geronimo

giovedì 23 dicembre 2010

CRONOLOGIA STORICA DELLA VITA SULLA TERRA


CRONOLOGIA STORICA DELLA VITA SULLA TERRA

Ere zoologiche

4.700.000.000 inizia l’Era Arcaica, la più antica della storia geologica della Terra. Si ha documentazione di climi glaciali e desertici.

2.000.000.000 A questa datazione risalgono i primi fossili di organismi viventi, contenuti in rocce.

570.000.000 Inizia l’Era Paleozoica o Primaria. Durante il periodo Siluriano o Gotlandiano (437-395 milioni di anni) le forme di vita , diffusesi inizialmente nei mari , cominciano ad occupare la terra ferma : piante scorpioni, miriapodi e successivamente pesci e anfibi.
Nel Permiano (280-225 milioni di anni) la morfologia piatta della terra viene modificata dall’emersione di catene montuose, che incidono anche sulle condizioni climatiche. Prima comparsa dei rettili.

225.000.000 Inizia l’era Mesozoica o Secondaria, che vede il grande sviluppo dei rettili . Durante il Triassico (225-190 milioni di anni) compaiono i primi mammiferi . In seguito, nel Giurassico (190-136 milioni di anni), si ritrovano i primi uccelli e i primi marsupiali. Nel Cretaceo (136-65 milioni di anni), si ritrovano i mammiferi placentali con dentatura di tipo insettivoro.

65.000.000 Inizia l’Era Cenozoica o Terzaria, durante la quale si affermano e si diffondono i mammiferi . Durante l’Eocene (65-37 milioni di anni ), con clima caldo e tropicale, si ha la comparsa anche in Europa dei Primati, Proscimmie (Prosimii) e Scimmie (Anthropoidea) . Durante l’Oligocene (37-26 milioni di anni) si innalzano le catene montuose alpino-himalaiane, mentre in Africa compaiono le forme più evolute  di Primati: Parapiteco, Proplioteco, Egittopiteco. Nel Miocene (26-5,2 milione di anni) il clima diventa molto arido, subtropicale, e nel sottordine Anthrpoidea compaiono forme con caratteristiche ominoidee: i Driopitecidi eurasiatici; il Proconsul, il Ramapiteco indiano(considerato  un pre-ominide), il Kanyapithecus.
Durante il Pliocene (5,2-3,1 milioni di anni) il clima si fa più temperato e continuano a vivere i Ramapiteci. Compaiono il Gigantopiteco e l’Oreopiteco. I grandi blocchi continentali appaiono interamente formati, e le catene montuose, ancora interessate da fenomeni di assestamento, sono completamente delineate. La pianura padana è interamente ricoperta da un mare poco profondo. La flora è ormai simile a quella attuale ed è rappresentata da specie adatte al clima temperato.
Reperti: Resti di Oreopiteco a Monte Bamboli e a Baccinello in Toscana.

3.000.000 Inizia l’Era Quaternaria , l’ultima della terra, durante la quale fa la sua comparsa l’uomo. Viene comunemente divisa in due momenti: il Pleistocene, il lungo periodo che dura fino all’incirca a 10.000 anni a.C. e che comprende tutte le fasi  del Paleolitico; l’Olocene, il periodo successivo che comprende le culture  del Mesolitico, del Neolitico e dei Metalli (rame,bronzo, ferro), sino ai tempi storici e poi ai giorni nostri.
Reperti: Fossili di Australopiteco bipede (come Lucy, rinvenuto ad Hadar, Etiopia, probabile datazione: 3 milioni di anni)

Paleolitico inferiore:

2.500.000 Compare in Africa l’Homo abilis, primo ominide appartenente al genere homo; possiede andatura eretta e capacità cranica di 600-700 cm cubici. Cultura su ciottolo o olduviana, dalla località di Olduvai in Tanzania dove fu identificata per la prima volta. E’ la più antica industria umana conosciuta, composta principalmente  da ciottoli sui quali veniva creato, per scheggiare , un bordo tagliente.
Reperti: Resti umani: Hadar e valle del fiume Omo in Etiopia; resti di almeno 15 ominidi a Kanapoi e Koobi Fora in Kenia ; Olduvai in Tanzania . Manufatti: pietre scheggiate sono rinvenute ad Hadar, Omo, Melka Kunturé, in Etiopia, a Olduvai in Tanzania, a Koobi Fora presso il lago Rodolfo in Kenia.

1.800.000 Risale a quest’epoca un cerchio di pietre ammassate disordinatamente, che può testimoniare l’esistenza di un paravento di frasche che le pietre erano destinate a sostenere: sono i resti delle prime capanne circolari di vegetali intrecciati. In questo periodo si ha un economia di caccia e di raccolta di vegetali commestibili.

1.500.000 Compare in Africa l’Homo erectus, conosciuto anche come Pitecantropo o Sinantropo. Occupa anche le aree temperate dell’Europa e dell’Asia; più alto e robusto dell’Homo abilis, pratica attività di caccia e di raccolta. L’Homo erectus scompare verso il 100.000 a.C.
Reperti:  Risalgono probabilmente a questa era i resti umani rinvenuti nella grotta di Sandalo presso Pola in Istria: un dente umano, schegge e mandibole animali che presentano tracce di lavorazione, carboni che provano la conoscenza del fuoco. Si ritrovano manufatti della Pebble culture (arte del ciottolo) anche a Vallonet e nei terrazzi di Roussillon (Francia).

800.000 Compare la civiltà detta Abbevilliana (dal nome di un alto terrazzo della Somme in Francia)  caratterizzata da manufatti scheggiati a due facce, a forma di mandorla (amigdale).
Reperti Resti di questo produzione sono a Abbeville in Francia e a Belzingsleben.

