geronimo

martedì 3 giugno 2014

AMICALISMO

AMICALISMO

Movimento religioso nativista africano (del Congo ex francese), il cui esatto nome è Amicale Balali, fondato nel 1926 da André Matusa. Il fondatore perseguitato dalle autorità francesi, dopo al sua morte (1942) divenne il “Cristo” degli amicalisti. Come molti altri movimenti nativisti africani l’amicalismo intendeva opporsi ai bianchi con la creazione di un “cristianesimo” negro. Pertanto la rivolta politica ai bianchi diventava  anzitutto una rivolta culturale: l’indipendenza politica si doveva fondere su un’indipendenza culturale. Ciò che il cristianesimo era nella cultura dei bianchi, l’amicalismo doveva diventare per la cultura indigena congolese. Questo confronto spiega l’assunzione da parte dell’amicalismo di forme  del culto cristiano, quali il segno della croce e le chiese.


MATSUA ANDRE’


Profeta congolese della tribù Sundi Ladi (m.1942). Di educazione cattolica visse per qualche tempo in Francia , dove frequentò circoli politici che lottavano per i problemi dei neri e contro il colonialismo, e fondò (1926) un movimento indigenista detto amicalismo. Tornato in patria  verso il 1930. promosse l’organizzazione religiosa e politica del suo movimento che si inseriva nell’azione indipendentista (e religiosa) congolese del Kimbangismo. Arrestato nel 1940, fu deportato nel Ciad, dove morì in prigionia. I suoi fedeli presero a venerarlo come Gesù-Matsùa, attendendone il ritorno come liberatore.

ANIMISMO

ANIMISMO
(SECOLO XVIII; DA ANIMA). Tendenza a considerare l’anima come principio della vita e del pensiero. In filosofia si dicono animistiche le teorie che ritengono tutti gli esseri animati e viventi: secondo Aristotele, Talete affermava che tutto ha in se il principio del movimento in quanto ha un anima ; all’animismo religioso si ricollegano anche l’aérdi Anassimene e lo neuma  dei pitagorici; Democrito ammette l’anima anche nelle pietre. La convinzione che ogni movimento ha come causa unica l’anima porta Platone ad ammettere  l’anima anche nel mondo e negli astri; agli storici si deve la teoria dell’animazione universale; il concetto delle anime stellari e dei cieli animati è presente in Cicerone e Virgilio e per essi tramandato al Medioevo.. Gli astri sono animati anche per Plotino e l’idea di animazione universale si complica ulteriormente nei neoplatonici fino a sfociare in volgari forme magiche, che trovano un campo fertile nel Medioevo. Ancora nel Cinquecento magia e cabala diffondono l’idea che ogni cosa sia viva e animata. Nella teoria dello psicologo svizzero Jean Piaget, tendenza caratteristica della prima infanzia, a considerare la realtà animata, o meglio, a dare un’anima alle cose mediante il gioco  simbolico e fantastico.
Strettamente legato all’artificialismo, l’animismo, viene considerato dal Piaget una manifestazione dell’egocentrismo  del pensiero infantile, inteso come una mancata distinzione tra  mondo interiore e mondo esterno, e si realizzerebbe attraverso  un’assimilazione degli oggetto alla propria attività. L’animismo è un tipo di religione individuato  e denominato così dallo scozzese Edward B: Tylor, etnologo e fondatore della scienza storico religiosa .
Si tratta di una religione accentrata sulla nozione  e sul culto di “ esseri”  “spirituali”  che animerebbero il mondo: uomini, piante, animali e in genere ogni manifestazione naturale (sole, luna, fiumi, sorgenti, vento tempeste,
Una religione di questo genere  veniva attribuita da Tylor alle popolazioni primitive ;sarebbe una religione spontanea , che non presupporrebbe  altra cultura come fondamento, ma nascerebbe dalle esperienze psico-fisiche di ogni individuo e dalla mentalità ancora infantile di quei primi uomini che ad esse avrebbero dato una spiegazione e una rozza sistemazione.

