geronimo

venerdì 17 ottobre 2014

ALLELUIA

Lodate il Signore, canto di preghiera nella Bibbia


Insieme con le parole Amen (è vero, credo) e Osanna (donaci , o Dio, salvezza) , il termine Alleluia è quello di origine ebraica che con più frequenza è ancora sulle nostre labbra e risuona nel canto durante le nostre celebrazioni.
nella sua origine ebraica, questo termine deriva dal verbo halàl, che significa lodare, e dal nome di Dio Yah, che è una abbreviazione di Yahwèh, il Signore. Il significato di Alleluia è quindi : Lodate (in ebraico allelù) il signore (in ebraico, Yah).
E' soprattutto il libro dei Salmi quello che, nalla Bibbia, contiene maggiormente l'invito ai fedeli in preghiera a lodare il signore con il canto dell'Alleluia. Questo spiega perché normalmente (non in quaresima), nella celebrazione eucaristica, ancora oggi l'alleluioa è inserito nel contesto del Salmo responsoriale, come canto di risposta alla parola di Dio ascoltata e come lode di ringraziamento per il dono del Vangelo  di Gesù cristo che verrà subito proclamato.
nel libro dei Salmi, inoltre va ricordato che alcune composizioni sono conosciute come Salmi Alleluiaci ( Sal 104-106; Sal 147-150: tutti contengono il canto festoso dell'Alleluia).
Sono chiamate piccole Hallel (lode) le composizioni racchiuse nei Salmi 113-118, mentre il salmo 136 è conosciuto come grande Hallel . Questi salmi venivano cantati nelle grandi feste di Pasqua, di pentecoste e delle Capanne: il loro contenuto, infatti, è una intensa lode al Signore per i grandi benifici concessi a Israele e per i suoi decisivi interventi nella storia della salvezza.
Sono gli stessi Salmi cantati da Gesù e dai discepoli dopo la cena pasquale, come un unico grande inno: " dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi".
Nel libro dell'Apocalisse , con il canto dell'Alleluia la comunità cristiana esprime la gioia di essere salvata e riconfermata la sua fede nel Risorto con il suo corale Amen.

Primo Girone (biblista)

I NUMERI

Il significato simbolico nella Bibbia


Oltre al valore quantitativo di unità di misura, nella Bibbia, i numeri esprimono più frequentemente un valore qualitativo, che da loro un particolare significato simbolico. Questa precisazione è necessaria, per evitare di cadere in una lettura, fondamentalista della Bibbia, limitata cioè al solo significato letterale dei numeri.
Il primo numero dal ricco simbolismo  è il sette. In esso è racchiusa l'idea di ciò che è perfetto, compiuto, poiché evoca il compimento della creazione e il riposo della festa (al settimo giorno Dio si riposò).
Il quattro è il numero che allude all'universalità e che racchiude tutta la realtà creata: " i quattro angoli della terra", significano tutta la superficie della terra (indicata attraverso i quattro punti cardinali ).
Il numero sei simboleggia tutto ciò che è imperfetto, incompiuto e negativo: E' il numero dei sei giorni lavorativi, che raggiungono il loro compimento nel " riposo" del settimo giorno. A questo significato di incompiutezza alludono pure le espressioni, "un tempo, più tempi e la metà di un tempo", oppure " un tempo, due tempi e la metà di un tempo".
Al numero dodici è attribuito il simbolismo della totalità perfetta, come appare nella designazione delle 12 tribù di Israele e dei 12 apostoli. E' anche il simbolo di abbondanza: pensiamo alle 12 ceste di pane avanzate dopo il miracolo della moltiplicazione. Il quadrato di dodici moltiplicato per 1000 (simbolo di universalità) è all'origine del numero 144.000, che nell'Apocalisse indicava l'universalità della salvezza e non un numero determinato.
Nel numero quaranta sono simboleggiati gli anni di una generazione, ma anche la durata di un periodo di prova (i 40 anni di  Israele nel deserto) o di preparazione alla missione (i 40 giorni di Gesù sottoposto alla tentazione).
Presso gli ebrei i numeri vengono indicati anche dalle 22 lettere del loro alfabeto. Ad esempio il numero 666 riportato in Ap 13,18 corrisponderebbe alle parole " Cesare Nerone", l'imperatore romano persecutore dei cristiani.
Sant'Agostino amava dire che con le Sacre Scritture "Dio non voleva fare dei matematici, ma dei cristiani.