700.000-600.000 Ha inizio un lungo periodo di raffreddamento del clima, caratterizzato dal susseguirsi di glaciazioni. La prima è denominata glaciazione di Gunz (650.000-500.000). Durante questo periodo si sviluppa l’Acheuleano, caratterizzato da manufatti a scheggiatura bifacciale, con tecnica più raffinata della cultura precedente .
Reperti. In Italia si hanno resti di pietre scheggiate bifacciali a Irsina in Basilicata a a Isernia nel Molise.

400.000 Nuovo periodo di raffreddamento del clima. La glaciazione di Mindel (400.000-300.000). Si diffondono anche in altre regioni culture della pietra scheggiata: il Clactoniano (da Clacton on Sea nell’Essex) e il Tayaziano (da Tayac, in Francia). L’uomo utilizza il fuoco e vive in abitazioni circolari, circondate da muretti di pietra, o in grotte dal pavimento lastricato di ciottoli.
Reperti. Resti umani vengono ritrovati a Trinil (Giava); Montmaurin, Tautavel (Francia), Atapuerca (Spagna); Choukoutien (Cina); Salé (Marocco) . Carboni di legno e di osso a Chokoutien ; Terra Amata (Francia); Torre di Pietra (Italia) . resti di abitazioni a Tautavel e Terra Amata. Dal giacimento di Vertesszollos (Ungheria), provengono i reperti di un industria microlitica risalente al codidetto Homo erectus hungaricus.

300.000-200.000 Ha inizio la glaciazione di Riss (200.000-120.000), durante la quale vengono realizzate grandi capanne ricoperte di pelli, poste all’interno di grotte. I cacciatori sono in grado di abbattere pantere, leoni, orsi, rinoceronti, camosci. Appare la tecnica levalloisiana, che consiste nel produrre scheggie di forma ovale e con bordi taglienti.

Paleolitico Medio:

100.000 Il protagonista di questo periodo è l’Homo di Neanderthal (Homo sapiens neanderthalensis ) dal nome di una località situata nei pressi di Dusseldorf in germania. Robusto e di piccola taglia , ha cranio più lungo e meno alto dell’Homo erectus, con arcate sopracciliari sviluppate. Egli da origini ad una cultura denominata Musteriano (dal nome della località di Le Moustier, nella Dordogna, in Francia), che vede la scomparsa di manufatti bifacciali e lo sviluppo di strumenti ricavati da schegge : punte, grattatoi, raschiatoi, bulini, coltelli  e punteruoli.
Reperti: L’uomo di Neanderthal ebbe una vasta zona di diffusione. Resti umanisono stati ritovari a La Chapelle aux Saint, La Ferrassie (Francia); Spye (Belgio) Krapina (Iugoslavia) Saccopastore e Monte Circeo (Italia) ; Shanidar (iraq); Florisbad (Sudafrica) ; Mapa (Cina) . Manufatti si sono ritrovati  in tutta l’Europa , l’Asia e Africa.

75.000 Ha inizio il periodo della glaciazione di Wurn. L’uomo di Neanderthal  lascia tracce  di una cultura superiore , con componenti spirituali : seppellimento dei morti  con corredo funebre , composto da  offerte di fiori, strumenti e trofei d’animali; rito del cannibalismo . L’attività economica  consiste nella caccia  e nella raccolta di vegetali commestibili e spontanei.
Reperti: Sepolture intenzionali : grotta Guattari (Italia); Shanidar (Iraq) ; Tescik-Tas (Uzbekistana) ; Regourdou (Francia) . A El Guettar in Tunisia  ed Arcy sur Cure  in Francia mvengono ritrovati cumuli di pietre frammiste a ossa di orso.

Paleolitico Superiore:

40.000 Compare l’Homo sapiens sapiens,  che si  contraddistingue dai precedenti tipi umani per il cranio meno robusto e più alto, privo delle prominenti arcate sopracciliari. Si distinguono soprattutto due razze: quella di Cro-Magnon e quella di Combe Capelle (dai nomi delle località francesi dei primi rinvenimenti) Con il Paleolitico superiore compaiono più culture , caratterizzate da molteplicità di strumenti, più affinati e alleggeriti: inizia la prima vera lavorazione dell’osso, per ottenere arpioni, ami, zagaglie, aghi e altri oggetti d’uso e ornamento. Sono ampiamente attestati riti e culti. Le sepolture presentano caratteristiche comuni: il defunto è posto nella fossa in posizione distesa  e comparso di ocra rossa e accompagnato da oggetti di uso quotidiano o di ornamento . Si ritrovano manifestazione artistiche sotto forma di scultura, pittura e graffiti. In base alle condizioni climatiche e alla conformazione geografica, l’uomo si ripara sotto le rocce o all’imboccatura delle grotte, oppure costruisce capanne coperte  di pelli, spesso in veri e propri villaggi stagionali. In Africa si sviluppa la cultura Atermana (in Algeria) , caratterizzata  da manufatti (punte e grattatoi) dotati di un peduncolo che consente  di fissarli comodamente su un’asta o su un manico di legno.
Reperti: Numerosi reperti di Homo sapiens sapiens in tutti i continenti. Le località europee “classiche” sono:Laugerie Basse, Chancelade, Combe Capelle, Cro-Magnon (Francia) ; Predmost (Moravia) ; Obercassel (Germania) . In Italia: grotta Grimaldi , grotte dei Balzi Rossi (Imperia), grotta delle Arene Candide (Savona, riparo Tagliente (Verona), grotta Pagliacci (Forlì), grotta del Romito (Cosenza), grotta di S. Teodoro  (Messina).

30.000 Dalla località di Chatelperron in Francia, dove, , nella grotta di Fees, vengono ritrovati strumenti in osso e oggetti ornamentali (pendagli in osso intagliato e decorazioni lineari) , prende il nome la cultura Castelperroniana.

27.000 Ha inizio il periodo Aurignaziano, dal nome della grotta d’Aurignac nell’alta Garonna in Francia . I manufatti di questa cultura sono contraddistinti da lame e punte con un bordo ritoccato, da grattatoi su estremità di lama, da bulini dagli spigoli atti ad incidere, da zagaglie con base a taglio obliquo.

