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lunedì 12 marzo 2018

L'idea della Giustizia 9


Tra il 1958 e il 1961 la Cina è stata teatro di una terribile carestia con un bilancio di 30 milioni di morti. Le immediate conseguenze di una carestia gravano soltanto sul popolo e non toccano la classe dirigente.
Nella carestia cinese il fallimento del così detto “ Grande balzo in avanti” che prevedeva una grande espansione della collettivizzazione, fu tenuto sotto il più stretto riserbo. Naturalmente la mancanza di un sistema informativo libero finì addirittura di depistare anche il governo  perché non disponeva di adeguate informazioni sull’entità dell’insuccesso del piano.
Nel 1962, in una assemblea Mao pronunciò le seguenti parole:
“Senza democrazia voi non potete capire cosa sta succedendo al di sotto di voi, la situazione non vi è chiara; voi non siete in grado di raccogliere sufficienti opinioni da tutte le parti; non ci può essere comunicazione fra il vertice e la base; gli organi a livello superiore dipenderanno per le loro decisioni da una documentazione unilaterale e scorretta, così vi sarà difficile evitare di cadere nel soggettivismo; sarà impossibile raggiungere unità di comprensione e unità di azione e sarà impossibile raggiungere un reale centralismo”.
Un elogio alla democrazia abbastanza modesto ma lo stesso Mao si era accorto che senza informazioni certe e verificabili non si potevano avere notizie esatte delle reali condizioni versate dal popolo.
Ecco un altro esempio di importanza, per la democrazia, di media indipendenti e liberi di accertare le verità.

L'idea della Giustizia 13


L’idea della Giustizia:

Nella sua ampia e acuta ricognizione dei vari approcci all’idea di giustizia, Amartya Sen (premio nobel per l’Economia) muove una critica al filone di pensiero illuminista che pone al centro della riflessione politica un “contratto sociale” e la cui massima ambizione è definire il modo e i contenuti di accordi perfettamente giusti, anziché chiarire come le diverse pratiche di giustizia debbano essere confrontare e valutate. A questa prospettiva, Sen contrappone la propria idea di giustizia, che prende le mosse dall’altro filone della tradizione illuminista: si tratta non di definire una volta per tutte, anche solo in astratto, che cosa debba essere considerato “giusto”, ma di scegliere una via comparativa tra valutazioni alternative e argomentazioni concorrenti.
Solo aprendoci a tale pluralità di voci, infatti, potremo guardare su scala globale alle ingiustizie che possono venire eliminate o ridotte, senza ricadere in gretti localismi o in sterili chiusure mentali.





L'idea della Giustizia 8


Un giornale dell’India , (nel 1943 sotto il protettorato inglese) “ The Statesman” in un editoriale dell’epoca, circa il comportamento tenuto dal segretario di Stato per l’india , uomo curiosamente disinformato, scriveva:
“ Può darsi che le telecomunicazioni telegrafiche gli abbiano fatto torto, ma giovedì ha riferito al parlamento che, a quanto gli consta, le vittime in Bengala (persone morte probabilmente per la fame) sono circa mille la settimana, anche se potrebbero essere di più. Tutti i dati accessibili al pubblico indicano cifre molto più alte, e lui, considerata la carica che ricopre, dovrebbe avere tutti i mezzi per rendersene conto….”.
Due giorni più tardi il governatore del Bengala (sir Thomas Rutherford) scrisse al segretario di stato per l’India:
“ La  vostra dichiarazione alla Camera sul numero di morti, verosimilmente basata sulla mia comunicazione al viceré, è stata duramente criticata da alcuni giornali…. Ora che gli effetti della mancanza di cibo si stanno facendo sentire in tutta la loro virulenza fisserei il numero delle vittime a non meno di duemila la settimana”.
Ma come stavano realmente le cose? Mille o duemila morti , o forse tutt’altra cifra?
La commissione di inchiesta sulla carestia, che ne dicembre 1945 comunicò il suo rapporto su disastro, concluse che tra il luglio e il dicembre 1943 i decessi erano stati 1.304.303, contro la media di 626.048 registrata per lo stesso periodo del quinquennio precedente. Concluse quindi che il numero di decessi dovuti alla carestia aveva superato le 678.000 unità. Ogni settimana , dunque, non erano morte mille o duemila persone, ma più di 26.000.
Ecco come una inchiesta fatta da  stampa libera, permetta alla pubblica opinione di saper la verità e valutare il comportamento dei politici.
In un sistema democratico il controllo critico esercitato dall’opinione pubblica e dal Parlamento non avrebbe permesso alle autorità  ( inclusi il Governatore del Bengala e il viceré) di sottovalutare in quel modo una realtà tanto drammatica.

