geronimo

giovedì 15 maggio 2014

TAOISMO

TAOISMO
(da tao) formazione particolare della religione nazionale cinese che si realizza presumibilmente intorno al secolo V a.C. in concorrenza con il confucianesimo, come sbocco pragmatico  e soteriologico di una vasta crisi politico-sociale.In tal senso è possibile differenziare l’orientamento confuciano  da quello taoista come “restauratore” il primo e “rigeneratore” il secondo . Il confucianesimo pone la salvezza individuale  in una “restaurazione”  dell’impero, sia pure su nuove basi etico-religiose, mentre il taoismo pretende di “rigenerare” individuo e società svincolandoli “dall’ordine imperiale”  e vincolandoli (o adeguandoli) all’ordine cosmico chiamato tao. La concorrenza al confucianesimo si esplica a vari livelli : si contrappone a Confucio  un maestro fondatore dello stesso prestigio, Lao-Tse, figura più o meno leggendaria ; a una letteratura confuciana si oppone un canone  taoista (una raccolta sterminata di testi , studiata solo parzialmente) ; all’esaltazione cunfuciana della cultura si oppone l’esaltazione della natura, o di una condizione naturale più adeguata al tao.  Quest’ultima contrapposizione, che è fondamentale per la comprensione del taoismo, ha tuttavia ingenerato interpretazioni equivoche: si è spesso voluto vedere nel taoismo  una religione popolare (contadina) che tuttavia non avrebbe mancato di ispirare  filosofi e persone di alta cultura, ferma restando una specie di frattura tra la teoria di questi e la pratica delle masse . C’è persino chi ha voluto distinguere nello stesso taoismo di massa tra un adesione formale ai rituali taoisti e un interpretazione popolare (magistica e animistica)  dei rituali stessi; cos’ che si è all’assurda classificazione di tre taoismi: Taoismo filosofico, Taoismo culturale e Taoismo popolare. In realtà si può e si deve parlare di un unico taoismo in cui la cultura popolare  (contadina)non è ne fonte d’ispirazione per una sistematica filosofica, ne fonte di degradazione di questa stessa sistematica, ma è semplicemente  un segno distintivo del modo di essere Taoista che si realizza in opposizione all’”ordine attuale” contrassegnato a sua volta dalla “città” (contrapposta alla campagna) e dall’erudizione (contrapposta all’ignoranza contadina) Quanto agli elementi tradizionali, e dunque popolari, utilizzati dall’ideologia taoista per la propria realizzazione essi sono altrettanto “popolari” di quelli confuciani, attingendo entrambe le formazioni religiose al patrimonio tradizionale cinese; per esempio il culto dei morti trova addirittura più rispondenza nel confucianesimo che nel taoismo. E dunque non sono questi elementi che possono distinguere i due diversi orientamenti, il confuciano e il taoista, ma è piuttosto il modo con cui gli elementi stessi sono strutturati. Il taoismo, se si segue questa linea esegetica, ci appare realmente  un indirizzo univoco, quali che siano le sue contingenti formulazioni storiche. Il suo fine è un ritorno alle “ condizioni paradisiache” originarie del mondo. Il momento delle origini che, rispetto all’ordine attuale è qualificabile negativamente come caotico, nell’orientamento taoista , che invalida l’ordine attuale, assume al contrario valori positivi e diventa un’età aurea anteriore al tempo storico. E’ un età aurea che a volte trova un’oggettivazione oltre che in un tempo cosmico (un “tempo” prima del tempo in cui vive l’umanità attuale), anche in un luogo cosmico (un luogo “fuori” del luogo in cui vive l’umanità attuale) : le isole fluttuanti su un mare abissale, nel quale vivono i Santi Immortali. E’ un luogo che non stà in “nessun luogo” : è letteralmente un’utopia .
E di fatto si ha notizia di movimenti utopistici  che puntualizzano la storia del taoismo . Si prenda come caso esemplare , o come il più clamoroso , quello dell’utopia T’ai p’ing (Grande Pace) . Un santone taoista Chang Chao nel secolo II , in risposta alla crisi politico sociale che finì con l’eliminazione della dinastia Han , predicava l’avvento di un era T’ai P’ing  che, nello schema tipico taoista si doveva realizzare con la rottura dell’ordine attuale  “imperiale” e “cittadino”  per iniziativa della popolazione  “contadina” . La predicazione trovò immediata rispondenza  presso le classi oppresse  e provocò la ribellione all’impero ; la rivolta dei Turbanti Gialli , che organizzati da Chang Chao in 36 armate di una decina di migliaia di uomini  ciascuna, in poco tempo conquistarono tutto il territorio a nord del Fiume Giallo . All’organizzazione militare di Chang Chao fece seguire un’organizzazione civile, naturalmente teocratica, con a capo lui stesso come Duca del cielo. La rivolta fu domata con una sanguinosa repressione, ma l’utopia di Chang Chao restò come modello d’orientamento per una prospettiva sociale  del taoismo antimperiale e anticonfuciana . Sul piano della salvezza individuale  evidentemente il taoismo si espresse in altro modo : all’utopia subentrò l’estasi, alla rivolta armata la tecnica estatica, all’edificazione di un corpo sociale l’edificazione o il potenziamento del corpo (fisico) individuale, alla concorrenza con il confucianesimo la concorrenza con il Buddhismo.
Ferma restava la rottura con ogni principio etico fondante l’ordine attuale, secondo gli insegnamenti del Tao-te-ching, il più antico testo taoista: la “bontà “  e l’”equità” sono idee artificiose sorte per giustificare le azioni non più conformi al tao; la “prudenza”, la “saggezza”, la “lealtà” non sono virtù ma strumenti del potere politico; la “pietà filiale” e l’”amore paterno” sono artifici per tenere in piedi un istituto familiare in realtà disgregato dal disarmonico comportamento dei suoi membri. Sono idee che se a livello collettivo portavano alla rivoluzione (o alla distruzione del mondo attuale) , a livello individuale portavano alla rinuncia della vita di relazione, ossia del “mondano” , una rinuncia che, nei termini della nostra cultura, si definirebbe mistica. Su questo terreno, come si è detto, il taoismo si pose in concorrenza con il buddhismo, anche se non mancò di accoglierne certi principi e soprattutto le tecniche  estatiche caratterizzanti il tantrismo. Sennonché il taoismo rivendicò la paternità delle presumibili derivazioni buddhiste, asserendo che il buddhismo deriva dal taoismo, e persino che Buddha non è altri che una reincarnazione di Lao Tse. Si è detto che il taoismo si originò presumibilmente intorno al V secolo a.C.; tuttavia le notizie certe di una religione taoista organizzata non vanno oltre il secolo II a.C. , quando il taoismo penetrò nel mondo dell’ufficialità. Bisogna giungere al secolo V d.C. per trovare una complessa organizzazione di tipo ecclesiastico, retta da un Maestro celeste, il cosiddetto “papa taoista”. In tale organizzazione  s’istituzionalizzarono concetti fondamentali e modi di espressione. Gli astratti principi si personificarono in esseri sovrumani. Si stabilì una relazione di culto tra gli uomini e questi esseri. L’universo si popolò di” geni e di santi, o puri, o venerabili” . Su tutti primeggiava una triade costituita da Yu Ching, Shang Ching e Tai Ching. Il culto, che ignora il sacrificioo, consiste sostanzialmente nella preghiera e in riti di venerazione. Il fondamentale rifiuto del mondano ha trovato espressione nell’istituto monastico, di chiara derivazione buddhista . Sotto la dinastia Tang (a partire dal secolo VII)  il taoismo raggiunse oltre che il riconoscimento ufficiale  anche un prestigio tale  da varcare i confini della Cina ; penetrò persino in India  (Assam) . L’ultimo imperatore Tang, tuttavia mise al bando  il taoismo, insieme al buddhismo ed a altre religioni penetrate in Cina  (nestoriani, manichei, zoroastriani)) in una politica di rivalutazione  del confucianesimo (secolo X) . Con l’avvento dei Mongoli e la loro politica favorevole al buddismo , fu quest’ultimo e non più il confucianesimo l’avversario del taoismo. Il taoismo perse  irrimediabilmente prestigio e non sarebbe mai più tornato all’ufficialità . Sopravvisse tuttavia come un autentico prodotto  della cultura cinese , emergendo in varie occasioni  e in varie forme di contestazione  dell’ordine costituito , o in assoluto, della mondanità:

LAO TSE

(o Lao Tsu, il “Vecchio Maestro”) , fondatore del Taoismo (forse secolo VI-V a.C.) . Secondo la tradizione cinese sarebbe autore del primo trattato della nuova religione, il Tao Te Ching (Testo della Via e della Virtù-Potere), ma la critica storica ne fissa la composizione nel secolo IV a.C. Né la composizione di questo libro è la solo nota leggendaria nella vita di Lao Tse; egli è un personaggio enigmatico che si conosce non per dati  storici, ma per dati agiografici o mitici.

Infatti nella considerazione religiosa Taoista, Lao è presente come sovrumano oggetto di culto, e non come un filosofo, sia pure fondatore di una religione. Tra gli elementi che compongono al sua leggenda si ricorda la nascita prodigiosa dopo una gestazione di 80 anni (il numero dei capitoli che compongono  il Tao Te Ching).