25.000 Durante la glaciazione del Winsconsin in America, lo stretto di Bering rimane all’asciutto, cosicché  gruppi di cacciatori provenienti dalle regioni della Mongolia , seguendo animali in migrazione, attraversano lo stretto  tra Asia e continente  nordamericano  e si insediano in America..
Reperti: A Yuha in California viene ritrovato un deposito di resti scheletrici umani e di manufatti. In Perù, nella piana di Ayacucho, sono rinvenuti depositi umani in stazioni all’aperto e in grotte.

20.000 In alcune regioni della Francia si sviluppano altrettante culture  che prendono il nome delle località presso le quali sono state ritrovate  le stazioni più importanti. Le prime sono La Gavette in Dordogna e la regione del Périgord , che danno il nome al periodo  Gravettiano o Perigordiano . Esso è caratterizzato dall’associazione di manufatti ben precisi : punte a lame  in pietra scheggiata a bordo rettilineo , bulini, alcuni dei quali di dimensioni ridottissime , grattatoi  e punte in osso. Appartengono a questa cultura alcune opere d’arte di straordinaria raffinatezza , tra le quali le famose statuette conosciute come “veneri preistoriche”.
Reperti: Oltre che nelle già citate regioni francesi, manufatti siritrovano in Belgio, Spagna, Italia. Le opere d’arte (statuette femminili) : Lespugue, Laussuel (Francia) ; Kostienki (Russia) ; Dolni Vestonice (Repubblica ceca); Willendorf (Austria); Grimaldi (Italia).

18.000 Il periodo Solutreano   (da Solutrè nella regione della Loira) è contraddistinto da un industria litica molto particolare, in grado di produrre lame  di selce ritoccate con molta finezza , a forma di foglia  di lauro o di salice; punte a tacca con un tallone laterale ; punte peduncolate , usate come punte di freccia ; i primi aghi di osso provvisti di cruna . L’attività della caccia  si arricchisce di un nuovo strumento : L’arco. Nelle espressioni artistiche si hanno blocchi  di roccia scolpiti con figure  zoomorfe.
Reperti: Pietre scheggiate, osso, avorio lavorato si ritrovano a Solutré, Laugerie-Haute in Francia; grotta di Chufin, Papallo (Spagna) . Bassorilievi scolpiti su roccia a le Fourneau-du-Diable, Le Roc-de-Sers (Francia).

15.000  Il periodo Maddaleniano, che deve il suo nome alla località di La Madeleine , in Dordogna, vede un notevole sviluppo della lavorazione  dell’osso e dell’avorio. Arriva al massimo livello l’espressione artistica su pareti  o su oggetti mobili.
Reperti: I manufatti tipici di questo periodo (pietra scheggiata, osso, avorio) si ritrovano in tutta Europa, fino ai confini della Siberia e del Medio Oriente.
Pitture e incisioni nella grotta di Lascaux (Dordogna). Pitture di Altamira (Spagna).

12.000 In America, nella parte sudoccidentale degli Stati Uniti, si sviluppano culture caratterizzate da differenti tipi di punte in pietra scheggiata.
Reperti: Manufatti a Sandia, Clovis. Folsom (New Mexico); Cochise (Arizzona); Gypsum Cave (Nevada).

Mesolitico:

10.000 Comprende una lunga età di transizione che va dalle ultime manifestazioni glaciali (Wurm)  al principio dell’Olocene ed è caratterizzato  da un addolcimento climatico . In relazione alle mutate condizioni climatiche  e ambientali, si sviluppano  le culture dell’Epipaleolitico e del mesolitico propriamente detto, che, da un economia di caccia e di raccolta , sono in procinto di acquisire modi di vita sedentaria  e di produrre il cibo  con l’allevamento e l’agricoltura . Per converso , alcune culture , come quella degli Ertebolle in Danimarca, rimangono ancora per lungo tempo ferme ad uno stadio precedente . Alcuni gruppi umani della vasta area chiamata Mezzaluna Fertile (l’arco di regioni che va dall’Egitto al Golfo Persico , toccando a nord la Turchia  ed il Mar Caspio),  cominciano ad addomesticare gli animali e a coltivare cereali. Dal nome della grotta Mas-d’Azil, in Francia, prende nome il periodo Aziliano, contraddistinto dall’industria microlitica. L’arte si impoverisce e si riduce a ciottoli su cui sono tracciati segni schematici di ocra rossa. Più grossolani i manufatti  del periodo Sauveterrianoi (Sauveterre-la-Lémance, Francia) , che hanno anche dimensioni maggiori. Anche in Italia si sviluppano le culture microlitiche.
Reperti: Nella grotta di Shanidar (Iraq) sono state ritrovate  macine e macinelli ed altri oggetti utili per un embrionale attività agricola. I manufatti in pietra scheggiata  assumono prevalentemente forma triangolare  (triangoli, trapezi, segmenti di cerchi) di ridotte dimensioni. Pietre scheggiate, osso lavorato si ritrovano, oltre che a Mas-d’Azil, anche in germania, Spagna, Olanda e belgio.
Manufatti in Francia e in Italia, presso Riparo Tagliente (Verona) e la grotta Romanelli  (Otranto).

9.000 Nel periodo Capsiano (da Gafsa, in Tunisia) prevalgono strumenti di ridotte dimensioni: bulini, punte, perforatori, lamette. Viene utilizzato il guscio d’uovo di struzzo come contenitore e per produrre  elementi di collane. Caratteristica della zona della Mezzaluna fertile è la cultura del Natufiano (da Wadi-en-Natuf, in Palestina), che comincia a manifestare segni di sedentarizzazione dei gruppi umani in villaggi con abitazioni circolari. Inizia in Giappone la diffusione della cultura ceramica detta Jomon (decorazione con corde) così chiamata dai motivi che la caratterizzano. Indizi di orticultura in Nuova Guinea.
Reperti: Manufatti dei periodi Capsiano e natufiano (pietre scheggiate, gusci d’uovo di struzzo) a Gafsa, a Wadi-en-Natuf, El Uad, gerico (Palestina), dove si sono ritrovati silos, macine e falcetti per la raccolta, conservazione e lavorazione dei cereali. Ceramiche nella grotta di kufui (Giappone). Asce ed accette levigate a Kafiavana (Nuova Guinea).

