geronimo

martedì 20 novembre 2012

La Famiglia (nel diritto italiano)


Famiglia nel diritto italiano


FAMIGLIA NEL DIRITTO ITALIANO
La famiglia è disciplinata dal codice civile del 1942. In origine le norme scritte dal Legislatore erano improntate sul comune senso della famiglia ereditato nel corso dei secoli. Al centro della famiglia è collocato il padre-marito a cui tutti gli altri erano gerarchicamente sottoposti (madre, figli). Nella visione tradizionale della famiglia soltanto i figli legittimi godevano della tutela giuridica nella trasmissione del cognome e del patrimonio di famiglia. Erano esclusi dal concetto di famiglia tutti i figli nati al di fuori del matrimonio. Questa interpretazione tradizionale è stata progressivamente modificata ed adeguata alla società moderna, dapprima nella Costituzione del 1948 e successivamente tramite le leggi speciali di riforma del diritto di famiglia. La più importante è senza dubbio la riforma del 1975.

La famiglia nella Costituzione italiana

La famiglia è descritta con precisione nell'articolo 29 della Costituzione secondo cui:
"La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio." (art.29 Cost. II comma)
Con questa norma il Legislatore riconosce alla famiglia il ruolo ereditato dal diritto naturale, il quale preesiste alla disciplina dell'ordinamento giuridico. Nel secondo comma dell'articolo 29 della Costituzione il Legislatore modernizza la definizione della famiglia, specificando l'uguaglianza tra i coniugi:
"Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare." (art.29 Cost. II comma)
Come si può facilmente interpretare, pur nei limiti a "garanzia dell'unità familiare", il ruolo del padre perde il suo carattere di centralità e di supremazia. Entrambi i coniugi hanno pari uguaglianza morale e giuridica. Questa nuova interpretazione trova ampia conferma nel successivo articolo 30 della Costituzione:
"E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio." (art.30 Cost. I comma)
Oltre ad assegnare i medesimi doveri e diritti ad entrambi i genitori, la parità dei coniugi, il primo comma dell'articolo 30 parifica espressamente la posizione giuridica dei figli nati all'interno e al di fuori del matrimonio.
L'art.31 della Costituzione il Legislatore riconosce alla famiglia di gruppo sociale primario dell'organizzazione sociale ed impone allo Stato il compito di proteggere e tutelare la famiglia:
"La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose." (art. 31 Cost. I comma)
Le norme costituzionali sulla famiglia hanno ridisegnato la famiglia nel diritto italiano, conferendo a quest'ultima importanti elementi di novità rispetto al passato e alla tradizione. Il processo di modernizzazione dell'istituto sarà ulteriormente portato avanti nella riforma del 1975 ed in quelle successive sotto il profilo dell'uguaglianza dei coniugi e della tutela dei figli. Con le nuove riforme la tutela dell'unità familiare viene subordinata al diritto della persona e alla tutela dei soggetti più deboli. In tal modo saranno introdotti nel diritto italiano alcuni strumenti, inizialmente non previsti nel diritto di famiglia, come il divorzio, la separazione e l'interruzione volontaria di gravidanza.

Sant'Agostino

Poesia di Sant'Agostino 

LA MORTE NON È NIENTE

La morte non è niente. 
Sono solamente passato dall'altra parte: 
è come fossi nascosto nella stanza accanto. 
Io sono sempre io e tu sei sempre tu. 
Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora. 
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; 
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano
quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore,
ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami:
il tuo sorriso è la mia pace.

giovedì 8 novembre 2012

Bari


BARI
Centro di probabile origine illirica e prosperosa città sotto i Greci, ottenne da Roma la dignità di municipium e l’unione alla tribù Claudia. Passata quindi sotto la dominazione dei Goti fu in seguito contesa da Bizantini e Longobardi e più volte saccheggiata e distrutta.
Conquistata dai Saraceni di Calabria (840) e liberata trent’anni dopo da Ludovico II nell’875 passò all’imperatore d’Oriente che la fece sede di un governatore generale (catapano)  con cui intendeva rafforzare  il proprio dominio nelle puglie .
Salvata a opera dei Veneziani di Pietro Orseolo II da un nuovo assalto dei Saraceni  (1002) , tentò inutilmente più volte di scuotere il duro dominio Bizzantino  finché nel 1075 cadde in potere dei Normanni per mano di Roberto il Guiscardo. A lungo contesa , prima da Boemondo e Ruggero e poi tra Grimoaldo e Ruggero II, fu conquistata  da Lotario II (1136) e infine completamente distrutta  da Guglielmo I il Malo (1156) .
Ricostruita dopo dieci anni e fiorente sotto gli Svevi decadde di nuovo con gli Angioini ; nel secolo XV passò agli Aragonesi poi (1464) ai duchi di Milano che vi tennero splendida corte con Isabella di Aragona (1502.24) e Bona Sforza (1524-57), quindi agli Spagnoli (1558) che tenendola per circa due secoli la oppressero con gravami fiscali e malgoverno provocandone la decadenza .
Nel secolo XVIII dopo l’ascesa al trono di Napoli della dinastia Borbone , Bari come tutta la Puglia , cominciò a riprendersi grazie a riforme decisive.
Dopo essere stata saccheggiata dalle truppe del Cardinale Ruffo (1799) la città fu occupata  dai Francesi nel 1806 ed ebbe un nuovo impulso con G. Murat (1813).
Ritornata ai Borbone nel 1815, entrò a far parte dello stato Italiano nel 1860.