CONFUCIANESIMO 2

CONFUCIANESIMO

Il Confucianesimo è la dottrina di Confucio e dei suoi seguaci che ha dominato per oltre duemila anni la vita etica, politica e religiosa della Cina, in quanto prescriveva i riti di stato della casa imperiale, come pure il culto degli antenati della famiglia e forniva sia il codice pubblico di comportamento (che i regnanti della Cina e i loro funzionari dovevano rispettare), sia il codice privato della vita familiare.
Confucio è il nome latinizzato di Kung Fu Tse (maestro Kung), nato nel 551 a.C. a Lu, l'odierna Qufu, nello Shandong. Figlio di un funzionario statale in pensione (di famiglia quindi povera ma aristocratica), dovette affrontare non poche difficoltà materiali. Aspirando alla vita politica attiva, egli divenne prima prefetto, poi intendente ai lavori pubblici, infine ministro della giustizia, cercando di riorganizzare, sulla base di norme e ideali di tipo feudale e pre-feudale, l'amministrazione dello Stato (il Chou orientale, che stimava per la raffinatezza della sua civiltà e perché aveva conservato e perfezionato i riti delle due dinastie precedenti).
Più probabilmente però il Confucio storico, insegnante e letterato è stato fatto ministro e saggio con un seguito di cinquemila seguaci, riverito da tutti, soltanto da una tradizione posteriore. Di sicuro egli passò molti anni da uno Stato all'altro offrendo collaborazione e competenza ai sovrani più illuminati. E comunque i suoi tentativi di mediazione politico-filosofica fallirono abbastanza miseramente, in quanto risultava impossibile conciliare gli ideali pre-feudali (ad es. di benevolenza e pietà filiale) con quelli tipici della sua epoca, dominata da forti contrasti territoriali e politici.
Confucio visse in un periodo di transizione, caratterizzato dallo smembramento del regno dei Chou orientali in diversi Stati feudali decentrati. Egli cercò di frenare il processo di disgregazione in atto, ribadendo i principi del tradizionale sistema gerarchico-patriarcale dei Chou, ovvero cercando di democratizzarli o di umanizzarli al massimo (ad es. egli disse: "Il Cielo parteggia solo per colui che è riverente; il popolo ama solo colui che è benevolente; gli spiriti accettano solo i sacrifici di colui che è sincero"), ma non trovò l'appoggio né dei principi feudali, né del re Chou, che se in teoria poteva sostenere le sue idee, in pratica non aveva la forza per applicarle.
Il regno dei Chou orientali infatti fu incapace di adeguarsi alle esigenze di autonomia e di protagonismo sociale che manifestavano le nuove classi di proprietari fondiari: capi militari e funzionari statali, che non ricevevano più la terra in eredità ma come donazione da parte dei governatori del regno per i servizi prestati (senza che si consultasse la volontà del re), oppure i mercanti, che erano già in grado di comprarsela.
Ecco perché, dopo aver costatato l'indifferenza se non l'ostilità di diversi sovrani, Confucio decise di ritirarsi a vita privata, dedicandosi completamente, e fino alla morte (479 a.C.), allo studio dei testi classici degli antichi saggi cinesi e all'insegnamento.
Pare sia stato uno dei primi insegnanti professionisti della Cina, avendo fondato a Lu la prima scuola privata, che impartiva nozioni, a pagamento, su cose pratiche e su come governare: essa era aperta anche ai figli di artigiani, commercianti e contadini, un'innovazione clamorosa per la sua epoca. Egli diceva infatti che "il diritto di governare non l'hanno i nobili di nascita, ma soltanto chi ha capacità e nobile comportamento".
L'estrema fiducia nei mezzi della persuasione ragionata portò Confucio e molti suoi discepoli, per non pochi secoli, a disprezzare l'attività militare, determinando così la debolezza della Cina di fronte alle invasioni dei mongoli. In politica interna essi affermavano che per riunificare il Paese e instaurare la pace occorreva soltanto l'esempio di uno Stato ben governato. Di fronte a tale esempio le altre popolazioni si sarebbero ribellate ai loro governanti per unirsi a questo Stato. I confuciani erano infatti convinti che "il popolo ha ogni diritto di ribellarsi a un cattivo governo". Molti di loro pagarono con la vita l'opposizione all'imperatore (il grande storico Suma-Chien fu condannato all'evirazione). Ancora due millenni dopo, nel 1911, i rivoluzionari cinesi che rovesciarono l'impero e instaurarono la democrazia si richiamarono proprio alla teoria confuciana del diritto di ribellione.
Un episodio della biografia di Confucio narra che quando egli fu ministro della giustizia, fece demolire i baluardi fortificati delle tre più potenti famiglia dello Stato Lu. Una di queste però si oppose costringendolo a espatriare per ben 14 anni.
L'insegnamento di Confucio fu preservato dai suoi discepoli (alcuni dei quali, peraltro, raggiunsero posti di rilievo nell'amministrazione dello Stato feudale), nei "Colloqui", una raccolta non sistematica di brevi aneddoti e detti, fatta molti anni dopo la sua morte. I testi canonici, cioè i Quattro libri (intellettualmente più evoluti) e i Cinque canoni, hanno poco di religioso: si tratta piuttosto di regole per l'agire pratico (personale, familiare, sociale e politico-amministrativo). E' una sorta di filosofia del vivere civile, con risvolti che potremmo definire di tipo religioso. Non ci sono tuttavia rivelazioni, dogmi, sacramenti, miracoli, cosmogonie e apocalissi.
Lo studio del Confucianesimo venne proibito durante la dinastia Qin (221-206 a.C.), che seguì a quella Chou. Unificando i vari Stati esistenti e proclamandosi per la prima volta nella storia cinese, imperatore, il sovrano Cheng iniziò un movimento irreversibile di identificazione nazionale, comportandosi in maniera ostile nei confronti della tradizione confuciana, ritenuta troppo compromessa col feudalesimo del periodo precedente (nel 213 a.C. ordinò addirittura il rogo dei libri confuciani). Ma la dinastia successiva degli Han (202 a.C.- 220 d.C.) restaurò le tradizioni confuciane, tanto che nel 59 d.C. l'imperatore Ming-Ti ordinò gli inizi di un culto a favore di Confucio. Da allora e sino agli inizi del XX sec. la sua popolarità non conobbe declini, nemmeno in presenza del buddismo.
* * *
La religione di Confucio non è una fede che dipende da una "rivelazione", ma è piuttosto una filosofia esistenziale: non ci sono dogmi né clero (nel senso di una casta sacerdotale professionale, in quanto l'esecuzione dei riti era generalmente affidata a funzionari statali e capifamiglia). Essere virtuosi, per Confucio, significa avere autocontrollo, moderazione e saper agire con giustizia, a imitazione degli antichi, che non avevano leggi esteriori costrittive e che consideravano l'amore per il prossimo non un semplice dovere ma un'esigenza vitale. Prima di ricercare dio (che coincide col "cielo"), l'uomo deve conseguire questi prerequisiti umani attraverso l'educazione e l'autoeducazione. A chi gli chiedeva di parlargli dell'aldilà, Confucio rispose: "Non abbiamo ancora imparato a conoscere la vita, come potremo conoscere la morte?".
In queste parole si riassume l'atteggiamento non solo dei confuciani ma anche dei cinesi di fronte a quei problemi che ogni chiesa o confessione considera tipici della personalità religiosa. I cinesi hanno più interesse per la vita pratica che non per il futuro dell'anima. L'idea di dio per loro equivale a quella di natura e nella storia religiosa della Cina non vi sono mai stati grandi apostoli, martiri o redentori. Anche i capi religiosi furono pochissimi. Confucio, ad es., non era una figura monastica: amava suonare il liuto, cantare in coro, andare a caccia e a pesca. D'altra parte nessun cinese si è mai sentito esclusivamente confuciano, buddista o taoista. Tutte e tre le religioni, infatti, insegnano che l'uomo, all'origine, è buono e che può raggiungere la salvezza attraverso la conoscenza della natura umana.
Il primo ambito sociale in cui l'uomo impara ad essere autentico, secondo Confucio, è la famiglia. Il figlio apprende la pietà filiale: deve al padre rispetto e sostegno nella vecchiaia, mentre il padre gli assicura protezione e lo aiuta a formarsi.
Il secondo ambito è la società civile, ove si apprendono e si applicano la giustizia, l'altruismo, la compassione e soprattutto la benevolenza (che sta alla base di tutte le virtù).
Il terzo livello è quello dello Stato, ove i sudditi (specie i funzionari statali) sono tenuti alla lealtà-fedeltà, a condizione naturalmente che il sovrano governi con virtù e non con lassismo e corruzione o tramite la rigorosa applicazione delle leggi. Confucio era favorevole a una monarchia patriarcale, feudale e gerarchica.
In pratica i confuciani concepivano lo Stato come una grande famiglia al cui vertice stava il re ("mandato dal cielo"), mentre più in basso tutti osservavano i diritti-doveri della loro condizione sociale, secondo un codice prestabilito che regola i rapporti tra signore e vassallo, tra padre e figlio, tra il primogenito e gli altri fratelli, tra marito e moglie, tra amici e compagni.
In effetti il Confucianesimo si prestava molto ad essere utilizzato come una religione di stato. Esso equiparava il sovrano al sommo sacerdote in grado di governare per il "mandato ricevuto dal cielo": mandato revocabile ogniqualvolta il sovrano spezza l'armonia fra ordine sociale e naturale. E' il sovrano che promulga ogni anno il calendario dei doveri civili e rituali.
Significativo il fatto che questa dottrina, raccolta in diversi libri e rielaborata dai suoi discepoli, fu alla base degli esami con cui si selezionarono i funzionari statali dal 1313 al 1905.
I due concetti-chiave del Confucianesimo sono il rito e la benevolenza: entrambi presuppongono il retto agire e il buon governo. I "riti" sono la forma dell'agire, la "benevolenza" ne è il contenuto. Il rito dipende dalla benevolenza: senza questa diventa formale, vuoto, falso.
Il rito più importante è il culto degli antenati, che è in verità la fonte di tutte le religioni cinesi. Questo culto venne introdotto all'inizio della dinastia Chou (1122-256 a.C.) e Confucio non fece altro che divulgarlo. Ai suoi tempi gli antenati non erano più divinizzati, ma semplicemente venerati. Il culto era eseguito dai capifamiglia (o dai capi-clan). A fondamento del culto sta la pietà filiale prolungata oltre la morte. Il fine è quello di mantenere viva la coscienza di appartenere a un gruppo molto più vasto di quello che si vive sulla terra.
Ogni famiglia aveva un proprio tempio (ogni gruppo familiare uno per il capostipite, e così via, sino agli antenati dell'imperatore). Al suo interno vi erano delle tavolette geroglificate, conservate in piccole teche: ognuna di esse rappresentava un antenato. Le cerimonie venivano compiute in momenti particolari (nascita, morte, matrimonio, ecc.), oppure quando si doveva chiedere consiglio-assistenza per poter prendere importanti decisioni.
A Confucio non interessava tanto il rapporto degli uomini con le anime di questi defunti (non esiste nel canone una "teologia dell'aldilà"), quanto il fatto che in tal modo l'unità della famiglia (e quindi della nazione) restava salvaguardato. Il rito doveva servire per tenere unita la famiglia, la società e lo Stato: doveva insomma dare agli uomini il senso di appartenere a una collettività molto vasta, forte e compatta, insegnando loro le virtù.
Ancora oggi i funerali cinesi sono molto meticolosi e ritualizzati, ma non lugubri. Sulla tavoletta, di solito, viene incollata la foto del defunto e scritto il nome con l'indicazione dell'età e dello status sociale che aveva avuto in vita. I cibi, offerti in maniera simbolica, vengono consumati dagli stessi donatori in un secondo momento. Non mancano corone di fiori, incenso, candele, lanterne di carta e rozzi sai con cappuccio indossati dai parenti del defunto.
Per i confuciani, una persona quando muore ha l'anima che si separa in tre parti: una sale in cielo, la seconda rimane nella tomba per ricevere sacrifici e offerte di cibo, la terza viene localizzata nella tavoletta del tempio. Quest'anima può trasformarsi in uno spirito buono o cattivo: la sua sorte è decisa dal suo passato e dalla sollecitudine con cui i parenti ne onorano la memoria. Quindi più sontuose sono le cerimonie funebri e i riti commemorativi e più aumentano le probabilità ch'egli divenga uno spirito buono e di conseguenza benefico per i vivi. Probabilmente anche questa particolare e molto sentita venerazione ha impedito il diffondersi del cristianesimo in Cina. Il regime comunista permette solo le feste principali: Capodanno (con la famosa processione del drago, considerato simbolo benefico), le Barche del Drago, l'Ottava Luna. E' a Singapore, Hong Kong e Formosa che si può assistere alle feste più colorite e festose. Il rito per i confuciani è così importante che ancora oggi non disdegnano quelli di origine taoista e buddista.
Sul piano dei valori il concetto fondamentale promosso da Confucio è quello di benevolenza, paragonabile al concetto di "amore". La famosa massima evangelica "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te" era stata detta da Confucio cinque secoli prima. Né gli era sconosciuto il concetto di "amore universale" (il principio è: "considera tutti come fratelli") e di giusto mezzo (secondo cui per cercare di realizzare un ideale bisogna scendere a leciti compromessi). Politicamente egli concepiva il sovrano ideale come un individuo virtuoso e benevolo, liberale nell'accordare i benefici e cauto nell'applicare i castighi.
L'aspetto più negativo della dottrina confuciana è senza dubbio la sua concezione della donna, considerata di molto inferiore all'uomo. Il confucianesimo tolse alla donna cinese la superiorità che le restava nella vita familiare e praticamente la "seppellì" nel puritanesimo dell'epoca manciù (XVIII sec.). Ancora oggi la cerimonia nuziale e la vita coniugale risentono di questa forte discriminazione.
* * *
Dopo la morte di Confucio e con la definitiva disgregazione dello Stato Chou, i discepoli si divisero in due gruppi, preoccupati di trovare una definizione etica e normativa della morale che fosse valida in sé e per sé, e anche per rispondere alle forti critiche del filosofo progressista Mo Ti, che rifletteva l'ideologia dei contadini, dei piccoli artigiani e commercianti oppressi. Mencio (372-287 a.C.) razionalizzò l'insegnamento di Confucio sulla "benevolenza" (o bontà di cuore) e sull'importanza dei valori morali nella società, dando così inizio a una disputa che avrebbe occupato i pensatori confuciani per diversi secoli. Mencio infatti sosteneva come norma della moralità la natura umana, che è fondamentalmente buona, per cui alla vita morale occorreva soltanto un processo di autoperfezionamento. Qui il discorso religioso diventa più esplicito, poiché il tentativo è quello di mostrare come il dio-cielo (concepito come forza morale) si rapporta all'uomo e lo aiuta a realizzarsi.
Xunzi (298-238 a.C.), che è il terzo fondatore del Confucianesimo, sosteneva invece che la natura umana è incline al male e solo attraverso un'educazione imposta dall'esterno, essa può vivere pacificamente e con dignità. Da notare che fu soprattutto Xunzi a sviluppare il lato pratico della religione confuciana con la sua dottrina dell'azione rituale. Confucio si era soffermato soprattutto sull'esigenza di vivere la vita con umanità e di preservare i riti tradizionali. Xunzi formalizzò e codificò questa prassi, introducendo nuovi riti, i quali, peraltro, essendo prevalentemente dei sacrifici ufficiali statali, erano poco sentiti dal popolo.
Dong Zhong-Shu (197-104 a.C.) riuscì a far adottare il Confucianesimo come religione di stato sotto la dinastia degli Han (136 a.C.). Fece questo a prezzo di forti concessioni e con molto eclettismo: ad es. esaltò il ruolo del re abbassando quello del popolo (il re non è più "mandato dal cielo" e quindi revocabile, ma "esecutore del cielo", per cui la volontà dell'uno è sempre conforme a quella dell'altro). Naturalmente Dong preferiva la scuola di Xunzi. E grazie a lui si svilupparono notevolmente la burocrazia imperiale e la meritocrazia, cui il sistema degli esami per il mandarinato diede forte impulso. Sotto questa dinastia, il confucianesimo si arricchì di una cosmologia e di una metafisica, basata sul dualismo di yin (principio femminile, ombra, freddo, riposo, passività, terra) e yang (principio maschile, luce, calore, energia, attività, aggressività, cielo).
Con l'avvento della dinastia Sung (960-1279 d.C.) il pensiero confuciano entrò nella sua nuova e ultima fase di elaborazione. A partire dal XII sec. sorge praticamente il "neo-Confucianesimo", in direzione del panteismo e sotto l'influenza del Taoismo e del Buddismo. La prima scuola, detta "della ragione", dà una certa importanza alla materialità della vita, sostenendo che le contraddizioni pratiche possono pregiudicare seriamente la felicità dell'uomo, per cui il loro esame è indispensabile per modificare la realtà. Tuttavia, non ponendo la materia a fondamento dell'essere ma un'astratta legge o regola universale, questa scuola non determinò un nuovo interesse per l'osservazione scientifica. La preoccupazione fondamentale fu quella di studiare la storia passata e i testi classici, considerati depositari del modello ideale del "buon governo". La seconda scuola, detta "della mente" (che raggiunse il suo apice nei secoli XV e XVI), fu molto più idealista, in quanto sosteneva una stretta identità di essere e coscienza a partire dalla coscienza, per cui la felicità e la conoscenza dell'uomo dipendevano unicamente dalla introspezione e dalla illuminazione intuitiva.
L' impostazione del Confucianesimo data da Dong rimase praticamente invariata sino al 1905. Poi il culto statale venne riorganizzato nel 1907 e soppresso nel 1912. Durante la "rivoluzione culturale" maoista ci si scagliò contro il Confucianesimo in quanto tale, senza distinguere le idee originarie del fondatore da quelle, di alcuni suoi seguaci, che poi risultarono dominanti. Una campagna anti-Confucio è stata condotta anche nel 1973: sotto accusa furono quegli insegnanti che si servivano di metodi autoritari. La casa di Confucio venne saccheggiata dalle "guardie rosse": le preziose edizioni di antichi testi confuciani conservate nella biblioteca, la statua di Confucio, quelle dei suoi quattro discepoli e seguaci più celebri, i vasi sacrificali, gli antichi strumenti musicali, fra i quali il liuto: tutto andò distrutto. Poco dopo la morte di Mao, la città natale di Confucio è stata riaperta ai turisti cinesi e dal 1979 anche agli stranieri.
Oggi in Cina il culto è seguito da circa 200 milioni di persone: dal 1984 la ricorrenza della data di nascita di Confucio si celebra con grande solennità. Sua è una delle sentenze adottate dal PCC: "Che importa se il gatto è bianco o nero, purché acchiappi i topi". Al di fuori della Cina, il Confucianesimo si è sviluppato soprattutto in Corea: al Nord vi sono 7 milioni di seguaci, al Sud 2 milioni. In Giappone si diffuse a partire dal XV sec., dove sussiste ancora oggi sotto forma di dottrina filosofica tradizionale. Per effetto dell'immigrazione cinese, il confucianesimo si è diffuso anche in Vietnam, Thailandia, Filippine, Indonesia, Malesia, ecc., raggiungendo la cifra di circa 300 milioni di fedeli.



