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giovedì 30 settembre 2010

I GIAPPONESI


I   GIAPPONESI

La storia del Giappone , secondo le più antiche leggende , cominciò nel 660 a.C. con un imperatore di origine divina . Altri miti tradizionali ci danno a quel tempo il ciel e la terra uniti insieme ; poi la parte più leggera si separò formando il cielo , ‘altra cadde e divenne la terra . Spontaneamente nacquero gli dei : dapprima tre , poi sostituiti da altri due , infine dalle Sette Generazioni, costituite da sette coppie. Izanagi e Izanami formavano l’ultima e diedero vita all’arcipelago giapponese .La Dea Izanami orì bruciata dando alla luce il dio del fuoco , ma non poté rinascere , perché il marito recatosi  nell’oltretomba  per riportarla in vita , disubbidì agli ordini divini.
Da Izanagi nacque la dea Amaterasu , signora del sole , Take dio della tempesta  e Tusuky, dio della luna. La dea Amaterasu affidò a suo figlio il governo del Giappone , ma egli rifiutò perché l’arcipelago era popolato da gente bellicosa , non disposta ad accettare un capo , anche se di origine divina . Allora Amaterasu inviò il pronipote Jimmu Tenno , che fu il primo imperatore .  Jimmu Tenno ebbe in dono dalla dea i simboli del potere : uno specchio , una sciabola e una gemma . Secondo la tradizione , tutti gli imperatori giapponesi discendono da lui.
Queste, in breve, le leggende: in realtà non si trova traccia in Giappone di un vero e proprio stato nel periodo anteriore all’era volgare , ne gli archeologi hanno portato alla luce resti di civiltà paleolitiche . La storia del Giappone si può fare iniziare con gli Ainù . A differenza di altri abitanti dell’arcipelago , gli Ainù erano di razza bianca , per cui si è pensato  che fossero di provenienza europea. Vivevano come gli europei dell’età della pietra , in capanne costruite lungo i corsi d’acqua o vicino alla costa . La loro abitazione richiedeva un lungo lavoro perché bisognava dapprima scavare il terreno per una profondità di circa un metro, poi piantarvi attorno numerosi pali che venivano piegati verso il centro e bloccati. Il tetto era di paglia mentre il pavimento era di terra battuta .
L’interno delle case era costituito da pochi oggetti che servivano agli uomini per cacciare e da qualche mobile per riporre gli utensili . Gli Ainù vivevano riuniti in comunità , ma non c’era uguaglianza : i ricchi appartenevano a una classe superiore e godevano di molti privilegi mentre i poveri dovevano condurre una vita misera e adattarsi ai lavori più pesanti e umili.
Gli antichi Ainù non conoscevano l’agricoltura , per questo non coltivavano i campi e si nutrivano di frutti che la terra dava spontaneamente . In un successivo periodo , cominciarono a lavorare il terreno con mezzi molto primitivi  gli stessi che usavano per segare le piante e per tagliare la legna da bruciare nel focolare domestico. Gli uomini preferibilmente si dedicavano alla caccia  e alla pesca. Erano molto ghiotti della carne di cervo , di cinghiale e dei crostacei.
Gli Ainù conoscevano come animale domestico , solo il cane ma non si sa se lo usavano per la caccia; per questa sicuramente impiegavano delle tagliole. Le donne Ainù accudivano alle faccende domestiche , alla tessitura e curavano i figli. Non è stato facile stabilire quali dei adorassero gli Ainù e come l’immaginassero; qualche statuetta ci ha aiutato ad intuire che gli Ainù o Jomon adoravano sicuramente una dea ritenuta protettrice della terra, e un dio che può essere identificato con il sole, portatore di vita , calore e luce. La dea però era in maggiore venerazione , per cui si è pensato che anche le donne Ainù godessero di particolare rispetto ; anzi fossero loro a comandare in famiglia. Gli Ainù praticavano anche la magia e credevano nel potere degli stregoni , che curavano con riti strani.
Anche per quanto riguarda le armi , per difendersi e per procurarsi il cibo , gli Ainù sono paragonabili agli Europei dell’età della pietra: ciascuno se le fabbricava personalmente. Ed è per questo che le loro armi erano di forme tanto diverse . La caccia veniva praticata con un arco e frecce munite di punte di ossidiana.
Non conoscendo i metalli,affilavano il lato di un lungo pezzo di ossidiana per tagliarsi la carne degli animali catturati e segare la legna. Nessuna parte degli animali veniva trascurata : la carne serviva come cibo e la pelle, raschiata con un particolare arnese  fino a divenire liscia, era usata per ripararsi dalle intemperie.
Col passare del tempo gli Ainù progredirono e divennero ottimi artigiani. Erano infatti molto ambiziosi , per cui si dedicarono con grande cura e particolare impegno  alla fabbricazione di oggetti e utensili che potessero adornare la persona e abbellire le abitazioni . Non conoscendo il forno , erano costretti a cuocere le ceramiche su un semplice focolare, in cui veniva acceso un fuoco che non riusciva a dare il calore necessario . Per questo gli oggetti di ceramica  rimasero scadenti , pur mostrando l’abilità e l’originalità degli artefici.
Nei tempi antichi le isole nipponiche furono meta di popoli invasori, provenienti dal continente asiatico . Un primo afflusso fu di tribù mongole, che attraverso il mar del Giappone, si sistemarono nell’arcipelago. Più tardi si verificò un secondo spostamento di tribù dalle regioni marittime della Cina meridionale : appartenevano a diverse razze , infatti comprendevano Cinesi, Malesi, Indonesiani. Questi dovettero combattere contro i precedenti invasori mongoli, ma infine decisero di accordarsi con loro, per opporsi alla popolazione indigena, che infliggeva loro continue perdite. In seguito, per i gravi danni recati dalle guerre a entrambi i contendenti , invasori ed indigeni  cominciarono a fondersi .Così i Giapponesi , che erano molto arretrati , poterono apprendere nuove tecniche per lavorare i campi , svilupparono l’artigianato e cominciarono a stabilire rapporti con le popolazioni continentali.
Nei tempi più remoti i Giapponesi si organizzarono in tribù . Essendo il paese montagnoso e i rapporti con la gente vicina difficili, gruppi di persone si unirono per difendersi e per non vivere isolati. Con il passare del tempo alcune tribù divennero potenti e forti, così riuscirono ad avere il sopravvento su altre che vennero assorbite o spesso ridotte in schiavitù. Nelle tribù non vigeva la legge dell’uguaglianza : ciascuno doveva compiere il proprio lavoro come artigiano , agricoltore o schiavo. Coloro che riuscivano ad arricchirsi , ottennero ben presto  dei privilegi rispetto alla classe povera.
La classe più potente dava i giudici, preparava le armi, poteva accettare o respingere uno straniero, decideva circa i lavori dei campi. Superiore a tutti era il capo tribù, che era investito anche del potere religioso.
La prima organizzazione sociale è quindi la tribù . Tutta la storia giapponese si può dire fatta di clan che si installarono al governo del paese  a spese di altri gruppi di potere, a volte dopo lotte sanguinosissime.  
Agli inizi dell’VIII secolo si ebbe l’epoca Nara , chiamata così dalla prima capitale che il clan dei Fujiwara eresse nella regione dello Yamato . L’epoca Nara fu caratterizzata dalla assimilazione della cultura cinese : riforme agrarie , codici di leggi , scrittura ideografica . Ai Fujiwara succedettero i Minamato , che elessero capitale dell’impero Kamakura . In questo periodo fu creata una nuova istituzione , lo “ shogunato” , destinato a durare fino al secolo scorso .
Lo “Shogun “ era generalissimo , il comandante delle forze militari e politiche , mentre l’imperatore, pur se rispettato e venerato per la sua discendenza divina , perdeva ogni potere nella nazione e veniva considerato il capo religioso , il comandante supremo . La popolazione in quel periodo era così suddivisa in ordine di importanza: prima venivano i “ daimyo” signori feudali molto potenti , poi i mercanti , gli agricoltori, gli artigiani, ed ultimi venivano gli schiavi .
I daimyo , che gia godevano di parecchi privilegi , ad un certo punto manifestarono velleità di indipendenza , approfittando di ua lunga guerra che il paese aveva sostenuto contro i mongoli. Li ridusse a più miti consigli Ashikaga ,che si proclamò Shogun  diede inizio all’epoca Muromachi.
Dapprima i giapponesi non conoscevano l’agricoltura. Impegnati a difendere il loro paese e a estendere i propri possedimenti  terrieri , divennero più tranquilli  grazie al contatto con altre popolazioni asiatiche , e cominciarono a praticare la coltivazione dei campi , anche se in forma molto rozza e primitiva. Nuoceva loro la mancanza di conoscenze astronomiche , e quindi di cognizioni  precise sul tempo della semina e del raccolto.
Ben presto , per mezzo dei cinesi , vennero a conoscenza del riso e lo coltivarono ; appresero come si potevano irrigare  i terreni ed inca lanare l’acqua . Da allora cominciò a fervere un proficuo e pesante lavoro : quasi tutti si dedicarono alla preparazione del terreno , scavando grandi vasche , verso cui diressero le acque incanalate, provenienti dai fiumi non sempre vicini .Il riso, che cresceva con una certa facilità e che tanto li soddisfaceva come cibo, tolse loro il timore delle carestie . Infatti, dopo la preparazione iniziale, le pianticelle di riso crescevano senza richiedere eccessivo lavoro.Una delle attività fondamentali del Giappone antico fu la pesca. Circondati da ogni parte dal mare , stretti tra i monti e brevi pianure, i Giapponesi incominciarono prestissimo a trovare nelle acque marine una fonte preziosa di cibo.
Il pesce era sempre abbondante nelle loro acque , non costava che la fatica di gettare le reti . Col tempo l’esperienza li fece sempre più abili . Impararono a costruire imbarcazioni adatte ad affrontare i flutti anche lontano dalla costa e si spinsero sempre più a largo in cerca di zone particolarmente pescose. Tuttavia nei tempi antichi i pescatori giapponesi non riuscirono mai ad arricchirsi , perché per smerciare i prodotti della pesca dovevano servirsi della mediazione dei mercanti , gli unici autorizzati a curare gli scambi.