Le esperienze del sonno,degli stati spico-patologici e della morte avrebbero fornito la nozione essenziale di anima. Sogno, allucinazione, ecc., danno la sensazione  che uno spirito-anima abbandoni il corpo in cui alberga, per vagare in religioni ignote, incontrarsi con altri spiriti e vivere, insomma, una vita diversa da quella normale: una vita superumana , e perciò contrassegnata dalla sacralità. La conferma, poi, dell’esistenza dello spirito-anima verrebbero dalla morte, quando cioè il corpo, abbandonato per sempre dal proprio spirito-anima, resta “inanimato”. Da questa concezione fondamentale  si passa con facilità alle illazioni e ai costrutti propri di una mentalità infantile che avrebbero portato i primi uomini ad attribuire a tutto il mondo circostante quegli spiriti-anima che essi avevano scoperto in se:di qui l’animazione di fiumi, alberi, ecc. , ossia la formazione di una religione animista. Una simile religione permetteva all’uomo di trattare con le cose inanimate come se fossero esseri viventi, dandogli così l’illusione di poter influire in qualche modo sulla natura. Questo genere di comportamento umano viene accettato da Tylor come istintivo, fondandosi il suo giudizio sul comportamento del bambino che parla con gli oggetti inanimati che lo circondano e pretende di influire in tal modo su di essi. La teoria tyloriana sull’animismo va inquadrata in una corrente di studi etnologici e antropologici, l’evoluzionismo, per la quale l’umanità si sarebbe naturalmente e gradualmente evoluta, attraverso il passaggio di fasi comuni a tutti i popoli, muovendo dal momento semi-animalesco degli istinti per arrivare fino all’ultima tappa costituita dalla moderna civiltà occidentale. Nella visione di un simile sviluppo Tylor vedeva nell’animismo il primo gradino dell’evoluzione religiosa  che avrebbe portato l’uomo a religioni sempre più elevate fino all’apice raggiunto dal monoteismo . Le teorie di Tylor  vennero superate già  nell’ambito dell’evoluzionismo , dove si cercò di definire una forma di religione  ancora più primitiva o istintiva : il cosiddetto preanimismo magico (o animalismo) Ma l’evoluzionismo stesso  fu a sua volta superato  dalla problematica  storico-religiosa, cui certe risposte fondate sul semplice rinvio a presunti istinti  non bastavano più. Si continuò tuttavia a parlare  di animiamo , ma ora non più intendendo  una forma organica di religione , bensì un modo di espressione  religiosa rinvenibile ad ogni livello. In pratica : la credenza in esseri sovrumani, spiriti o demoni , che vengono localizzati in posti religiosamente importanti o lacui importanza è religiosamente rilevata. 