CONFUCIANESIMO 1

CONFUCIANESIMO

Religione sorta dall’insegnamento di Confucio nella Cina del secolo V a.C. in risposta ad un esigenza d’ordine particolarmente sentita in quel periodo di confusione  ed incertezza per una grave crisi  politico-sociale  . L’idea base era di inserire il sistema politico-sociale cinese nell’ordine cosmico , rendendolo così “assoluto” e capace di offrire all’individuo sicurezza  e garanzia di salvezza . La realizzazione dell’idea richiedeva : la ricerca dei legami tra nazione cinese e cosmo; l’organizzazione della nazione cinese modellata sulle strutture cosmiche; la codificazione di norme di comportamento a cui attenersi per partecipare  vantaggiosamente all’ordine ristabilito e per contribuire alla sua stessa  edificazione.  Cercare i legami della nazione cinese con il cosmo significa  studiarne la storia, le tradizioni, gli antichi usi e costumi. Questo fu lo studio iniziato da Confucio e da lui raccomandato ai suoi discepoli. Furono raccolti in libri canonici (ching) antichi testi e documenti concernenti resoconti annalistici, riti, miti, poesie ecc.. Tutto il materiale fu vagliato ed elaborato in funzione del disegno ordinatore di base. Lo studio dei ching, divenuto nel confucianesimo una vera e propria pratica religiosa, forniva il modello di un regno ideale, quello che secondo Confucio sarebbe stato dei primi re cinesi, governato con saggezza e con giustizia. Nell’edificazione di un regno simile si può dire che consista il fine ultimo  del confucianesimo. Al punto che il regno finisce per identificarsi lo stesso cosmo e i legami cosmici a cui lo si voleva ancorare perdono la loro realtà metafisica e si trasformano in immagini. Per esempio “ Chi governa mediante la propria virtù è come la stella polare che è fissa al suo posto e tutte le stelle la onorano” (dai dialoghi di Confucio, II,1) L’unico elemento cosmico divinizzato (e dunque considerato come realtà metafisica) che il confucianesimo accoglie dalla più antica religione cinese è il Cielo (T’ien) sentito come una suprema autorità e fonte dell’autorità terrena del sovrano. A questi fa capo l’organizzazione confuciana della nazione cinese che è poi la teorizzazione in chiave religiosa  del feudalesimo già esistente: una società rigidamente gerarchizzata a forma di piramide con l’imperatore al vertice. In questo sistema le norme di comportamento codificate dal confucianesimo (li) assumono il significato di riti o azioni culturali, in quanto è per loro mezzo che si realizzano l’integrazione dell’individuo al sistema e il riconoscimento dei valori gerarchici che lo sostengono. L’osservanza del li ,equivale all’osservanza delle leggi cosmiche e pertanto garantisce dall’arbitrario, dal fortuito, dal casuale, che in ogni religione è sentito come un pericolo, il rischio di vivere nella storia. I riti divinatori, anch’essi considerati dal confucianesimo, contribuiscono per la loro parte  all’eliminazione della rischiosa “casualità” , secondo teorie mantiche  e pratiche che risalgono  alla più antica religione cinese.. A questa ancora risale il culto degli antenati che il confucianesimo organizza e incoraggia , quasi che la figura della nazione cinese  si realizzi appieno come comunità dei morti e dei viventi: le generazioni si susseguono, mentre l’impero rimane ; nell’impero è dunque la salvezza  delle generazioni, nell’impero è la garanzia  che di esse se ne conserverà memoria . L’immagine del confucianesimo  che risulta dalla sua traduzione nei termini della nostra cultura può esserequella di un sistema politico-filosofico più che religioso, ma le realtà cinesi sono  per lo più intraducibili e comunque difficilmente contenibili nei nostri concetti di politica , di filosofia e di religione. Valga da esempio ciò che viene solitamente tradotto come “virtù umanitaria” o “umanità” (jen). E’ qualcosa che rende umano il rapporto tra gli uomini e che il confucianesimo sembra considerare soltanto in vista di quella  realtà superumana  che era l’Impero. Ma se talvolta jen può essere inteso come “amore” per gli uomini, altre volte appare piuttosto una pratica utilitaristica (Non fare agli altri quel che non vuoi sia fatto a te stesso”, Confucio, Dialoghi, XII,2) o addirittura “rispetto umano”. L’amore per gli uomini diventa poi amore di giustizia, per cui può significare  persino “odio” per gli uomini malvagi: “ Soltanto chi possiede jen è capace di amare e di odiare la gente” Confucio, Dialoghi IV 3).
Il modello di ricerca di un collegamentotra nazione cinese e cosmo si svolse successivamente  anche nella ricerca di un collegamento  tra uomo (cinese) e natura umana. Tale ricerca portò a sopravvalutare la natura umana  come orientamento per l’uomo culturale cinese: Mencio, asserendo la bontà innata nell’uomo, aprì il confucianesimo a prospettive universalistiche . Ma in realtà il confucianesimo rimase la religione del sistema cinese. Anche a prescindere dalle reazioni all’apertura di Mencio, per esempio il maestro Hsun-tze, per il quale la natura  umana è cattiva e deve essere modificata dalla cultura e i cui principi informarono la successiva scuola legalistica (Fa Chia) , il confucianesimo rimase sostanzialmente chiuso entro i limiti dell’idificazione dell’impero cinese. Condannato durante la dinastia Ch’in (editto 213 a.C.: distruzione dei libri), tornò subito dopo in auge con la dinastia Han, durante la quale si formarono l’ortodossia confuciana e il canone dei libri. Arricchitosi d’implicazioni metafisiche (dinastia Sung, secolo X-XIII: neoconfucianesimo) grazie anche all’influsso di religioni concorrenti quali il buddhismo e il taoismo, restò tuttavia valido per la sua originaria ed essenziale funzione  di sistema ordinatore della cultura nazionale cinese. Sui testi confuciani si preparava la classe dirigente cinese e pertanto dal confucianesimo fu condizionato, si può dire fino ai giorni nostri, ogni sviluppo della civiltà cinese.