L'idea della Giustizia 7


La falsa opinione circa il destino ineluttabile non democratico del medio Oriente è un modo di pensare confuso e gravemente forviante, oltre che dannoso, alla politica mondiale e alla giustizia globale del nostro tempo. 


Una delle iniziative più importanti per promuovere la riflessione pubblica, e la democrazia, nel mondo è quella di sostenere una stampa libera e indipendente, che spesso si segnala per la sua assenza. Nel mondo è necessario la presenza dei media liberi e vitali.
Poiché la presenza di media liberi e in buona salute è importante per svariate ragioni:
La prima, e forse la più elementare, è il contributo diretto che la libertà di parola in generale e la libertà di stampa in particolare danno alla qualità della nostra vita. Ci sono ottime ragioni per comunicare gli uni con gli altri e comprendere meglio il mondo in cui viviamo. Perché ci possa avvenire, la libertà di stampa è essenziale.
Quando mancano media liberi e la facoltà di comunicazione viene calpestata, la qualità della vita umana risulta immediatamente compromessa, anche quando il dispotico paese che impone tali limitazioni è molto ricco in termini di prodotto interno lordo.
La seconda è che la stampa svolge un importante ruolo informativo, divulgando conoscenza e favorendo una riflessione critica. La funzione informativa è basilare per tenere la gente informata su quanto accade nel mondo e nella nostra società. Il giornalismo di inchiesta può portare  alla luce fatti che altrimenti passerebbero inosservati.
In terzo luogo la libertà di stampa ha una funzione protettiva, poiché da voce alle persone svantaggiate o trascurate. Ciò può essere  di grande aiuto per la tutela dell’essere umano. Spesso chi governa un paese vive lontano dalle difficoltà della gente comune non rendendosi conto delle loro difficoltà (calamità naturali o povertà diffusa) . Ma se i media li espongono alla pubblica critica, i governanti avranno un prezzo da pagare in termini morali e politici.
In quarto luogo, perché sia possibile una formazione di valori avveduti e svincolati da impostazioni esterne, è necessario che comunicazioni e dibattito si svolgano in modo aperto. In tale processo la libertà di stampa è cruciale. I nuovi parametri e le nuove priorità ( trasformazione dei diritti della famiglia, o l’esigenza di parità fra sessi diversi, diritti civili) emergano attraverso la discussione pubblica, ed è sempre il dibattito pubblico a diffondere i nuovi standard nelle diverse ragioni.


La relazione fra il principio di maggioranza e la protezione dei diritti della minoranza, entrambi gli aspetti sono parte integrante della pratica democratica, dipende soprattutto dal concretizzarsi  di valori e priorità improntati alla tolleranza.
Se una maggioranza è pronta a difendere i diritti della minoranza, anche quelli di chi dissente o non si allinea, allora la libertà può essere garantita senza bisogno di porne limiti al principio di maggioranza.
Un sistema sano di “media”  può avere una parte cruciale nel favorire la riflessione pubblica in generale,  per la realizzazione della giustizia.
Non è difficile capire perché una stampa libera, attiva ed efficiente possa agevolare notevolmente il necessario scambio dialogico. I media sono importanti non solo per la democrazia, ma per la promozione della giustizia in generale. Una giustizia senza dibattito può rivelarsi un’idea insidiosa.