Puglia


PUGLIA

Preistoria:
Tra le regioni italiane la Puglia  è forse una tra le più note, per varietà di ambienti e per intensità di ricerche , per quanto riguarda la preistoria  del suo popolamento. I più antichi complessi litici , riferibili a una fase arcaica del Paleolitico inferiore italiano, si concentrano per lo più nel Gargano, dove sono state rinvenute industrie attribuite all’Acheuleano antico (Forchione A e Masseria Tiberio, A) , alla foce del torrente Romandato e nella foresta Umbra, dove manufatti su ciottoli si trovano in associazione  con materiali di aspetto clactoniano e industrie definite Protolevallois. Una facies più evoluta dell’Acheuleano è nota in diversi siti del Gargano, tra cui citiamo la serie di Forchione B e C. Particolare importanza rivestono i livelli inferiori del riparo esterno  di Grotta Paglicci in cui è stato rinvenuto un Acheuleano superiore o finale.. Ancora di incerta attribuzione sono le industrie su scheggia con caratteri arcaici, forse di età rissiana, nella grotta dell’Alto e quelle rinvenute nei livelli inferiori di Grotta Romanelli (Otranto), che potrebbero essere riferite alla fase più antica del Musteriano pugliese, con strumenti spessi, elementi Quison e punte di Tayac; se non una fase finale  dell’Acheuleano, come potrebbe indicare, tra l’altro, la presenza in questo complesso su calcare, di un bifacciale. Alla stessa fase sono riferite  anche le industrie della Grotta del Cavallo (liv. M). di Uluzzo © e dello strato 2 di Paglicci.
Industrie generalmente più piatte e di tecnica Levallois, attribuibili a un Musteriano di fase più recente, sono quelle provenienti dal Cavallo, da Grotta Bernardini, da Grotta Spagnoli e dagli strati soprastanti lo strato 2 di Paglicci. Un aspetto particolare del Musteriano pugliese e dato dall’utilizzazione  Cavallo (L), Bernardini (D), Uluzzo C (G) e Serra Cicora (F-B) vicino Lecce, delle valve di una conchiglia, la Callista Chione, per la preparazione di strumenti, analogamente a quanto avviene  altrove in Italia: alla grotta dei Moscerini (lazio) e ai Balzi Rossi di Grimaldi (Liguria). Di particolare interesse è un femore umano neandertaliano rinvenuto nei depositi Musteriani nella grotta di Santa Croce (Bari) . Le fasi arcaiche del paleolitico superiore  (Uluzianoe Protoaurignaziano<9 sono bene attestate, in particolare la prima, con datazione comprese tra oltre 32.000 e 29.000 a.C. circa : Cavallo, Uluzzo C, Bernardini, Parabita, serra Cicora, Torre testa (Brindisi), Foresta Umbra, San pietro in Maida, Falce del Viaggipo (Bari) . La lunga sequenza del Paleolitico superiore di Grotta paglicci inizia con livelli Aurignaziani , recentemente individuati. Seguono diverse fasi del Gravettiano, con datazioni C14 comprese fra 22.770 a.C. e 18.210 a.C., dell’Epigravettiano antico, presente, oltre a paglicci con datazioni comprese  tra 17.650 a.C. e 15.150 a.C., in diverse altre grotte e ripari come per esempio nella Grotta delle Veneri di Parabita, a Taurisano (c14; 14.50//150 a.C. -13650//300 a.C.) Grotta delle Mura , Cipolliane  Bocca cesira; nell’Epigravettiano  evoluto noto per esempio alle Cipolliane , alla Zinzolusa  e a Paglicci (con datazioni C14 13.320//220 – 13.510//220 a.C.) e dell’Epigravettiano finale presente oltre che a Paglicci (con datazione C14 tra 12870//210 e 9490//220 a.C.), in numerose altre grotte, tra le quali si ricordano la Grotta delle Mura e di Santa Croce (Bari), le Cipolliane, Taurisano, Ugento e Grotta Romanelli, quest’ultima con datazione  C14 comprese tra 9980//520 e 7100//100 a.C.. Alcune sepolture  sono state rinvenute negli strati gravettiani e dell’Epigravettiano finale, importanti manifestazione di arte  parietale (raffigurazioni di cavalli e di mani in positivo e in negativo) sono state riferite al Gravettiano o all’Epigravettiano antico, mentre l’arte mobiliare  di Grotta Paglicci è presente in diversi livelli compresi tra il Gravettiano evoluto e l’Epigravettiano  finale.
La Puglia ètra le poche regioni italiane che presentano inoltre reperti del Neolitico antico della cultura della ceramica impressa, presenti in varie stazioni preistoriche, quali Coppa Nevigata, Francavilla Fontana, Pulo di Molfetta, Isole Tremiti e altri centri. Ai successivi stadi del neolitico appartengono i ritrovamenti di Grotta scaloria, Ostuni, Molfetta, Masseria La Quercia, la Grotta Zinzolusa, Marina di Novaglie, Scoglio del Tonno e quelli della grotta di Porto Badisco, di eccezionale interesse per le pitture parietali neolitiche conservate nel suo interno. Coi tempi eneolitico le maggiori novità culturali sono date dalla presenza di sepolture in tombe a grotti cella, come quelle rinvenute a Cellino San marco, Laterza e in altre località. Oltre che alla diffusione del megalitismo, di cui testimoniano le numerose pietre fitte e vari dolmen.
A quest’epoca appartengono molti ritrovamenti che dimostrano l’esistenza di rapporti col mondo egeo, i quali proseguono nella media e tarda età del Bronzo, epoca cui si datano  alcuni importanti abitati costieri (come la stessa Coppa Nevigata), Scoglio del Tonno e Torre Castelluccia) con resti di fortificazioni, che hanno restituito copiose quantità di ceramiche micenee o di imitazioni. All’età finale del Bronzo sono inoltre datati numerosi ripostigli.

Storia:

In epoca storica la Puglia fu abitata da genti illiriche e, sulle coste, da coloni greci. Le guerre sannitiche aprirono a Roma la conquista totale dell’Apulia. Alcune città guidate da Taranto approfittarono del successo di Annibale  a Canne per ribellarsi, ma le armi romane schiacciarono l’insurrezione. Con la divisione Augustea Apulia e Calabria costituirono la II regione comprendente anche il Vulture e parte del Molise.
Per la sua posizione geografica invidiabile, in comunicazione con le provincie orientali dell’impero, la Puglia  romanizzata ebbe un notevole sviluppo economico e il benessere e la pace sociale furono mantenuti fino alla caduta dell’impero romano d’Oriente (476), allorché subentrò la giurisdizione bizantina esercitata da un catapano. Il dominio bizantino fu contrastato dai Longobardi a cui seguirono i Franchi, i Saraceni, i Veneziani. Guerre, assedi, devastazioni, regimi fiscali oppressivi e corrotti si avvicendarono con effetti rovinosi per la popolazione, che più volte tentò di liberarsene ribellandosi. La più nota ribellione fu quella promossa da Melo da Bari, che assoldò mercenari normanni (1016) e tentò, ma inutilmente, di scacciare  i Bizantini. L’impresa riuscì invece ai Normanni d’Altavilla, che crearono nella regione la contea di Melfi o di Puglia, affidata da un’assemblea di guerrieri a Guglielmo Braccio di ferro (1043). Nel 1059 Roberto il Guiscardo ottenne da papa Niccolò II, con l’accordo di Melfi, l’investitura e il titolo di duca di Calabria e di Puglia in cambio di un atto di vassallaggio e di eventuali aiuti militari. Il destino della regione ormai era legato a quello dell’Italia meridionale avviata a unità politica, quantunque i Venziani tentassero di impedire la formazione  di uno stato forte affacciato sul basso adriatico. Sotto gli Altavilla e gli Svevi (dal 1194) la Puglia godette di speciali privilegi e di una certa autonomia amministrativa: Bari era un porto attivo per i traffici con l’Oriente; Melfi era tanto importante e sicura che i papi la scelsero come sede per solenni concili e qui fu emanata la raccolta  di leggi di Federico II per il regno di Sicilia, detta appunto Costituzione di Melfi (1231). Il grande imperatore Svevo soggiornò spesso nella regione e, non sfuggendogliene l’importanza strategica, la fortificò.
Dalla metà del secolo XIII la Puglia, divisa nei tre giustizierati di Capitanata, terra di bari e Terrad’Otranto decadde e subì passivamente l’alternarsi dei dominatori: gli Angioini dal 1266, gli Aragonesi dal 1442, gli Spagnoli dal 1504 e, dopo il breve periodo degli Asburgo (1714-38), i Borbone.
La rigida struttura feudale imposta dagli Angioini e mantenuta in seguito, la prevalenza dei latifondi e la correlativa povertà dell’agricoltura, la scarsità di centri cittadini economicamente e culturalmente aperti determinarono una struttura sociale anomala, caratterizzata dalla divisione delle classi estreme: l’aristocrazia baronale e la plebe (nell’assoluta maggioranza rurale) povera e ignorante. L’assenza del ceto medio spense l’apporto della Puglia alla vita del regno fino a tutto il Risorgimento. Dopo l’unità anche in quelle terre povere si sviluppò il fenomeno del brigantaggio, nato soprattutto dalla delusione delle popolazioni agricole che avevano sperato in un immediato sollievo dagli stenti secolari.



Campobasso


CAMPOBASSO
Assai incerte sono le notizie circa il periodo di fondazione della città e la sua storia nella fase precedente il basso Medioevo.
Allo stesso modo solo ipotesi si avanzano circa l’origine del suo nome, probabilmente derivato dal fatto che il centro si è sviluppato nella piana sottostante l’altura che domina l’abitato. Secondo altri, il nome deriverebbe, per la sua origine feudale, da campus vassorum, ovvero sede dei vassi o vassalli.
Possedimento dei Monforte, fu nel secolo XV coinvolta in ripetute  guerre in seguito alle quali essi speravano di rendersi indipendenti dai sovrani aragonesi. Questi ultimi riuscirono invece negli ultimi anni del secolo a stabilire con Ferdinando II un completo controllo sulla città, che fu successivamente venduta ad Andrea di capua, capitano generale del papa Giulio II.
Divenuta nel secolo XVI dominio di ferrante  Gonzaga e dei suoi discendenti, passò ai Carafa nel 1688 e nel 1727 fu ottenuta mediante pagamento da un gruppo di notabili locali che avviarono metodi oligarchici di governo.
Occupata il 13 ottobre 1943 dalle truppe anglo-americane, che la contesero ai Tedeschi fu teatro di strenui combattimenti.
Dal dicembre 1963 Campobasso è capoluogo della ventesima regione d’Italia.