Neolitico:

8000 Questo periodo è caratterizzato da quattro attività fondamentali: l’uso della pietra levigata secondo una nuova tecnica (da cui il nome all’intero periodo) , l’arte della ceramica, la coltura dei cereali, la domesticazione degli animali. In Europa si conduce vita seminomade, con la costruzione di villaggi di capanne. Sorgono questi tipi di villaggi anche sulle rive  dei grandi fiumi : lungo la valle del Nilo , nelle valli del Tigri e dell’Eufrate, nella valle dell’Indo  o lungo le coste del Mediterraneo orientale, in Siria. Si pratica l’agricoltura con la zappa e si coltivano il grano e l’orzo. Si allevano capre, maiali , pecore a scopo alimentare. Sorgono civiltà organizzate  con divisioni di compiti e specializzazioni di mansioni . Si afferma soprattutto nella zona del vicino Oriente, il culto della Dea Madre, legato alla terra e alla fertilità. Il Neolitico assume caratteristiche particolari  a seconda delle zone  nelle quali si sviluppano le varie culture; per questo si può riconoscere le culture del vicino Oriente, Shaariano, Europeo, Italiano, Meglemosiano delle Americhe , Egiziano, dell’Estremo Oriente.
Reperti: Si fabbricano accette di pietra levigata, picconi, martelli, scalpelli macine , asce e pale di corno di cervo: questi manufatti sono diffusi un po’ in tutte le parti del globo.

Neolitico del Vicino Oriente.  Compaiono i primi centri abitati con tracce di rudimentali fortificazioni ; si alleva la capra e si coltivano cereali. Si afferma la tecnica della ceramica ed il commercio dell’ossidiana  (vetro vulcanico per ottenere manufatti scheggiati).
Reperti: Gerico (Palestina), Tell Aswad Mureybat (Siria).

Neolitico sahariano: In un momento climaticamente favorevole, con abbondanza d’acqua e di vegetazione, il Sahara è abitato da cacciatori e da pastori . L’arte Sahariana si divide in due fasi: la prima che si riferisce a popolazioni  di cacciatori e di raccoglitori , comprende il periodo bubalino (raffigurazioni di un bovide estinto in epoca preistorica), e delle teste rotonde (pitture di uomini mascherati). La seconda comprende : il periodo bovidiano (descrizione pittorica di scene quotidiane ); il periodo cavallino (in cui appare la figura del cavallo, introdotto in Africa nel 1600 a.C. ) e il periodo camerino (dalle raffigurazioni del cammello, introdotto dai romani all’epoca di cristo)
Reperti: Tutto il Sahara è ricchissimo di incisioni e di pitture rupestri, rinvenute nei massicci del Nord Africa: Hoggar , Air, Tassili, Ribesti, Eunedi, Atlante Algerino, Marocco, Adrar des Infras (Mali). Tra i manufatti:  punte di frecce , asce levigate , arpioni, coltelli di selce , vasellame di ceramica.

6000 Neolitico Europeo. Sulle coste del Mediterraneo centrale ed occidentale si sviluppa la tecnica della ceramica impressa . Dall’Egeo e dai balcani meridionali, lungo la direttrice del Danubio, si diffonde il neolitico danubiano, con abitazioni di legno lunghe e rettangolari

Maglemosiano. Questa cultura ancora di tipo mesolitico  ebbe vasta diffusione nell’Europa settentrionale e fu caratterizzata da una fiorente industria litica: microliti per armi da getto, strumenti come picchi, asce e trincetti. Arpioni, zagaglie e armi in corno di cervo e in osso; lance, piroghe, pagaie e archi in legno.
Reperti. Meglemose (Danimarca), Inghilterra e in tutta l’Europa settentrionale.

Neolitico Italiano. Anche in Italia vengono introdotte  tecniche e culture neolitiche , che si diffondono  in tutta la penisola. Accanto ad attività di caccia  e di raccolta , si sviluppano pratiche  di agricoltura. La ceramica impressa si diffonde  a sud, lungo le coste mediterranee. Villaggi di capanne circondati  da grandi fossati vengono  costruiti sul Tavoliere  di Puglia . Al nord, centri di cultura neolitica si diffondono in Liguria  e nella zona adriatico romagnola , a Fiorano (Modena) e a Vho (Cremona), con capanne circolari e manufatti in pietra scheggiata di piccole dimensioni.
Reperti: Nella regione pugliese materna e nella grotta delle Arene Candide (Liguria)  si trovano vasi a forma sferica  o emisferica , decorati a crudo. In Sicilia (Megera Hyblea, Naxos, Lipari, Matrensa  Stentinello) resti di capanne rettangolari in villaggi fortificati. Resti di ceramica  a fondo tondo con decorazione geometrica incisa  e incrostata di colorante  rosso si ritrovano in zone dell’Italia centrale (Fiorano nel reggiano; Cetona, presso Siena ; dintorni di Roma. Nelle valli Alpine  (Val di Susa, Valle Stura) e nelle zone prealpine  (Varese, verona) si ritrovano scodelle, vasi, bicchieri a fondo piatto e bocca quadrata, decorati ad incisioni e graffito. Vasi dipinti a linee o meandri  rossi e neri caratterizzano alcune culture dell’Italia meridionale: in Puglia(Tavoliere, grotta Scaloria, Tremiti), in Abruzzo e a Capri. A Lagozza di Besnate e a l’Isolino Virginia, nella zona di Varese, vi sono insediamenti di tipo palafitticolo; si ritrovano ceramiche nere tra le più belle. Si sviluppa la tessitura del lino. Ancora nel meridione è presente la cultura  di Diana (Lipari), contraddistinta da ceramiche bruno-nerastre con anse a rocchetto. E’ presente il commercio dell’ossidiana.