Dopo gli schiavi, i mercanti erano gli uomini più disprezzati perché ritenuti venali . In un rimo tempo basarono i loro scambi sui prodotti naturali , in seguito sulla moneta . I mercanti incontrarono grandi difficoltà nello svolgimento del loro lavoro , infatti essendo il paese  molto montagnoso , i loro spostamenti erano difficili . Non di rado venivano derubati della merce e del denaro . Furono proprio questi uomini a favorire i rapporti tra le tribù primitive e furono oro a diffondere prodotti naturali sconosciuti e creazioni artigianali.
In questo senso furono ambasciatori di civiltà , mantennero infatti i rapporti sociali tra genti che non si conoscevano e conducevano una vita isolata.
In un secondo periodo si organizzarono per difendere meglio sia le persone sia le merci; così si spostavano a gruppi o si facevano seguire dai lavoranti  abili nell’uso delle armi. Decisero poi di organizzare fiere e mercati dove si svolgevano scambi; per questo nel paese vi fu una buona spinta economica. I Giapponesi antichi approfittavano di questi incontri commerciali  anche per organizzare spettacoli  e giochi, divertendo così i convenuti. I nobili ed i Samurai (classe sociale privilegiata di cui si parlerà più avanti) non potevano commerciare , però ricorrevano ai mercanti quando avevano bisogno di vendere  qualche oggetto per ricavare denaro.
L’ultima classe sociale era rappresentata dagli schiavi , che non avevano alcun diritto , anzi erano obbligati a lavorare la terra, a fare gli artigiani , a compiere servizi domestici , a fare i muratori e anche a combattere.
Dapprima vennero ridotte in schiavitù le tribù vinte in battaglia; in seguito si ricorse al rapimento dei contadini delle tribù vicine o dei loro figli ; non solo , ma fu permesso ridurre in schiavitù una persona per un debito non pagato  o per un delitto commesso . Gli schiavi che si allontanavano dal villaggio o fuggivano erano puniti con gravi pene.
Con il termine Samurai ci si riferì nei tempi antichi a soldati-contadini che accompagnavano in guerra il loro daimyo , ricevendo in cambio il sostentamento  in natura . In seguito vennero a formare una casta militare , votata esclusivamente al mestiere delle armi. Essi seguivano un sistema di norme , ideali, principi morali: la rettitudine , il disprezzo per il pericolo , l’insensibilità verso il dolore fisico caratterizzarono questi guerrieri che possono essere paragonati ai nostri cavalieri medioevali. Il samurai in qualsiasi situazione doveva mostrarsi coraggioso , audace, fedele, padrone di sé, capace di prendere decisioni immediate , compresa quella di darsi la morte, se disonorato. Per questo portava sempre due spade : una lunga per difendere il proprio onore contro qualunque nemico e una corta per uccidersi , nel caso che non fosse uscito vincitore dalla lotta e avesse dovuto purificarsi . I samurai non si dedicavano ad attività commerciali o ad altri lavori venali , perché ritenuti non dignitosi , mentre potevano scrivere componimenti letterari sui loro combattimenti.
Per avere l’onore di appartenere alla loro casta era necessario ricevere un’educazione molto rigida. Il fanciullo iniziava a fare esercizi atletici da piccolo . Quando compiva 5 anni veniva ammesso nel gruppo dei soldati per abituarsi a non avere paura di niente. Per questo l’educazione dei samurai era molto simile a quella militaresca ricevuta dagli Spartani.
I fanciulli venivano portati di notte nei luoghi bi e anche nei cimiteri : dovevano trascorrere molte ore all’aperto, sia col freddo che con il caldo e dovevano tutto sopportare senza mai lagnarsi . Ciascuno doveva eccellere nell’uso delle armi , soprattutto della spada e dell’arco, doveva sapere cavalcare con abilità e destrezza.
Lo shogun come abbiamo visto era un generalissimo che governava di fatto il paese mentre l’imperatore continuava a mantenere il proprio carattere divino senza esercitare alcun potere. Lo shogun governò spesso contro la volontà imperiale : per questo vi furono guerre cruente, vinte sempre da questi abili generali che furono utili , in certi periodi della storia , quando la corte era corrotta e si disinteressava sia della popolazione sofferente, sia del paese invaso. Il titolo divenne ereditario , per evitare contese alla morte di ogni shogun. Appena nominato , il generale formava un governo militare da affiancare a quello imperiale , per controllarlo e riscuotere le imposte . I primi shogun fecero risorgere l’antico spirito guerriero giapponese , sottomisero i nobili , imposero loro pesanti obblighi per renderli estranei al potere politico , fecero riforme , svilupparono la cultura , mantennero rapporti con paesi continentali , favorirono l’espansione commerciale.
Anche i Giapponesi ebbero eroi che dedicarono tutta la vita a combattere per l’unificazione del paese . Tra questi eroi  anticipatori per genialità dei tempi moderni, emerge Nobunaga.    
Perduti i genitori a meno di 20 anni , cominciò subito con il combattere e vincere alcuni vassalli ribelli delle sue terre. La sua forza e abilità divennero in poco tempo talmente note da essere chiamato a corte dall’imperatore che si trovava in difficoltà per la ribellione di alcuni nobili . Nobunaga depose Yoshiaki , l’ultimo shogun degli Ashikaga e assediò i daimyo nei loro castelli, costringendoli in breve tempo alla resa . Poi volle conquistare la parte occidentale  del paese ed in pochi anni vi riuscì , abbattendo senza pietà tutti coloro che gli si ergevano contro.
Gli imperatori giapponesi , consapevoli della superiorità del continente , vi inviarono giovani per studiare e soprattutto per apprendere nuovi metodi con cui amministrare il paese, che ebbe da allora una efficiente burocrazia.
Si decise poi di dividere il tempo  in anni e mesi ; si apprese l’esistenza dell’astronomia : presto vennero inaugurati osservatori  astronomici. Infatti mentre i giapponesi curavano la medicina e la chirurgia , trascuravano la matematica e le materie affini. Con l’avvio agli studi stellari , molti giovani si dedicarono alla geometria , all’algebra e all’aritmetica . Si apprese l’uso della bilancia , delle misure e delle monete.
La cultura, anche se limitata alle classi più elevate , si diffuse rapidamente: vennero aperte scuole di specializzazione nelle varie discipline e inaugurata una università alla quale potevano accedere solo 400 ragazzi appartenenti all’aristocrazia . Anche le ragazze ebbero il permesso di studiare e di partecipare alla vita pubblica . Sostennero così esami di concorso per avere un incarico a corte.
I concorsi dovevano selezionare i migliori , ma di fatto le cariche erano assegnate a seconda della famiglia e della classe sociale a cui si apparteneva.
La religione giapponese più antica è lo shintoismo , che significa “ via degli Dei” . Dapprima venne praticata in luoghi tranquilli e silenziosi come i boschi e le selve dove ciascuno poteva meditare e riflettere ; in seguito si costruirono templi , dove vennero poste le statue delle divinità adorate. Prima di celebrare le loro funzioni , gli shintoisti praticavano riti purificatori , per presentarsi agli dei privi di ogni macchia , poi pregavano , facevano offerte e danzavano . Le loro offerte consistevano soprattutto in cibi .
Molto importante era la meditazione , per conoscere se stessi e ascoltare nel proprio cuore la voce di Dio. I sacerdoti shintoisti ricevevano tale titolo per eredità e si distinguevano dal resto della popolazione solo al momento di celebrare  i riti religiosi , allorché indossavano un abito particolare.
Questa religione influì profondamente sul popolo giapponese perché condannava ogni forma di impurità mentre invitava ad onorare gli avi della famiglia . Inoltre si adoprò perché fosse sempre assai vivo  l’amore per la patria . Caratteristica ei templi shintoisti è uno specchio , simbolo del cuore umano , al quale l’uomo deve essere simile per castità e nitore (splendore, lucentezza).
Il Buddismo , che è una religione di origine indiana , passò poi in Cina e da qui in Giappone , dove fece moltissimi proseliti . Certo all’inizio la nuova dottrina dovette superare gravi difficoltà ; infatti proprio mentre essa cominciava a diffondersi , il paese fu colpito da malattie che decimarono la popolazione . Gli antibuddisti ne approfittarono per spargere la voce che gli dei giapponesi si vendicavano e non avrebbero tolto la punizione se prima la nuova religione non fosse stata del tutto bandita . Ci fu una rivolta popolare e si decise di bruciare i templi buddisti . Quando la situazione interna migliorò , il buddismo riprese a diffondersi , anzi trovò protezione da parte di nobili e di principi parenti dell’imperatore.
L’eccessiva diffusione nocque alla religione buddista , che si divise in numerose sette, in contrasto fra loro , pur se riconoscendo un unico fondatore.
Con la divisione , i bonzi rinnegarono, in parte, quei valori morali che avevano attratto tanta gente e si volsero ad attività economiche ; addirittura arruolarono truppe mercenarie per combattere contro altre sette.
I Giapponesi insoddisfatti del comportamento dei loro sacerdoti , si ribellarono e cercarono di appagare il vuoto interiore accettando l’amidismo; esso invitava alla continua meditazione e proponeva un Buddha  misericordioso , che si manifestava nella coscienza individuale e premiava , alla morte tutti i fedeli con un luogo di felicità e di gioia.
 Se noi fossimo entrati in una casa giapponese circa 2500 anni fa , di mattina, prima che le persone si recassero al lavoro, avemmo con stupore scorto tutti i componenti in atteggiamento di preghiera . Non pregavano i loro dei , ma gli avi della famiglia. Dapprima non pare che venissero costruiti altari, ma in seguito fu dedicato un angolo della casa alla devozione: qui era l’altare , attorno al quale tutte le persone della famiglia si riunivano per pregare , invocando la protezione  degli avi, affinché venisse tento lontano il male; offrivano cibi  che potevano essere graditi ai defunti , cioè pesce, riso e the . L’altare veniva ornato di fiori , attorno a esso si bruciava l’incenso e la sera si accendevano luci.
Il culto degli avi trovava giustificazione non tanto nella richiesta di benefici , quanto nel rispetto filiale e nella interiore consapevolezza dei valori da loro personificati. Oltre alla devozione per gli antenati della famiglia vi era quello per il primo imperatore che era di discendenza divina.