Molise


MOLISE
Anticamente abitato dai Sanniti dai quali derivò il nome di Sannio, il territorio del Molise, dopo le devastazioni  dei Goti (535-553), nel 570 fu annesso al ducato longobardo di Benevento.
Il secolo X vide il consolidamento di alcune signorie feudali dopo la divisione del ducato di Benevento(847).
Sorsero con le contee di Venafro (964), di larino (975), di Trivento (992) e agli inizi del secolo XI di Bjano, Isernia, Campomarino, sulle quali , con l’aiuto dei Normanni, prevalse più tardi (circa 1053) quella di Bojano.
Primo signore fu Rodolfo; tra i suoi successori, Ugo II (1128-68) nel 1144 assunse il titolo di conte,ma, venuto a contesa con Ruggero II di Sicilia, dovette cedergli alcuni feudi.
In seguito ad una serie di matrimoni fra le due case, l’integrità del Molise fu però conservata fino  al secolo XIII, quando la contea passò a Tommaso di Segni, conte di Celano. Costui la cedette a sua volta a Federico II: dal 1221 al 1538 fu quindi sede con la Terra di lavoro  di un giustiziar iato e intorno al 1531 fu aggregata alla Capitanata .
Eretto in provincia autonoma nel 1806, fu aggregato a Larino nel 1811 da G. Murat.
Durante la seconda guerra mondiale fu scelto dagli alleati per lo sbarco sulle coste italiane che avvenne a termopoli. Dal 1963 il Molise è regione autonoma.

Napoli


NAPOLI
Il nucleo originario  sorse probabilmente sull’isolotto di Megaride, su cui fu poi eretto Castel dell’Ovo, e alla base della collina di Pizzofalcone, estendendosi poi in età greca  e in età romana repubblicana, più a nord est.
Neapolis (in greco città nuova) sarebbe stata preceduta da una paleopolis (città vecchia)  e da una Parthenope, fondazione di greci, presenti sul golfo  fin dal secolo VII a.C. ma, il problema di natura archeologica, rimane aperto. Certo concorsero alla formazione della città esuli da Cuma, occupata dai Sanniti nel secolo V a.C.. Di origine comunque greca, Napoli entrò nell’orbita romana nella seconda metà del secolo IV a.C. e rimase fedele a Roma contro Pirro e contro Annibale. Eretta a municipio (90 a.C.)  fu coinvolta nelle guerre civili del secolo I a.C. e ne riportò gravi danni. In età imperiale , fu largamente favorita dagli imperatori e sviluppò le sue risorse di importante scalo marittimo, di sbocco di un ampio retroterra  e di centro culturale .
Odoacre vi confinò l’ultimo imperatore  d’Occidente, Romolo Augustolo, nella suntuosa villa di Lucullo. Conquistata dagli Ostrogoti (493), solo alla fine della guerra greco-gotica passò dopo gravi sofferenze all’amministrazione bizantina  (553) come capitale di un ducato largamente autonomo. Durante l’età bizantina  (553-1137), sotto i duchi, alcuni al tempo stesso vescovi, Napoli riuscì a salvaguardare la propria libertà più volte seriamente minacciata, oltre che da sporadici interventi diretti dei sovrani nominali di Bisanzio, dai Longobardi, dai Franchi, dagli Arabi e dal Papato, con una politica duttile e tortuosa di alleanze e con un intensa operosità. Attaccata da Roberto il Guiscardo (1077) , non sostenne la successiva spinta dei Normanni di Ruggero II d’Altavilla, divenuto re di Sicilia, l’annesse dopo una lunga lotta al regno (1139). La città si adattò lentamente  alla perdita dell’indipendenza di cui di fatto aveva sempre goduto e a essere proposta a Palermo, capitale del regno, come capoluogo del principato di Capua; apprezzò tuttavia alcune temperate libertà concesse da Guglielmo II il Buono, e quando l’eredità normanna passò a Enrico VI di Svevia sostenne contro di lui il normanno Tancredi di Lecce, e si arrese allo Svevo solo dopo una dura resistenza, che pagò a caro prezzo (1194). Il governo illuminato di Federico II non valse a riconciliare  del tutto Napoli con la nuova dinastia, che le anteponeva sempre Palermo, e l’assoggettava a un pesante regime fiscale. Dopo la scomparsa di Federico II, nonostante la tutela papale, finì col cedere a Manfredi (1256), che s’adoprò per accattivarsene la popolazione. Ma sotto l’egida papale Carlo I d’Angiò instaurò un  nuovo regime sulla rovina degli ultimi Svevi (Manfredi vinto e ucciso nella battaglia di Benevento, 1266; Corradino vinto a Tagliacozzo e decapitato a Napoli, 1268), e quando con la rivolta dei Vespri perdette la Sicilia, fece di Napoli la capitale del regno. E capitale di regno la città rimase fino al 1860. Grazie a questo ruolo essa acquistò prestigio, divenne un centro politico ed economico internazionale, un polo d’attrazione della cultura, soprattutto al tempo di Roberto il Saggio; ma pagò con sacrifici gravissimi questa sua crescita, oppressa da un fiscalismo implacabile e segnata da un sempre più profondo squilibrio sociale tra un’esigua minoranza privilegiata e una massa crescente di popolo economicamente e socialmente di livello umilissimo, con classe media esigua e per di più costituita soprattutto di forestieri (fiorentini, veneziani, provenzali, fiamminghi). L’amministrazione cittadina (con i cosiddetti “seggi”, rappresentanze dei quartieri) aveva, nei confronti della corte, autonomia e mezzi molto limitati per andare incontro ai bisogni della popolazione, spesso anche colpita da calamità naturali. La città tuttavia godeva di fama e ammirazione universale. Agli Angioini, che dopo Roberto volsero in una decadenza spesso tragica, subentrò per conquista Alfonso V d’Aragona dopo un lungo assedio /1442). Benché politicamente e culturalmente all’avanguardia nell’Italia dell’Umanesimo e del rinascimento, la dinastia Aragonese fu non meno impopolare di quella angioina, soprattutto per l’invadenza di elementi catalani in tutti i settori più importanti della vita cittadina, né valse a conquistarle il popolo la sua magnificenza. La sua fine ingloriosa, dapprima all’arrivo di Carlo VIII di Francia, che vi entrò senza colpo ferire come rivendicatore  dei diritti degli Angioini (1495), e infine all’ingresso  di Consalvo di Cordava, che prese possesso  della città  in nome di Ferdinando il Cattolico (1503), dando inizio alla dominazione spagnola , non fu per nulla ostacolata dalla popolazione, divenuta politicamente indifferente, ancorché sempre sensibilissima alle suggestioni della regalità. La città ebbe da allora una notevole espansione, soprattutto a seguito dell’immigrazione di genti dalle campagne, ma vide anche momenti assai tristi: l’assedio del visconte di Lautrec, Odet de Foix (1528), l’insurrezione di Masaniello contro il viceré Ponce de Léon  (1647), il diffondersi di una pestilenza (1656) che dimezzò la popolazione, la congiura del principe di Macchia (1701).
Nel corso della guerra di successione spagnola, il viceré di Napoli passò agli Austriaci (1707-34) nella persona di Carlo VI d’Austria ma nel 1734 Carlo III di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna, cacciò gli austriaci da Napoli e la città, di nuovo capitale di un regno apparentemente autonomo, ebbe un periodo di straordinario splendore , si arricchì di monumenti, vide fiorire le lettere e le arti e potè godere della politica riformista e illuminata di Carlo III e del suo successore Ferdinando IV e della loro alleanza con la nobiltà locale.
Venne riformata l’università, istituita la cattedra di economia politica e fondata l’Accademia Ercolanense. Furono costituiti la biblioteca detta poi nazionale e il Museo, l’accademia delle scienze, l’officina dei papiri e il Collegio Militare. Dappertutto furono attuate audaci riforme politico-sociali. Gli avvenimenti legati alla rivoluzione francese ebbero vasta ripercussione anche nel regno di Napoli: Ferdinando IV partecipò alla colizione  antifrancese del 1798 e mandò un suo esercito al comando dell’austriaco Mack contro Championnet: le truppe francesi ebbero però la meglio e il 24 gennaio 1799 fu costituita la Repubblica Napoletana o Partenopea che resistette solo cinque mesi e fu abbattuta dalle truppe del cardinale Ruffo.
Il 16 febbraio 1806 la Francia reagì agli atteggiamenti antifrancesi di Ferdinando IV con l’occupazione di Napoli: il re dovette riparare in Sicilia e a Napoli si insediarono Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat poi ( 1808) , che realizzarono molte e radicali riforme (abolizione della feudalità introduzione dei codici napoleonici)  e si assicurarono la collaborazione preziosa e convinta di numerosi uomini politici come Cuoco, Gallo, Delfico e altri. Nel 1815, con la caduta di Napoleone e il congresso di Vienna, Ferdinando IV rientrò in Napoli assumendo poco dopo (22 dicembre 1816) il titolo di Ferdinando I re delle Due Sicilie.
Sconvolta dalla rivoluzione carbonara del 1820-21 Napoli ottenne da Ferdinando II, succeduto a Francesco I (1830), la Costituzione. Malgrado la politica retriva dei suoi governanti, la città vide un continuo progresso nel campo delle arti, delle lettere e della tecnica (da Napoli salpò infatti il primo battello italiano a vapore e a Napoli fu inaugurata nel 1839 la prima ferrovia della penisola, la Napoli-Portici) I moti del 1848, in seguito ai quali la Costituzione fu revocata , prepararono la liquidazione  dei Borbone: il 7 settembre  1860 Garibaldi entrò in Napoli e un plebiscito popolare sancì l’annessione della città  al regno Sabaudo. Ulteriore prova di eroismo diede la popolazione napoletana  nel corso della II guerra  mondiale, quando , dopo più di centoventi bombardamenti  aerei, durante le quattro giornate di Napoli 28 settembre 1 ottobre 1943), costrinse il presidio tedesco alla capitolazione.