martedì 14 ottobre 2014

LE DIECI PAROLE

Che indirizzano l'uomo a Dio


A differenza di noi, che fin dagli anni del catechismo siamo abituati a chiamare con il nome di "dieci comandamenti" la legge donata da Dio al suo popolo per mezzo di Mosè, la Bibbia preferisce l'espressione " le dieci parole, come significa originariamente, la parola decalogo (dal greco déka, "dieci" e logos , "parola").
La bibbia contiene due versioni del decalogo.  La prima è racchiusa in Esodo ed è collocata nel contesto della manifestazione di Dio a Mosè sul monte Sinai. La seconda è contenuta nel Deuteronomio, inserita nel contesto delle esortazioni rivolte al popolo di Israele, perché ascolti e custodisca la Parola di Dio. Questre due versioni si differenziano nelle motivazioni che danno ai diversi comandamenti. Ad esempio, il comandamento che esorta all'osservanza del riposo nel giorno del Sabato ( per noi cristiani, la Domenica) nel libro dell'Esodo richiama il settimo giorno quando Dio stesso si riposò, dopo aver lavorato per sei giorni.
Nel libro del Deuteronomio , invece il Sabato è presentato come il giorno di riposo e di festa, perché ricorda la liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana.
Nel libro dell'esodo il comandamento che prescrive di "non desiderare la donna del tuo prossimo" colloca la donna tra i beni che l'uomo possiede, dove prima viene la casa, mentre la donna è collocata accanto agli schiavi e agli animali domestici. Nel libro del Deuteronomio , invece, la donna è posta al primo piano, superiore ad ogni altro bene materiale che l'uomo  può possedere.
Nella Bibbia si trova un interessante parallelismo tra le "dieci parole" che Dio pronuncia nell'opera della creazione (dove per dieci volte appare l'espressione " Dio disse") e le dieci parole (o comandamenti) che regolano la vita dell'uomo.
Il significato è che tutto il creato e tutto l'uomo sono opera delle mani creatrici di Dio e hanno vita dalla sua parola. Giustamente perciò l'orante dei Salmi esprime la sua gioia nel cantare a Dio "con l'arpa a dieci corde" che lo orientano a Dio.

SAPIENZA

Dell'agire di Dio e dell'agire dell'uomo

Presso gli antichi popoli la sapienza era l'insieme delle norme che regolavano l'universo, come erano state stabilite dalla divinità. Solo in seguito divenne il termine per indicare le capacità di buon governo e di saggia amministrazione dei re e dei funzionari di corte.
Nella tradizione biblica il Re Salomone (il pacifico) è stato sempre considerato il modello del Re sapiente, fino ad attribuirgli quella che è stata chiamata la " corrente sapienziale" , che ha permeato tutto l'antico mondo orientale.
A questa corrente, nella Bibbia si ispirano i cosiddetti " libri sapienziali"  che costituiscono una delle tre grandi parti in cui è suddiviso l'Antico Testamento. Essi sono: Giobbe, Salmi, Proverbi, Quelet, Cantico dei Cantici, Sapienza, Siracide.
Riferito all'uomo in questi testi il termine "sapienza può essere inteso come la dimensione spirituale interiore dell'esistenza, quella che noi, cioè chiamiamo "dimensione religiosa". Alla sua luce l'uomo comprende se stesso, gli avvenimenti, le stesse necessità del suo vivere e i rapporti con il prossimo. La sapienza è la capacità di riferire tutto a Dio e alla sua parola, più che esprimere l'intelligenza o le molte doti dell'uomo.
Essa perciò diventa l'elemento che distingue un uomo dall'altro. nei libri sapienziali l'uomo sapiente (o saggio)  è chiamato giusto, l'uomo non sapiente (o stolto) è chiamato "empio" . Il primo colloca Dio al centro della propria esistenza, il secondo vive come se Dio non esistesse.
Riferita a dio, la sapienza è uno dei modi in cui egli rivela se stesso, accanto alla parola e alla Legge. In questo senso essa viene  anche personificata: " il Signore mi ha creato come inizio della sua attività.... Dall'eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra.
E' per questo che il Nuovo Testamento applica a Gesù rivelatore definitivo del Padre, questo stesso termine, quando viene chiamato " Sapienza di dio"