BUDDHISMO

BUDDHISMO
Da Buddha; Religione fondata in India (Nepal) da Siddhartha Gautama, detto Buddha, nel secolo VI a.C. Essa si stacca dalla concezione politeistica risalente ai Veda per rispondere alle esigenze di “una salvezza umana” (senza mediazione divina) . Tale salvezza  è essenzialmente  il riscatto della condizione umana , sentita come penosa e insostenibile. Il Buddismo conseguì un immediato successo , perché i problemi in esso proposti erano gia presenti nella tradizione religiosa indiana, lasciando adito a soluzioni  ambigue e contraddittorie rispetto all’ortodossia vedica . Il rapporto fra uomini e dei, nell’originaria concezione  politeistica  costituiva un limite alla condizione umana  e, al tempo stesso, una salvezza , mediante l’aiuto divino ottenuto dall’azione culturale. Tale rapporto si andò col tempo modificando, nel senso che l’azione culturale  da semplice strumento di mediazione divenne l’interesse precipuo della religione indiana , perché i sacerdoti , da mediatori fra uomini  e dei , esaltarono l’atto di meditazione , il rito, , come atto assoluto, generatore di quella forza (brahman) di cui gli stessi dei  avevano bisogno per esistere. In questa si videro molti eremiti , asceti, santoni cercare , al di fuori di ogni sistema organizzato  dalla casta sacerdotale , la propria via alla salvezza , attirando talora dei , discepoli , che da soli si sentivano impari  al ponderoso compito . Uno di questi gruppi, operante nell’India settentrionale , ebbe una fortuna particolare dando vita al Buddismo, religione che, assieme al cristianesimo e all’islamismo, costituisce ancor oggi la triade delle religioni universalistiche.
La fortuna iniziale del Buddhismo va in gran parte attribuita alla semplicità, alla chiarezza e alla coerenza delle sue risposte ai problemi impostati dalla tradizione religiosa indiana. Quattro sono le “verità” fondamentali: la verità dell’esistenza del dolore ; la verità dell’origine del dolore; la verità della fine del dolore; la verità dei mezzi per porre fine al dolore. Tutto è dolore  nel mondo: nascere, vivere e morire; ma qual è la sua origine ? La risposta è: ha origine dal desiderio; si vive perché si desidera vivere; ma la vita è dolore, e perciò il desiderio, fonte di vita, e anche fonte di dolore. Ne per sottrarsi al desiderio, basta morire; in tal caso si desidererebbe la morte , e si resterebbe perciò prigionieri del desiderio (dall’altra parte anche morire è un dolore). Bisogna invece, semplicemente far cessare ogni desiderio (sia il desiderio di esistere sia quello di non esistere).
A questo punto, il buddismo abbandona la speculazione filosofica e si fa decisamente religione, sia perché s’innesta nelle pratiche rituali (d’ordine ascetico) della tradizione religiosa indiana, sia perché utilizza certe sue concezioni metafisiche (quali il Karman e la “reincarnazione”) La quarta verità, infatti quella che concerne i mezzi di liberazione dal desiderio, non può che fornire una pratica di vita sommamente ritualizzata, con precise regole di comportamento dello stesso genere di quelle che di solito ci fanno individuare una religione tra gli altri fatti culturali . Le regole Buddiste sono essenzialmente raccolte in otto serie parallele e distinte (l’ottuplice sentiero). Esse tendono a sottrarre il praticante dalla vita mondana o profana; teoricamente dovrebbero portarlo all’inazione assoluta, perché ogni azione produce Karman, ossia, secondo la tradizione religiosa indiana, un qualcosa che costringe a prolungare l’esistenza.
