tutte le macchinazioni dell’idolatria e i saccenti sistemi dei filosofi.
Questa pagina singolare,scritta nella prima metà del secolo III d. C. ( Origene infatti morì nel 253 a seguito degli strapazzi subiti in prigione durante la persecuzione di Decio) ci attesta, tra l’altro, che al quel tempo si distingueva gia nella Chiesa tra Vangelo e Vangeli, che cioè oltre al lieto annuncio dato a viva voce , esistevano ormai quattro libri attribuiti agli apostoli (Matteo e Giovanni) o a loro discepoli (Marco e Luca). Potremmo chiamarli “i quattro annunzi”, nei quali risuonava in maniera caratteristica e differenziata secondo gli autori la notizia dell’avvento messianico di Gesù .
San Ireneo, vescovo di Lione, che era nato verso il 130 d.C. nell’Asia minore dove fu allievo di S. Policarpo, il quale a sua volta era stato discepolo di S. Giovanni, ci da questa testimonianza degna di fede : “Matteo compose il Vangelo per gli Ebrei nella loro lingua mentre Pietro e Paolo a Roma predicavano il Vangelo e fondavano la Chiesa. Dopo la loro morte Marco, discepolo e segretario di Pietro, anch’egli ci trasmise per iscritto quanto era stato oggetto della predicazione di Pietro. E Luca, seguace di Paolo, compose un libro di quel Vangelo predicato dall’Apostolo. In seguito anche Giovanni, discepolo del Signore e che posò il capo sul petto di lui, egli pure compose un Vangelo durante la sua permanenza ad Efeso, nell’Asia (Adversum haereses) . Nella medesima opera lo stesso Idoneo illustra gia i simboli attribuiti a ciascuno dei quattro evangelisti: il leone (Giovanni), il vitello (Luca), l’uomo (Matteo), l’aquila ( Marco) , una simbologia che subirà qualche variante in S. Girolamo, il quale attribuisce l’aquila Giovanni e il leone a marco, e come tale verrà recepita dalle arti figurative.
A partire da S. Ireneo, cioè dalla secondo metà del secondo secolo , si parla ormai correntemente nella Chiesa di Vangelo e di Vangeli per indicare sia l’annuncio orale, sia il messaggio scritto, sia quattro testi evangelici. “ Quanto è stato scritto da quattro, afferma Origene, è un unico Vangelo”. Idoneo parla di “ Vangelo quadriforme” ; a sua volta Eusebio di Cesarea conia l’espressione “ sacra quadriga dei quattro vangeli”, mentre S. Agostino preferisce l’appellativo “ quattro libri di un unico Vangelo” (trattato su S. Giovanni) .