martedì 28 settembre 2010

GLI INDIANI


GLI   INDIANI

E’ possibile dire che l’India è allo stesso tempo il paese più antico ed il più nuovo. Molti storici infatti affermano che la civiltà indiana è fra le più antiche del mondo , ma essa ha fatto il suo ingresso nella storia solo nel XVI secolo , quando i conquistatori occidentali , di ritorno dai loro viaggi , rivelarono il favoloso mondo  di quella ineguagliabile terra. Fino a quel momento le vicende storiche del popolo indiano non erano state tramandate , sebbene le stupende opere d’arte, le tradizioni , i riti , le usanze di un popolo così ricco di umanità avessero in se sufficiente eloquenza per esprimere una cultura fra le più sconcertanti di tutti i tempi . Lo sterminato numero di divinità che popolano il suo firmamento religioso e le molte religioni che in millenni hanno trovato un fertilissimo terreno nell’anima indiana stanno a testimoniare lo spirito di tolleranza  e la sensibilità ai valori spirituali propri di questo popolo.
Alcuni ritrovamenti storici di estremo interesse avvenuti circa 50 anni fa  nel bacino dell’Indo diedero agli storici la possibilità di affermare che i primi insediamenti umani risalano in India al 3000 a.C. Essi erano localizzati specialmente  nella zona del Punjab . La parola di origine persiana significa “terra dei cinque fiumi” . La intersecazione di queste vie d’acqua  fu l’elemento principale che favorì lo stanziamento dei popoli primitivi e la loro conseguente trasformazione da nomadi ad agricoltori . L’esperienza vissuta dagli indiani antichi nella regione del Punjab può essere presa come esempio  del loro coraggio e della loro tenacia . Durante la stagione delle piogge i cinque fiumi con violenza inaudita straripavano travolgendo ogni tipo di vegetazione e riducendo la regione ad un acquitrino inabitabile.
L’evidente fertilità del terreno tuttavia richiamò fin dai tempi più remoti stuoli di bonificatori , i quali in secoli di lotta contro le forze naturali resero coltivabile tutta la regione.
I ritrovamenti archeologici nella zona del Punjab presentano delle sorprendenti analogie con quelle dei centri sumerici della Mesopotamia. Molti storici pertanto ritengono che le due popolazioni abbiano avuto una medesima origine . Vera o falsa che sia questa supposizione  è certo che entrambe pervennero  ad un grado di cultura assai elevato . La prova migliore è data dalla bontà  dei materiali usati nelle costruzioni , la razionalità dell’impostazione urbanistica , la grandiosità delle condotte di scarico cittadine , i numerosi ed eleganti oggetti di uso comune. Perfino le due scritture, quella sumerica e quella indiana , di natura pittografica, mista cioè della rappresentazione di oggetti reali e di segni simbolici , presentano caratteri affini. E’ ragionevole dunque pensare che tra i due popoli dovessero intercorrere rapporti culturali e scambi commerciali. La scrittura pittografica indiana conserva purtroppo  ancora tutto il suo segreto  in quanto non è stata decifrata.
Intorno ai due secoli che vanno dal XVIII al XVI a.C. si verificò una serie di spostamenti di popoli fra i più importanti e determinati della storia. Genti di origine nordica, caratterizzate dalla carnagione chiara , scesero pr successive migrazioni dalle loro terre di origine (Europa centrorientale) verso l’India occidentale . Quindi si stabilirono nella valla del Gange e poi sempre più a sud fino a diventare la stirpe dominante di tutta l’immensa penisola.
La lenta invasione degli Ariani diede inizio alla storia vera e propria dell’India . Gli invasori parlavano il sanscrito, una lingua che conteneva in se elementi di greco,di celtico , di germanico. Sono riscontrabili, per esempio nel culto , delle affinità tra gli Ariani dominatori dell’India e i Persiani : molte divinità erano infatti venerate  da entrambe . Importantissimi per la ricostruzione storica  di quel periodo sono gli inni sacri , i Veda , composti dai sacerdoti addetti all’offerta dei sacrifici solitamente a base di latte e di un liquido inebriante . L’invasione ariana non ebbe uno svolgimento pacifico , anche se all’inizio si presentò più con caratteri di un immigrazione . A mano a mano però che si rendeva evidente l’intento oppressivo  degli Ariani , gruppi sempre più organizzati cercarono di ostacolare  i conquistatori . Questo dovettero pertanto  ingaggiare vere e proprie guerre contro gli oppositori locali . Lo testimoniano gli inni Veda , con cui gli Ariani invocavano gli dei  per ottenere aiuto in battaglia. In particolare era invocato il Dio Purandara , cioè “colui che sconvolge le città” .
Analogamente a molti altri popoli , anche gli Indù hanno poemi che descrivono le vicende eroiche della loro origine . I Mahabharata e il Ramayana sono le due grandi epopee che narrano con suggestiva efficacia il passaggio dalla primitiva società patriarcale dei pastori ariani seminomadi alla formazione di grandi regni indù.   
Al vertice vi era il principe , di solito si chiamava Raja . La sua potenza e la sua ricchezza erano in gran parte affidate  alla casta dei militari . Potentissima era anche la casta dei Brahmani  o sacerdoti che dirigeva quasi completamente  la politica in ogni sua espressione .  sudditi poi , la massa del popolo divennero via via soggetti  al volere del principe più che alle leggi . Nacquero così i governi dispotici che durarono fino al XIX secolo , e precisamente verso la fine del 1800 , quando l’India entrò  a far parte dell’impero britannico .
Con la parola casta , di origine portoghese e che sta ad indicare  la purezza della razza , venne iniziata quella divisione tra ceti sociali dell’india che permane tuttora quasi invariata.  Con  ogni probabilità la prima di queste divisioni nacque proprio dalla differenza di colore tra gli Ariani e i popoli sottomessi . Dopo diversi anni di severo e generale ossequio alle leggi ariane , che vietavano i matrimoni misti , iniziò quella mescolanza  dei conquistatori con la gente indigena che ebbe poi una lunghissima diffusione. Assieme alle razze in questo modo, si mescolarono anche gli usi e il patrimonio culturale.
Quegli Ariani , i meno, che non si mescolarono agli indigeni , e perciò secondo il loro concetto riuscirono a non “contaminarsi” , disponevano della maggiore autorità sociale e politica . Sebbene le caste siano diventate più innumerevoli, all’origine  potevano essere distinte in tre gruppi maggiori : i sacerdoti o brahmani , i guerrieri o kshatirya e i mercanti e borghesi  o vaisya, e i sudra, o lavoratori.
Dopo tanti millenni anche oggi ,specialmente nell’India meridionale, i membri dell’infima casta sono considerati inferiori ; un gradino appena al di sopra degli stessi animali. Sono i paria. . E’ loro negato qualsiasi diritto sociale o politico: non possono accostarsi ai membri delle caste superiori , prendere cibo con loro , parlare, avere anche i più elementari rapporti.
La religione indù non è soltanto un insieme di credenze  e di culti , ma soprattutto un modo di esistere che regola tutti gli aspetti della vita. Il sopravvivere di una religione di questo tipo dipese  molto dal fatto che essa  non rifiutava qualsiasi forma religiosa  nuova, ma tendeva ad incorporarla. L’induismo difatti non venne mai fissato in regole precise, in quanto appunto sottoposto a continue trasformazioni . Esso oscillò sempre da una forma di paganesimo elementare , per esempio l’adorazione di oggetti  o animali, a forme di spiritualità di alto valore morale. Nell’affollatissimo olimpo indù alcune divinità hanno comunque uno spicco particolare : Brahma ( da cui la definizione dell’induismo  come brahmanesimo) , il creatore Visnu la potenza vitale, Siva la potenza disruttiva
Il V secolo a.C. resta un periodo assai significativo  nella storia dell’India . Le cause di una tale particolarità  possono essere trovate in alcuni elementi che come avviene qualche volta  nella storia dei popoli , si fusero insieme : la vita e la predicazione  di Buddha e del suo grande contemporaneo Vardhamana fondatore del giainismo , la ricerca di forme più genuine di culto fnno di questo secolo uno dei iù determinanti per la fisionomia del’India .
E’, tra l’altro,  a cominciare da questo secolo che gli storici riescono a stabilire  un ordine cronologico degli avvenimenti . Elemento comunque determinante  fu la trasformazione del sentimento religioso . La religione indù era in crisi gravissima  in quanto era passata dalle semplici credenze  Veda , basate su un elementare sentimento di culto verso gli dei , a un complicatissimo rituale che solo i brahmani conoscevano, e che pertanto si era inevitabilmente staccato dai sentimenti spirituali  del popolo . Era tempo di ritornare a forme  più mistiche e genuine . Ad interpretare il sentimento religioso della stragrande maggioranza dei credenti indù si alzò una voce che del popolo seppe  cogliere gli accenti  più profondi . La rigenerazione che molti  avevano desiderato trovò il modello più alto  di perfezione in Gotama Buddha che visse dal 483 al 520 circa a. C.
Di lui poco si conosce del periodo giovanile ; molto nota è la sua vicenda umana che ebbe inizio con la prima virilità . In quel tempo egli decise  di rinunciare completamente  al mondo per dedicarsi alla ricerca della verità  seguendo la via della meditazione e della penitenza . Proprio gli elementi che l’anima  profondamente religiosa  del popolo aveva mostrato di desiderare trovarono  in Buddha l’apostolo di un messaggio eccezionalmente suggestivo e convincente.