Non  di rado i vetusti e immutabili parametri culturali, che troppo spesso sono invocati per spiegare, o persino per giustificare, la carenza di dibattito pubblico in un determinato paese, chiariscono la situazione assai meno di quanto non faccia una più piena comprensione del modo in cui opera il moderno autoritarismo: censura, controllo della stampa, repressione del dissenso, messa al bando di partiti di opposizione o incarceramento dei dissidenti. Rimuovere tali ostacoli è uno dei maggiori contributi che l’idea democratica è in grado di dare per la promozione della giustizia.


L'idea della Giustizia 6


Nel Giappone del VII secolo d.C. il principe Shotoku emanò, la cosiddetta Costituzione dei diciassette articoli (604 d.C.) nella quale si affermava che : “ Le decisioni in merito a questioni importanti non dovrebbero essere lasciate a una sola persona, bensì discusse tra molti”.
Già in quell’epoca si era capito l’importanza della discussione fra tutti contro l’imposizione di pochi. Ecco perché oggi giorno diviene importante, per la democrazia, che le decisioni riguardanti il bene comune siano prese dal popolo dopo ampia discussione (attraverso referendum) e non lasciarle in mano solo ai nostri rappresentanti.

Nel XVI secolo Akbar, il grande imperatore Moghul, formulava le sue dichiarazioni sulla necessità della tolleranza religiosa e politica in India, e quando era impegnato a organizzare incontri tra esponenti di fedi diverse ( indù, musulmani, cristiani, parsi, janisti, ebrei e persino atei), in Europa l’inquisizione era ancora molto attiva. Nel  1600 a Roma, Giordano Bruno fu arso vivo per eresia, proprio mentre Akbar predicava la tolleranza e la necessità di dialogare oltre i confini delle religioni   e delle etnie.
Ecco perché la democrazia, o perlomeno alcune sue forme, non sono appannaggio dell’occidente ma venivano cercate nei vari paesi del mondo, salvo poi perderle per la sete di potere di pochi.
E’ dalla storia che ci viene un grande insegnamento di come ricercare la democrazia, la tolleranza e la nostra libertà.


L'idea della Giustizia 4


La promozione della giustizia e l’eliminazione dell’ingiustizia richiedono un impegno su più fronti: la scelta delle istituzioni, la rettifica dei comportamenti e le procedure per correggere gli assetti sociali in base a una  discussione pubblica sulle promesse fatte, sull’effettivo funzionamento delle istituzioni e sulle eventuali strategie di miglioramento.
Tagliare fuori la riflessione pubblica per affidarsi alle presunte virtù di un quadro istituzionale fondato sul mercato è sbagliato.


La libertà in generale e la libertà d’azione in particolare fanno parte dell’effettivo potere di cui una persona dispone, e sarebbe un errore ridurre le capacità, connesse con questi concetti di libertà, a una mera questione di vantaggio: essa è anche un fattore centrale per la comprensione dei nostri obblighi.


In un saggio dell’economista Richard Easterlin, questi asseriva che : “ Aumentare il reddito di tutti farà aumentare la felicità di tutti”. Questa rimane comunque una mezza verità.


Al centro delle nostre vite c’è un paradosso. La maggior parte delle persone vuole guadagnare di più e si affanna per riuscirvi. Eppure, se le società occidentali sono diventate più ricche, i loro membri non sono diventati più felici.
Ogni interrogativo in proposito può porsi solo allorché sia stata pienamente riconosciuta l’importanza delle felicità per la vita umana, con le sue notevoli ripercussioni sugli stili di vita e il conseguente riconoscimento del fatto che la realizzazione tra reddito e felicità è ben più complessa di quanto i teorici concentrati unicamente sul reddito abbiano in genere presupposto.
Una persona che vive in una comunità segnata dal proliferare di malattie e dalla scarsità di ausili medici può essere incline a ritenere “normali” certe affezioni a cui può invece ovviare la medicina. Come nel caso dei desideri e dei piaceri, che possono essere ridimensionati a seconda delle condizioni di vita, anche qui si pone una questione di adattamento alle circostanze sociali, con conseguenze piuttosto oscure.