L’origine dei quattro Vangeli

Possiamo domandarci a questo punto quale sia stata l’origine dei quattro Vangeli e analizzare più a fondo quale sia il loro rapporto con la “ buona notizia” annunciata e realizzata da Gesù. Il lettore deve sapere che negli ultimi due secoli la critica storica si è gettata con tutte le sue risorse e i suoi strumenti sul testo dei quattro Vangeli, sottoponendoli a un vaglio e a un esame quale mai nessun altro libro della storia fu costretto a subire. Molte scuole si sono succedute, si sono accavallate, incrociate, lo si deve riconoscere, quale contributo ad illustrare almeno questa o quella frase o pagina dei Vangeli . Si deve riconoscere che tutte le teorie estreme sono cadute, e prima quelle che pretendevano negare l’attendibilità e il valore storico fondamentale dei racconti evangelici. Il risultato di tante ricerche è stato vagliato, raccolto e puntualizzato nel 1964 da un documento della Pontificia Commissione Biblica, dal titolo Sancta Mater Ecclesia , dedicato esclusivamente alla verità storica dei Vangeli.
Gioverà soffermarsi un istante su tale documento. In esso si invita il lettore dei vangeli, in particolare coliche si interroga sulla fondatezza di quanto essi riferiscono, a “badare con diligenza ai tre stadi attraverso ai quali l’insegnamento e la vita di Gesù giunsero a noi”. Il primo stadio è quello della vita stessa di Gesù, svoltasi sotto gli occhi dei discepoli, i quali furono gli ascoltatori attenti delle sue parole e i testimoni diretti delle sue opere. “ Il Signore, nota il documento, nell’esporre a voce il suo insegnamento seguiva le forme di pensiero e di espressione allora in uso, adattandosi per tale modo alla mentalità degli uditori e facendo si che quanto egli insegnava s’imprimesse fermamente nella loro mente e potesse essere ritenuto con facilità dai discepoli”. In effetti, analisi linguistiche e letterarie, metodi di indagine molto perfezionati permettono ora di additare con sicurezza in molte espressioni e parabole dei Vangeli il suono stesso della parola di Gesù . Parimenti gli episodi della sua vita, i racconti ed i miracoli risultano essere riferiti con tale semplicità, sobrietà e aderenza storico-giografica da non permettere dubbi sulla loro sostanziale veridicità.
Dopo la morte e la resurrezione del Signore, e qui è il secondo stadio della genesi dei Vangeli indicato dalla Commissione Biblica, gli Apostoli cominciarono a “dare testimonianza a Gesù annunciando e riferendo con fedeltà episodi biografici e detti di lui, ma tenendo presenti, nella predicazione, le esigenze dei vari uditori”.
“praticamente alla base dei Vangeli sarebbero quindi coteste testimonianze date con fedeltà al fine di promuovere la fede in Gesù Messia e Signore. Due pagine di S. Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, ci permettono di cogliere al vivo la testimonianza orale che veniva data sull’autorità dei Dodici e in comunione con loro: si tratta degli avvenimenti dell’ultima cena e delle apparizioni di Gesù risorto, sui quali Paolo conclude : “ Sia io, sia essi (gli Apostoli) così annunciano e così avete creduto “ . Non è tuttavia da negarsi, continua l’autorevole documento che gli Apostoli abbiano presentato ai loro uditori quando Gesù aveva realmente detto e operato con quella più piena intelligenza da essi goduta in seguito agli eventi gloriosi del Cristo e all’illuminazione dello Spirito di verità… Questi modi di esporre, usati nella predicazione , aventi per tema il Cristo, vanno individuati ed esaminati: catechesi, narrazioni, testimonianze, inni, dossologie, preghiere, e altre simili forme letterarie che compaiano nelle Sacre Scritture ed erano in uso fra gli uomini di quella età. Esigenze catechetiche ed opportunità di vario genere portarono ben presto alla concentrazione dei detti e fatti di Gesù in alcune raccolte, la cui identificazione è tuttora possibile nella trama generale dei Vangeli, come, per esempio, il discorso della montagna, i racconti della passione e delle apparizioni, alcune serie di parabole. Iniziando il suo Vangelo S. Luca riferisce che “ molti hanno già cercato di mettere insieme un racconto degli avvenimenti verificatesi tra noi, così come ce li hanno trasmessi coloro che fin dall’inizio furono testimoni oculari e ministri della parola”.
A questo punto della trasmissione del materiale evangelico è intervenuta, nella seconda metà del primo secolo, cioè tra gli anni 50 e 80, l’opera di alcune grandi personalità di cui la tradizione ha conservato il nome: si tratta di Matteo, marco, Luca, ai quali si aggiunse, prima della fine del secolo, Giovanni. E’ questa la terza e ultima fase della composizione dei Vangeli, nella quale “ gli autori sacri consegnarono l’istruzione fatta prima oralmente e poi messa per iscritto… nei quattro Vangeli per il bene della Chiesa, con un metodo corrispondente al fine che ognuno si proponeva . Fra le molte cose tramandate ne scelsero alcune, talvolta compirono una sintesi, talaltra badando alla situazione delle singole chiese, svilupparono certi elementi, cercando con ogni mezzo che i lettori conoscessero la fondatezza di quanto veniva loro insegnato… Perciò l’esegeta ricerchi quale fosse l’intenzione dell’evangelista nell’esporre un detto o un fatto in un dato modo o in un dato contesto. Invero, non va contro la verità del racconto il fatto che gli evangelisti riferiscono i detti e i fatti del Signore in ordine diverso, e ne esprimono le parole non alla lettera, ma con qualche diversità e conservando il loro senso”.
Si devono dunque considerare tre stadi nella redazione letteraria delle parole e dei fatti di Gesù , ossia nella genesi dei Vangeli: il primo coincide con la vita storica di Gesù ed in quello che vide l’origine stessa dei fatti e delle parole alla presenza dei discepoli; il secondo è quello della comunità primitiva , dopo la resurrezione e la Pentecoste , quando i discepoli raccolsero , fissarono e trasmisero gli insegnamenti e le opere del maestro; il terzo è quello degli evangelisti che redassero per iscritto la tradizione evangelica con un metodo corrispondente al fine che ciascuno si prefiggeva.
Se il lettore moderno del Vangelo, conclude l’istruzione della Commissione Biblica, “ non pone mente a tutte queste cose che riguardano l’origine e la composizione dei Vangeli e non farà debito uso di quanto di buono gli studi recenti hanno apportato, non potrà scoprire quale sia stata l’intenzione degli autori sacri e che cosa abbino realmente detto”.