Ducato di Napoli:
Fu istituito nel 638 dall’esarca Eleuterio che per ristabilire il dominio di Bisanzio accentrò i poteri civili e militari in un duca, sottoposto al patrizio o stratego di Sicilia. Il ducato comprendeva agli inizi del secolo IX: Napoli, Cuma, Pozzuoli e Salerno. Sin dalla sua istituzione  fu coinvolto in una lunga serie di guerre  causate dalla continua pressione  del Longobardi di Benevento , dei pontefici, degli imperatori bizantini  e dei corsari saraceni , la cui prima comparsa, dell’812, ebbe come conseguenza  la devastazione di Ponza  e Ischia. I Longobardi di Benevento , da parte loro,  cinsero Napoli d’assedio per ben 5 volte (822,831,832,836); dopo la seconda , essi portarono nella loro città quale trofeo il corpo di San Gennaro.
Ma nell’836, a seguito di un intervento saraceno invocato dai napoletani, furono costretti alla pace. Con Sergio I, conte di Cuma, il ducato che in un primo tempo era stato elettivo divenne ereditario. Gli succedette il figlio Gregorio III (864-870), al cui fratello Atanasio, vescovo della città, si deve se questa non fu distrutta dall’imperatore Ludovico II, quando scese nell’Italia meridionale contro i Saraceni. Sergio II (870-877) parteggiò per i Longobardi e i Saraceni, così che il fratello  Atanasio II, vescovo di Napoli, per istigazione del papa Giovanni VIII, lo accecò mandandolo poi in prigione a Roma. Ma divenuto duca lo stesso Atanasio, per timore dei Bizantini si alleò con i Saraceni e fu perciò scomunicato. Riconciliatosi poi col papa e con l’aiuto dei Longobardi, riuscì a ridurre i musulmani sulle rive del Liri e del Garigliano . Di qui poi furono scacciati da Gregorio IV (839-915), che si avvalse dell’aiuto dei Capuani, dei Bizantini e degli Amalfitani.
Con i duchi successivi iniziò la decadenza : a Giovanni II (915-919) e Marino I (919-928) succedette Giovanni III (928-968) che acquisì benemerenze culturali, ma nel 955 si sottomise alle forze bizantine inviate ad assediare la città. Marino II (968-977) fu insignito dall’imperatore bizantino del titolo di “ imperiale antipato e patrizio”:  ma Sergio III (977-999) nel 981 fu costretto ad aprire la città a Ottone II  di Sassonia; Sergio IV (1003-34), incautamente intervenuto nelle vicende del principato di Capua, fu costretto ad abbandonare la città a Pandolfo IV  di Capua, favorito forse dagli stessi Napoletani malcontenti di lui. Ma, grazie al favore dell’Imperatore Corrado II e alla banda di mercenari normanni di Rainulfo Drengot, recuperò il ducato (1030); i Napoletani tuttavia gli imposero come condizione della sua restaurazione , un importante factum (1030), che garantiva a tutti i cittadini: proprietà, libertà personale, libero commercio, rispetto degli stranieri, rinuncia a fare guerra, pace e alleanze senza il consiglio della maggior parte dei nobili napoletani.
Rainulfo Drengot  fu compensato con la cessione del feudo  di Aversa , che divenne in breve  una ben munita fortezza . I successivi duchi furono impegnati soprattutto a difendersi dai Normanni, che trovarono proprio in Aversa una testa di ponte per la successiva immigrazione  degli Altavilla., i conquistatori di tutto il mezzogiorno . Attaccata da Roberto il Guiscardo, Napoli conservò la sua indipendenza fino all’avvento di Ruggero  II al regno di Sicilia , al quale il duca Sergio VII (ca 1121-37), dopo avere resistito a due assedi, nel 1137 dovette cedere; gli fu poi leale vassallo  fino alla morte. Il ducato entrò allora  a far parte della monarchia Normanna . I Napoletani  dovettero consegnare al re le chiavi della città (1139) che poté tuttavia conservare  i suoi antichi privilegi come soggetta all’alta sovranità dell’imperatore bizantino.