CONFUCIO
(cinese K’UNG FU-TZU, il venerabile maestro K’UNG), il maestro fondatoredel confucianesimo (Lu, Shantung, 551-479 a.C.) Figlio di un capitano del regno di Lu, rimase orfano di padre a tre anni; visse in povertà, accontentandosi del magro onorario pagatogli dai discepoli, che numerosi accorrevano alle sue lezioni. Nell’insegnamento (limitato alla scrittura, al calcolo e alla musica che per la prima volta vengono insegnati a persone comuni, non ai soliti aristocratici), Confucio tramanda gli insegnamenti antichi. A 50 anni diventa ministro del feudo di Lu ma, incompreso, abbandona la carica  poco dopo. Inizia una lunga serie di viaggi  alla ricerca di un principe  che lo segua nelle sue teorie.. Stanco e deluso, fa ritorno a Lu all’età di 68 anni  per dedicarsi completamente all’insegnamento  e al commento dei testi classici . Le sue considerazioni si focalizzano soprattutto sulle relazioni umane (nell’ambito sia della famiglia sia della società) ; oltre a ciò viene posta la massima attenzione ai “Riti” che servono per tutelare l’ordine . Capo della società cinese è l’imperatore , detto “Figlio del Cielo” proprio perché è l’unico mediatore fra gli uomini e il cielo . Le idee di Confucio hanno condizionato la società cinese per circa duemila anni e vennero divulgate anche in Corea e in Giappone. La parte morale dei suoi insegnamenti  fu raccolta negli Analecta, mentre 6 Classici avrebbero rappresentato per secoli la base di tutti gli esami che i “letterati” dovevano sostenere per accedere ad una qualunque carica di governo.

Confucio fu venerato a tal punto che gli furono dedicati vari templi.