I vangeli sinottici e S. Giovanni

I tre vangeli di Matteo, Marco e Luca presentano un fenomeno unico nella storia della letteratura: A seguito dell’autore tedesco J. J. Griesbach vengono chiamati “sinottici” perché, secondo il significato di tale vocabolo greco, si possono leggere insieme con un solo colpo d’occhio . Infatti tutti e tre seguono lo stesso ordine, possiedono sostanzialmente lo stesso materiale e offrono tre racconti paralleli della vita di Gesù. Giovanni invece ha un contenuto e un ordine proprio e condivide con gli altri evangelisti meno del dieci per cento della materia.
Come spiegare questo fenomeno, e in quale rapporto stanno tra loro i Vangeli? Ecco i termini di quella che tecnicamente si chiama “questione sinottica”, una questione difficile forse disperata che da quasi due secoli suscita sempre nuove ipotesi e discussioni. Che cosa se ne può pensare, senza entrare nei particolari del dibattito e tenendo presenti i dati acquisiti dalla ricerca moderna? E’ certo anzitutto che i tre Vangeli di Matteo, Luca, e Marco hanno attinto a quella medesima fonte che abbiamo già individuato come tradizione e testimonianza Apostolica . L’emergenza di questa fonte è così forte anche sul piano letterario che s’impose fino dall’inizio alla personalità stessa degli evangelisti i quali, anziché autori veri e propri, sono sempre stati considerati come redattori di materiale preesistente . Ne è prova il fatto che già il più antico documento contenente la lista dei libri del Nuovo Testamento, “ Il canone Muratoriano”, scritto verso il 150 d. C. (e così detto da Ludovico Antonio Muratori , che lo scoprì nella Biblioteca Ambrosiana di Milano nel 1740) , parla del “libro del Vangelo secondo Matteo, Marco e Luca”, ecc..
Esso attesta cioè in uso che rimarrà corrente nella storia, in base al quale la comunità non si sentiva autorizzata a parlare di Vangelo, ossia di “buona notizia” di Matteo, Marco, Luca, Giovanni, ma preferiva dire “secondo” la redazione di Matteo, ecc.
Cotesta catechesi apostolica preesistente ai Vangeli scritti presentava la vita e l’opera del Cristo secondo un piano preciso : la predicazione e l’annuncio dato da Giovanni Battista, gli inizi della missione di Gesù in Galilea e al nord della Palestina, l’ascesa dalla Galilea alla Giudea, e finalmente la concentrazione dell’attività a Gerusalemme, dove avvengono la morte e la resurrezione di Gesù. Nel riportare cotesta catechesi, e si ha qui il secondo elemento sicuro della questione sinottica, i tre primi evangelisti si sono ispirati parzialmente l’un l’altro; non si potrebbe spiegare diversamente la somiglianza letterale di molti passi. Si pensa che le cose si siano svolte così: fu scritto dapprima un breve racconto dei principali detti e fatti di Gesù, in aramaico, lingua parlata in quel tempo in Palestina; una tradizione antichissima attribuisce questo lavoro a Matteo. Successivamente, ma assai presto, tale testo venne tradotto in greco, la lingua più comune dell’impero romano a quel tempo, e in greco saranno scritti tutti i Vangeli. Marco per primo compose il suo Vangelo partendo da quel documento oggi scomparso . Luca ebbe certamente sottomano l’opera di Marco, quando stese il suo Vangelo. Il nostro Vangelo secondo Matteo sembra attingere ora a Marco ora a Luca.
Ma gli interrogativi sulla vita e l’opera di Gesù e in particolare sul mistero della sua persona dovettero essere talmente vivi sulla fine del primo secolo da indurre Giovanni a dare anch’egli la sua testimonianza sul Maestro. E Giovanni lo fece in maniera propria e personale, come si conveniva a ch era stato, insieme a Pietro e Giacomo, uno dei tre più vicini al Maestro. Quando scrisse era ormai un vegliardo edaveva una lunga esperienza della vita della Chiesa. La sua fede, maturata negli anni, gli permetteva una singolare introspezione nel mistero del Figlio di Dio, di cui era stato amico prediletto. Per questo la sua testimonianza su Cristo è stata sempre veduta come il compimento e il perfezionamento di quella dei suoi predecessori. Essi avevano fissato l’attenzione sull’immagine terrena di Gesù, additando in lui il Messia; Giovanni ne interiorizza i lineamenti e delinea di Gesù la fisionomia spirituale, svelando il volto divino che sta dietro al personaggio della storia. E lo fa con arte e maestria incomparabili. Il suo Vangelo è a tempo quello di un teologo, ossia di un esperto nella scienza di Dio, di un responsabile della Chiesa e di un maestro di vita spirituale. Con lui la testimonianza su Gesù raggiunge un vertice che non sarà più superato.