Regno di Napoli:
La vittoria ottenuta nel 1266 da Carlo I d’Angiò contro Manfredi segnò, col passaggio dell’Italia meridionale agli Angioini, l’avvio di quel processo di distacco della Sicilia dal continente che nel 1282 si concretizzò nei Vespri Siciliani  e nella successiva separazione dell’isola dal regno Angioino . Oltre che capitale, Napoli dicenne così il centro di gran lunga più importante  della nuova entità statale , nell’ambito della cui storia la fase angioina  si protrae dal 1266 al 1442. Morto carlo I nel 1285, gli succedette il figlio Carlo II, ma costui potè prendere possesso del regno solo nel 1288, allorché gli Aragonesi, che lo avevano fatto prigioniero, lo liberarono in seguito alla stipulazione del Trattato di Camporeale. Proseguite fino al 1303, le ostilità tra regno napoletano e Aragonesi per il possesso della Sicilia si chiusero con la costituzione  in Sicilia di un regno di Trinacria in mano agli Aragonesi. Nel corso di queste vicende gli interessi degli Aragonesi furono più o meno apertamente  difesi dai pontefici Martino IV, Onorio IV, Niccolò IV e Bonifacio VII e ciò ebbe come conseguenza, nel periodo successivo, un allineamento del regno napoletano sulle posizioni papali.
Simili orientamenti trovarono  la loro più ampia concretizzazione  nel lungo regno di Roberto (1309-43), che si oppose non solo nell’Italia meridionale, agli interessi imperiali e, nel nome della più assoluta fedeltà al soglio pontificio, favorì ovunque le correnti più intransigenti del guelfismo. Morto Roberto, la corona passò alla nipote Giovanna I (1343-81), sotto il cui regno esplose il conflitto per la successione  tra i seguaci di Carlo III di Durazzo e quelli di Luigi, duca d’Angiò. Proseguita dai figli  dei contendenti, questa lotta portò al trono Ladislao di Durazzo (1386-1414) che si rifece alla politica di Roberto. Al regno di Giovanna II (1414-35), ultima sovrana del ramo Angiò-Durazzo, seguì, dopo un nuovo periodo di lotte, Alfonso I d’Aragona (1442-58), che assunse per la prima volta il titolo di “ re delle due Sicilie! E con cui ebbe inizio una successiva fase, quella aragonese appunto, della storia del Regno. Nonostante le sue ambizioni di conquista nell’Italia settentrionale , Alfonso operò per rilasciare economicamente e culturalmente  il regno  dissanguato dalle precedenti  guerre e fece gravitare  su Napoli il resto dei suoi domini: Sicilia, Sardegna, Aragona e Baleari. Le complesse vicende politiche della penisola  attrassero però nel regno  di Napoli il sovrano francese Carlo VIII, che, terminata nel febbraio 1495 la conquista dello stato meridionale fu costretto  a risalire la penisola lasciando Napoli  a un successore di Alfonso, Ferdinando II. Occupato nel 1500 da Francesi e Spagnoli, il regno fu nuovamente oggetto di contesa tra le due potenze che non riuscirono a trovare  un accordo, situazione di cui si giovò la Spagna , che riuscì ad estendere  il proprio potere all’intero territorio. A caratterizzare la fase Spagnola (1504-1707)  contribuirono fattori politicamente  ed economicamente negativi quali la sclerotizzazione  di classi parassitarie  legati all’occupante , ma pronte a tributare ad altri i propri  favori pur di mantenere  inalterato il proprio potere .
A scuotere l’immobilismo politico e la cristallizzazione degli squilibri sociali  di questo periodo  non valsero le celebri insurrezioni di Napoli (rivolta di Masaniello, 1647) e di Messina (1674). Tra il 1707 e il 1734 il regno fu dominato  dagli Asburgo d’Austria , che videro nel 1713 rafforzato il proprio potere  in seguito alla stipulazione  del trattato di Utrect,che, ponendo fine alla guerra  di successione spagnola , rafforzò l’influenza austriaca in Italia . Nel 1735  re Carlo III di Borbone ebbe, in seguito alla stipulazione del trattato di Vienna , che pose fine alla guerra di successione polacca , il diritto , per se  e per i propri successori, di esercitare il potere  della dinastia borbonica  sul regno napoletano. Il periodo che va dal  1734 al 1860 costituisce dunque , con le eccezioni della Repubblica Napoletana e del periodo dell’influenza francese , la fase borbonica del regno. Caratterizzato all’inizio da spinte progressiste, questo periodo vide in seguito stemperarsi progressivamente le tensioni  al rinnovamento, parallelamente al delinearsi di un amministrazione  sorda a qualsiasi istanza popolare, e per contro, disponibile a far di tutto per perpetuare quell’immobilismo politico , economico e sociale, che già dal tempo del dominio spagnolo tanto aveva nuociuto alla causa dello sviluppo dello stato. Nel 1759 Carlo III di Borbone ebbe il regno di Spagna  e questa eventualità, prevista dal trattato di Aquisgrana  del 1748, avrebbe dovuto, in base a quegli accordi , provocare l’ascesa  al trono di Napoli di suo fratello Filippo. Carlo eluse però le clausole accettate undici anni prima e riuscì a lasciare al figlio  Ferdinando la corona dell’Italia meridionale. Salito al trono come Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia , questi proseguì la politica moderatamente illuministica avviata dal suo predecessore su suggerimento del proprio consigliere  Bernardo Tanucci che l’aveva seguito da Parma a Napoli. Particolarmente nei confronti dei privilegi ecclesiastici Tanucci, che rafforzò ulteriormente la propria influenza sulle decisioni della corona sotto il regno di Ferdinando , agì con decisione espellendo, per esempio, i gesuiti e requisendone i beni. La politica filo spagnola caldeggiata da Tanucci  irritò però gli Asburgo, che aspiravano ad estendere ulteriormente l’influenza politica di Vienna sulla penisola.
Maria Carolina d’Austria riuscì ad ottenere nel 1776 l’allontanamento dello scomodo ministro e l’allineamento di Napoli su posizioni filo asburgiche. Conseguenza di ciò fu la fine del riformismo in politica interna e l’aperta conversione della corona a quei criteri immobilistici e conservatori che, come s’è detto, caratterizzarono, in una visione d’insieme, il dominio borbonico sull’Italia Meridionale. All’effimera parentesi della Repubblica Napoletana (1799) seguì quella dell’influenza francese , che si articolò in una fase di semplice condizionamento politico napoleonico (1800-06), nel regno di Giuseppe Buonaparte (1806-08) e in quello di Gioacchino Murat (1808-15) .
Rientrato a Napoli nel 1815, Ferdinando riebbe il proprio potere parallelamente  al definitivo declino delle fortune napoleoniche e l’anno seguente unificò anche formalmente la Sicilia e Regno di Napoli dando vita al Regno delle due Sicilie (1816-60), alla testa del quale si pose assumendo  la denominazione di Ferdinando I.
Turbata dai moti popolari del 1820-21, l’ultima parte del regno di Ferdinando I fu caratterizzata dall’adozione di drastiche misure repressive sulle quali, oltre che sull’appoggio austriaco, la dinastia borbonica poneva ormai tutte le proprie speranze di mantenersi al vertice  dello stato. Morto Ferdinando nel 1825, gli succedette il figlio Francesco I (1825-30), che nel 1828 represse con estremo vigore i moti del Cilento. Ferdinando II (1830-59)  governò secondo criteri impopolari che alienarono ulteriormente alla dinastia borbonica le simpatie  della popolazione , rafforzando così i presupposti per il crollo che sotto il suo successore Francesco II (1859-60), travolse, con la dinastia al potere, la stessa istituzione statale dell’Italia meridionale.

Campania


CAMPANIA
Preistoria:
I reperti più antichi della regione provengono dall’isola di Capri, dove è stato rinvenuto un giacimento del Paleolitico inferiore attribuibile ad una fase dell’Acheuleano medio-superiore. Nella zona di marina di Camerota, in tre località costiere , Cala d’Arconte, Capo Grosso e Cala Bianca, sono conservati depositi con industrie riferite a due distinte fasi dell’Acheuleano. In numerose grotte costiere sono presenti depositi  con industrie musteriane. Nella Grotta del Poggio e nella Grotta Taddeo sono stati rinvenuti  alcuni denti, un astragalo e un frammento di femore neandertaliani . Una mandibola frammentaria di un bambino neandertaliano di circa 3-4 anni di età è stata rinvenuta nel riparo del Molare. Industrie  del Paleolitico superiore sono note  fra l’altro, nella grotta di Castelcivita , nei dintorni di Palinuro (in superficie e in numerose grotte costiere) e nella Grotta La Porta a circa 40 chilometri da Salerno.
A Capri la Grotta delle Felci ha restituito notevoli prodotti ceramici neolitici. . L’età del rame è rappresentata dalla facies culturale del Gaudo, alcuni importanti abitati dell’antica e media età del Bronzo, come Palma Campania e La Starza (dove è documentata una ricca stratigrafia con materiali che vanno dal neolitico alla tarda Età del Bronzo), presentano evidenti tracce  di una fine improvvisa, dovuta a una periodica attività vulcanica. Alla fase iniziale della media Età del bronzo vanno anche riferiti i resti di edifici e complessi artigianali di Buccino e le fasi di massima fioritura dell’abitato sorto sull’isola di Vivara, dove recenti campagne di scavo hanno permesso di recuperare grandi quantità di ceramiche egee. Alla facies culturale appenninica si data, infine, la stipe rinvenuta  nella grotta di Pertosa. Nell’età del ferro, in cui predomina il rito funerario dell’inumazione, è possibile distinguere alcune necropoli a incinerazione (capua , Pontecagnano, Sala Consilina) i cui materiali mostrano parentele con quelli della facies culturale villanoviana.