martedì 13 maggio 2014

ISLAM

ISLAM
Islam: dall’arabo; sottomissione totale alla volontà divina. La religione fondata da Maometto e il sistema sociale  e politico che ne conseguì; anche il panorama storico, culturale artistico che prendono avvio nell’Arabia del profeta  si estese dai paesi  dell’Asia centro meridionale, del nord ovest africano, dell’area baltica fino alla penisola iberica.
La religione islamica si sviluppò in stretta connessione  con le vicende  e attività personali  del suo fondatore , diventando prima espressione culturale di una comunità politica , e poi, dopo aver fomentato  la spettacolosa espansione araba, la religione di un imponente massa di fedeli e una delle tre grandi religioni  universalistiche moderne ( le altre due sono il cristianesimo ed il buddhismo ) .
L’Islam nasce nella prima metà del secolo VII . L’ambiente , l’Higiaz, era religiosamente caratterizzato da culti e credenze che l’Islam stesso,  sulla falsariga della polemica antipoliteistica ebraica e cristiana, definisce politeistiche. C’è da dubitare dell’esistenza di un politeismo vero e proprio, anche se vigeva un termine , allàh , che in altre lingue semitiche  significata “ Dio” .
D’altra parte non si possono neppure attribuire  alla fase pre islamica  della cultura araba  condizioni di tipo primitivo : il Paese confinava pur sempre con civiltà superiori , quali l’impero romano d’Oriente e l’impero persiano ; e comunque si sa  di una diffusione sia da parte ebraico cristiana e sia da parte mazdea di un vago indirizzo monoteistico , al quale si adeguavano  coloro che gli Arabi stessi chiamavano hanifin , praticanti , prima dell’Islam , una vita religiosa diversa dalle masse legate  alle religioni tribali .
In questo ambiente Maometto  cominciò a predicare la nuova religione , che egli presentava come una rivelazione fattagli direttamente da Dio . In veste di profeta (rasul) Maometto  conseguì successi nella sua città natale, La Mecca , ma trovò anche un opposizione politica; perciò si trasferì nell’altro centro importante dell’Higiaz, Yatrib, che per gli islamici divenne la Città per antonomasia, ossia Medina.
Il 622, l’anno del distacco (hijra egira) dalla Mecca, segnò ufficialmente la nascita della nuova religione , secondo la tradizione islamica che da quell’anno fa decorrere  la propria era, rinunciando alla cronologia cristiana.
Il messaggio di Maometto è contenuto in un libro sacro, il Corano, dal quale emerge la credenza di un Dio unico, onnipotente e personale, Allàh . Le sue caratteristiche , più che da una elaborazione  teologica, emergono dalla rivelazioni che Allah fornisce al suo profeta  di volta in volta, secondo le diverse contingenze, a volte persino in contraddizione con quanto disposto in precedenza. Allàh si esprime ai livelli più diversi: ora reclama la conversione degli uomini in vista del Giudizio universale, e ora da disposizioni per la soluzione di una controversia d’ordine legale o amministrativo.Questa mancanza di una teologia sistematica si spiega con l’iniziale adesione teorica al dettato biblico, per cui non si aveva tanto la coscienza ne il proposito di fondare una nuova religione, quanto l’idea di rinnovare la prassi religiosa, così come risultava dall’esperienza ebraico cristiana.. Il rinnovamento, pertanto, non era contenuto nei limiti della forma religiosa, ma acquistava i caratteri di una rinascita culturale della nazione Araba. Attraverso l’Islam la nazione Araba prese coscienza di se e si confrontò col mondo in un processo espansionistico che nel termine di  pochi decenni la portò a conquistare una larga zona dell’ecumene.
Per quanto riguarda il culto , l’islamismo non è caratterizzato  tanto dai riti , quanto dall’adesione  totale alla volontà di Dio . Non che abbia eliminato  il ritualismo proprio  a ogni forma di religione , ma non lo ha codificato  in termini eccessivamente  ristretti , o meglio non ha esercitato  un reale sforzo  di codificazione  delle pratiche rituali  più diverse che gli sono venute  sia dalla tradizione Araba , sia da certi dettati  coranici  e sia dalle tradizioni dei popoli conquistati. La precettistica culturale si riduce  ai cosiddetti “ cinque pilastri” della fede: la professione di fede, il versamento della decima  alla comunità, l’esecuzione delle cinque preghiere giornaliere , il digiuno nel mese di Ramadan e il pellegrinaggio alla Mecca.
La preghiera è una espressione della dedizione a Dio ; è una affermazione dell’Islam  di portata cosmica : cinque volte al giorno , alla stessa ora, con gli stessi gesti , e rivolti nella stessa direzione  (La Mecca) , tutti coloro  che praticano l’Islam (muslim, Musulmano) confermano l’esistenza di Dio  e la loro propria esistenza  come corpo mistico  indivisibile .
Il Venerdì, il giorno sacro scelto da Maometto  per distinguersi dagli ebrei celebranti il sabato e dai cristiani celebranti la domenica, si prega collettivamente nella Moschea: la funzione, introdotta da una predica, per essere valida deve essere celebrata alla presenza di almeno 40 uomini. Il digiuno, accompagnato dall’astinenza sessuale, distingue il mese “ sacro”  di ramadan , con il mese che fonda l’anno (e il mondo) . Il Ramadan è il mese in cui Dio  ha inviato la rivelazione al Profeta , e pertanto va distinto con un comportamento ritualizzato . Al riguardo si ricorda  che digiuno e astinenza sessuale non vanno intesi tanto come rinunce in onore di Dio , quanto come rovesciamento dell’ordine usuale ; infatti il divieto di mangiare e di avere rapporti sessuali  vale soltanto per le ore diurne , mentre di notte tutto è permesso, come a significare che l’attività mondana , normalmente svolta di giorno , in questo periodo eccezionale si svolge di notte. Il pellegrinaggio alla mecca , che ogni musulmano deve compiere almeno una volta nella vita , è la continuazione , in chiave islamica,  di un antico culto pagano che si prestava a una pietra nera  racchiusa in una costruzione cubica (Ka’ba) della città. Proprio questo culto La Mecca doveva la sua importanza religiosa nel mondo arabo preislamico e d’altra parte , proprio questa importanza  fu decisiva per la nascita  e il primo sviluppo dell’ islamismo.
La dogmatica dell’Islam  si richiama a tre fonti: il Corano (rivelazione esplicita) , la Sunnah o la tradizione sul comportamento di Maometto ( rivelazione implicita) e il consenso della comunità.
La formula più nota che sintetizza la credenza islamica è la shahadah: “ Non vi è altro Dio al di fuori di Dio e Maometto è il suo profeta”. Tra Dio e gli uomini agiscono  come esseri intermedi  gli angeli che Dio ha formato di luce; non hanno sesso e trascorrono il tempo nella lode di Dio in Cielo. E’ un angelo, e precisamente Gabriele, che ha avuto il compito di trasmettere a maometto la rivelazione divina. Il diavolo (Iblis) è un angelo decaduto per non avere voluto adorare Adamo. Di derivazione pagana è la credenza in certi spiriti, detti ginn . Nel campo d’azione profetica, si distingue tra profeti e inviati: i primi hanno avuto il compito di conservare il vero culto e i secondi quello di trasmettere la rivelazione. Maometto è l’ultimo Profeta-Inviato di una serie che nel Corano è di 25 ma che, secondo la tradizione, raggiunge la cifra di 124000.
Maometto, quale ultimo e definitivo Profeta-Inviato , viene detto nel Corano stesso Khatam (Suggello). Gesù Cristo viene interpretato come un inviato. La credenza nell’immortalità dell’anima è fondamentale ; a essa consegue una rappresentazione dell’aldilà  come Paradiso ( Giannah o Firdaus)  e come Inferno  o Geenna , a cui si è destinati  secondo i meriti conseguiti  in vita. L’escatologia si completa con l’idea di un fine del mondo  e di un Giudizio Universale . Credenze a volte soltanto collaterali , ma comunque diverse , distinguono le varie sette eterodosse. Di particolare sviluppo  sono le credenze  nell’iman e nel mahdi.
Dato che con l’islam nasce non soltanto una religione ma una completa unità culturale , con dimensioni , pertanto,  anche socio politiche (oltre che artistiche e letterarie) , non fa meraviglia  che il suo sviluppo sia condizionato  da rivalità e lotte politiche , nelle quali il problema  del poter temporale  coincideva con il potere spirituale. La carica di Califfo , ossia capo dell’Islam , fu contesa da due grandi famiglie , quella degli Omniadi e quella degli Alidi , finchè si giunse  a una scissione del corpo islamico in due grandi parti con conseguenze di grandissima portata  anche per la definizione della fede .
Il partito degli Alidi  diede forma all’eresia sciita ( Ski’a) la quale con il tempo assimilò ed elaborò ideologie di varia provenienza, estranee all’Islam originario. L’unità culturale islamica  si espresse anche come un sistema di leggi , fomentando l’azione di giureconsulti che si svolse parallelamente all’azione teologica  vera e propria , talvolta addirittura intralciandone il passo. Le questioni teologiche  più dibattute furono: il libero arbitrio , che nell’ortodossia fu parzialmente negato  in favore della predestinazione ; la validità delle leggi naturali  e delle spiegazioni  razionali riguardo  ai principi islamici . Più per contrasto alle elaborazioni giuridiche e teologiche , che non contro i principi  generali dell’Islam  , che di per se è già completa dedizione  a Dio, sorgono le formazioni mistiche  islamiche. I mistici islamici , detti sufi, donde sufismo, il misticismo  islamico , si ritiravano dal mondo  per dedicarsi alla contemplazione  di Dio , mediante ascesi e mortificazioni. Attorno ad essi in qualche modo si polarizzava la religiosità del popolo , in un alone di stima  e venerazione . Considerati come santi , se ne venerarono le tombe ; e , come maestri, si formarono attorno a loro gruppi di discepoli che, a partire dal secolo XIII, diedero luogo a veri e propri ordini monastici . Nel fenomeno generale  del misticismo va compresa l’azione di quei santoni , noti con il nome di dervisci , che raggiungevano l’estasi mediante danze estenuanti , musiche , autoferimenti, e ripetizione meccanica  di formule sacre. Al misticismo pratico si deve aggiungere il misticismo filosofico  o teologico, e soprattutto quello poetico , che ha dato vita ad una letteratura i cui influssi , come espressione assoluta di religiosità, sono rinvenibili a tutti i livelli e in ogni particolare  indirizzo della religione.
Il Sistema Politico:
Il sistema politico dell’Islam  è strettamente connesso al sistema religioso. L’insegnamento del Corano dirige tutto l’orientamento politico del mondo musulmano e gli impone le sue norme. I due concetti più interessanti di questo sistema sono quelli della guerra santa  e del califfato.
La guerra santa (gihad) è l’elemento dinamico della storia islamica ; attraverso di essa si realizzarono  l’impero islamico , l’espansione della fede sino ai confini lontanissimi , la diffusione della civiltà arabo-islamica in molte parti del mondo . La Gihad è considerata dai musulmani  come il sesto pilastro  della fede da aggiungere  ai cinque fondamentali ; ma a differenza di questi, non costituisce un dovere personale  per ogni credente , bensì un dovere collettivo : il precetto si può ritenere adempiuto  quando tutta la comunità  o almeno una parte di essa  si impegna valorosamente  in una guerra contro gli infedeli . Il dar al-islam (territorio dell’Islam ) è il territorio appartenente  ai seguaci della vera fede ; tutt’attorno si stende  il dar al harb (territorio di guerra )   che, dove fosse possibile , sarebbe doveroso trasformare  in dar al-islam .
I nemici che si convertono  alla fede islamica sono accolti nella comunità  dei fedeli: sugli altri si esercita  o la “conquista per forza” o la “conquista per trattato” In questo secondo caso , i popoli del Libro  (ebrei e cristiani)  divengono protetti, pagando un imposta fondiaria ; più tardi questa concessione  si allargherà anche agli idolatri. I protetti conserveranno  il possesso della terra  ed il diritto di praticare  il loro culto . La comunità musulmana  considerata un tutt’unico , è retta da un Kalifa o imam (califfo) , che è il successore o meglio il vicario di Maometto , non già all’insegnamento religioso (che il Corano esaurisce) , bensì nell’esercizio  di funzioni politiche e giudiziarie , ambito nel quale la sua autorità è illimitata.
Il Diritto:
Il diritto Islamico comprende  la Sheriah (legge religiosa) regolatrice del comportamento esterno del fedele  verso Allàh , verso se stesso  e verso il prossimo ; il fiqh, comprensivo del diritto  delle persone , familiare, successorio, patrimoniale , giudiziario  e penale, locale con un appendice riguardante  il rituale religioso (giuramenti, voti animali  per il sacrificio, cibi e bevande leciti ed illeciti, vesti e costumanze da evitare). Autore di questo diritto  fu Maometto , che dopo la sua emigrazione  (egira) dalla Mecca a Medina (622) provvide di volta in volta a dare le norme necessarie  alla vita sociale  del sorgente gruppo di nuovi credenti: norme di carattere giuridico , ma sempre emanazione  della sua missione  di “profeta” di Allah , portanti il segno della  parola di Dio , di cui egli aveva raccolto  la rivelazione . L’osservanza della legge  non era solo un dovere civile, ma anche religioso e il potere legislativo non era compito del sovrano ma dei dottori (ulama , preti della legge) . Su questi presupposti si fondava il principio cuius religio eius lex, la confessione religiosa cioè  determinava  la personalità del diritto. Il diritto musulmano  non conosce confini  di Stato, ma si applica, unico ed identico, ovunque esista una comunità musulmana . In questa dilazione a confini esclusivamente  religiosi cadono i concetti di nazione e cittadino . Per gli individui di altra religione conviventi con i musulmani, la legge islamica imponeva il rispetto dei diritti dei fedeli musulmani  a esso adeguando la libertà di professare la loro fede religiosa e di agire in conformità di questa. Di qui le numerose giurisdizioni  confessionali esistenti  nel mondo musulmano .