I vangeli nella storia e nella vita della Chiesa

La chiesa, cioè la comunità cristiana, ha sempre considerato i Vangeli come i suoi gioielli più preziosi, in quanto contengono le parole e le opere del suo Fondatore e Signore. Non già che i Vangeli rappresentino l’atto costitutivo della Chiesa o ne siano il fondamento. La chiesa è anteriore ai Vangeli, esisteva e operava prima che i Vangeli fossero scritti, e li, esisteva e operava prima che i Vangeli fossero scritti. E fu la chiesa a discernere e a stabilire già nel secolo secondo, tra il pullulare di tanta letteratura fantasiosa, apocrifa, quali Vangeli dovessero considerarsi autentici e portatori della verità su Cristo. Ma mentre la Chiesa porta i Vangeli e li presenta agli uomini quasi con le sue mani, tuttavia si specchia in essi e si misura su essi, perché contengono la memoria del Fondatore e attestano la fede degli Apostoli, i quali veramente sono, dopo Cristo, il fondamento della Chiesa. I vangeli sono stati fino dall’inizio gli strumenti normali della predicazione e della catechesi e la loro lettura divenne parte di ogni liturgia. La celebrazione eucaristica in particolare fu strutturata fin dalle origini sul racconto dell’ultima cena quale è riportato dai Vangeli, come risulta chiaro gia dalla prima lettera di S. Paolo ai Corinzi. E il filosofo martire S. Giustino scrive verso il 150 d. C. nel capitolo 56 della prima Apologia indirizzata agli imperatori Antonino Pio, Marco Aurelio e Lucio vero, che “ gli Apostoli, nelle memorie da loro stese che si chiamano Vangeli, insegnarono che era stato dato loro questo comandamento, che cioè Gesù prese il pane, rese grazie e disse loro: Fate questo in memoria di me: questo è il mio corpo, e similmente prese il calice, rese grazie e disse: Questo è il mio sangue, e ne distribuì ad essi soli”..
Nell’anno 180, nel processo contro i 7 martiri di Scillium a Cartagine, il proconsole Saturnino domanda: “Che cosa avete in quella cassetta? Sperato disse: Libri e le lettere di Paolo uomo giusto”. Non v’è dubbio che si tratta dei Vangeli. Una delle scoperte più sorprendenti nel campo della paleografia è quella di un papiro proveniente dal Fayum o da Ossirinco, che appartiene fin dal 1920 alla biblioteca di John Ryland. Tale papiro fu pubblicato nel 1935 da C.H. Roberts e contiene un brano del dialogo di Gesù con Pietro qual è riferito in Giovanni 18,31-38. Gli esperti sono d’accordo nel datarlo verso il 120-130 d. C.. Ciò dimostra che a meno di 30 anni dalla pubblicazione, avvenuta probabilmente a Efeso verso il 95-100 d. C. , il Vangelo di Giovanni era già diffuso nelle chiese e veniva trascritto anche privatamente, per uso dei cristiani.
Con i 25 libri del Commentario su Matteo composti da Origene a Cesarea nel 244, incomincia la serie dei grandi studi e della riflessione scientifica, teologica, spirituale, e pastorale sui Vangeli. Da allora non si arresta più nella Chiesa il fiume della letteratura sui vangeli, e non è difficile scriverne la storia. Più arduo invece, ma non impossibile, è sempre sorprendente, seguire il cammino interiore dei vangeli, nella profondità degli animi. Basti notare che, dopo avere accompagnato i martiri nelle persecuzioni e nell’esilio e i monaci nel deserto, i Vangeli hanno dato ispirazione a ogni celebrazione eucaristica nella Chiesa e sono stati all’origine di ogni conversazione e riforma individuale e sociale tra i cristiani. Si pensi a ciò che ha rappresentato il Vangelo, in particolare il Vangelo di Matteo con le sue Beatitudini, per S. Francesco e per la sua esperienza spirituale: Si pensi anche a ciò che è stato il Vangelo per personaggi come Dostoevskij, Tolstoj, Gandhi. Non fa meraviglia quindi che nell’estate del 1962, pochi mesi prima dell’apertura del Concilio vaticano secondo, papa Giovanni XXIII, in una lettera inviata a tutti i Vescovi del mondo, li abbia invitati a prepararsi al Concilio leggendo il Vangelo e come specchiandosi in esso. Lo stesso concilio, promulgando il 18 novembre 1965 la Costituzione dogmatica Dei Verbum sulla rivelazione divina, dichiarava: “A nessuno sfugge che tra tutte le scritture, anche del Nuovo testamento, i Vangeli meritatamente eccellono, in quanto costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro Salvatore. La Chiesa ha sempre e in ogni luogo ritenuto e ritiene che i 4 Vangeli sono di origine Apostolica. Infatti ciò che gli Apostoli per mandato di Cristo predicarono , dopo, per ispirazione dello Spirito Santo, fu dagli stessi e da uomini della loro cerchia tramandando in scritti, come fondamento della fede, cioè l’Evangelo quadriforme, secondo Matteo, Marco,Luca, Giovanni “ (Dei Verbum, 18).