Neolitico delle Americhe. In località del Messico  e dell’Arizzona compaiono le prime forme di agricoltura del Nuovo Mondo: Mais, zucca, peperone, fagiolo.
Reperti. Pietre scheggiate e levigate: El Riego, Coxcatlan (Messico), Arizzona, Colorado, New Mexico.

5500 Neolitico egiziano. Si sviluppano le culture del Fayum, di Merimde e Tasiano. Vengono coltivati cereali e lino; si allevano il bue, il maiale e la pecora. Si pratica la pesca con ami e la caccia all’elefante, all’ippopotamo e al coccodrillo.
Reperti: Manufatti nelle oasi di Fayum, di merimde, di Deir Tasa (Egitto). A Merimde Beni Salam file di capanne allineate.

Neolitico in Estremo Oriente. In Cina si sviluppano le culture di Yang-Chiao e di Long Shan. Coltivazioni di miglio e allevamento del bue, del maiale e della capra. Si producono manufatti in pietra levigata e ceramiche nere lucide o dipinte di ottima fattura.
Reperti. Nell’Honan a Shantong e in tutta la Cina nord orientale si ritrovano reperti di manufatti (pietre scheggiate e levigate; ceramica).






ENEOLITICO

5000 Con questo termine si indica il periodo di transizione tra il Neolitico e l’Età del Bronzo, che caratterizzato dall’introduzione delle prime tecniche della metallurgia (rame). Continua intanto ad essere diffusa l’industria litica. La lavorazione del rame, inizialmente praticata mediante martellatura , comincia ad essere svolta a caldo , realizzando delle vere e proprie fusioni metallurgiche , che si diffondono in Europa intorno  al 3.500 a.C. . Si pratica l’inumazione dei morti in grotte artificiali  e in camere sepolcrali. La cultura manifatturiera  è caratterizzata da vasellame  a forma di campana arrovesciata , da pugnali ed oggetti di rame , associati a prodotti in pietra  scheggiata e levigata , da bottoni e piastrine in osso e in pietre forate.
Reperti: Centri di martellinatura a caldo del Rame : Hassuna (Iraq); Sialk (Iran), Mersin, Catal Huyuk (Turchia).

4000 Nel corso del V millennio a.C. nelle regioni dell’Europa del nord, della Spagna, della Francia, dell’Italia e del Nord Africa , si sviluppano le prime costruzioni megalitiche: monumenti fatti con grossi blocchi di roccia  rozzamente squadrati, infissi nel terreno . Il loro scopo è cerimoniale e funerario. I tipi più comuni sono i menhir, una lunta pietra infissa verticalmente nel terreno . Più menhir disposti  infila formano gli allineamenti ; un cerchi di menhir costituisce un cromlech (dal bretone crom, rotondo, e lech, pietra) . Il dolmen (dal bretone tol, tavola, e men, pietra)  è un lastrone di pietra appoggiato orizzontalmente su pietre infisse verticalmente nel terreno , così da formare un ambiente solitamente a uso sepolcrale.
Reperti. A Stonehenge, nella Gran Bretagna meridionale, si trova il cromlech più famoso e più grande che si conosca: occupa un’area di 100.000 metri quadrati.

3500 In Egitto si sviluppa la cultura del Badariano, la prima eneolitica di quella regione, che prende il nome  della località di Badari. I badariani sono agricoltori e allevatori, vivono in capanne e realizzano splendidi manufatti di pietra scheggiata. Per gli utensili quotidiani (ami,cucchiai, pettini)  e di corredo (statuete , ornamenti)  ricorrono alla lavorazione dell’osso . Il rame è impiegato per fabbricare perle e collane.
Reperti. Manufatti e sepolture in Spagna, Portogallo, Francia, Italia , Austria, Olanda , Gran Bretagna, Nord Africa.
Successivo al Badariano , il periodo Amratiano sviluppa le precedenti tecniche  agricole e la lavorazione della pietra . L’uso del rame è sempre limitato . Invenzione della ruota e dell’aratro (Mesopotamia). Pietre scheggiate e levigate, osso, avorio, ceramica, rame nell’Alto e Medio Egitto.

3000 In Italia lo sviluppo di culture eneolitiche si presenta solo a partire dal III millennio . In questo periodo alcuni gruppi umani introducono  la lavorazione del rame e l’inumazione  collettiva in necropoli a grotticelle . Le attività economiche sono quelle della pastorizia  dell’agricoltura , del commercio, della caccia e della raccolta.
Reperti. In Sicilia (Piano Notaro, Piano Conte, Seraferlicchio) si ritrovano tracce di insediamenti in villaggi o grotte, ceramica con decorazione a spatola e manufatti in pietra scheggiata e levigata. In sardegna (Anghelu, Ruju, grotta di San Michele d’Orzieri, Oristano e Cagliaritano) si trovano pugnali in rame e manufatti in pietra levigata . monumenti dolmen  statuine della Dea madre in osso. Nei pressi di Viterbo (Rinaldone)  si trovano vasi a fiasco  e molti manufatti in rame  e in pietra scheggiata. . In molte regioni del nord  (Lombardia, Trentino,veneto, Liguria) si trovano oggetti in rame e in argento. Tombe a inumazione con scheletro rannicchiato.






ETA’ ANTICA

L’età Antica inizia dal 3000 a.C.
1 Data convenzionale della nascita di Gesù Cristo. La data reale è da collocarsi tra il 6 e il 4 a.C.
409 è la fine dell’età antica ed inizia il medioevo.