Il principio cranico della fratellanza faceva tutti i musulmani uguali davanti alla legge; solo gli schiavi subivano qualche restrizione, ma in misura lieve e frequenti sono le raccomandazioni per la loro liberazione ; nei processi sulle formalità, ridotte al minimo indispensabile, prevaleva la benevolenza e si ricercava con insistenza l’intenzione  con cui l’individuo aveva agito  e su quella ci si basava  pregiudicare . Anche nei contratti, tutti bonae fidei, prevaleva la preoccupazione morale : era rigorosamente vietata l’usura ed erano favorite le fondazioni pie : Elementi costitutivi di questo diritto erano le consuetudini vigenti prima di Maometto fra le popolazioni cittadine dell’Arabia nord-occidentale e le modifiche e innovazioni da lui apportatevi : si trattava però di un materiale inorganico, per cui se ne fece presto una sistemazione che a cinquant’anni dalla morte del profeta appare già realizzata per quanto riguarda gli elementi fondamentali. La rapida espansione dell’Islamismo  lo mise in contatto  con concezioni nuove  (ideologie greco. romane e persiane) e i dottori  musulmani cercarono  nell’insegnamento e negli atti di Maometto  gli elementi per ridurre nello spirito musulmano norme e consuetudini di questi popoli : per esempio, il trattamento riservato dal Profeta agli ebrei fu preso a base della posizione  giuridica fatta ai sudditi non musulmani per la proprietà fondiaria e i tributi.. Insegnanti ed interpreti del diritto erano i dottori, i quali senza alcun carattere ufficiale, raccoglievano attorno a se  scolari e diventavano  dei veri caposcuola . I più insigni fra loro diedero vita a scuole molte delle quali scomparvero in breve tempo, lasciando spazio, nell’ambito dell’Ortodossia, a quattro principali : hanafita, fondata da Abù Hanifah (m.767) e fiorente nell’Asia centrale fra le popolazioni turche-tartare; malikita , fondata da Malik ibn Anas (m. 795), diffusasi nell’Africa settentrionale, nella Mauritania e nel Sudan; schafeita, fondata da Muhammad ash Shàfi (767-820), la cui zona d’influenza si localizzò in Somalia, Etiopia, Ciad, Kenya, Manganica e nel delta egiziano ;hambalita, fondata da Ahmed Ibn Hanbal (780-855)che fiorì nell’Iraq centrale e meridionale, in Siria, nell’Arabia centrale .
Fra gli eterodossi le maggiori scuole furono: gia’fari, probabilmente dovuta a Gia’far as Sadiq (m.765), riconosciuta dagli sciiti imamiti e ismailiti della Siria, dell’India, dell’Iraq, del Libano e della Persia; zaidita , attribuita a Zaid ibn Alì e diffusa nello Yemen centrale; ibadita, risalente ad Abd Allah ibn Ibad e fiorente in Algeria, Tunisia, Zanzibar.
Le differenze fra le varie scuole sannite (od Ortodosse) dipendono dal periodo in cui si formarono e non intaccano la vera sostanza dell’ortodossia , al punto che viene ammesso che il seguace di una scuola possa in una particolare questione seguire l’insegnamento di un’altra. In particolare si può dire che la differenza principale sta nel metodo seguito dalle varie scuole e l’osservazione vale anche per quelle eterodosse. Per tutte il fondamento del diritto è dato: dal Corano; dalla Sunnah, cioè il complesso delle tradizioni canoniche sui detti (e i silenzi) e i fatti di Maometto; dall’igma  , ossia l’accordo che su un tema particolare si stabilisce fra i vari dottori ; dal qiyas , ossia le deduzioni tratte dai dottori della legge dalle tre fonti precedenti . Il Califfo e i sovrani musulmani minori erano estranei a tutto il movimento delle scuole, limitandosi a scegliere una scuola piuttosto che un’altra per i loro territori (scelta d’altronde determinata dalla presenza più o meno cospicua di seguaci di una scuola fra i propri sudditi) e nel dettare istruzioni  ai qàdì per la casistica lasciata libera dai dottori . Solo in età moderna questo ambito si è notevolmente esteso nei contatti sempre più complessi con il resto del mondo: sono così decadute le norme per il sistema fiscale, la legge del taglione, le pene stabilite dal Corano per il foro interno. Essendo pertinenza del sovrano tutta l’amministrazione della giustizia, con l’allontanarsi nel tempo dalle fonti originarie, anche nel campo legislativosi creò una doppia giurisdizione, l’una lasciata al sovrano per le questioni che non richiedevano approfondimenti specifici, mentre queste ultime venivano attribuite al qàdì. Nell’Impero musulmano, alla fine del secolo XIX, il campo di giurisdizione del qùadì fu ridotto al diritto di famiglia, successorio e allo stato delle persone. L’esempio fu seguito anche dall’Egitto e, con varianti, in Tunisia, nel Marocco, nella Siria, nel Libano e in Palestina. Con l’istruzione della Repubblica in Turchia il diritto Musulmano fu abolito (1926). La forza della tradizione musulmana invece è ancora molto efficace tra i Beduini, i Somali, i Cabili dell’Algeria e i Berberi del Marocco . L’introduzione della costituzione in Egitto (1923), nell’Iraq (1924)  e in Siria (1930) ha privato del diritto  di legiferare i dottori musulmani  a vantaggio dei parlamenti. In iran, dove la costituzione laica si era avuta nel 1906, una forte opposizione ha costretto nel 1979 alla fuga dello scià e si è costituita una Repubblica che ha ripristinato integralmente il diritto islamico.
L’espansionismo Islamico:
La storia politica del mondo islamico si confonde ovviamente con quella degli Arabi  in un primo periodo che, per grandi linee , si conclude con il tramonto del califfato omayyade (750) . Ma già in quest’epoca, pur dominata dalla fede e dal valore militare degli Arabi, l’Islam si presentava con un credo orientato in senso universalistico e gli “ islamizzati “ non erano meno numerosi ne meno fedeli a Maometto dei musulmani d’Arabia. Sin dal primo secolo dopo la morte del profeta, il suo messaggio era arrivato all’Atlantico (Marocco) e alla Spagna da un lato, alla Persia e all’India dall’altro e pertanto non era più unicamente arabo ne portato esclusivamente dagli Arabi. Il distacco tra il mondo arabo e quello ben più vasto, che si può chiamare Islamico, si fece più evidente  con l’avvento della dinastia degli Abbasidi. Arabi, anzi meccani, costoro inaugurarono un nuovo tipo di impero che si fondava non tanto sulla superiorità degli Arabi quanto sul fermentare inquito dei popoli sottomessi, non tanto sull’ortodossia  sannita, quanto sul ribellismo sciita (almeno in un primo tempo) . Baghdad non riuscì però ad imitare Damasco e quello che era stato un impero unitario e compatto divenne un tentativo, a volte velleitario, di organizzazione politica estesa a tutti i popoli dell’Islam. Il califfato abbaside (750-1258) fu caratterizzato da un eclettismo culturale molto accentuato che mise la civiltà islamica a contatto con influenze persiane, siriache, greche, bizantine e rappresentò d’altro canto il fallimento di un autoritarismo politico-religioso che aveva animato a  lungo il mondo islamico. Già nel secolo X si erano affermati due altri califfi: quello d’Egitto (fatimita e quindi sciita) e quello di Cordova (omayyade) . Nel secolo XI gli Arabi, frenati da un ostinata tendenza al particolarismo , videro veramente sgretolarsi la loro supremazia. I Turchi da est, i Berberi da ovest si fecero paladini dell’Islam più ortodosso. I Turchi Selgiuchidi occuparono Siria, Palestina, parte dell’Asia minore, minacciarono Costantinopoli, si difesero dai Crociati dell’Occidente. Più tardi (secolo XIV) i Turchi Ottomani, sostituendosi  ai Selgiuchidi, incalzarono i Bizantini penetrarono nella penisola balcanica  e finalmente conquistarono Costantinopoli (1453). L’impero Ottomano si estese poi verso il cuore dell’Europa(secolo XV-XVII)  varcò il Danubio, minacciò Venezia e Vienna, avvolse tutto il Mar Nero, si insediò in Mesopotamia, Siria, Palestina, Egitto, occupò le terre migliori dell’Arabia e dell’Africa del nord sino all’Algeria. D’importanza assai più ridotta fu lo sforzo dei Berberi dell’Africa occidentale, che con gli Almoravidi (secolo XI-XII)  e gli Almohadi (secolo XII-XIII) cercarono di restaurare l’ortodossia e i valori religiosi in una Spagna dove l’Islam stava ormai perdendo terreno.. Non meno importante dell’espansione militare fu, per l’Islam , la penetrazione pacifica, ossia la “ diffusione della fede” in senso proprio.
Se Turchi e Mongoli islamizzati conquistarono l’India  con le armi, l’Indonesia, come del resto parecchie regioni dell’Africa nera, assorbì lentamente ma sicuramente il verbo musulmano.
La storia dell’Islam , almeno sino al secolo XIX, è apparentemente la storia di una conquista bellica; ma un esame più attento ci induce oggi a considerare prevalente l’azione d’uomini di fede e preghiera (pellegrini, mercanti,persino negrieri).
Quello ottomano fu comunque il più serio tentativo di rinnovare l’antica unità politico-religiosa dell’Islam, tentativo peraltro destinato a fallire, minato dalla pressione ideologica oltre che politica ed economica dell’Occidente. Le risposte alla sfida europea si collocarono su piani diversi. Alcune élites promossero un rinnovamento dell’ideologia islamica , recependo, con accenti diversi, i nuovi ideali di libertà, nazione, progresso scientifico. Questo movimento ebbe i suoi centri in Egitto. Persia e India. Sul versante opposto si volle invece fare leva sull’affiliazione religiosa per riproporre una politica reazionaria, di assoluta fedeltà al passato. Accanto al sultano ottomano Abd ul hamid II che promosse una crociata panislamica allo scopo di cementare le scricchiolanti strutture del proprio stato, vanno allineati in questo ambito  i movimenti politico-religiosi del Mahdì (Sudan) e dei wahhabiti (Arabia) . Entrambe le tendenze andarono incontro a pesanti sconfitte: in alcuni paesi (per esempio Turchia e Iran)  il nazionalismo che poteva radicarsi e trarre alimento da un glorioso passato preislamico , ebbe risvolti ostili all’Islam; in altri ( la stessa Turchia e la Tunisia) il riformismo islamico fu costretto a cedere il posto a un’ideologia decisamente laica; raramente le interpretazioni tradizionali dell’Islam acquistarono  un rilievo politico..
Tutto ciò favorì lo sviluppo di un apologetica concordista, diretta a dimostrare che i precetti dell’Islam non ostacolano la realizzazione delle aspirazioni dei musulmani contemporanei, propensa più a giustificare a posteriori che a indirizzare le scelte politiche (si veda il socialismo islamico) . Generalmente l’Islam è interpretato come un valore di identificazione nazionale o culturale e, tranne qualche eccezione, (l’Arabia Saudita, il Pakistan e, per un certo verso, la Libia l’Algeria e il Marocco), rimane un modo di vita soltanto per le masse popolari. Il sentimento d’unità islamica affiora soprattutto a livello della pietà popolare e acquista importanza politica soltanto in circostanze particolari.
Abolito il Califfato nel 1924, l’Islam ha trovato un punto di raccordo in periodiche Conferenze islamiche, la prima delle quali fu tenuta nel 1926. Ma se è vero che le convergenze tra gli Stati musulmani appaiono più come la conseguenza di comuni interessi economico-sociali  che non nell’appartenenza alla stessa fede, va tuttavia osservato  che con la fine degli anni settanta si è andato delineando  e via via rafforzando  una tendenza integralista.
Infatti la netta separazione tra vita religiosa e assetto istituzionale  che si era affermata in molti stati con popolazione a maggioranza islamica ha subito una battuta d’arresto con la rivoluzione iraniana dove il rovesciamento dello scià di Persia (1979)  ha favorito una costituzione di una Repubblica Islamica strettamente controllata dai vertici religiosi di rito sciita. L’esempio offerto dall’Iran, unito dalle sempre crescenti difficoltà politiche ed economiche incontrate dai regimi laici al potere negli stati a prevalenza religiosa musulmana, ha rilanciato il fondamentalismo islamico.
Tra i molti segnali della vigorosa ripresa di questo fenomeno che ha attecchito particolarmente negli stati più poveri delle società in cui esso si manifesta, vanno almeno ricordate le numerose dimostrazioni a favore di Saddam Husayn durante la guerra del Golfo e il forte radicamento visibile anche nei clamorosi successi alle elezioni amministrative (1990) e politiche (1991) del partito fondamentalista (Fronte Islamico di Salvezza , F.I.S.) in Algeria. Qui proprio per impedire l’esercizio del potere da parte del F.I.S. , è intervenuto un colpo di stato (1992) cui hanno fatto seguito l’arresto di numerosi capi religiosi e una dura repressione che non è riuscita però ad impedire del tutto la mobilitazione popolare a favore di una visione integralista della società e dello stato Algerino.