L’efficacia del messaggio di Buddha va ricercato nel fatto che egli non propose una nuova dottrina , ma interpretò nel modo più vicino all’animo popolare la religione indù. Egli fu dunque un grande riformatore che alla base del suo messaggio  poneva due idee fondamentali : il bisogno di spiritualità e il dovere di fratellanza .
I fondamenti del suo insegnamento possono essere ridotti a quattro “nobili verità” : l’esistenza è sofferenza ,l a sofferenza nasce dal desiderio , il desiderio cessa quando si consegue il bene sommo, il nirvana .
Con Buddha , la religione si fece più vicina alle vicende dell’uomo. Carica di un profondo senso di carità e di spiritualità , venne accettata con entusiasmo da un numero sempre maggiore di animi sinceramente religiosi, e specialmente da coloro  che appartenevano alle caste più umili. Tipica espressione della riforma Buddista fu la fondazione di ordini monastici, sconosciuti fino ad allora . Per quanto riguarda la diffusione delle nuove regole religiose  c’è da precisare che molto essa dpese dalla conversione di numerosi principi. Fu proprio l’ideale  di uguaglianza e fratellanza  però che dapprima insospettì e poi pose in un preciso atteggiamento di antagonismo alla riforma buddista  le caste superiori  ed in particolare quella dei brahmani . Mai si era prima di allora sentito per esempio, che avrebbero potuto diventare sacerdoti  (bonzi) anche coloro che appartenevano alle caste inferiori . Durante la diffusione del buddismo si manifestò la tendenza sul piano politico alla formazione di grandi stati. La capitale di uno di questi , cioè del Magadha , fu Pataliputra fondata da un discepolo di Buddha , i cui discendenti regnarono per ben 150 anni.
Durante il periodo dei grandi stati, ed esattamente nel 327 a.C. , Alessandro il macedone , seguendo il corso del fiume  Kabul, penetrò nell’India anche grazie alla complicità di un re indigeno. Era sua intenzione coronare  l’opera di conquista della Persia  aggiungendo alla sua gloria militare l’immenso territorio dell’India . In ciò era già stato  preceduto  da Dario, che nel 516 a.C. aveva conquistato tutta la regione del Punjab. La battaglia campale  tra l’esercito di Alessandro  e quello del re Paurava ebbe momenti epici.
Presso il fiume Jhelum i massicci, ma lenti elefanti indiani non poterono sostenere  l’impeto della mobilissima  cavalleria macedone . Alessandro fu magnanimo col vinto che nominò suo luogotenente.
La morte di Alessandro provocò l’insurrezione del Punjab , che vide alla sua testa un principe della dinastia  Maurya di Pataliputra . Egli consolidò il suo potere e fondò un grande impero  che ebbe fama soprattutto per merito di Asoka , suo figlio . Costui fu un personaggio grande sia nel male che nel bene. I documenti storici infatti o descrivono come un crudele guerriero , che causò con le sue guerre la morte di centinaia di migliaia di uomini . Ma la vista di un campo di battaglia seminato di innumerevoli soldati caduti fini per provocare in lui una sconvolgente crisi di coscienza. Dopo un travaglio spirituale profondo ed intenso egli si convertì al Buddismo , rinunciò ad ogni forma di violenza e decise di governare secondo l’insegnamento morale di Buddha . La sua conversione portò al buddismo un gran numero di proseliti , tanto che esso divenne la religione  ufficiale dell’impero. Il convertito Asoka spese cosi il resto della sua vita nello sforzo di affermare i principi morali del grande maestro.
Alla morte di Asoka (231 a.C.) , si aprì un lunghissimo periodo di crisi politica , che in quasi cinque secoli vide uno straordinario numero di invasioni straniere. Esse iniziarono con i Greci Seleucidi , che pressati dal nord  dagli Sciti , si insediarono nello Punjab . Nel 160 a. C. un’altra invasione greca non ebbe successo. Verso il 138 a.C. Mitridate , re dei Parti , occupò il regno di Taxila . Proveniete dall’Asia centrale , un popolo di invasori , i Kushan , fuse insieme le diverse genti che si erano fra loro sovrapposte durante le lunghe dominazioni  dell’India  L’unico principe di questo periodo  che sia degno di nota fu Kaniska , che visse tra il 120 e il 162  dopo cristo.
Egli pose la capitale a Peshawar e governò un regno che per estensione si avvicinava  a quello di Asoka . Fu un grande imperatore e un magnifico protettore delle arti , che proprio in quel tempo ebbero uno sviluppo  ed un rinnovamento imponente . Le opere di pittura, scultura e architettura indiane antiche restano ancora oggi testimonianza di una grande civiltà . Ne sono esempi stupendi , in modo particolare , le opere di significato religioso e sacro.
I numerosi principi che con le invasioni stranire avevano visto diminuire  la propria potenza , vero la fine del  II  secolo d.C. si coalizzarono in una riscossa nazionale che trovò la sua conclusione nella costituzione dell’impero Indù. , il cui capostipite fu Chandra Gupta . La sua opera fu completata dal figlio che allargò i domini  conquistando tutta l’India settentrionale . Fu proprio durante questa dinastia che il buddismo, già in crisi, conobbe un periodo di abbandono in quanto risorse e rifiorì l’induismo.
La vecchia religione dei Brahmani finì con l’avere il sopravvento e relegò il messaggio  di elevazione morale di Buddha in un ambito di culto assai ristretto. L’unica dinastia che dopo i Gupta ebbe sprazi di vero splendore fu quella iniziata da Harsha, , che nel 613 d.C. riuscì a diventare signore di buona parte dell’India settentrionale . In una cosa egli differì dalle dinastie Maurya e Gupta , e cioè per l’estremo rigore  della sua autorità . Alla morte di Harsha  (647) il suo impero cadde nel caos più assoluto .
Durante il periodo di estrema decadenza politica e sociale iniziarono alla morte di Harsha , e che durò diversi secoli, altri stati dell’India seppero comunque trovare  momenti di equilibrio o addirittura di floridezza. Fu anzi in questa fase della storia indiana che cominciarono ad assumere un sempre maggiore peso gli stati del sud che in passato erano rimasti come isolati ed estremamente arretrati.
Dinastia di particolare spicco fu, a partire dal secolo IX quella dei Rajput  o “ figli di re” , che per l’apparato cavalleresco  e militare di cui si circondarono , possono essere paragonati  a feudatari medievali europei . I regni dell’india meridionale , favoriti dalla posizione geografica particolarmente felce , si arricchirono ben presto di una flotta mercantile  e da guerra tale da poter competere con quelle europee . Spezie, pietre preziose , riso avorio , stoffe divennero la loro preziosa merce di scambio con i paesi mediterranei . Come ai feudatari europei fu fatale la discordia, nel medesimo modo la mancanza di una coesione politica  favorì la decadenza dei feudatari indiani rajput, che non seppero contrastare  la massiccia e decisa invasione islamica.
La predicazione di Maometto , che infiammava l’animo dei suoi seguaci per la guerra santa contro tutti gli infedeli , trovò in India un terreno di facile conquista . Si può dire che l’indomani della morte del profeta Maometto si verificò la prima spedizione araba. Ma fu all’inizio del 700 che iniziò la vera e propria penetrazione arabo islamica  dell’India . Muhammad  ibn Kasin , il ventenne conquistatore dal comando travolgente , occupò in breve tempo un esteso territorio del nord .
I più tremendi propagatori dell’islamismo furono proprio i Turchi , che iniziarono la conquista vra e propria dell’India verso la fine del 900 , sotto il comando di Sabuktigin. Questi lasciò in eredità al figlio  Mahmu un potentissimo esercito e una grande tradizione militare . Si narra che avesse giurato di compiere una spedizione contro gli indiani , adoratori di falsi dei . Forse si tratta di una leggenda , ma è certo che solo quattro anni dopo la morte del padre egli iniziò una serie di guerre che lo videro costantemente vittorioso . Al termine di ogni battaglia , i massacri dei vinti assumevano proporzioni da ecatombe . Fedele fanatico del messaggio maomettano  di guerra santa egli fu sempre divorato dall’odio contro i nemici, dei quali non rispettò nemmeno le più sacre tradizioni . Nel 1024 con una marcia gigantesca attraversò il deserto , polverizzando gli eserciti coalizzati dai principi rajput . Al termine della battaglia 50.000 indù sconfitti furono massacrati e altre migliaia annegarono in mare nel tentativo di fuggire. La sua morte fu l’unica vittoria che egli concesse ai nemici. L’India del secolo XVI vie l’inizio dell’ultima gloriosa dinastia indiana, quella dei Moghul o Mongoli. Essi erano di origie turco-mongola ed erano i discendenti diretti  dei guerrieri di Gengis Kan  e di Tamerlano . Fu proprio un discendente di questi grandi condottieri  che iniziò la dinastia Moghul ; il suo stesso nome era una promessa di vittoria : Bahur , il leone .
Nel 1526 , con solo 12.000 uomini sconfisse 100.000 nemici  e occupò Delhi . La battaglia che si era svolta a Panipat aveva visto la prima vola l’uso di una nuova arma micidiale , sconosciuta in quelle terre : il cannone . A soli 47 anni , questo grande condottiero  morì senza avere potuto  superare la diffidenza  e la ripugnanza  che egli ancora aveva verso  il paese che aveva conquistato.
Pacificaore fra Musulmani e Indù , conciliatore delle diverse fedi religiose, Akbar fu l’ultimo dei grandi sovrani Moghul . Splendido mecenate , protettore delle arti  e delle scienze nonostante non sapesse né leggere e né scrivere , viene ritenuto da alcuni storici il più grande sovrano della storia indiana .