Neanche la morte annulla il Karman accumulato in vita, e perciò, cessata la vita in una forma, si torna a vivere in un'altra forma ed a accumulare altro Karman . Per sottrarsi alla ferrea legge del Karman  che tiene prigioniero l’uomo  nel ciclo delle rinascite, il buddismo suggerisce dunque certe sue regole di comportamento (teoricamente di inazione). Esaurito il Karman  accumulato in precedenti vite, il buddista esce finalmente dall’esistenza ed entra nel nirvana, la condizione opposta a quella dell’esistenza: può essere inteso come non esistenza pura e semplice o come una specie di paradiso. L’una o l’altra interpretazione , con diverse gradazioni d’accento , sono state proposte  sia dalle scuole buddiste  sia dagli studiosi occidentali . In realtà si tratta  di un concetto essenzialmente  religioso, e dunque irriducibile  agli schemi di una  qualsiasi filosofia . Diremo perciò : il nirvana sta all’esistenza come le regole di comportamento  religioso predicate dal buddismo stanno alla vita profana .
Sviluppo del Buddismo:
In forza dei suoi stessi principi il buddhismo poteva realizzarsi appieno  soltanto in comunità monastiche ,disciplinate da una rigida regola . Ma in realtà si ebbe subito anche un laicato buddista , dovuto al fatto che il laico in India manteneva da sempre i sacerdoti  e la tradizione continuò  anche verso i monaci buddisti . Anzi, tali contributi vennero canonizzati e il laico che aderiva al buddismo doveva farlo non più con elargizioni  saltuarie ma con una formula rituale  nella quale dichiarava  di “prendere rifugio”  nel Buddha , nel Dharma  (la dottrina buddhista ) e nel Samghà (la comunità dei monaci) . Dopo di che anche il laico era legato a certe norme di vita riflettenti l’etica buddista, e le sue speranze giungevano alla convinzione di una rinascita nella forma di un monaco buddhista , e cioè nella forma più adatta  per conseguire quel perfezionamento che conduceva al nirvana. Al monaco preoccupato della sola salvezza personale si sostituì il maestro di dottrina misericordioso che, sull’esempio del Buddha , aiutava gli altri a raggiungere  la salvezza. Questo nuovo buddhismo  si chiamò Mahàyàna, ossia Grande Veicolo, in spregio al più antico buddismo  che era detto Hinàyana (Piccolo Veicolo) .
Il buddismo del Grande Veicolo aprì nuove prospettive: per la parte teorica vi fu una fioritura di scuole “filosofiche”  in cui si cercava di definire  la “ buddhità” (lo stato di perfezione in senso buddista) . Quanto alla pratica, l’idea del Buddha che si svolge misericordioso alla salvezza altrui portò alla concezione  di entità metafisiche  Buddha e Bodhisattva, da invocare non solo per la salvezza assoluta , ma anche nei bisogni quotidiani. Di nuovo compare il rito anche in questa religione  che aveva preso le mosse da un antiritualismo programmatico in quanto rottura con il culto divino e con quella casta sacerdotale che a tale culto era addetta. Sviluppo ulteriore sono le forme del buddismo tantrico (o Vajrayana) , che esaltano in senso ora magico e ora salvifico appunto l’azione rituale, a cui viene ormai assimilato l’esercizio spirituale o psicofisico (yoga)  già noto all’ascesi più antica (vedi tatrismo) .
I libri canonici del buddhismo   sono tre raccolte o “canestri “ ( appunto Tripitaka, Tre Canestri), una concernente la disciplina monastica (Vinaia), una che espone gli insegnamenti dei maestro (Sutra) e la terza dedicata alla dottrina (Abhidharma).
Il buddismo comincia a conquistare un posto rilevante in India con l’Imperatore Asòka (secolo III a.C.). Diviene presto un fatto culturale di tale importanza da varcare i confini dell’India, diffondendosi a Ceylon, nell’Indocina, in Cina, in Corea, in Giappone, nel Tibet. Il Buddismo cinese , come anche quello giapponese, da vita a riplasmazioni teoriche e a sette originali. Tra queste ricordiamo: la “Terra Pura” che si svolge dalla venerazione del dhyàni-Buddha Amitàbha (in Giappone amidaismo, da Amida, il nome giapponese di Amitabha) ; la scuola Ch’an (il futuro Zen giapponese); la setta T’ien (che sarà per i giapponesi il tendai) che cerca di conciliare i vari indirizzi buddisti. Nel Tibet il buddismo penetra nel secolo VII d.C. come tantrismo per alcuni caratteri delle sue concezioni “magiche” , affini alle forme della tradizione religiosa indigena . Nella lotta tra i vari monasteri , prevalse quello di Lhasa. Il Buddismo tibetano si chiamò lamaismo.