L’uguaglianza come ideale morale.
La dottrina dell’egualitarismo economico per cui tutti desiderano possedere un’identica quantità in termini di salario e di patrimonio (cioè di soldi) potrebbe essere anche definita la dottrina secondo cui nella distribuzione del denaro non dovrebbe sussistere disuguaglianze.
Si potrebbe obbiettare che l’egualitarismo contrasta con le capacità individuali dell’uomo. Ma un ingegnare, un dottore , un architetto sono più importanti di un operaio, di un artigiano, di uno spazzino? Certamente l’approccio per cui si arriva ad imparare i vari mestieri è diverso, compreso anche l’impegno per arrivarci. Questo impegno può essere premiato con un salario maggiore per un impegno maggiore, ma si deve tenere conto che viviamo in una comunità, la quale ,per esistere, ha bisogno dell’apporto costante di tutti. Quindi può andare bene un salario diverso per le varie professioni, ma sicuramente deve essere concesso, da parte della comunità, un salario minimo sufficiente che permetta di vivere dignitosamente. Questi ultimi cittadini devono poter accedere allo stato sociale gratuitamente per compensare lo svantaggio del salario minimo.
Una comunità, in caso di grave crisi economica, deve saper rinunciare ai privilegi personali per occuparsi di chi rimane in difficoltà. Quindi devono essere ridiscussi i cosiddetti diritti acquisiti? A mio parere entro certi limiti si, perché è impensabile che ci siano persone che guadagnano un salario altissimo ed altre che a malapena sopravvivono.
La forbice fra salario minimo e salario massimo deve essere rivista perché tutti hanno diritto ad una vita dignitosa nella consapevolezza che nessun individuo può vivere da solo.



Sulla questione della democrazia si è creata molta confusione a causa della retorica in cui è stata immersa. Non si può pretendere di concepire la Democrazia come imposizione da parte dei paesi occidentali nei confronti dei paesi che avversano tale imposizione. La Democrazia deve essere ricercata non imposta.
Un noto politico inglese asseriva che : “ la democrazia è il governo per mezzo della discussione, ma funziona solo se si riesce a far smettere la gente di discutere”.
Ecco come vogliono imporre la Democrazia, senza sapere il vero significato della parola.



L'idea della Giustizia 3


Sulla questione della democrazia si è creata molta confusione a causa della retorica in cui è stata immersa. Non si può pretendere di concepire la Democrazia come imposizione da parte dei paesi occidentali nei confronti dei paesi che avversano tale imposizione. La Democrazia deve essere ricercata non imposta.
Un noto politico inglese asseriva che : “ la democrazia è il governo per mezzo della discussione, ma funziona solo se si riesce a far smettere la gente di discutere”.
Ecco come vogliono imporre la Democrazia, senza sapere il vero significato della parola.
Sulla questione della democrazia si è creata molta confusione a causa della retorica in cui è stata immersa. Non si può pretendere di concepire la Democrazia come imposizione da parte dei paesi occidentali nei confronti dei paesi che avversano tale imposizione. La Democrazia deve essere ricercata non imposta.
Un noto politico inglese asseriva che : “ la democrazia è il governo per mezzo della discussione, ma funziona solo se si riesce a far smettere la gente di discutere”.
Ecco come vogliono imporre la Democrazia, senza sapere il vero significato della parola.


C’è chi sostiene che alla base di un comportamento corretto vi sarebbe la fondamentale considerazione del tornaconto personale. Il desiderio di concepire la società come equo sistema di cooperazione, trova senz’altro riscontro. L’idea di cooperazione contiene l’idea del vantaggio, o del bene razionale di ciascun cooperante e l’idea di vantaggio razionale individua ciò che i soggetti impegnati nella cooperazione stanno cercando di promuovere dal punto di vista del proprio bene.