MEDIOEVO

La data convenzionale dell’inizio del medioevo viene diversamente individuata dalle varie scuole storiografiche . A quella più tradizionale del 476, anno della deportazione dell’ultimo imperatore di Occidente (Odoacre, comandante delle milizie barbariche al servizio dell’impero, depone l’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augustolo.), si è preferita quella del 410, anno del saccheggio di Roma da parte dei Visigoti che segna la definitiva crisi dell’apparato politico militare romano di fronte alle invasioni barbariche.
La fine del Medioevo si ha nel 1492 (Scoperta dell’America da parte di C. Colombo che sbarca a S. Salvador e tocca poi Cuba e Haiti. Morte di Lorenzo il Magnifico. I re cattolici spagnoli Ferdinando d’Aragona e Isabella di pastiglia conquistano il regno arabo di Granata , fine della riconquista)

ETA’  MODERNA

L’Età moderna ha inizio nel 1493 con la morte di Federico III d’Asburgo, il figlio Massimiliano I ottiene il titolo. 1494 Inizio delle guerre d’Italia: il re di Francia Carlo VIII scende in Italia  con un forte esercito. A Milano, alla morte di Gian Galeazzo Sforza , Ludovico il Moro ottiene l’investitura ducale
L’Età moderna termina con l’arrivo dell’anno 1787-1788 (Nella convenzione di Filadelfia viene approvata la nuova costituzione degli Stati Uniti d’America.. La Gran bretagna acquista dagli indigeni la Sierra Leone. I. Kant, critica della ragion pratica)

ETA’  CONTEMPORANEA

L’età contemporanea ha inizio dal 1789 Scoppio della Rivoluzione Francese : è convocata l’assemblea degli stati generali; i membri del terzo stato si proclamano Assemblea nazionale; una folla di artigiani e operai parigini il 14/07 espugna la Pastiglia “grande paura” pewr le rivolte contadine nelle campagne ; vengono soppressi i diritti feudali . Dichiarazione dei diritti dell’uomo  e del cittadino ; nazionalizzazione dei beni del clero . Insurrezione dei Paesi bassi austriaci Nasce la repubblica federalista Belga.
Il sultano Selim III inizia le riforme nell’impero ottomano .


venerdì 17 dicembre 2010

LE ORIGINI DELL'UOMO

LE ORIGINI DELL’UOMO
Dai più antichi ominidi all’Homo sapiens. Ecco cosa sappiamo delle tappe percorse dalla nostra specie durante l’evoluzione.

Antenati: il viaggio dell’uomo è cominciato 6 milioni di anni fa. Oggi i paleontologi possono tracciarlo con una certa precisione. Proprio come possono essere ricostruite le facce dei nostri predecessori.