BUDDHA

Buddha ( sanscrito, Buddhà, l’illuminato) , il nome dato tradizionalmente  al fondatore del buddismo, Siddharta Gautama (o Gotama)  del clan Sàkya (a capo di uno staterello dell’attuale Nepal). Siddhartha sarebbe stato il figlio del re dei Sakya , e quindi un membro della casta dei guerrieri; mentre secondo un’altra tradizione sarebbe appartenuto alla casta dei brahmani (sacerdoti). Gli studiosi moderni fissano le sue date di nascita e di morte, rispettivamente, al 560 e al 480 a.C. . Numerose leggende compongono la sua biografia  tradizionale: tutte con un particolare significato metastorico. A prescindere dalla verità storica e tanto per dare un senso all’azione del Buddha ricorderemo lo schema biografico essenziale. Siddhartha, educato a corte lontano dalle miserie del mondo scopre il dolore incontrando casualmente, durante una passeggiata, un vecchio, un ammalato, un cadavere e un monaco. Decide perciò di abbandonare la vita mondana, la moglie e il figlio per abbracciare la via dell’ascesi e segue gli insegnamenti dei due brahmani  , maestri di Yoga. Arada Salama e Udraka Ramaputra. Non pago della loro dottrina, si sottopone a straordinarie privazioni che gli procurano l’ammirazione di cinque discepoli. Poi comprende l’inutilità dell’ascesi e abbandona tale vita. I discepoli delusi lo lasciano e se ne vanno a Benares. Siddharta , solo, si reca in un bosco e, sedutosi sotto un albero di pippal (ficus religiosa) , fa voto solenne di non muoversi di lì finché non avrà raggiunto la conoscenza. Facendo uso di tutte le pratiche Yoga, attraverso una serie di meditazioni profonde, giunge infine alla “Verità”, “Conquista!, “illuminazione” e diventa onnisciente. Decide di proclamare questa verità agli uomini e, per primi, ai cinque discepoli che lo avevano abbandonato. Li raggiunge a Banares , dove rivela loro di essere Buddha (ossia un “ Illuminato”) e pronuncia il celebre discorso di Benares, che costituisce il nucleo fondamentale del buddismo : essenza della vita è il dolore (prima verità)  che trova la sua origine  nella sete di vivere , prodotta dai desideri dei sensi  e dall’ignoranza (seconda verità) . E’quindi necessario distruggere il dolore  (terza verità) attraverso l’ottuplice sentiero, che porta alla liberazione  dell’esistenza, al nirvana (quarta verità).
Per quaranta anni il Buddha  predicò con incessante attività la sua dottrina , facendo molti discepoli e proseliti e morì a 80 anni , dicendo allo sconsolato discepolo  Ananda  che “ il credente sa vincere anche il dolore del distacco” , raccomandando ancora una volta l’osservanza della dottrina e ricordando che  “ tutto è transitorio”.
Mutate esigenze di culto e complesse sollecitazioni culturali favorirono, nell’arte indiana del periodo di transizione  (secolo II d.C.)  la raffigurazione dell’immagine  umana del Buddha  rappresentato invece nelle antiche scuole  aniconiche attraverso  simboli (impronta dei piedi, un trono vuoto, un turbante, un cavallo senza cavaliere) . L’immagine umana del Buddha apparve quasi simultaneamente nell’arte indiana negli stili di tre scuole diverse : quella del Grandhara, di formazione ellenistica e greco-iranica, attiva nel nord-ovest; quella Bharthut e di Sanchi, che aveva assunto, tramite i Kushana, elementi iranici; e infine quella un po più tarda  di Amaravati, nel sud-est, pure vincolata alle esperienze plastiche di Bharhut e di Sanchi, sensibile, oltre ad apporti dell’oriente romano, alle influenze ellenistiche e iraniche riecheggiate dalle scuole settentrionali. Attraverso la diffusione  e la penetrazione del buddismo nel mondo asiatico si attuarono fecondi incontri  con tradizioni estetiche e iconografiche che arricchiscono e trasformarono i modelli iconografici originari elaborati nel secolo II  d.C. . La figura del Buddha che allora ne era scaturita corrispondeva perfettamente a quella descritta nei testi. Il Buddha plasmò dall’arte greco-buddhista reca alcuni dei 32 “segni del superuomo”  e degli 80 “segni sussidiari” che erano stati predetti come caratterizzazione sul corpo glorioso del Buddha. Particolari essenziali che ogni scuola di scultura e pittura si sforzò pur nelle diverse interpretazioni, di raffigurare: l’ushnisha (turbante), che nella statuaria è stato tradotto come una protuberanza del cranio (di forma tonda nel Gandhara, conica nell’arte cambogiana, a cuspide in quella siamese, fiammeggiante in quella laotiana) ; l’urna tra le sopracciglia; l’impronta della Ruota della Legge (chakra) sul palmo della mano o sulla pianta dei piedi ; il lobo delle sue orecchie “ tre volte più lungo del normale” . secondo gli atteggiamenti e i gesti (osana e nudra) in cui viene raffigurato, il Buddha esprime meditazione, rassicurazione, carità, testimonianza, messa in moto della Ruota della legge per evocare il primo sermone.

Karman:
Nelle dottrine filosofiche e religiose dell’India, l’insieme delle opere compiute da un individuo, dalle quali dipende la sua sorte in una successiva reincarnazione.

Nirvana:
Stato di pace assoluta e di beatitudine perfetta, che consiste nella totale assenza di dolore, nella negazione della volontà di vivere e del desiderio di rinascita, dai quali derivano i mali, la miseria, la malattia  e la morte ( e può essere raggiunto anche sulla terra con la vittoria sulle passioni).

Dharma:
Concezione etico religiosa della cultura indiana operante dalla religione vedica fino all’induismo dei nostri giorni. Il Dharma è essenzialmente  la “parte” (compiti,doveri,facoltà,attribuzioni ecc..) assegnata ad ogni singola persona: finché ci si attiene al proprio Dharman tutto va bene ; quando lo si trasgredisceo si usurpa il Dharman di qualcun altro, si cade nell’impurità e nella disgrazia. Nella cosmologia giaiana è una delle cinque sostanze fondamentali: è “l’impulso”  a cui si contrappone il “ freno”.
Nel Budhiismo , dottrina praticata da Buddha; per estensione, dovere, morale,virtù.