Pietro Rossano
(Vescovo Ausiliare di Roma)

lunedì 10 maggio 2010


09 MAGGIO 2010
VI DOMENICA DI PASQUA

"Non sia turbato il vostro cuore"
Nella liturgia di oggi notiamo come il Signore prima di salire al cielo, ci lascia la sua parola e la sua pace. Si illumina così l’invito alla fiducia: <>. Chi ama Gesù , conserva nel proprio cuore la parola, ascoltandola con amore e realizzandola nel tessuto della vita quotidiana. E’ allora che Gesù ed il padre vengono ad abitare in noi. E la comunione è perfetta, perché Cristo consolatore ci dona lo spirito Paraclito,( protettore, il difensore, quello che senza la cui protezione è vano anche l'esame di coscienza. Epiteto proprio dello Spirito Santo, attribuitogli da Gesù stesso nel Vangelo di Giovanni) il quale non solo insegna la Parola,ma fa ricordare ad ognuno di noi, tutto ciò che Gesù ci ha detto e lasciato (Vangelo).
La certezza che egli abita in noi, ha condotto la chiesa delle origini, riunita nel Concilio di Gerusalemme alla decisione:i pagani convertiti al cristianesimo non sono obbligati alle osservanze giudaiche, poiché la fede in Cristo contiene la salvezza totale e definitiva (I lettura) . Quello stesso spirito ha ispirato la chiesa ad accogliere la novità del cristianesimo. Nella II lettura è l’angelo dell’Apocalisse che esorta i credenti pellegrini nella storia, a contemplare la nuova Gerusalemme risplendente di gloria e già adorna come una sposa per il suo sposo

Giuseppe Lipari
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Commento:
Questa domenica, molto particolare per me ed i miei cari, in quanto il nostro piccolo Gabriele passa a Comunione nella chiesa di San Pietro a Quaracchi, la liturgia ci indica che nonostante Gesù non sia più presente fra noi fisicamente, lo è invece spiritualmente, e soprattutto riesce a farsi sentire nei nostri cuori, quando questi sono predisposti ad accoglierlo.
Come sempre il più alto insegnamento della democrazia è il rispetto delle opinioni altrui e delle persone umane. Gesù non solo lascia liberi ognuno di noi ad accoglierlo nei nostri cuori, ma ci ha dettato la strada della felicità eterna attraverso il Vangelo. Sta ad ognuno di noi accoglierlo liberamente e senza imposizioni. Questo è il massimo della democrazia.