Storia:
Il nome Campania comparve in età antichissima (secolo V-IV a.C.) a designare il fertile territorio pianeggiante intorno a Capua (ager campanus) bagnato dal mar Tirreno e delimitato dal monte Massico, dal subappennino e dalla penisola Sorrentina.
Nel secolo VIII a.C. giunsero coloni greci sulla costa; in seguito gli Etruschi che nel secolo VI si stabilirono nell’entroterra . Dopo la decisiva sconfitta di questi ultimi  subita a Cuma nel 474 a.C. a opera dei Greci, giunsero i Sanniti, che assimilarono usi e costumi etruschi . Seguirono i romani (secolo IV a.C.) la cui pacifica dominazione durò sette secoli e fu raramente turbata ; a loro si devono importanti opere pubbliche. Nel 90-89 a.C. fu concessa la cittadinanza romana. Nell’ordinamento augusteo la Campania felix fu compresa nella prima regione  che, col nome di Latium Campania, abbraccia anche il Sannio occidentale, il paese dei Picentini ed il territorio dal Garigliano al Tevere.
La Campania fu sconvolta dagli avvenimenti che seguirono la caduta dell’impero romano d’Occidente (476 d.C.)  con la successiva occupazione da parte degli Eruli prima, dei Goti e dei Bizantini poi, conservando tuttavia l’unità amministrativa ereditata dai Romani. Seguirono i Longobardi (secolo VI) , i ducati di Salerno, Benevento e Capua , trasformati più tardi in principati .
Napoli intanto sottrattasi all’influenza bizantina , sotto la dinastia dei Sergi (secolo IX) raggiunse una posizione di notevole pregio. La vita politica e la fiorente attività economica e commerciale si spostarono verso la Sicilia con l’arrivo dei Normanni che tendevano ad espandersi verso l’Oriente (periodo delle Crociate). La Campania divisa nei giustizierati di terra di lavoro, Ducato di Amalfi e Principato di Salerno, perse oltre alla sua unità anche autonomia e prestigio entrando nel sistema amministrativo generale  dell’Italia meridionale. Solo Salerno e Napoli conservarono alcuni privilegi con la concessione di Tancredi (secolo XII). Sia i Normanni sia gli Svevi (subentrati a questi nel 1194) lottarono contro ogni interferenza del papato, i grandi feudatari e le velleità autonomistiche delle città. Essi costituirono uno stato che per ordinamenti e concezioni fu uno dei più moderni del tempo. Con la morte di Federico II di Svevia, lotte sanguinose infransero tragicamente il sogno di dominio dei suoi eredi. Nelle battaglie di benevento (1266) e di Tagliacozzo (1268), Manfredi e Corradino furono sconfitti a opera di Carlo d’Angiò, capostipite degli Angioini , che portò la capitale da Palermo a Napoli nel 1282. Con i suoi eredi la Campania conobbe un periodo di benessere, fino alle lotte tra Angioini e Aragonesi, che dominarono dal 1443 al 1504. La discesa di Carlo VIII e l’intervento di Ferdinando d’Aragona fecero della Terra di Lavoro il teatro di continue battaglie finché la Spagna con la conquista di Napoli nel 1503 rimase padrona del regno, che a partire dall’anno seguente fu affidato al governo di un viceré. La situazione interna, prospera all’inizio, peggiorò a poco a poco con l’indebolimento della Spagna dovuto alle continue guerre da essa sostenute; il regno oberato di balzelli andò impoverendosi, generando malcontento negli strati popolari, la cui manifestazione più clamorosa fu la rivolta del luglio 1647, guidata da Masaniello. La situazione migliorò quando venti anni di dominio austriaco la corona passò a Carlo di Borbone (1734) i cui discendenti regnarono fino al 1860, salvo le due interruzioni del 1799 (Repubblica Partenopea) e del 1806-15 (regni di Giuseppe Bonaparte e di Giocchino Murat). L’azione riformatrice di Carlo III (1734-59) e del Tanucci durante la minorità di Ferdinando IV giovarono soprattutto alla Campania, sede della capitale, che beneficiò anche delle grandiose opere pubbliche innalzate. Caduto Murat, i Borbone esuli in Sicilia tornarono: essi non seppero comprendere lo spirito dei tempi nuovi e generarono malcontento.
Sorse la carboneria che in Campania trovò ampia diffusione; da Nola partì la rivoluzione del 1820; nel Cilento si ebbero i moti del 1828 e anche nel 1848 fu Napoli la prima città di terraferma che insorse e obbligò Ferdinando II a concedere la Costituzione , che però ebbe breve vita. La spedizione dei Mille vide la Campania accogliere trionfalmente Garibaldi , la cui vittoria nella battaglia  del Volturno  (ottobre 1860) segnò la fine della dinastia borbonica .
Durante la seconda guerra mondiale  gli alleati utilizzarono  la Campania come la loro massima base logistica in Italia anche dopo che si erano aperti la via di Roma.


Catanzaro


CATANZARO


La città è stata fondata dai Bizantini alla fine del secolo IX a difesa contro i Saraceni, divenne contea coi Normanni di Roberto il Guiscardo (1059) e centro importante per l’industria serica.
 Passata al demanio regio, dal 1252 fu infeudata ai Ruffo da federico II e successivamente ai Carafa e ai Soriano. Sotto il dominio Spagnolo decadde a causa dell’oppressivo fiscalismo, mentre in età napoleonica divenne il più importante  centro della regione, sede universitaria.
 Fu centro importante anche sotto i Borbone. Prese parte  attiva ai moti del 1820-21, del 1848 e del 1860.
Con l’unità ebbe a risentire le conseguenze del contatto improvviso con l’Italia settentrionale e fu uno dei focolai del brigantaggio.
Il movimento popolare prevalentemente contadino vi ebbe poi rigoglioso sviluppo (occupazione delle terre, lotte per i patti agrari) e per qualche tempo resistette anche al fascismo.

Calabria


CALABRIA

Preistoria e Storia:
Le più antiche testimonianze della presenza dell’uomo in Calabria sono state rinvenute nel giacimento di Casella di Maida (Catanzaro), con industria preacheuleana databile tra il 700.000 e 500.000 anni fa.
Un importante giacimento di superficie dell’Acheuleano finale, con bifacciali, hachereaux , strumenti su ciottolo e su scheggia (questi ultimi anche di tecnica levalloisiana), è stato individuato in località Rosaneto nei pressi della foce della fiumara Noce-Castrocucco. Non lontano, livelli musteriani sono presenti nella grotta di Torre Nave (Praia a Mare), con fauna e cervidi e altre specie di ambiente montano, e nella grotta di Torre Talao (Scalea).
Una mandibola di bambino neandertaliano è stata rinvenuta ad Archi (Reggio Calabria); un parietale  neandertaliano proviene da Nicotera. Una tra le più importanti sequenze preistoriche italiane è stata identificata nella Grotta del Santuario della madonna a Praia a Mare  con, dal basso verso l’alto: livelli della fine del Paleolitico superiore (Tardigravettiano) datati circa 12.000 anni a. C. del mesolitico, di diverse facies del Neolitico medio e superiore, dell’Eneolitico con ceramica stile Piano Conte, del bronzo (Protoappenninico) e , infine, di epoca tardo romana del III secolo d.C.
Di notevole interesse sono il riparo e la Grotta del Romito (Papasidero, Cosenza) con livelli dal Gravettiano, all’Epigravettiano  (con datazione  a circa 18.700 a.C.) , al Romanelliano (circa 10.960 a.C.) e al Neolitico.
Quattro sepolture sono state rinvenute nei livelli romanelliani; due degli inumati erano affetti da nanismo. Un grande bovide e due animali più piccoli della stessa specie sono stati incisi, in epoca probabilmente corrispondente alle sepolture , su un grosso masso presente nel riparo . L’età del Bronzo  vede la fioritura di alcuni  importanti centri , come Torre del Mordillo e broglio di Trebisacce.
All’età del ferro sono databili le necropoli a fossa o a grotti cella  artificiale di Torre Galli , Canale Janchina  e Francavilla marittima.

Storia:

Anticamente abitata da gente di stirpe ligure-iberica, fu successivamente fu successivamente sede di una fiorentissima civiltà originata dalla migrazione greca che vi si diresse a partire dal secolo VIII a.C. fondando ricche e prosperose colonie. Conquistata poi dai Romani (secolo II a.C.) e passata ad Annibale nel corso della II guerra punica, dopo la battaglia di Zama fu nuovamente sottomessa. Presidiata  da colonie romane (Crotonee Temsa, 194 a.C.; Ipporno, 192 a.C.) e attraversata dalla strada Capua Reggio, che avrebbe dovuto più facilmente legarla alla capitale , fu nuovamente sconvolta dall’insurrezione di Spartaco che vi sirifugiò nel 71 a.C. e la percorse in lungo e in largo arruolando seguaci dappertutto.
Prostrata poi dalla malaria e da una profonda crisi economica aggravatesi alla fine dell’impero, la regione trovò qualche tranquillità e benessere solo ai tempi di Teodorico (494-526) e di Cassiodoro, che con Vivarium diede origine ad uno dei primi centri monastici dell’Occidente. Passata quindi ai Bizantini (guerra greco-gotica, 535-553) e parzialmente occupata dai Longobardi di Benevento e di Salerno (secolo IX), ritornò tutta in mano dei Greci per opera di Niceforo Foca, il quale assieme ai Longobardi scacciò dalla regione anche i Saraceni che a partire dall’840 vi avevano stabilito numerose basi lungo la costa (Siberene, l’odierna Santa Severina, Tropea, Amantea) Tuttavia il dominio Bizantino, dopo essere stato vanamente  attaccato da Ottone II (982), cadde facilmente sotto i colpi dei Normanni che ne portarono a termine la conquista in soli dieci anni (1050-60). Il loro governo ordinato e sicuro, la riapertura dei traffici marittimi e terrestri, l’appoggio alla latinizzazione del clero e al monachesimo benedettino favorirono una notevole ripresa della regione che continuò poi anche sotto gli Svevi (1214-66) grazie soprattutto a Federico II. La dominazione degli Angioini segnò invece un periodo di grande depressione per il diffondersi del latifondo di tipo feudale e di esose tassazioni che furono continuate e inacerbite anche sotto gli Aragonesi. Di qui perciò, le numerose rivolte fra cui soprattutto famose quella guidata da Antonio Centiglia (1458-59) e ferocemente repressa da Ferdinando I d’Aragona e quelle, posteriori, di T. Campanella (1599) e di Masaniello (1647). Sotto il governo Spagnolo, infatti, a causa del crescente strapotere dei baroni locali, la situazione economica e politica andò peggiorando e aumentò perciò il malcontento del popolo. Non venne però mai meno la fede quasi mistica nel re (visto appunto come supremo difensore nei confronti dei baroni) e fu probabilmente a essa che in gran parte si dovette il notevole contributo che i Calabresi diedero alle bande legittimiste del cardinale Ruffo contro le forze della Repubblica Partenopea (1799) e dei fratelli Bandiera (1844). Notevole d’altra parte, fu il contributo della regione all’organizzazione carbonara e alle lotte del Risorgimento: nel 1848 divampò infatti un’ennesima anche se vana rivolta contadina, a cui tennero poi dietro i moti scoppiati nel 1860 allo sbarco di Garibaldi a Melito di Porto Salvo che segnò la rapida caduta di tutta la regione e la sua annessione all’Italia. Successivamente teatro della sfortunata spedizione garibaldina sull’Aspromonte (1862) e della spietata repressione  del brigantaggio  (1861-66), la Calabria dovette sopportare a lungo, dopo l’unità, una triste condizione di arretratezza e di povertà che per la complessità delle sue cause è ben lontana ancora dall’essere stata completamente superata.