FAMIGLIA, RISORSA DI EVANGELIZZAZIONE

Con il prossimo sinodo straordinario, le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell'evangelizzazione (5-19 ottobre) la famiglia torna con forza nel cuore della vita della chiesa. Per la prima volta i lavori preparatori al Sinodo sono stati accompagnati da un questionario con 38 domande, compilato da Chiese nazionali, diocesi, parrocchie, associazioni, movimenti e singoli fedeli.
Una grande operazione di ascolto e di dialogo con l'umanità tutta , con cui la chiesa accetta la sfida dei tempi e, senza metter in discussione il prezioso tesoro della tradizione, ascolta nuove domande, nuove inquietudini nuove sofferenze del'uomo per essere sempre più capace di prossimità, di misericordia, di accoglienza, all'interno del gioioso e fiducioso annuncio della Buona Novella.
In questa prospettiva, appare preziosa la grande attenzione riservata ai temi di confine, legati alla grande sofferenza e fragilità nei confronti del matrimonio e della famiglia dell'uomo contemporaneo. Un uomo, che travolto dall'individualismo e dalla cultura dello scarto, non riesce più a riconoscere la buona notizia della famiglia nella sua dimensione naturale, nell'amore fra uomo e donna, fedele indissolubile e aperto alla vita.
Proprio attraverso un rinnovato ascolto di queste sofferenze e delle difficoltà dell'azione pastorale quotidiana, la Chiesa tutta, dal vescovo di Roma fino alla più umile e povera famiglia, anch'essa "Chiesa domestica" , potrà rinnovare la sua missione di annuncio, accoglienza e testimonianza del Vangelo.

L'INNO DEL "GLORIA A DIO"

Proclamando nella liturgia festiva il Gloria a Dio, l'assemblea rende lode alla SS Trinità attraverso una serie di testi della Sacra Scrittura.
L'esordio è tratto dal canto natalizio degli angeli ai pastori che vegliano il gregge: " Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama". La pace sulla terra si coniuga con la dinamica del Regno messianico preannunciato dai profeti. Segue una serie di verbi che hanno come soggetto la comunità che loda, benedice, adora, glorifica e rende grazie al Signore  Dio, " Re del Cielo" e "Padre onnipotente". La regalità celeste richiama la confessione di fede di Tobia e di Daniele.
Dopo aver lodato il padre si passa a contemplare il figlio " unigenito". La presentazione del Cristo salvatore è caratterizzata da un vocabolario giovanneo: egli è l'unigenito ed è designato dal Battista come " l'agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo".
In rapida successione si allude al mistero pasquale di Gesù e alla sua ascensione alla destra del padre.
L'inno del Gloria a Dio termina con la dossologia trinitaria, nella quale si uniscono il Figlio e lo Spirito santo alla gloria del Padre, compimento della storia e sorgente della vita senza fine.
Il Gloria a Dio è davvero un canto da meditare e da vivere.

SUOR EMANUELLE DEL CAIRO

L'amica dei "zabbalin", gli straccivendoli egiziani

Immondizia, topi, pulci, maiali, fango: chi mai vorrebbe vivere in un posto così? Eppure è la casa di tanti uomini di questa terra ed è proprio quì che suor Emanuelle ha deciso di vivere parte della sua vita: straccivendola con gli straccivendoli.
Medeleine Cinquin nata a Bruxelles il 16 novembre nel 1908, resta a soli 6 anni orfana di padre; diventa una giovane bella e corteggiata, in cerca di divertimenti, ma con un vuoto interiore che riempirà a 23 anni entrando nella congregazione Notre-Dame de Sion con il nome di suor Emanuelle.
Dopo aver insegnato lettere in Turchia, Tunisia ed Alessandria d'Egitto, nel 1971 (ormai in pensione) decide di trasferirsi in una baraccopoli del Cairo dove vi rimarrà per 22 anni, vicino ai più poveri, in particolare ai bambini : cristi degli ultimi.
ani e musulmani senza alcuna differenza perché Dio è unico ed è amore.
Ponendosi alla loro pari, non accetta alcun privilegio: accoglie le loro sofferenze, tradizioni, scoprendo un mondo crudele dove non manca l'amore, la gioia e la speranza.
Aiutata da Sarah, una suora egiziana che ha scelto di vivere con lei, realizza così il sogno di sempre: vivere con i poveri. Donna di fede e di giustizia, di coraggio e di tenacia, anche quando la malattia flagella e la paura assale.
Nel 1980 fonda l'ASMAE (Assiciation Soeur Emanuelle)  che oggi è una ONG diffusa in tutto il mondo. Affonderà i suoi piedi nel fango fino al 1993, poiché obbedendo alle sue superiori, ritorna in francia, dove continua ad occuparsi degli ultimi.
Morirà il 20 ottobre 2008 in una casa di riposo del Var, nel sud del paese, consegnandoci una vita ricca tra i più poveri. Sulla sua tomba chiede di scrivere questa frase: " HO VISSUTO"