Gabriele nel suo giorno di festa si appresta a ricevere Gesù con forte emozione e partecipazione , dopo un percorso di due anni fatto insieme al suo parroco Don Claudio e i suoi catechisti. Stamani prima di andare in chiesa ci ha riferito di essere molto emozionato per quanto gli sta accadendo. Ecco questo è l’augurio che noi , come genitori, vogliamo rivolgere a nostro figlio , che l’emozione che oggi sta provando sia frutto di un lungo cammino che lo, e ci, porti a vivere secondo l’insegnamento del Vangelo.
Evandro e Silvia
La frase che ha scelto di scrivere nella pergamena fatta preparare, per la prima comunione, da Gabriele,da parte dell’associazione “Noi per Voi” presso l’ospedale Meyer è la seguente:
“ Anche se quello che facciamo è solo una goccia nell’oceano, senza quella goccia l’oceano sarebbe più piccolo”
“Madre Teresa di Calcutta”

L’associazione Onlus Noi per Voi completa la suddetta frase con quanto segue:
Siamo certi che ogni stilla di gioia di questo giorno alimenta un oceano di speranza per i bambini del MEYER


Questo per noi è aprire il nostro cuore a Gesù e cercare di alimentare, nel mondo, una piccola fiamma di speranza .
“ Vi lasio la mia pace, vi do la mia pace. Non come la da il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore (dice Gesù)

Evy

domenica 2 maggio 2010

La Misura dell' Amore

V domenica di Pasqua --2 maggio 2010--

La Misura dell'Amore è Cristo Signore

La misura dell'Amore è Cristo. La liturgiadi oggi si presenta all'insegna della novità pasquale: comandamento nuovo; visione nuova del dolore e della tribolazione, in cui ogni lacrima sarà tersa dagli occhi dei redenti, poichè il Padre che siede sul trono eterno rende " nuove tutte le cose " . Il Vangelo narra la glorificazione di gesù avvenuta nella sua passione, morte e resurrezione. Ricolmo dell'autorevolezza di avere amato sino alla fine, ore gesù annuncia il comandamento nuovo : < Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati>> .
Questa è la verità del comandamento ultimo e definitivo: l'amore per gli altri vissuto secondo la forma e lo stile con cui Gesù ha amato i suoi. La I lettura ricorda che se i cristiani saranno capaci di vivere questo amore senza misura nè condizioni, affronteremo sofferenze e persecuzioni non come punizione divina, ma quale porta di ingresso nel Regno Eterno . In questa luce Paolo e Barnaba esortano i credenti a restare saldi nella fede, confidando nell'aiuto del Signore glorioso. L'Apocalisse (II lettura) contempla la Città santa del cielo, quale sposa adornaper le nozze con il suo sposo, negli splendori della beatitudine senza fine.

Giuseppe Lipari
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Commento:
Questa domenica vi è nella liturgia qualcosa di bello e unico. L'invito a tutti i cristiani ad amarci gli uni e gli altri cone Gesù ha amato tutti noi. Penso che l'amore che Gesù ha avuto per noi, ha dato la sua vita, non sia minimamente avvicinabile da noi comuni mortali; però ci dobbiamo provare e sforzarci di fare del nostro meglio, nella consapevolezza che solo l'Amore con la A maiuscola può permettere a tutti noi un futuro migliore nell'attesa della venuta di Gesù fra noi.