Sei milioni di anni fa in Africa orientale la foresta si era in parte ritirata. Per lasciare una serie di isole verdi, grandi boscaglie ricche di cibo, separate fra loro da distese coperte da alti steli d’erba. Le scimmie antropomorfe che da tempo prosperavano nella zona, per passare da un isola di foresta all’altra dovettero uscire allo scoperto, e attraversare queste distese bruciate dal sole, dove i leopardi erano in agguato.
Per guardarsi intorno, al di sopra delle erbe, alcune scimmie impararono a camminare per lunghi tratti sui soli arti inferiori. Così potevano scorgere oltre gli steli d’erba ingiallita eventuali pericoli, vigilare sulla prole. Muovendosi in gruppo, gli adulti erano anche capaci di brandire bastoni e lanciare sassi per la difesa collettiva. I camminatori più abili potevano vivere più a lungo, fare più figli e garantirne la crescita. Il loro Dna passava in questo modo ai posteri, migliorando e fissando di generazione in generazione la caratteristica della deambulazione eretta.
E’ così che gli antropologi spiegano l’origine del bipedismo, l’adattamento più importante dell’evoluzione umana, quel lungo processo che ha visto nascere e poi estinguersi una ventina di “ominidi” fino alla permanenza sulla Terra di uno solo, l’Homo sapiens: cioè la nostra specie . “La locomozione bipede lasciò le mani libere per il trasporto del cibo, oggetti e figli piccoli” spiega Giorgio Manzi, paleoantropologo dell’Università La sapienza di Roma.
“Mani adatte a una presa di precisione, che consentiva una migliore manipolazione di oggetti, e alla fabbricazione di strumenti di pietra, che potevano percuotere  e quindi staccare schegge da ciottoli. Del resto, la manualità, in un circolo virtuoso, fu il presupposto dello sviluppo del cervello”. Calcolando attraverso il Dna mitocondriale la “distanza genetica” fra le varie specie di scimmie antropomorfe e l’uomo moderno, la biologia molecolare ha stabilito che la separazione delle due linee evolutive (quella che ha portato ai gorilla e agli scimpanzè odierni e l’altra a noi) avvenne proprio 6 milioni di anni fa .
I paleontologi, dando ragione a Charles Darwin sull’intuizione delle origini africane dell’uomo dallo stesso ramo che ha dato origine alle scimmie antropomorfe ( che hanno forma, atteggiamenti e comportamenti d’uomo) , stanno anche confermando l’affidabilità di questo orologio molecolare . Mancano ancora dati definitivi, ma in Africa sono state trovate tre specie fossili molto antiche collocabili nella famiglia degli ominidi, i primati bipedi di cui anche noi uomini sapiens facciamo parte.
Il primo di questo ominidi  è l’Ardipithecus kadabba, trovato in Etiopia  e di età compresa fra i,8 5,2 e 5milioni di anni. Il secondo è l’Orrorin tugenensis, scoperto in Kenia. Il terzo sarebbe addirittura vissuto oltre 6,5 milioni di ani fa. Si tratta del Sahelanthropus tchadensis, scoperto in Chad. “Studi recenti effettuati con la Tac su un cranio quasi completo di Sahelanthropus sembrano confermare l’appartenenza alla famiglia degli ominidi”. Uno di questi tre pre-ominidi potrebbe essere quello che per primo ha imparato a camminare eretto, dando origine alla linea evolutiva che poi ha portato ai sapiens.
Ma la vera star della paleontologia, a circa un anno dalla sua straordinaria descrizione sulla rivista Sience, è attualmente Ardi, una femmina di Ardipithecus ramidus, specie gia in parte conosciuta, ma questo nuovo esemplare fossile sembra collocarsi proprio nel momento del passaggio dagli antenati delle scimmie antropomorfe agli ominidi. Scoperta  nella media valle dell’Awash, Ardi visse 4,4 milioni di anni fa. Il gruppo di ricercatori diretto da Tim White, dell’Università di Berkeley, da 30 anni ricercatore sul campo in Etiopia, grazie a questo scheletro ben conservato ha potuto definirne tratti e caratteristiche. A giudicare dalla crescita delle ossa , si tratta di una femmina di 14 anni, alta 120 cm, con un peso stimato di 50 chili. Il cervello era di soli 300 cm cubici, cioè meno di un quinto di quello di una ragazza attuale.. Le gambe sono corte, ma gia adatte all’andatura bipede, come dimostra anche il bacino, gia abbastanza largo. I suoi piedi però presentano ancora l’alluce divaricato , come nelle scimmie .Le braccia e le dita erano lunghe e i polsi rigidi, per consentirle di arrampicarsi bene sugli alberi. Confrontando le ossa fossili di maschi e femmine  di Ardipithecus ramidus trovati in varie campagne di scavo, lo scienziato ha concluso che i maschi erano solo poco più grandi delle femmine.
Ciò significa che nelle comunità di questo pre-ominide i rapporti sessuali non erano regolati dall’harem (un maschio grande con molte femmine, come nei gorilla), ma le relazioni sessuali erano promiscue, come fra gli attuali bonobo o scimpanzè pigmei, dove una femmina può accoppiarsi con diversi maschi. Le femmine di bonobo, come quelle umane, possono accoppiarsi tutto l’anno, non solo durante il calore. E ciò favorisce rapporti sociali. Le femmine scelgono i maschi più altruisti, quelli che donano cibo, che a volte esse passano ai loro piccoli.
Se, come sostengono le più attuali teorie paleontropologiche, lo sviluppo del cervello iniziò “ dai piedi”, ossia dal modo di camminare, le orme fossili trovate diversi anni fa a Laetoly, in Tanzania, da Mary Leakey, capostipite con il marito Louis di una dinastia di cacciatori di fossili, provano che circa 3,6 milioni di anni fa sono i piedi degli ominidi (forse quelli della specie Australopithecus afarensis) erano simili a quelli dell’uomo attuale, non più scimmieschi come li aveva Ardi. Lo scheletro fossile di Lucy, la celebre donna scimmia (Afarensis) scoperta in Etiopia dal paleoantropologo americano Donald Johanson, manca delle estremità inferiori, ma le ossa delle gambe e il bacino dimostrano che la stazione eretta 3,2 milioni di anni fa era acquisita: gli ominidi si muovevano quasi sempre in quella posizione, non solo per alcuni tratti. All’epoca le foreste si erano quasi del tutto ritirate e in Africa Orientale si era diffusa la savana.
Il bipedismo quindi non doveva essere più solo una variante della locomozione per passare da una macchia di foresta a un’altra, ma un adattamento fisso. L’Australopithecus afarensis aveva un cervello di 500 cm cubici , gia più grande di quello di uno scimpanzè. Secondo le teorie più accreditate , l’albero della evoluzione  a quell’epoca si divise in due rami principali. “ Da una parte” spiega Anna Alessandrello, paleontologadel Museo di Storia naturale di Milano “comparvero ominidi dotati sul cranio di cresta sagittale, dove si inserivano forti muscoli masticatori e muniti di mascelle possenti per triturare cibi vegetali coriacei, come le noci. Dall’altra, la dentatura e le mascelle rimasero leggere, ma si sviluppala scatola cranica.