LAMAISMO
Forma peculiare del buddismo sorta nel Tibet, dove la sua introduzione, come acquisto d’acculturazione di questo paese alle culture indiane e cinese, risale al secolo VII. Un re dell’epoca  avrebbe sposato una principessa indiana e un’altra cinese; in questo schema, probabilmente leggendario si configura l’apertura culturale del Tibet all’India e alla Cina. Secondo la tradizione, l’opposizione dei geni o spiriti locali al buddhismo fu vinta dalle arti magiche del tantrista Padmasambhava; ma dopo questi il buddhismo venne ancora una volta vinto dalle forze ostili e sopravvisse in tre soli monaci , finché a cominciare dal X secolo riprese vigore e si affermò definitivamente  come lamaismo. I contrasti effettivi  all’affermazione della forma lamaistica (in senso tantrista) vanno visti nell’opposizione da parte delle correnti ortodosse del Buddhismo . Utilizzando in  modo nuovo le libertà affermate dal tantrismo rispetto alle costrizioni della vita monastica (astinenza sessuale, rifiuto del mondano ecc…) e i poteri eccezionali (magici) che la pratica tantrica credeva di conseguire, i lama tibetani cominciarono ad esercitare  in senso temporale i loro riconosciuti poteri spirituali. Nel secolo XIII il “ grande Lama” della setta Sa-skya regnava su una vasta zona del Paese , per diritto ereditario in forza della credenza che il bodhisattva Manijusri s’incarnasse in un membro della famiglia dinastica. Nel secolo XIV si ha una grande azione riformatrice, a opera del lama Tsong-Kha-pa , fondatore dell’ordine dei “berretti gialli” , che con questo contrassegno si distinguevano dalle sette esistenti portatrici  di un berretto rosso . Tsong-Kha-pa era lui stesso di formazione tantrista , ma svolse la sua riforma nel senso  dell’ortodossia : proclamò la precedenza delle  “perfezioni morali”  (palamita)  del buddhismo classico  su ogni pratica tantrica e ribadì la disciplina monastica  come base per ogni ulteriore perfezione. Ma neppure la nuova spiritualità del “berretti gialli” valse ad eliminare la dimensione  temporale del lamaismo . Proprio i successori  di Tsong Kha-pa , alla guida del monastero di Lhasa , finirono per diventare monarchi del Tibet (e Lhasa fu la loro capitale). Essi regnarono con il titolo di Dalai-lama e si servirono, per reggere il paese , delle truppe mongole acquisite alla religione  dei “berretti gialli” . Il Dalai-lama comunque non era tale per diritto ereditario, ma veniva scelto, in base a indicazioni di varia natura (fornite dal predecessore , da una consultazione oracolare  e da prodigi), tra i bambini nati nel 49 ° giorno dalla morte del monarca. La credenza alla base di questa scelta  era che il Dai-lama fosse   un’incarnazione del bodhisattva Avalokitésvara e che l’incarnazione si ripetesse a ogni morte di un Dalai-Lama. Mentre il Dalai-lama diventava la suprema autorità temporale della teocrazia tibetana, l’abate del monastero di Tashilumpo , detto Pan-chen lama, acquistava  la suprema autorità nell’elaborazione della dottrina. A sua volta il Pan-chen lama era considerato incarnazione del bodhisattva Amitabha. Dopo l’occupazione cinese del Tibet, il Pan-chen lama ha potuto continuare le sue funzioni, mentre il Dalai-lama  detentore del potere temporale, è stato costretto all’esilio.

AMIDAISMO O  AMIDISMO

Orientamento del buddhismo cinese e giapponese, accentrato sulla caritatevole figura del Dhyàni-Buddha , Amida (Amida , nome giapponese, è uno dei cinque Dhyani-Buddha) ,con l’idea che soltanto il suo aiuto può condurre alla salvezza . Un importante setta buddhista  detta jodo (cinese Ching-t’u), ha organizzato e teorizzato quest’orientamento.