Evy

LA PRIMA COMUNIONE (riflessioni)

LA PRIMA COMUNIONE

La prima comunione, da sempre è un sacramento atteso,curato, preparato dai piccoli e dagli adulti, ma sempre più con sfaccettature, prospettive diverse. Da una parte abbiamo i protagonisti che sono i ragazzi pieni di stupore, in attesa per completare quella parte della Messa che li esclude dai compagni o dal resto dell’assemblea ; dall’altra abbiamo i genitori, in parte consapevoli del valore del sacramento e in parte ansiosi di sbrigare una faccenda quasi burocratica ; infine abbiamo i catechisti, i sacerdoti e la comunità che fanno da accompagnatori.
Cos’è veramente la Comunione ? Innanzitutto è un sacramento, è l’incontro con Gesù nel pane e nel vino, corpo e sangue versato per noi; è quel sacramento che dovrebbe rivoluzionare la nostra vita, la nostra settimana, le nostre giornate; quel sacramento che ci rende cristiani nuovi e che ci permette di entrare in chiesa per amare Dio e uscrire per amare gli uomini. Non è facile farlo comprendere ai piccoli, ma ancor più alle famiglie, ma ciò è necessario per vivere il vero significato di questo sacramento.
Una preparazione che ogni anno deve coinvolgere tutta la comunità, nella gioiosa attesa di quell’incontro personale con Gesù , che ci pone di fronte le nostre fragilità ei nostri pregi; la bellezza di saper ringraziare soprattutto perdonare .
La preparazione è componente fondamentale, la chiave perché la Prima Comunione non sia la fine di una tappa cristiana, ma l’inizio di una nuova

Letizia Battaglino

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Commento:

L’articolo scritto da Letizia è pienamente condivisibile e auspicabile per il raggiungimento dell’unione di tutte le componenti della comunità in occasione della prima comunione dei nostri figli. Troppe volte vedo che dopo la prima comunione tante famiglie con i loro ragazzi vengono in chiesa in modo saltuario per poi perdersi definitivamente dopo la cresima.
Alcune riflessione mi sono venute in mente nel vedere come l’approccio alla prima comunione viene fatta da tutte le componenti interessate.
La prima, è nel vedere che ogni parroco ha le sue regole, invece le regole dovrebbero essere rigide per tutte le comunità, con l’obbligo da parte dei bambini della presenza nell’intero percorso formativo; troppe volte i ragazzi devono andare a fare dello sport e quindi non partecipano al catechismo o addirittura alla messa la domenica.
La seconda, è nel vedere il poco convincimento delle famiglie a questo sacramento; o portano i figli per abitudine consolidata o per tradizione, oppure perchè i compagni, dei loro figli, partecipano, allora lo fanno anche loro.
La terza, perchè dovrebbero essere resi più partecipi le famiglie dei bambini che passano a comunione, con un loro cammino di fede nell’avvicinarsi ad una tappa importante per i loro figli.
Termino queste mie considerazioni nel riaffermare che, dal momento che non vi è obbligo per nessuno di partecipare alla vita religiosa della comunità, quelli che decidono autonomamente di partecipare lo dovrebbero fare con tutte le regole ed i crismi dettati dalla Chiesa.

Evy

sabato 1 maggio 2010

I DIECI COMANDAMENTI

Se tutti gli uomini rispettassero le leggi , date a Mosè da Dio ,non ci sarebbero guerre e tutti potremmo vivere in pace nel rispetto reciproco.
Io sono il Signore , Dio tuo:
1) No avrai altro Dio fuori di me.
2) Non nominare il nome di Dio invano.
3) Ricordati di santificare le feste.
4) Onora tuo padre e tua madre.
5) Non uccidere.
6) Non commettere atti impuri.
7) Non rubare.
8) Non dire falsa testimonianza.
9) Non desiderare la donna d'altri.
10) Non desiderare la roba d'altri.
Quanto sopra è la base di una società più giusta e solidale fra tutti gli esseri umani. I primi a dovere imparare i dieci comandamenti sono i nostri Politici e Governanti.
Un ripasso non farebbe male nemmeno a molti uomini di chiesa che ultimamente hanno smarrito la retta via e non ricordano più cosa è indicato nelle sacre scritture.
Impariamo a rispettare il nostro prossimo, sia esso di religione diversa, sia esso ateo, e tutti insieme riusciremo a creare una società più giusta. Dobbiamo convincerci che tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio. Lui non fà distinzione di razza, di sesso, o di opinione politica.
Forse è utopia? Io credo di no, basta credrci.
Evy

1° Comunione di Gabriele


Gabriele per la sua Prima Comunione (09/05/2010) ha scelto la seguente frase:


" Anche se quello che facciamo è solo una goccia nell'oceano, senza quella goccia l'oceano sarebbe più piccolo"


" Madre Teresa di Calcutta"