Potenza


POTENZA

Città di origine incerta, fu conquistata dai Romani e ridotta a Prefettura per avere aiutato Annibale. Durante l’impero raggiunse notevole floridezza divenendo uno dei centri più importanti della regione.
 Nel 402 d.C. fu presa dai Goti di Alarico e nel secolo VI fu annessa dai Longobardi al Ducato di Benevento. Nell’847 entrò a far parte del principato di Salerno  di cui seguì lungamente le sorti.
Nel 1137 venne conquistata dall’imperatore  Lotario e da Innocenzo II. Nel secolo seguente  fu favorita dagli Svevi e, avendo parteggiato per Corradino, fu devastata da Carlo I d’Angiò (1269) e unita al demanio. Infeudata al conte Giovanni Pipino (1301), più tardi fu di Ugo Sanseverino e poi degli Origlia. Ai primi del secolo XV venne presa da Francesco Sforza che la dette a Michele Attendolo (1435), ai Guevara e ai Loffredo.
Dopo aver valorosamente combattuto contro le truppe del cardinale Ruffo, nella prima metà dell’Ottocento diede notevole contributo alla causa risorgimentale e il 18 agosto 1860 fu la prima città dell’Italia meridionale a insorgere contro i Borbone..

Basilicata


BASILICATA
Preistoria:
Il più antico terreno della Basilicata noto appartiene al Permiano superiore e fa parte di una formazione marina calcarea, detta calcare di Abriola, assai fossilifera. Il Triassico è caratterizzato da una formazione di facies pelagica dello spessore  di qualche centinaio di metri, con calcari selciferi, diaspri e scogliere di dolomie intercalate in scisti silicei, riconoscibile a Lagonegro e nei monti di Pignola presso Potenza.
Ai calcari selciferi segue la formazione mesozoica detta degli scisti silicei, in realtà costituita da diaspri a radiolari con intercalazioni argilloscistose e breccioline calcaree per uno spessore di circa 300 m.
Sopra questa formazione si colloca una serie comprensiva di terreni argilloscistosi, indicata genericamente come flysch, che dal Giurassico superiore arriva fino oltre il Paleogene. L’assetto è complicato da forti disturbi tettonici che impediscono una chiara determinazione tra terreni autoctoni e alloctoni: infatti su formazioni plastiche argilloscistose paleogeniche sono sovra scosse, durante il Neogene, formazioni fliscioidi provenienti dall’area tirrenica. Sondaggi per la ricerca di idrocarburi hanno individuato la presenza di terreni pliocenici sabbiosi e marnosi trasgressivi, mascherati dalla coltre di depositi pleistocenici. Il Pleistocene marino è soprattutto diffuso nella Fossa Bradanica, dove il Calabriano raggiunge spessori superiori anche ai 1000 metri: in trasgressione su terreni più antichi si hanno calcareniti, i “tufi” di Matera, argille, sabbie e conglomerati. Nel Quaternario soprattutto durante  l’interglaciale Mindel-Riss, si esplicò intensamente l’attività del Vulture, unico vulcano del versante adriatico. Questo strato vulcano, caratterizzato da lave basiche fortemente sodiche, è stato responsabile della formazione dei laghi di sbarramento di Atella e di Venosa, successivamente riempiti da depositi limnovulcanici in cui si sono rinvenuti resti di Elephas antiqus, di Magaceros solilhacus, di ippopotami e tracce di industrie di tipo acheuleano.
Nella regione esistono numerosi rinvenimenti preistorici che attestano la presenza dell’uomo  fino dal Paleolitico inferiore. Un manufatto litico isolato è stato rinvenuto a Irsina, al di sotto di uno strato contenente materiali vulcanici provenienti dalle più antiche eruzioni del Vulture, datate circa 800.000 anni Numerosi siti sono noti nel bacino pleistocenico di Venosa. In località Loreto è stato messo in luce un livello di abitato tipo logicamente attribuito al Tayaziano. Non lontano, in località Notarchirico, sono stati recentemente scavati undici livelli dell’Acheuleano medio, databili ntorno a 350.000 anni.
Un femore umano frammentario attribuito a Homo erectus, è stato rinvenuto nel livello più recente. Numerosi altri siti di superficie (Castelluccio, Sanzaniello) hanno restituito materiali litici riferibili all’Acheuleano superiore e finale. Al Mesolitico appartengono alcune pitture rupestri scoperte in località Topa li Sassi (Filiano). La civiltà neolitica è rappresentata da restidi abitati a sepolture  in varie località presso  Matera; dai rinvenimenti di Serra d’Alto prende nome un noto tipo di ceramica neolitica  dipinta. Le ricerche in corso dalla fine degli anni sessanta a Toppo Daguzzo hanno permesso di acquisire  importanti dati  sulla fisionomia culturale della regione nel periodo compreso tra l’Eneolitico e la media Età del bronzo. Alla fase finale dell’Età del bronzo appartiene la necropoli a incinerazione di Timmari. Altri resti di necropoli appartengono all’avanzata età del ferro. Particolarmente  interessanti sono le tombe recentemente  scavate a Lavello, in contrada Casino, che mostrano l’esistenza , nel secolo VII a.C. di un aristocrazia locale, dominata da capi guerrieri.