venerdì 24 settembre 2010

BUSHIDO

                                                                             Bushido

Giapponese, morale del guerriero

Insieme delle norme che regolavano la disciplina morale (lealtà, fedeltà coniugale,, cortesia, pietà filiale) e il comportamento in guerra della casta militare  dei samurai in Giappone. Teorizzato e sistematizzato durante il secolo XVII (epoca Tokugawa) con l'adattamento ai principi del buddhismo e del confucianesimo , fu uno dei caposaldi del nazionalismo giapponese del secolo XX.

giovedì 23 settembre 2010

I VICHINGHI

I   VICHINGHI

Chi erano i Vichinghi? Con questo termine che nell’antico norvegese vuol dire Pirata , indichiamo oggi i popoli scandinavi vissuti fra l’800 e il 1050, ma le fonti dell’epoca se ne valgono raramente, preferendone altri più lusinghieri : re del mare, corsieri delle onde, Normanni, cioè uomini del nord.
Questi popoli, stanziati lungo i fiordi  della Norvegia , le inospitali coste baltiche e danesi, cercarono la loro ragione di vita sul mare già all’epoca del bronzo . La loro affermazione va di pari passo  con il decadere dell’ importanza commerciale del Mediterraneo, dopo la caduta dell’impero romano, ma già Tacito parla delle navi Vichinghe a due prore. La loro epopea durò 250 anni e, a dare ascolto soltanto alle affermazioni di chi professava la fede cristiana, su questi “ pagani” pesa una condanna schiacciante. Ma saccheggi e distruzioni furono la conseguenza inevitabile della lotta per il predominio commerciale  contro avversari che, per quanto cristiani, non usavano certo sistemi migliori.
I popoli scandinavi fecero il loro ingresso ufficiale nella storia europea nel VIII secolo, all’epoca di Carlo Magno . In questo periodo la piaga della pirateria nel Mediterraneo era tale da impedire i traffici europei con l’Asia e l’Egitto.
Scandinavi e danesi , abili compratori e fornitori  di oggetti pregiati  come pellicce, miele e schiavi , divennero il fulcro del commercio con l’Asia. Con i loro “draghi” giunsero alle coste d’Inghilterra e d’Islanda, risalirono l’Elba, la Senna, la Schelda, la Mosa , la Loira. Riuscirono a competere con le più ricche città della Francia e della Spagna, con i più fiorenti empori d’Italia. Nell’estremo nord toccarono  l’Islanda e la Groenlandia; verso il 1000 qualcuno sostiene che approdarono  al Labrador e alle coste del Nord America. A est giunsero fino a Bisanzio; si irradiarono per tutta la Russia a cui diede il nome Rurik, che vi si stanziò con la sua tribù. I Rrusij.
Il libro sacro dei Normanni, l’Havamal , ci fa conoscere la loro filosofia dell’esistenza, improntata a profondo pessimismo. La vita è difficile ma vale la pena viverla, a patto di non perdere la propria libertà o la capacità di provvedere a se stessi. Per quanto faticosa l’esistenza offre a ciascuno di noi delle circostanze favorevoli: bisogna imparare a sfruttarle per raggiungere il successo  e dare un contributo alla società di cui facciamo parte.
Essere liberi è soprattutto questo : usare le facoltà intellettuali  per dominare le avversità, e fare della nostra vita qualcosa di degno nel ricordo. Per questo il bene più grande sono i figli , che più validamente perpetuano la memoria dei padri. Gli uomini del nord avevano molti poeti di corte e li tenevano in grandissima considerazione. Gli aedi cantavano la morte e le gesta di grandi uomini in canzoni dallo schema rigido, che interpretavano essi stessi rallegrando i banchetti. Nessun principe degno di rispetto  s’avventurava in guerra senza il suo bravo seguito di poeti, pronti a tramandare la sua gloria.. In quanto agli aedi , non facevano mistero di scrivere per danaro. Nel X secolo ci fu un poeta, Egil, che compose un poema addirittura per salvarsi la pelle : caduto nelle mani del suo peggior nemico, Erik Blodax, e condannato a morte, in una sola notte scrisse venti deliziose stanze in onore del re. Erik, fatto il bilancio tra sete di vendetta e immortalità, accordò la grazia a Egil.
I Vichinghi praticavano sia l’inumazione, sia la cremazione.  Generalmente sulle sepolture venivano drizzati tumuli , sulla cui sommità si disponevano delle pietre a formare la pianta di una nave. Ma uomini e donne d’alto lignaggio avevano talvolta come sepolcro una nave, con ricchissimo corredo funebre. Quando moriva un capo, amici e parenti decretavano  dieci giorni di feste funebri. Mentre si svolgevano giochi e banchetti, si preparava la cerimonia della cremazione. Ecco come uno storico arabo descrive il funerale di un principe dei Rusij: “ Sulla nave tirata in secco, drizzavano una tendae là deposero il morto, vestito delle sue più ricche vesti e la riempirono delle offerte votive. Secondo il loro rituale sacrificarono due cavalli, due mucche e il cane. Poi salì  sulla nave la fanciulla che voleva seguire nella tomba il suo padrone. Cantava , levando la tazza colma d’idromele… Una vecchia, l’Angelo della Morte, la portò nella tenda , l’uccise e l’adagiò accanto al re. Allora il parente più stretto del morto appiccò il fuoco; tutti gli uomini avvicinarono le torce e così diedero inizio all’ultimo viaggio del loro re “.
A Gamla Uppsala vi è un paesaggio di strane colline, costruite dall’uomo; sono più di mille sepolture . Dove ora sorge un’antica chiesa, si levava l massimo tempio pagano dei Vichinghi. Adamo di Brema uno storico dell’XI secolo, ce lo descrive interamente rivestito d’oro . A Uppsala venivano adorati Freja, dea dell’amore e Odino.  Thor, altrove dio della guerra, era qui considerato  il padre degli dei.  In suo onore, ogni nove anni si celebravano a Uppsala feste grandiose. I Vichinghi giungevano al tempio da ogni parte della Svezia e per implorare il favore del dio gli ofrivano tutto ciò che avevano di più caro : bestiame, cani, cavalli, e persino vittime umane.
A Thor , dio del tuono e della guerra, erano particolarmente devoti i guerrieri che portavano amuleti d’oro col suo simbolo perché concedesse loro di morire sul campo. Chi moriva in battaglia era condotto dalle Walchirie ( mitiche fanciulle della religione degli antichi germani al servizio di Odino: raccolgono i morti in battaglia e li portano nel Walhalla) al Walhalla e sedeva al banchetto degli dei.
Le case dei Vichinghi erano solidamente piantate al suolo , con muri bassi e spessi; erano studiate in ogni particolare  per resistere ai rigori di un clima inclemente. Ben difese dalle raffiche di vento, con poche e piccole finestre che si aprivano dove cominciava il tetto, rivolte verso il cielo per sfruttarne più a lungo la luce. Il tetto era simile ad uno scafo rovesciato ; il vento vi soffiava senza trovare resistenza, come l’acqua sotto la chiglia della nave vichinga. Il vivissimo senso dell’ospitalità di questo popolo è documentato dalle opinioni dei contemporanei  e dalle norme del saper vivere che i vichinghi ci hanno lasciato: un perfetto codice di onestà . L’ospite era sacro ed il padrone di casa si adoprava in ogni modo perché si sentisse a suo agio ; gli riservava la parte migliore della casa e lo allietava con conversazioni interessanti e con lieti banchetti, in cui raramente il senso della misura veniva dimenticato.
In un epoca in cui le norme igieniche più elementari non erano  tenute in eccessiva considerazione , i vichinghi ritenevano  indispensabile offrire all’ospite la possibilità di prendersi  un confortevole bagno . Resti di stabilimenti termali  sono stati ritrovati nelle fattorie più isolate e più antiche della Danimarca . I contemporanei anglosassoni annotavano con stupore  nelle loro cronache il piacere evidente degli uomini del nord per i bagni caldi e freddi, un’abitudine che spiega  la diffusione della sauna attuale anche fra gente di modesta condizione.
Come vestivano i Vichinghi? I ritrovamenti delle tombe ci parlano di una moda pratica  e raffinata a un tempo . Gli uomini indossavano pantaloni e casacca di lana o di seta, su cui portavano spesso un mantello, più o meno pesante. A seconda della stagione avevano in testa un berretto di tela o di pelliccia. Gli uomini portavano la spada infilata alla cintura e usavano il cavallo press’a poco come ai nostri giorni  s’usa l’automobile. Più il padrone era ricco , più erano suntuosi i finimenti della sua cavalcatura , incrostati d’argento  e con boccole di bronzo dorato.
Gi abiti femminili , di lana, di seta o di lino non erano da meno di quelli maschili. Collari a maglia d’oro , fibule d’argento  di ricercata cesellatura , bracciali e pendenti di pietre dure, d’argento o di vetro, costituivano l’indispensabile corredo di ogni dama.
Per i Vichinghi la nave era la ragione  stessa della vita e perciò era oggetto di ogni cura. Lungo i secoli , l’arte della costruzione navale  perfezionò un tipo d’imbarcazione dalle caratteristiche costanti variandone solamente dimensioni e particolari.
Progettata per correre i mari in condizioni abitualmente avverse, la nave vichinga differiva profondamente  da quella dei popoli mediterranei. Ai remi , per quanto numerosi , era affidata una funzione secondaria : la principale fonte di trazione era il vento. I Vichinghi furono forse i primi  a sfruttare l’arte della navigazione  a vela, che permise loro  le straordinarie imprese in mare aperto al tempo in cui anche i popoli più progrediti , come Cinesi e Arabi , praticavano quasi esclusivamente la navigazione costiera.
Per offrire la minima resistenza alle onde , lo scafo, simile a quello di una canoa, non si immergeva che pchissimo nell’acqua. Le prue, alte e ricurve, terminavano con una fantasiosa testa d’animale, dalla quale prendeva nome la nave stessa.