Nella società , devono essere messe da parte tutte le scelte rivolte all’interesse personale , secondo la teoria della scelta razionale, in quanto appare palese che le persone non possono che riconoscere di non poter conseguire ciò che desiderano senza il concorso degli altri; cosicché il comportamento collaborativo è eletto a norma di gruppo per il bene di tutti, con la scelta condivisa di termini che ogni partecipante può ragionevolmente accettare  purché tutti gli altri facciano lo stesso.

Non ci sono dubbi che, per comprendere le società e i loro successi e fallimenti, sia di notevole aiuto l’idea di una cooperazione sociale, e, per suo tramite, di una moralità sociale e di una vita politica, improntata al calcolo e basata, in ultima istanza, sul mutuo beneficio.

La giustizia come equità ci porta a pensare che prima di formare le istituzioni giuste si debbano formare persone giuste. Persone che facendo parte di una comunità, lavorino ed operino, non per se stesse, ma per l’intera comunità, attraverso una cooperazione di tutti i cittadini. Attraverso l’apporto di tutti, ognuno per le proprie capacità, si costituiranno Istituzioni giuste. Se  riusciremo a capire che nella  società non vi può essere spazio per” l’io” ma solamente per il “noi”, questo ci porterà a comprendere l’utilità della cooperazione fra tutti i cittadini. Gli uomini non sono fatti per stare da soli, ma per vivere in comunità. Tutti devono partecipare a scrivere le regole di comune convivenza , ed in questo modo , tutti le approveranno. Bisogna però partire dal basso  nella consapevolezza che eliminando tutte le povertà e dando dignità a tutta la comunità, ci porterà verso una giustizia più equa.


La comprensione degli obblighi legati a quello che oggi viene chiamato l’ambito dei diritti umani e civili, ma che per molto tempo è stato conosciuto sotto svariate denominazioni si è sempre distinta per una forte componente di riflessione sociale.
Cosa significano i diritti umani? Quale definizione dare alle libertà di tutti gli individui e dei relativi diritti di tutti gli esseri umani? Quali sono gli obblighi, per chi detiene il potere effettivo, di promuovere la libertà di ogni individuo?
La risposta a queste domande devono essere formulate dall’intera comunità, ma non come parere personale, ma come riflessione che coinvolga il bene collettivo.
La domanda da farsi è: Quale è il bene di un determinato gruppo di persone che pensano che alcune leggi siano discriminatorie nei loro confronti? Se queste leggi, se pur condivise da altri cittadini, non ledono minimamente i propri diritti ma solamente i propri principi si deve poter effettuare una riflessione collettiva e non personale che permetta di indicare che l’unica strada per una convivenza civile è modificare tali leggi anche se di principio non si è d’accordo.
Questo significa che solamente  attraverso il dialogo costante fra tutti i componenti della comunità, si possono risolvere civilmente tutti i problemi legati a l’idea personale che diamo alla Giustizia.




In una società dove si percepisce la volontà a dividere invece che ad unire, l’unica domanda da porci è: “ chi sono io per giudicare?” Se invece di un giudizio si comincia ad ammettere che l’unica risposta da dare è il dialogo, allora la  comunità percepirà la volontà di tutti i componenti alla risoluzione di qualsiasi problema. Il giudizio personale, se pur legittimo, deve essere inserito all’interno del giudizio della comunità. Dalla comunità intera, all’interno della quale vengono portati i vari giudizi, deve sorgere una riflessione  che porti a scelte condivise .



La libertà è preziosa per almeno due ragioni. Anzitutto perché ci offre maggiori opportunità per perseguire i nostri obbiettivi, ovvero ciò a cui diamo valore. Accresce , per esempio la nostra facoltà di scegliere lo stile di vita che desideriamo e di realizzare i fini che vogliamo promuovere.
Ma noi abbiamo la libertà? Come facciamo a sapere se la nostra libertà è reale o apparente?
 Una cosa però è certa, tutti noi dobbiamo partire con gli stessi mezzi ed avere le stesse opportunità e probabilità  di arrivare a destinazione. Solo così la nostra libertà non sarà effimera.