Storia:
La Basilicata (il cui nome probabilmente deriva da basilico, funzionario bizantino), era originariamente abitata dagli Enotri e fu poi colonizzata dai Greci nelle zone costiere (secolo VIII-VI a.C.) e in seguito occupata dai Lucani (secolo V) che si spinsero a est sino al Coscile (Ionio)  e a ovest sino a Pissunte e a Lao. Successivamente travagliata da lunghe lotte con Sibari, Crotone (secolo IV) e Taranto (secolo III)  e alleata di Pirro e Annibale durante la seconda guerra Punica , pur di sottrarsi al predominio dei Romani venne infine conquistata da questi ultimi che più tardi la incorporarono   insieme al Bruzio nella III regione augustea.
All’inizio del Medioevo, dopo le invasioni di Visigoti, Goti e Ostrogoti, la regione (mentre si andavano consolidando varie chiese vescovili)  fu per molto tempo contesa tra i Bizantini occupanti la fascia costiera e i Longobardi attestati all’interno. Nell’847 entrò a far parte del principato autonomo di Salerno, nato dalla divisione del ducato longobardo di benevento, mentre alcuni territori rimanevano ai Greci o venivano congiunti alla Puglia (Melfi, Montepeloso, Genzano, Forenza, Venosa ecc.) . Occupata quindi dai Normanni (seconda metà del secolo XI) , subì un grave processo di frazionamento a cui venne posto termine solo intorno al 1130. La regione, comunque, non comprese più tutti i territori dell’antica Lucania, ma solo quelli dell’odierna Basilicata. Le autonomie locali furono relativamente rispettate e le condizioni economiche migliorarono notevolmente malgrado le frequenti lotte intestine  e i saccheggi di campagne e città.
In quel periodo la zona di Vulture e i castelli di Melfi e di Lagopesole costituirono la residenza estiva di sovrani e nella stessa Melfi, diventata nel 1041 capitale, Federico II promulgò, circa due secoli dopo (1231), le sue Costitutiones melfitanee. Succedutisi quindi nel governo Svevi, Angioini e Aragonesi, il loro dominio fu essenzialmente caratterizzato da faide e contrasti tra popolo e signori da un lato e potenti locali e governo centrale dall’altro. Fu infatti dalla Basilicata che ebbe inizio la vasta ribellione continentale che durante la guerra del vespro vide un folto gruppo di feudatari ghibellini arroccarsi a strenua difesa nel lagonegrese mentre Ruggero di Lauria teneva in scacco l’avversaria flotta francese. E fu  ancora in Basilicata del resto che alla morte di Alfonso V il Magnanimo (1458) nacque e s’accrebbe la famosa congiura dei baroni che tanto gravemente e a lungo mise a repentaglio il governo centrale aragonese. Il successivo dominio spagnolo, invece  portò a un insperato e lungo periodo di calma, turbato soltanto dalle prevedibili ripercussioni del moto masanelliano (1647-48) . I contrasti per il riscatto dalle servitù feudali , la rapacità dei nuovi baroni e l’anarchia  dei poteri pubblici non impedirono infatti il relativo mantenimento della pace i cui benefici effetti si rivelarono  anche in un certo incremento demografico (111.000 abitanti nel 1500; 196.000 nel 1648) che si accentuò poi notevolmente nel secolo XVIII. Anche la Basilicata, del resto, non rimase esclusa dal generale moto di rinnovamento culturale e politico  di quel secolo: come M. Pagano e il vescovo giansenista A. Serrao testimoniarono  con il loro sacrificio al tempo della  reazione sanfedista (1799) e come ribadirono le rivolte  “democratiche”  che in quegli anni si succedettero un po’ dappertutto. Occupata quindi dalle armi francesi dal 1806 al 1815, dopo la restaurazione borbonica la regione fu fiorentissimo centro di numerose società segrete la cui azione fu ferocemente combattuta con ogni mezzo.
Nel 1848, così, la concessione dello statuto cadde in mezzo ad una classe politica  impreparata ad accoglierlo e ugualmente avvenne nel 1860 con la spedizione di Garibaldi. Il passaggio  al nuovo ordine politico amministrativo del Regno d’Italia  non migliorò di molto  la situazione; si ebbe anzi il divampare del doloroso fenomeno del brigantaggio che mise in luce ancora una volta i violenti contrasti sociali che travagliarono  quei luoghi e che non poterono certo essere eliminati dalla dura repressione del tempo. Nel secondo dopoguerra, i nuovi tentativi di risollevare l’economia della regione, attuati con la riforma fondiaria e gli interventi della Cassa per il Mezzogiorno, non hanno però corrisposto alle aspettative.



L'Aquila


L’AQUILA
La fondazione della città avvenne nel 1254 contro i feudatari imperiali con l’appoggio di Alessandro IV che la riconobbe comune in statu libertatis e vi trasferì (1257) la sede vescovile  di Forcona , contribuendo a dare  alla città un orientamento guelfo. Per questa colorazione politica, Manfredi stabilì nel 1259 di farla distruggere. Passati quasi sei anni Carlo d’Angiò, chiamato in Italia  da Urbano IV per contrastare Manfredi, ricostruì l’abitato cingendolo di mura. Nel 1294 la città divenuta centro fiorente , ospitò Carlo II d’Angiò in occasione della solenne incoronazione  di Celestino V, avvenuta nella chiesa di S. Maria di Collemaggio. Dall’epoca della ricostruzione, dopo avere raggiunto un non facile equilibrio politico, la città rafforzò la propria autonomia : imponeva tasse al contado, istituiva un camerlengo, disponeva di zecca e di esercito. Nel secolo XIV era considerata dopo Napoli la più importante città del regno angioino, le industrie e i commerci erano adeguatamente sostenuti  dalla ricca oligarchia artigiana e mercantile , la quale tuttavia dovette  subire la ribellione del popolo capeggiata da Lalle Camponeschi.
Le agitazioni di classe si intersecarono con i dissidi della casa angioina  con la rivalità tra Angioini e Durazzaschi.
Questi avvenimenti di natura politica, unitamente al terremoto del 1461 e alla peste nel 1477, sfinirono la città che aprì le porte agli Aragonesi vincitori sugli Angioini, sostenuti dagli stessi Aquilani.
Ribellatasi nuovamente durante la congiura dei baroni (1485-86), si appoggiò al papato; ma dopo solo un anno Alfonso d’Aragona vi riaffermò il suo dominio.
L’aquila seguì le vicende del Regno di Napoli durante le lotte tra Francia e Spagna per il predominio in Italia.
Un’altra sollevazione popolare veniva soffocata nel 1529 dal principe d’Orange e viceré di Napoli  che saccheggiò la città, perseguì gli abitanti, impose forti tasse e si fece costruire il noto castello.
Sconvolta dai terremoti del 1646 e del 1703, riedificata nel corso del secolo XVIII ebbe un periodo di relativo benessere  con i Borboni, insorse nel 1799 contro i Francesi ma ebbe la peggio e fu saccheggiata .
Restaurato  il governo borbonico, prese parte ai moti insurrezionali (1831,1833,1848) fino all’annessione al Regno d’Italia nel 1860.

Abruzzo


ABRUZZO o ABRUZZI

L’Abruzzo sede di numerose popolazioni  di stirpe Italica (Sabini,Vestini , Marsi, Peligni, Marucini, Frentani e Sanniti), entrò nell’orbita romana fin dalla seconda guerra sannitica (304 a.C.).
 Se da un lato l’influenza di Roma stimolò un certo progresso economico, demografico e delle vie di comunicazione , dall’altro l’avidità della grande aristocrazia militare e senatoriale scatenò la reazione delle popolazioni che, guidate dai Marsi e riunite in una federazione con capitale Corfino, insorsero nella guerra sociale (90-88 a.C.) .
 Ottenuta la cittadinanza romana, la regione fu incorporata in un organica unità amministrativa all’inizio dell’impero quando Augusto, divisa l’Italia in undici regioni, comprese quasi interamente l’attuale Abruzzo nella IV di esse, chiamata d’apprima Sabina Samnium e poi provincia Valeria.
Devastato e conquistato dai Longobardi (sec.VI), l’Abruzzo fu aggregato al Ducato di Spoleto e passò quindi col ducato stesso  sotto la dominazione franca , che, pur lasciando sostanzialmente immutata la situazione , l’organizzò in comitato  autonomo, la Marsica con capitale Celano.
La regione venne popi lentamente penetrata dai Normanni  (dal 1140) , che si videro infine riconosciuta la conquista da papa Adriano IV  (trattato di Benevento , 1156)  Ai Normanni seguirono ben presto  (1194)  gli Svevi e con esso l’Abruzzo  posto al confine tra i loro territori e quelli della chiesa , acquistò importanza  strategica nelle lotte tra impero e papato ; sul suo territorio, percorso da eserciti di ogni sorta , si decise ( Tagliacozzo, 1268) la sorte degli svevi  e l’Abruzzo passò  con tutta l’Italia meridionale , agli Angiò cui seguirono poi i Durazzeschi e Aragonesi .
Sotto il dominio spagnolo risentì della generale decadenza  e prese parte alla rivolta di Masaniello (1647) . Passato infine ai Borboni  (1734) , dopo un breve dominio Austriaco  (1707-34), fu  diviso in tre province (i tre Abruzzi)  denominate rispettivamente  Ulteriore (Teramo), Ulteriore II (L’Aquila) e Citeriore (Chieti) .
Sotto il governo borbonico  l’Abruzzo rimase  salvo il breve periodo napoleonico  e della Repubblica Partenopea , fino al 1860 quando venne unito all’Italia con il resto del Regno di Napoli.