Come si orientavano i Vichinghi nei loro viaggi? Un archeologo afferma che essi conoscevano una speciale pietra, capace di determinare la posizione del sole mediante la rifrazione  dei raggi solari ; infatti le saghe  parlano della pietra solare. Un antico abitante dell’Islanda , Star-Oddi, ha lasciato una mappa delle posizioni assunte dal sole  nel corso dell’anno , dal’alba a mezzogiorno ; un disco di legno, ritrovato in Groenlandia , veniva certamente usato in antico per determinare la rotta.
Dopo la pubblicazione del suo studio , l’archeologo venne a sapere da un capitano danese che uno strumento  simile alla pietra solare  guida attualmente i “Jets” che sorvolano le regioni polari, dove il magnetismo terrestre  rende inservibile la bussola. Questo strumento (la bussola celeste) permette di segnare la rotta attraverso una speciale polarizzazione della luce. Alcuni cristalli, rinvenuti in Scandinavia e in Islanda , possedevano tale proprietà. Lo scienziato , costruita una pietra slare, la mise a confronto con una bussola celeste . La pietra solare  segnava la posizione del sole  con un errore di appena 2,5 gradi , seguendolo fino a 7 gradi  sotto l’orizzonte. L’antica rotta dei Vichinghi , dalla Norvegia alla Groenlandia, era parallela a quella dei “ jets”.
La Danimarca, all’incrocio fra le vie commerciali fra Oriente e Occidente , divenne una potenza economica  con Re Goffredo . Nell’808 egli intraprese una spedizione  contro la città baltica di Reric, alleata di Carlo Magno e temibile concorrente. Dopo averla distrutta, re Goffredo deportò i mercanti nella maggiore località commerciale del suo regno : Hedeby. Per proteggere il trasporto delle merci dai piccoli  porti ai grandi empori, il re costruì una serie di imponenti  fortificazioni , ancora oggi visibili lungo l’antico impero dei Franchi.
Consolidate le relazioni commerciali  con le grandi città dell’Europa occidentale, Goffredo si assicurò praticamente il monopolio  dei commerci. Attraverso le colonie, da tempo fondate  alle foci dei grandi fiumi, e una serie di agenzie impiantate lungo le vie d’acqua , gli uomini del nord giunsero a Costantinopoli e a Bagdad, barattando sete e metalli preziosi, pellicce e schiavi.
Verso la fine del IX secolo i Vichinghi stabilitisi in Danimarca rivolsero le loro mire al’Inghilterra . Presero d’assalto  successivamente le più fiorenti città  e riuscirono ad insediarsi in un ampia zona all’estuario del Tamigi , dove oggi c’è Liverpool . Lingua e costumi danesi , ancora presenti , nel linguaggio e nelle foreste locali , prevalsero qui a tal punto che questo territorio è conosciuto come il Danelaw “ la terra dei Danesi” .
Il colpo che portò alla conquista del trono  nel 1066 fu inferto all’Inghilterra attraverso una vera e propria serie di spedizioni militari.
Le scorrerie dei Normanni furono particolarmente crudeli in Francia. Terrorizzati,  monaci abbandonavano i monasteri , le fattorie spopolate andavano in rovina . Nel secolo IX nelle città e nei villaggi lungo i fiumi rimaneva ben poco da depredare. Non per questo cessarono le incursioni .
Parigi venne saccheggiata 4 volte ed i re dovettero versare somme fortissime perché gli invasori lasciassero la capitale. Nel 911 Carlo il Semplice , il re francese d‘allora , in cambio della pace fu costretto a cedere come ducato il vasto territorio occupato  dal danese Horolf. Venuti a contatto con la civiltà di Francia , gli invasori si fusero completamente con la popolazione locale, cambiando il loro apro linguaggio  con quello della Francia del Nord  e adottando il costume di vita francese. Il loro nome passò alla terra dove si stanziarono , che oggi chiamano ancora Normandia, terra degli uomini del nord.
Nel 1016 giunsero nell’Italia meridionale i primi Normanni . Tornavano da un pellegrinaggio  a Gerusalemme e, sbarcati a Salerno , si misero al servizio del principe contro i Saraceni che minacciavano la città.
Il loro esempio fu seguito da numerosi capitani di ventura normanni. Fa questi Rainolfo Drengot che , a ricompensa del suo valore,  ebbe in dono il territorio di Aversa , una città della Campania. Valutata la facilità con cui ci si procurava terra e denaro , altri capi Normanni  scesero in Italia.
Nella contesa fra Bizantini , Arabi e Longobardi ebbe buon gioco uno dei fratelli Altavilla , Roberto il Guiscardo (l’astuto) , che estese il dominio a tutta l’Italia del sud , eccetto pochissime terre.
Nel 1091 , dopo vent’anni di lotta , un altro degli Altavilla , Ruggero I , cacciò gli Arabi dalla Sicilia e ne divenne conte. Con suo figlio, Ruggero II , l‘Italia meridionale e la Sicilia divennero un’unica grade monarchia. Grazie alla saggezza della dominazione Normanna , Arabi, Greci, Longobardi , popoli tanto diversi vissero in armonia , liberi di seguire la loro religione e le loro tradizioni . Le città si arricchirono di splendide opere architettoniche  in cu elementi arabi , bizantini e normanni diedero vita a un originale forma d’arte detta siculo-normanna.
Nel settembre del 1066 Guglielmo il Conquistatore , raccolto un esercito di avventurieri  dalla Normandia, dalla Francia, dai Paesi Bassi, con la promessa di una ricca preda, sbarcò sulle coste inglesi . Deciso ad impadronirsi del trono , invitò il re Aroldo a mantenere fede a un ingiusto patto  che lo obbligava a sostenere le sue pretese. Aroldo, benché indebolito  dalla dura vittoria contro Harald  Testa Dura  rifiutò e le sorti della monarchia inglese furono decise dalla battaglia  che divampò per nove presso Hastings.
L perdite furono gravissime da ambo le parti, Aroldo, con gli occhi trapassati da una freccia, fu atto letteralmente a pezzi dai cavalieri Normanni . Gli inglesi, che già avevano respinto fin sotto le navi gli invasori , si volsero allora n fuga. L’epica battaglia  e il valore dei baroni inglesi  furono cantati dai più grandi poeti, ma servirono a poco contro i Normanni.
Nel natale dello stesso anno  Guglielmo detto il conquistatore  si fece incoronare re  nell’abbazia di Westminster.
L’avventura dei Vichinghi oltre oceano ebbe inizio intorno all’anno 1000 ed è narrata ampiamente nelle saghe medioevali nordiche.
Messo al bando per tre anni a causa di una sanguinosa faida , un uomo chiamato Erik il Rosso  partì dall’Islanda in cerca di una favolosa terra avvistata in distanza  circa cento anni prima , senza che però vi approdasse, da un certo Gunnbjorn. Fu così che Erik e i compagni misero piede sulle coste disabitate e invase dai ghiacci di quella che è la più grande isola della terra: la Groenlandia. Trascorsero l’inverno accampati alla meglio e ripresero la navigazione  verso sud ; doppiato capo Farawell , raggiunsero quindi la parte sudoccidentale dell’isola, che si presentava più accessibile e il cui clima era meno rigido.
Complessivamente i primi vichinghi soggiornarono per de anni nella nuova terra, dove decisero di trasferirsi con un seguito maggiore . Erik tornò infatti in Islanda e parlò di questa sua scoperta che battezzò “Gronland” ( terra verde).
La notizia mise in subbuglio l’Islanda e un migliaio di coloni, venduta la terra, fece vela verso la nuova colonia con un buon numero di navi cariche di bestiame. Scavi archeologici ci hanno dimostrato che le saghe nordiche raccontano il vero: sono venuti alla luce resti di abitazioni e di insediamenti che certamente appartennero ai Vichinghi. Qualche dubbio invece esiste sulla scoperta del continente nordamericano , mentre le stesse saghe la danno per certo ad opera del figlio di Erik il Rosso , Leif Eriksson, che dopo quell’impresa fu detto il Fortunato.Leif, con una nave e pochi compagni , si mise in mare della Groenlandia e approdò in una terra piena di foreste dove abbondava anche la vite  e che perciò fu chiamata “Vinland” (Terra del vino) . Tornata in patria con un considerevole carico di legname e soprattutto con la notizia di una terra dal clima mite , questa prima spedizione fu seguita subito da un’altra , comandata da Thorvald , fratello di Leif . Le saghe parlano anche di successive spedizioni  nel Vinland , che alcuni studiosi vogliono identificare  col nordamerica, sebbene in questi racconti, a metà tra la fantasia e la leggenda  manchino esatti riferimenti sia nautici che astronomici.
Ammesso pure che i Vichinghi approdarono in una qualche costa del continente nordamericano , non lo trovarono disabitato  e gli indigeni , visto anche il comportamento che di solito caratterizzava le incursioni di questi popoli del Nord , si opposero sicuramente . Le loro basi erano troppo lontane e perciò i Vichinghi dovettero rinunciare a stabilire nella nuova terra un insediamento permanente.
Dopo il fallimento della presunta colonizzazione sulle coste americane , il mondo dei Vichinghi  cominciò a decadere. Tagliata fuori dalla otta , la colonia in Groenlandia perse importanza , finhè , verso il 1500, morirono o se ne andarono gli ultimi coloni.
Lasciata alle sue risorse, l’Islanda sopravvisse e si può dire che quest’isola inospitale , poco al disotto del circolo polare artico , rappresenta una specie di relitto  dell’XI secolo. La lingua degli Islandesi sarebbe facilmente intesa da un Vichingo , tanto è simile a quella dei coloni che vi giunsero nell’870 . Neppure la struttura della società è cambiata molo. L’assemblea legislativa è ancora l’Alting, che nel 1000 adottò il cristianesimo come religione ufficiale , tollerando le cerimonie private dell’antico  culto, per scongiurare i conflitti. Lo spirito democratico d’un tempo anima gli Islandesi e le loro istituzioni.             