TANTRISMO

Indirizzo tipico dell’evoluzione religiosa indiana, sia induista che Buddhista , individuabile nei seguenti punti: reinterpretazione delle nozioni religiose alla luce della pratica rituale, con conseguente sostituzione “dell’esperienza” alla “speculazione” (quasi un empirismo religioso): “soggettivazione”  di un universo “oggettivato” dalla tradizione mediante la sua riduzione al corpo umano (microcosmo) , considerato nelle sue qualità statiche (anatomia) e dinamiche (funzioni fisiologiche); potenziamento della personalità fino a conseguire la trasumanazione, che nell’induismo significa identificazione con la divinità, mentre nel buddhismo significa superamento della condizione umana (o raggiungimento della buddhità) . Il tantrismo può essere considerato  per molti aspetti come un misticismo, ma in tal caso va distinto dal misticismo orientato dalla bhakti, ovvero dall’assoluta venerazione di un dio, in quanto supera ogni dialettica trta oggetto e soggetto di culto, polarizzando tutto nella pratica rituale intesa come modo d’essere assoluto. Del resto il tantrismo si pone contro la stessa tradizione ascetica e le rinuncie che questa comporta come rifiuto mistico del mondano. Anzi, in accordo a quanto si è detto sopra circa la riduzione di ogni realtà al corpo umano e alle sue funzioni fisiologiche, cibo, sesso, gli oggetti principali della rinuncia ascetica, diventano per il tantrismo i più importanti modi d’esplicazione o di liberazione. Ciò in accordo anche con la sopravvalutazione dell’esperibile e con il superamento di una condizione umana limitata da remore d’ogni genere (donde l’immortalità praticata come esercizio). L’ascesi tantrica , distinta dall’ascesi tradizionale, è quella che comunemente viene chiamata Yoga . I poteri conseguiti mediante questa ascesi possono apparire anche “magici”. Donde la formulazione di un “mondo magico” da parte del tantrismo, ovvero di un mondo aperto a ogni tipo d’intervento per chi abbia la capacità d’intervenire.

TANTRA

(sancito libro) l’insieme dei testi iniziatici del tantrismo. Rivelati secondo la leggenda dal dio Siva, contengono formule magiche e descrizioni dei riti relativi all’adorazione di Sakti e vengono reputati dai seguaci di quella dea come il Quinto e Sommo Veda. Il tanta che ebbero grande fortuna nell’India orientale  a iniziare dal secolo VII, sono troppo numerosi per venire anche solo enumerati. I più importanti sono per altro lo Syàma rahasya, il Rudrayàmala, la Mantra Mahàbodhi e il Kulàrnva Tanta, quest’ultimo oggetto di grande venerazione tra i devoti del saktismo.

MAHAYANA


(sancritico , Grande Veicolo) , nome del nuovo buddhismo sorto nei primi anni dell’era cristiana, in contrapposizione al vecchio buddhismo detto spregiativamente “Piccolo Veicolo”  (Hinayàna) . Il Mahayana si caratterizza per una maggiore apertura nei confronti dei laici che non vengono più trascurati dai monaci, ritiratisi nell’isolamento ascetico. Tale apertura significò anche un adeguamento alle tradizione del laicato  (induismo) , ossia proprio a quelle tradizioni politeistiche che il buddhismo rifiutava. Sorgono cosi, al posto dei vecchi dei, i Bodhisattva, esseri mitici  che si configurano come uomini che hanno raggiunto la santità in senso buddhistico (la Buddhità) , ma che prima di disperdersi, quali individualità, nel nirvana  si dedicano ad aiutare i viventi sulla via della salvezza. I Bodhisattva vengono distinti per le loro specifiche  prerogative, in base alle quali sorgono i culti (il culto era assente nel buddismo originario, in quanto non funzionale). Le forme più elevate di culto furono espresse in modi assai simili alla tradizionale bhakti (amore mistico ) induistica. Ma non mancarono culti concernenti le necessità mondane. Il Mahayana, nelle sue varie formulazioni, si diffuse in Cina, e di li in Giappone. Nel Tibet ha dato origine al locale lamaismo. In India si esaurì nel tantrismo, in cui rifluì la grande tradizione induistica.