SCIITI   E   SUNNITI

Sciiti: dall’ingelse  shiite, dall’arabo sì ab, setta, fazione.

Nome dato ai seguaci di diverse sette islamiche tutte sostenitrici del diritto di Alì al califfato, dopo la morte di Maometto. Appena morto il profeta infatti Alì aveva sostenuto il diritto alla successione, ma il potere era gia in mano agli “ amici del profeta”  e l’energico Abù Bakr non se lo lasciò sfuggire dalle mani: dopo l’omaggio dei Banù Sa ida  egli fu eletto Califfo.
Alì continuò a rivendicare i suoi diritti, ma con la morte di Fàtima riconobbe l’autorità di Abù Bakr .
Dopo l’assassinio del califfo Othmàn, Alì fu riconosciuto nuovo califfo degli abitanti di Kufa, ma ebbe di fronte diversi avversari e prima che potesse sbaragliarli fu ucciso da un karigita (661) .
L’uccisione del loro capo acuì nei suoi seguaci l’impegno a continuare l’opera: essi rivendicarono il diritto alla successione per i suoi discendenti, rivestendo la loro rivendicazione di motivi religiosi fino ad affermare che “ chiunque muoia senza aver conosciuto il vero imam del suo tempo, fa la morte di un infedele”. Con il tempo la setta sciita andò spogliandosi sempre più degli aspetti politico-dinastici per purificarsi in una progressiva caratterizzazione religiosa che divenne una vera ideologia. Contribuirono a questa trasformazione anche i continui rovesci politici a cui la setta andò incontro (degli Alidi, i discendenti dei figli delle dieci mogli di Alì, nessuno divenne imam , subirono persecuzioni dagli Omayyadi  e dagli Abbasidi , molti caddero assassinati, altri sacrificarono la vita in impossibili insurrezioni).
L’Imam era venerato come un intermediario di salvezza, una manifestazione di Dio (teofania) e l’elemento divino che in lui agiva  non si disperdeva con la sua morte ma si trasmetteva intatto la nuovo imam . Proiettava una visione escatologica, la dottrina sciita parla di un imam “nascosto” , il Mahdì, che verrà alla fine dei tempi per ristabilire l’ordine turbato dal califfato. E’ ormai chiara nel movimento la contrapposizione tra imam e Califfo : il primo era fedele custode di tutto il retaggio religioso del Profeta e quindi aveva tutti i titoli per dirigere il mondo musulmano nell’ambito religioso e politico; il secondo rappresentava l’immissione nel contesto islamico di pratiche politiche violente  e una decadenza di valori religiosi, quindi non poteva pretendere di dirigere i fedeli musulmani.
Questa posizione di rigida ortodossia causò agli sciiti o persecuzioni continue , per cui dovettero usare molta precauzione (taqiyya) e mimetizzarsi per poter convivere con gli altri gruppi islamici. Duri invece furono con i seguaci di religioni diverse, negando ogni commistione nei principi religiosi e specialmente non permettendo matrimoni misti. Anche nel calendario liturgico gli sciiti, accanto alle feste comuni a tutti i musulmani, ne celebravano di proprie in onore dei propri martiri ; propri furono anche i manuali di preghiere; partecipavano naturalmente al grande pellegrinaggio alla Mecca, ma in particolare visitavano le tombe degli Imam e dei martiri. In processo di tempo gli sciiti si divisero in diversi movimenti dei quali i principali  sono : Zaiditi, seguaci dell’alide Zaid ben Alì, che cercarono di abbattere il califfato omayyade, ma l’assassino di Zaid  fece fallire l’impresa.
Dal lato dottrinario formarono un coacervo di otto scuole senza alcuna unità; Hasimiyya o Kaysaniyya, due gruppi di una setta molto frammentata e senza unità: specialmente  i Kaisaniti svilupparono il carattere escatologico  dell’imam   trasformato in Mahdì; Duodecimani  (Itnà-asariyya), , credevano che gli imam non dovessero essere  più di dodici. Il dodicesimo non era morto, ma viveva, nascosto in attesa del ritorno, quindi bisognava attenderlo e nel frattempo nessun altro imam doveva sostituirlo; Hurufiti , setta che, sorta nel secolo XIV, ha elaborato una nutrita teologia per la quale il mondo è eterno e soggetto  a cicli, ognuno dominato da una teofania ; nel primo ciclo si ha la teofania di Adamo; dopo l’ultimo si avrà il giudizio finale . Il divino si manifesta nel mondo attraverso i profeti, i santi e  le ipostasi divine . La teofania divina avverrà in Fadh Allah. Gli sciiti  hanno prodotto nei secoli una letteratura teologica immensa, compensando con l’attività polemica ed erudita i continui insuccessi politici e mondani.
Tematica costante furono le questioni dell’imanato, la valutazione teologica  e legale dei primi califfi, l’occultamento dell’imam, le forme legali del matrimonio temporaneo, l’esegesi mistica del Corano. Centro di questo vasto movimento religioso-culturale fu la Persia, dove gli sciiti formavano un nucleo molto numeroso e compatto, esercitando una vera influenza anche su altri aspetti della vita del paese.

Sunniti: dall’inglese sannite , dall’arabo sùnnah,( norma regola) .
Nome generico per indicare i seguaci dell’ortodossia islamica, ossia della formulazione più diffusa dell’Islam e che riunisce la maggioranza  musulmana , in contrapposizione alle varie eterodossie e soprattutto agli Sciiti dai quali si distinsero fin dall’inizio per ragioni d’ordine storico e pratico più che teorico.







I Sunniti sono i seguaci della corrente di maggioranza dell’Islam. Il nome deriva da sunnah che significa “tradizione” e sunniti sono pertanto i musulmani che si riconoscono nella tradizione .In realtà, da questo punto di vista, sarebbero sunniti anche gli sciiti che, come tutti i musulmani, fanno riferimento, oltre che al Corano, anche alle parole, alla vita e agli atti (hadit) di Maometto testimoniati appunto dalla tradizione. Ma la differenza fondamentale fra la componente maggioritaria e quella minoritaria della comunità islamica riguarda la presenza e il ruolo della gerarchia religiosa. L’Islam infatti non è mai stato strutturato come la chiesa cristiana, con patriarchi o papi, ed i sunniti riconoscono come autorità religiosa la comunità dei fedeli, come una forma di autodeterminazione ma nel rispetto dell’affermazione di Maometto: “La comunità dei credenti non si accorderà mai su un errore”. Gli sciiti o shia rappresentano la minoranza, staccatasi dal gruppo più consistente dei sunniti dopo la morte di Maometto .Fu la ricerca di un suo successore a provocare tale scissione .Gli Sciiti sottolineano il ruolo particolare di Alì come nuovo leader dopo Maometto, lui che di Maometto era cugino e genero in quanto  sposò la figlia Fatima unica sopravvissuta del profeta. Questo stretto rapporto di parentela fu motivo di legittima successione per gli sciiti, e di scissione rispetto al resto della comunità isalmica. Lo stesso nome, sciiti, deriva da Shiat Alì, cioè la fazione di Alì. Il fondamento canonico della loro fede è costituito da alcune parole di Maometto, riguardanti Alì, dal significato alquanto oscuro e riportate dal Corano.Mentre Alì x i sunniti è l’ultimo dei ” quattro califfi aventi diritto”, per gli sciiti i primi tre califfi sono soltanto degli usurpatori. Questi fanno proseguire la serie dei loro iman con i diretti consanguinei di Alì e Fatima che storicamente rimasero esclusi dal potere politico.
La fede nell’iman assunse molto presto una componente sacra e fu associata alla fede nell’”atteso”(mahdi;al-Mahdi, letteralmente ” il legittimo inviato”) alla fine dei tempi.Nacque così una fede nel redentore che era ed è accompagnata da utopie sociopolitiche.Perciò la storia della shia è stata sempre caratterizzata da inquietudine religiosa e politica, ma anche da sincera aspirazione alla salvazione, e ha assunto , in parte, tratti socio- rivoluzionari.Sotto molti aspetti, soprattutto quello dei doveri pratici dei fedeli, lo sciitismo non si differenzia radicalmente dall’islam ufficiale però con la concreta speranza in un regno della giustizia e dell’uguaglianza terrena sotto l’iman che ritorna, la shia è diventata nel corso della storia il bacino di raccolta ininterrotta delle persone socialmente insoddisfatte e dei rivoluzionari.Con la sua cosmologia e con l’assorbimento di correnti spirituali assai diverse, essa ha esercitato sempre un grande potere d’attrazione sugli intellettuali islamici.
In alcuni punti, per esempio il messianismo, attesa della salvezza, infallibilità degli iman, la shia si trova concettualmente vicina al cristianesimo e anche all’ebraismo.
Per quanto riguarda le differenze teologiche si può dire che anche se per lo sciitismo valgono le “5 colonne dell’islam”, esso è contraddistinto da una serie di modifiche e particolarità.Ad esempio, gli sciiti aggiungono alla generale professione di fede(shahada) la postilla :” e Alì è amico di Dio”; all’elemosina legale (zaqat) affiancano un altro tributo, già citato nel Corano, il”quinto”, e oltre ai pellegrinaggi alla Mecca( hagg) risultano meritevoli quelli che si effettuano ai sepolcri degli iman, ma a parte ogni divergenza di usanze religiose e comunitarie, e oltre le teorie dello iman mahdi, la divergenza di fondo tra sunniti e sciiti sta nella determinazione della Sunna, e cioè qual è l’autorità che ha il poter di dirimere le controversie e di fissare in ultima istanza la credenza o la pratica religiosa a cui bisogna aderire. I sunniti rispondono che è il consenso universale,  ma gli sciiti obiettano che tale consenso universale della comunità musulmana non può costituire l’ultima autorità, poiché è precisamente tale consenso che bisogna ottenere, e d’altra parte non vi è nell’islam un concilio o istituzione qualsiasi che possa stabilire, provocare o constatare tale consenso universale.
Tale base profonda della divergenza tra Sunna e Shiia può spiegare sia le violente lotte tra le due tendenze lungo tutta la storia islamica, sia le tensioni attuali e gli atteggiamenti di tipo politico nelle diverse componenti dell’islam moderno.La Shiia ha prodotto tre forme principali di essa: la Shiia moderata, media, e estrema (quluww, eccesso) diffuse indifferentemente nel mondo islamico, per cui i conflitti originari si ripetono sugli schemi ideologici del passato, ma con un contenzioso politico che muta a seconda dei tempi e delle situazioni politiche generali o interne. Lo scopo di quest’articolo è di permettere una più ampia conoscenza delle culture che sempre di più avvolgono e si integrano nel nostro paese. ’Islam la fa da padrone in questo senso. Stiamo parlando di un mondo che è sempre più presente e che può essere una possibilità di confronto, arricchimento e crescita. Ognuno di noi è dotato di predi e difetti ed ogni cultura ha lati buoni e meno buoni. Solo conoscendoci di più potremo realizzare l’evoluzione della cultura globale. In particolare speso sentiamo termini di cui non conosciamo l’esatto significato. Uno di questi è il termine Sciiti. Naturalmente deriva dall’arabo
Shia ovvero
partito. Sono i musulmani scismatici, e sono anche detti i Partigiani della famiglia del quarto califfo ‘Alīī ibn Tặlib, cugino e genero del profeta Maometto, e dei suoi discendenti (Alidi).Sciismo è dunque anzitutto “il partito degli Alidi”. Per loro è fondamentale la devozione politica che ha dato luogo a un vero e proprio legittimismo alide .Bisogna tenere conto degli elementi del diritto pubblico musulmano ortodossoo sunnita per comprendere pieno il principio fondamentale di carattere religioso, secondo cui la persona di Maometto “suggello dei Profeti”, esaurisce ogni funzione di intermedietarietà fra Dio e l’uomo, per cui l’Islam, dopo Maometto, può avere capi (Imam) solamente politici; il principio fondamentale politico-sociale, secondo cui la successione di Maometto, meramente politica, non deve a rigore avvenire per trasmissione ereditaria e dinastica .Gli Sciiti negano l’uno e l’altro, in sede filosofica e teorica, ammettono la continuazione di quella intermedietarietà che è negata dai Sanniti; con la caratteristica ulteriore di un’esaltazione dell’intermediario, successore di Maometto, talora più, talora meno pronunciata, spesso sproporzionata alla funzione di successore, sia pure religioso,del Profeta. Lo Sciismo, in senso tecnico, fa del concetto di imam materia di elaborazione teologica. Grosso modo, si può dire che per tutti gli Sciiti l’imam, capo della comunità, successore di Maometto, è intermediario fra Dio e la comunità stessa; l’imam è illuminato da Dio, imam legittimo è colui che si dimostra tale attraverso le sue azioni politiche e militari; l’imam è ispirato da Dio, interpreta in maniera autentica la sua volontà espressa nel Corano, non fallisce, non pecca; l’imam è vera e propria manifestazione di virtù divine, o di Dio stesso. A questo potremmo aggiungere che così come i preti cristiani non sono infallibili anche gli imam lo sono altrettanto. Ogni tanto ci si dimentica che ognuno di noi è vincolato alla sua dimensione umana, con pregi e difetti e con peccati e virtù. Non esiste nessun uomo che ne è esente, compresi gli imam. Sunniti si usa per ndicare i musulmani ortodossi, cioè la stragrande maggioranza dei fedeli. Dell’Islam, i quali sono uniti da un complesso di credenze religiose e di principi politici e giuridico-pubblici che si sono venuti formando nei primi secoli dell’Islam per il consenso di teologi, a cui si dà il nome di sunnismo, in opposizione al credo e alle norme degli Sciiti che avevano come presupposto l’integrazione divina data dalla volontà e sunna degli imam discendenti del profeta