martedì 21 settembre 2010

GLI INCA

GLI  INCA

Difficilissima da collocare  nel tempo è la terza  grande civiltà precolombiana , quella Inca . Del tutti dissimili dai Maya, che avevano fatto della misura del tempo  una scienza e un culto, gli Inca non possedevano alcuna forma di scrittura  adatta a registrare lo scorrere del tempo . Le uniche possibilità quindi di fare luce  su questa civiltà sono date dallo studio dei ritrovamenti archeologici.
Le sue lontanissime origini , pare, al 1200 a.C. , nella zona peruviana  delle Ande. L’impero incaico ebbe origine esattamente  nella zona di Cusco , e la città omonima divenne la capitale del Thauantisuyo .
Anticamente gli andini  erano cacciatori nomadi, pescatori, raccoglitori di bacche che provenivano dal nord America . Le varie zone geografiche in cui la civiltà inca si sviluppò avevano  caratteristiche assai diverse fra di loro e da ciò deriva in gran parte la differenza delle varie culture.
Nel periodo della loro massima espansione , gli Inca occuparono i territori corrispondenti  agli attuali stati del Perù , Equador,Bolivia e Cile settentrionale.
Tale periodo coincise con i secoli XII, XIII e XIV dopo Cristo. L’organizzazione della società inca era di tipo feudale . Capo supremo era l’ “Inca”, o imperatore , adorato dai suoi sudditi come figlio del sole e coadiuvato da una rigida gerarchia di amministratori chiusi in caste, i quali governavano vari settori della vita pubblica in suo nome.
L’Inca era anche il padrone assoluto, custode e titolare di tutti i beni dello stato. Di tutti questi beni faceva abitualmente tre parti e assegnava la prima al dio-sole, e logicamente ai sacerdoti; la seconda a se stesso e alla sua corte; la terza alla comunità o “ayllu”.
Tutti i cittadini appartenevano allo stato  ed erano legati indissolubilmente alla loro specifica comunità, cui sovraintendevano i vari vassalli. Allo stesso modo di un vero Dio l’imperatore era venerato e servito. La pompa delle sua corte  può essere paragonata a quella delle più grandi corti delle civiltà teocratiche  di tutti i tempi.
Grosso modo l’amministrazione dello stato Inca era così organizzata: ognuna delle zona in cui era divisa la “terra dei quattro cantoni “ veniva governata , in nome dell’imperatore, da un nobile. Ciascuno di questi  a sua volta era coadiuvato  da altri funzionari nobili che , in scala gerarchica decrescente, avevano giurisdizione  su gruppi di abitanti di numero sempre minore . La nobiltà inca aveva dunque compiti amministrativi , politici e militari  di grandissima responsabilità . Per questo motivo solo ai figli appartenenti a questa casta veniva impartita  un educazione adatta ai loro compiti futuri.
Gli inca esonerati da coltivare la terra erano gli appartenenti alle caste nobili . Tutti gli altri  dovevano dedicarsi ai lavori agricoli per buona parte dell’anno. L’agricoltura e l’allevamento del bestiame  costituivano infatti le attività fondamentali del popolo Inca.
A questo proposito è indispensabile ricordare che il lavoro dei campi era durissimo , in quanto il territorio in cui fiorì la civiltà inca si aggirava intorno ai 3000 metri di altitudine. La necessità di costruire terrazze per rendere possibile la coltivazione del mais e patate, il numero estremamente ridotto di attrezzi agricoli , l’ignoranza che questo popolo aveva  della ruota e di altri comodi e rapidi mezzi di trasporto, che non fosse il mansueto e resistente lama, danno l’idea di quanto dovesse essere faticosa la vita.
Le feste principali del popolo Inca  coincidevano con le fasi fondamentali del lavoro agricolo: l’”inti-raymi” , in giugno, era il momento del raccolto ; il “caac-raymi”, in novembre , era il periodo in cui si concludevano i lavori agricoli.
Nonostante che la base dell’economia inca  fosse costituita dall’agricoltura, era tuttavia sviluppato  anche l’allevamento, specie di due animali molto importanti: il Lama e l’Alpaca (ruminante affine ai cammelli, ma più piccolo e senza gobba, comune nelle Ande, pregiato, oggi, per il suo pelo morbido e lungo).
L’antica religione peruviana immagiava l’universo pervaso da divinità di ogni genere, però diviso in tre zone: una superiore o “ Janan-Pacha” ,Olimpo dei celesti (sole, luna, stelle); una media o “Cay-Pacha , la terra; una inferiore , “Ukju-Pacha”, mondo dei morti. Intermediario fra il cielo e terra era l’Inca , figlio de sole. Con il mondo degli inferi  era possibile  comunicare per mezzo  della “Pakarina” , cioè con la sorgente di un fiume, con una cavità naturale, con un lago, in genere con tutto ciò che provenisse dalle profondità terrestri.
Il massimo dio Inca, creatore del mondo  e padrone di ogni cosa , presente dovunque, era “Appu- Kon-Ticci-Wiracocha” .
Egli assumeva  di volta in volta forme  umane o d’animali per essere costantemente vicino alla sua gente. Immediatamente dopo, nella gerarchia divina veniva il secondo protettore dell’impero, “  Inti” , il sole, ritenuto padre di tutti  gli Inca . Anche il mare e il tuono venivano adorati come incarnazione di grandi e potenti forze della natura.
Le cerimonie religiose erano frequenti e costantemente accompagnate dalla musica , sia nella sua forma strumentale  che in quella vocale. Gli strumenti più diffusi erano i tamburi, di vario genere e di diversa grandezza, e i sonagli ricavati  da metalli e dagli oggetti più disparati. Non mancavano anche gli strumenti a fiato, pur essendo in numero minore; i più diffusi erano la conchiglia forata e il flauto. I templi, spesso ricchi d’oro, contenevano tesori d’immenso valore.
Un modo tipico per adorare con più fervore il dio sole era quello di seguire l’ombra da esso proiettata su uno speciale orologio solare formato da una pietra sormontata da un cono, la così detta “ Intiwarana” .
Particolare culto era riservato ai morti , in quanto la persona del trapassato diveniva , con la morte , quasi una divinità. Questo culto derivava probabilmente anche dal fatto che i Peruviani antichi erano capaci di imbalsamare i cadaveri. La forma che il più delle volte  veniva data alla mummia, ricorda la posizione del bimbo nel grembo materno.
Contrariamente a quanto avviene presso quasi tutti i popoli , gli Inca festeggiavano non la nascita del figlio, ma il secondo compleanno. Era infatti in quella occasione che gli veniva imposto il nome. La vita dei bambini era dura : dovevano aiutare i genitori nei lavori domestici . Solo i figli dei nobili avevano dei veri maestri, gli “ amautas”. La principale virtù degli insegnanti non era tanto la cultura quanto la saggezza.
Le vesti e le suppellettili degli Inca sorprendono ancora per la loro eleganza. Desta meraviglia inoltre  la raffinatissima arte orafa , di cui gli Inca conoscevano  le più sottili tecniche. Oltre ai metalli sapevano  lavorare anche le pietre preziose. Collane stupende , in cui ricorre spesso la rana , simbolo di fertilità bracciali ricchi di fantasia e perfino raffinati oggetti da toilette sono stati scoperti nelle antiche tombe inca. Monili e vasellame prezioso appartenevano naturalmente all’aristocrazia, che ne faceva uso non solo nelle grandi occasioni  ma quotidianamente.
Incredibile è l’architettura inca, ma ancor più sorprendente essa ci appare quando consideriamo che gli antichi Peruviani non conoscevano ne carri, ne animali da traino, non conoscevano l’uso del ferro per modellare i blocchi, ed erano assolutamente a loro sconosciute sia la livella che la sqadra. Nonostante questa mancanza di strumenti la connessione fra i vari blocchi sovrapposti a formare le varie costruzioni è talmente perfetta che sarebbe, per esempio,  arduo riuscir a infilare la lama di un coltello tra un blocco e l’altro. Sconosciuti erano anche l’arco e la colonna ma ugualmente armoniose , grandiose ed imponenti erano le antiche costruzioni inca, di cui ancor oggi rimangono  rovine stupende . Le opere di ingegneria inca , tutt’ora ammirate e studiate per la loro arditezza, presentano spesso proporzioni colossali: 5200 chilometri di strade;acquedotti che attraversano le montagne con lunghe gallerie scavate nella viva roccia; ponti sospesi nel vuoto per superare i valloni larghi anche 50 metri; lunghissime mura ciclopiche che al tempo della loro edificazione dovevano raggiungere altezze incredibili. Tutto ciò prende maggior risalto quando si pensi che tutte le costruzioni inca furono edificate  in luoghi impervi, quasi inaccessibili. La città fortezza di Machu-Picchu , per esempio, venne costruita a ben 2400 metri sul livello del mare, a cavallo di una catena montuosa. Le sue innumerevoli scalinate mettono in comunicazione le varie parti della città situate a quote diverse. Il complesso grandioso e pauroso allo stesso tempo, da l’idea di un opera colossale di difesa.
La scultura Inca si esprimeva prevalentemente nella costruzione di recipienti di forma bizzarra e spesso suggestiva. Più caratteristico è forse quello definito “ariballo”, così denominato perché simile al vaso greco che porta lo stesso nome. Si tratta di un recipiente dalla forma tronco conica che porta nella parte superiore un collo molto slanciato, terminante in una svasatura a forma di corolla, e nella parte inferiore una base a cono rovesciato. E’ logico capire che simili vasi stavano eretti solo se infissi in appositi sostegni o appoggiati l’uno all’altro oppure immersi nella sabbia. Servivano come contenitori di cibi  o bevande. L’arte inca si sbizzarriva  anche nella costruzione di ciotole dotate di piedistallo e coperchio, vasi a forma di bottiglia con uno o due manici, recipienti che imitavano  figure di persone o di animali. Un aspetto importante  dell’arte inca è la decorazione , quasi sempre dipinta, dei recipienti . In essa prevalgono motivi geometrici  e figure stilizzate di alcuni animali . I colori dominanti sono: arancio, giallo, rosso-bruno, nero.
Una trattazione a parte meritano  le ormai famose sculture  di Chavin. Si tratta di opere localizzate  in un centro della montagne andine settentrionali., Chavin de Huantar, che fu uno dei maggiori centri dell’antica civiltà inca. Queste sculture, dall’aspetto grottesco e dalla mole spesso notevole, hanno una loro strana caratteristica: qualsiasi persona o animale  in esse rappresentato porta una bocca da felino . Tale presenza è avvolte addirittura ossessiva : compare dovunque; su ogni parte del corpo dell’animale scolpito , sulla coda di un rettile, sul becco di uccelo, sulla testa , sulla schiena, sui piedi, dovunque insomma. E’ logico pertanto dedurre che questa particolarità  abbia avuto un significato magico-religioso. Forse a questa bocca continuamente ricorrente , che poteva essere di gatto, di puma, di lince, o di qualsiasi altro felino, erano attribuiti poteri sovrumani , e per questa ragione  veniva riprodotta in ogni occasione.
L’unica forma di scrittura  conosciuta dagli Inca , se di scrittura si può parlare, era quella dei “quipu” , sistema basato sull’annodamento di cordicelle. Dalla varietà dei colori di esse e dalla diversa posizione dei nodi, gli inca riuscivano ad interpretare i messaggi . Le lingue parate erano essenzialmente due: il “ Quechua e l’Aymara” . Sembra certo che in lingua Quechua  esistesse una letteratura  di notevole valore e consistenza ; peccato che di essa si abbaino scarsi documenti.
Quelli che abbiamo però sono sufficienti a dare un idea  dell’importanza che la lingua e la letteratura avevano  presso gli Inca. Esisteva prima di tutto un personaggio addetto alla conservazione  delle notizie storiche riguardanti lo stato; il suo nome era “ ufficiale dei nodi” . Vi erano poi anche quei poeti che noi chiamiamo rapsodi, cioè recitatori di canti epici di produzione propria o altrui  ; la figura del rapsodo inca, detto “ amauta” , aveva però anche dei significati più strettamente religiosi. Cantore più profano  era invece l’ “haravec” , che si spostava continuamente di città in città.
La storia Inca conobbe diversi periodi  di espansione  e raggiunse il suo massimo splendore e la sua massima potenza con l’Inca Pachacuti, verso la metà del 1400. Durante il regno del suo successore  si avvertirono i primi sintomi della decadenza e verso il 1500 ll’arrivo degli Spagnoli, la crisi era già gravissima. I conquistatori , giunti nell’impero Inca, intorno al 1530, approfittarono delle discordie di due imperatori rivali e, ingannando entrambi, riuscirono ad avere il sopravvento  sulla popolazione locale . Il 6 novembre 1532 vi fu un fatto di sangue  che segnò la fine ultima dell’impero: Pizzarro, il comandante spagnolo, attirò in un imboscata l’Inca Atahualpa e sterminò i suoi guerrieri. L’Inca fu risparmiato , ma posto in prigione. Per essere liberato egli promise a PizzarrO un tesoro favoloso. Il comandante spagnolo ancora una volta lo ingannò: dopo avere ricevuto il riscatto lo fece strangolare.
Tramontava così l’impero millenario, ricco di arte e civiltà che si era sviluppato nella cornice stupenda delle Ande.