sabato 3 maggio 2014

MANICHEISMO

MANICHEISMO

(Secolo XIX; da manicheo) Religione fondata dal persiano Mani ; per estensione, tendenza a vedere nella realtà in genere , o in una particolare situazione, tutto il male solo da una parte, tutto il bene solo dall’altra.
La predicazione di Mani trovò subito una grande rispondenza  nella regione mesopotamica del secolo III, dove il popolo era particolarmente disposto all’accoglimento d’ogni messaggio religioso: mazdeo,cristiano,ebraico,induista e buddhista.
In tale ambiente multiforme dal punto di vista sia etnico sia religioso, si doveva avvertire l’esigenza di una sintesi unificatrice, e forse il manicheismo, con  la sua enunciazione sincretistica, rispose a questa esigenza. Il sincretismo manicheo  è orientato in senso gnostico o dalla conflittualità tra Bene e Male, idea centrale di evidente derivazione mazdea. Le fonti della nostra conoscenza  del manicheismo sono, oltre a quelle indirette (citazioni contenute nella polemica antimanichea della patristica cristiana e poi di autori islamici) , gli scritti manichei pervenuteci in versione copte, in dialetti iranici dal Turkestan, e in lingua cinese dalla Cina . Sono scritti frammentari , ne ancora completamente pubblicati che ci danno del manicheismo soltanto un idea parziale. Gli elementi dottrinari vengono espressi sotto forma di un mito cosmogonico formulato dallo stesso Mani, comprensivo di tutta la realtà, base e giustificazione del comportamento religioso manicheo.. Perciò Mani mise tale formulazione per iscritto, e a questo scopo inventò una scrittura nuova, più pratica, derivata dalla preesistente scrittura iranica. In proposito Mani  avrebbe detto: “ Questa sapienza l’ho descritta nei sacri libri… affinché non fosse cambiata in seguito” La “sapienza” è sostanzialmente un mito cosmologico, per il quale alle origini  il Bene (luce,spirito ecc.) era separato e contrapposto al Male (tenebra,materia ecc.) La mescolanza, che caratterizza la realtà attuale,è derivata dal divoramento dell’anima dell’”uomo primordiale” da parte delle forze del male: il Dio del Bene, localizzato nel Nord (il regno della Luce), si manifesta in cinque qualità intese come “membri” o “mondi” (ragione, pensiero, discernimento, meditazione, riflessione: tutte attività spirituali distaccate dalla realtà materiale). Il Dio del Male, detto anche “Materia” (Hyle, con un termine greco) , si manifesta ugualmente in cinque “mondi” (fumo, fuoco, vento, acqua, oscurità: tutti elementi materiali della “natura”, contrapposti alle qualità spirituali della “cultura”) ed è localizzato nel Sud. Il Dio del Male ingaggia una battaglia contro il mondo della Luce. Il Dio del Bene si difende con una serie di emanazioni tra cui “l’uomo primordiale” che soccombe al Male e ne rimane prigioniero. La sua liberazione comporta da parte del Dio del Bene l’invio di una seconda serie di emanazioni, e la creazione del mondo a opera di una di queste, detta “spirito vivente”, che crea il mondo servendosi  degli elementi stessi del Dio del Male , ma compenetrati in parte  dalla “luce” e a lei asserviti, in contrapposizione all’asservimento  dell’”uomo primordiale” alle “tenebre” . In questa condizione di estrema mescolanza  tra Bene e Male  un’ulteriore emanazione del Dio del Bene s’installa nel Sole per recuperare e dissociare dalla Tenebre le parti della Luce. Come contromisura, il Dio del Male crea gli uomini (Adamo ed Eva) perché vivendo e mangiando incorporino più “luce” possibile, agganciandola alla “materia” tenebrosa . Ma una serie di inviati dell’ultima emanazione del Dio del bene rivelano all’uomo la funzione negativa  per cui il Dio del Male l’ha creato, e ora l’uomo, forte di questa conoscenza (gnosis) , può scegliere di agire ai fini  di una liberazione della  “luce”, operando per la sua autoredenzione: egli salverà se stesso , salvando la “luce” . Il che otterrà rifiutando di vivere, ossia di perpetuarsi prolungando la prigionia  nella materia dei suoi elementi  luminosi (sia quelli ingeriti da Adamo ed Eva, sia quelli incorporati alimentandosi da una “natura” compenetrata di “Luce”) Come si può desumere  da questi cenni, si tratta di un sincretismo che rende l’uomo arbitro e artefice della sua salvezza e di tutto un processo cosmico; un sincretismo che tutto accoglie di quanto è stato espresso dalla spiritualità di culture diverse, di tutto si serve per esprimere  il suo dualismo di base , e tutto riduce infine (anche lo stesso dualismo) a una dimensione squisitamente  umana. L’organizzazione ecclesiastica, che è l’espressione pratica  di tale dimensione, distinse gli “eletti” , cioè quelli che sono capaci di rinunciare alla “vita” mediante una condizione ascetica o monastica, dagli “uditori” , incapaci di opporsi alla perpetuazione della specie, ma destinati a tramandare la conoscenza (gnosis) alle future generazioni, dalle quali uscirono nuovi “eletti”.
Quando tutti saranno “eletti” il mondo finirà, la “luce” sarà definitivamente liberata dalle “tenebre” e il mondo del Male sarà ristretto e imprigionato per sempre nei suoi confini. Per il momento solo gli “eletti” costituiscono la gerarchia ecclesiastica: un capo della Chiesa (Archegos o Princeps) 12 “maestri”, 72 vescovi e 360 anziani (presbyteroi, preti) . A occidente il manicheismo raggiunse la Siria, l’Arabia settentrionale, l’Egitto, l’Africa settentrionale, e poi l’Asia Minore, l’Armenia e varie regioni dell’impero romano (si hanno testimonianze per il secolo IV in Roma, in Dalmazia, in Gallia e in Spagna) Nel secolo VI il manicheismo si disperse in vari movimenti settari, perseguitate dalle autorità (Pauliciani, Bogomili, Catari).
Durò più a lungo in Oriente doce, nella Cina del 694 si trovano preti manichei alla corte dell’imperatore. Il Turkestan fu la sede più importante del manicheismo: qui divenne nel 763 la religione di Stato del regno degli Uiguri; sopravvisse alla caduta di questo regno, finché in seguito alla conquista mongola (secolo XIII) scomparve completamente. A testimonianza della vastità geografica su cui si estese il pensiero manicheo vanno citate le scoperte di testi manichei a partire dal primo novecento: nell’oasidi Turfan, nel 1904, furono trovati testi nelle lingue e scritture più varie; a Medinet, Madi (Egitto) nel 1930 fu portato alla luce un’intera biblioteca, tutta di testi manichei; nell’Asia centrale i ritrovamenti sorpassarono ogni aspettativa: un gran numero di manoscritti, nelle lingue partica, sogdiana, tocarica, pahlavi, turca, cinese, che contengono i primi testi manichei giunti a noi, inni liturgici, preghiere, aneddoti biografici su Mani. In lingua iraniana è importante il Sàhburagàn, attribuito a Mani stesso; in lingua figura il Xustanift, catalogo di peccati , oggetto dell’eterna lotta fra il Bene e il Male ; fra i testi di Medinet Madi i Capitoli e i Salmi manichei in lingua copta.

MANI
Fondatore del Manicheismo (Mardinu o Afrunya, Mesopotamia 216 o 217 –Gundeshapur 276) Persiano d’origine aristocratica, all’inizio della sua attività fu favorito dal re  Sapore I, ma quando i re Sassanidi cominciarono, con Bahran I (verso il 272), a fare del Mazdeismo la religione di stato , la sua predicazione venne  ostacolata e Mani finì in prigione dove morìper maltrattamenti o fu ucciso.