Il primo di questi due rami principali era occupato da ominidi come Australopithecus aethiopicus (vissuto nelle attuali Etiopia e Tanzania) e dell’Australopithecus boisei (Tanzania e Kenia) . Infine, dall’Australopithecus robustus (Sudafrica). Quest’ultimo però, secondo altri, discenderebbe dall’Australopithecus africanus, di poco posteriore all’afarensis.
Il secondo ramo ci interessa più da vicino: era occupato dall’Homo habilis (trovato in Tanznia e datato 1,8 milioni di anni fa) . L’habilis fu infatti il primo costruttore di utensili di pietra, con la tecnologia detta  di “ modo 1 (Olduvaiano antico) Aveva un cervello di 650 cm cubici e rispetto agli ominidi che l’avevano preceduto aveva una scatola cranica sviluppata ma mascelle relativamente meno potenti, perché la sua dieta era diventata onnivora: comprendeva cioè, una buona base di carne. Se la procurava facendo lo “spazzino”, cioè scacciando iene e altri predatori dalle carcasse degli animali morti, agendo in gruppo. I suoi grossi utensili di pietra servivano soprattutto a rompere ossa per mangiare il midollo, molto nutritivo. Secondo Meave Leakey, paleantropologa del Museo nazionale del Kenia a Nairobi, l’habilis avrebbe come antenato non l’Australopithecus afarensis, ma il Kenyanthropus platyops: il cranio  di quest’ultimo, che lei stessa trovò sulle sponde del lago Turkana, ha la faccia piatta, mentre quella dell’afarensis era ancora proiettata in avanti. Avrebbe cioè caratteristiche simili a quelle dell’Homo habilis, e più ancora dell’Homo rudolfensis, dal cervello di 750 cm cubici e anch’egli costruttore di utensili. Un altro ominide importante scoperto in Kenia dal clan Laekey è il cosiddetto “ragazzo del Turkana” , della specie Homo ergaster. Alto 1,70 m, probabilmente era un cacciatore vero e proprio. Costruiva strumenti più complessi detti “tipo 2” (Olduvaiano evoluto). A forma di grosse mandorle , erano bifacciali, cioè uguali davanti e dietro, segno  che la specie aveva acquisito la nozione di simmetria. Del resto, il suo cervello aveva raggiunto 850 centimetri cubici.
Ma gia circa 1,7 milioni di anni fa l’intraprendente genere homo era uscito dall’Africa  e arrivato in Georgia , come dimostrano   gli ominidi trovati  in loco e battezzati Homo georicus. Poco meno di un milione di anni dopo , 800 mila anni fa, giunse in Europa l’Homa antecessor è il nome dato al cranio “italiano” di Ceprano, vicino a Roma , e ai numerosi resti trovati  ad Atapuerca (Spagna) . Il suo cervello era ormai di 1000 cm cubici. “Si diversificòin rami secondari, a causa di evoluzioni geografiche” spiega il paleoantropologico . “ L’uomo eretto, uno di questi rami , fu l’ominide caratteristico dell’Asia, con un cervello che arrivava a 1300 cm cubici. L’Homo heidelbergensis quello dell’Europa , con un cervello di 1600 cm cubici “ Da lui circa 200.000 anni fa  è disceso l’uomo di Neanderthal. In Africa, dall’Homo ergaster nello stesso periodo emerse l’Homo sapiens.
Questa datazione è confermata dagli studi genetici sui gruppi umani oggi esistenti (che hanno tra loro differenze minime nel Dna), così da giustificare  solo 200 mila anni trascorsi dall’esistenza di una “Eva africana”. Alcuni paleontologi ritengono che alla base del filone che portò da una parte al sapiens e dall’altra al Neanderthal vi fosse l’Homo antecessor, altri l’Homo heidelbergensis.
L’Homo sapiens uscì dall’Africa e dilagò in Asia, Medio Oriente e in Europa, mettendo fuori giuco l’uomo di Neanderthal che si estinse, non prima che fra le due specie sorelle vi fossero incroci. Non solo l’Homo sapiens provocò anche l’estinzione dell’Homo erectus, che a Giava era riuscito a sopravvivere fino a 30 mila anni fa. E probabilmente  anche quella di un discendente di erectus, l’Homo floresiensis, scopeto fossile nel 2004 nell’isola di Flores, fra Indonesia e Australia: un ominide che era divenuto “nano” (era alto un metro) a causa del suo isolamento geografico, un pò come gli elefanti preistorici nani della Sicilia. Questo ominide, soprannominato anche hobbit per le sue dimensioni, visse fino a circa 11 mila anni fa.
Forse nel passato dell’umanità ci fu davvero un giardino dell’Eden. Una piccola fascia d’Africa che permise al genere umano di superare un periodo in cui le condizioni di vita diventarono davvero dure. Secondo Curtis Marean dell’Istitute of Human Origins alla Arizzona University State: “Circa 195.000 anna fa il pianeta vide un calo di temperatura notevole, che corrispose all’inizio dell’ultima glaciazione. In Africa, la dove stava nascendo la specie dell’Homo sapiens, l’ambiente si trasformò in una area fredda e desertica, che non permetteva di trovare cibo a succicienza per la sopravvivenza dell’uomo. Ma con una eccezione. In prossimità di Pinnacle Point, a circa 400 km da Città del Capo (Sudafrica) le condizioni ambientali erano tali da permettere alle comunità che vi vivevano di trovare cibo in abbondanza. Questa ipotesi, che però non trova d’accordo l’intera comunità di paleoantropologi, è sostenuta  dalla scoperta di strumenti (raschiatoi, asce, bulini) in numerose grotte dell’area, che dimostrerebbero, secondo Marean, che quei piccoli gruppi se la passavano tutto sommato bene,  nonostante il cambiamento climatico che aveva investito il resto del continente. Secondo questa teoria, a diffondersi nel mondo e a dare origine all’uomo moderno sarebbe stata proprio questa comunità di sudafricani, “ scampata” alla catastrofe.
In oltre 100 anni di ricerche i paleontologi non hanno mai identificato nemmeno uno degli antenati dei nostri cugini, le grandi scimmie africane. Come mai? Secondo il paleontoloantropologo Yves Coppains, uno degli scopritori di Lucy, è probabile che qualcuno dei prescimpanze si nascondo nel nostro albero genealogico.
Risaliti sugli alberi. L’evoluzione infatti, non procede obbligatoriamente per “miglioramenti” (o cambiamenti che a noi sembrano tali) : le caratteristiche di una specie dipendono dalle condizioni ambientali innanzitutto. Non è così da escludere che qualcuno dei “nostri” antenati più antichi (come Sahelanthropus tchadensis, che secondo alcuni studi era gia in grado di camminare eretto, almeno per parte del suo tempo, oppure Ardipithecus kadabba, anch’egli contemporaneamente bipede e arborico), in realtà abbia abbandonato il bipedismo per “ risalire sugli alberi”, dando cosi origine al ramo evolutivo che ha portato alle nostre “cugine scimmie”.


Quanti millenni ha? Chiedi alla radio-datazione:
La radio-datazione (o datazione radiometrica) è un metodo che si basa sull’individuazione di particolari isotopi radioattivi all’interno del reperto o del sedimento in cui è stato trovato. Gli isotopi radioattivi hanno la caratteristica di essere atomi instabili e di decadere, andando verso una forma più stabile . Poiché il decadimento di ogni isotopo avviene secondo un “tempo di dimezzamento” noto e preciso, verificando la quantità dei prodotti di decadimento all’interno del campione è possibile stabilirne la datazione  con una certa precisione.
Grazie a strumenti come lo spettometro di massa e le analisi degli atomi nel vuoto perfetto, la radiazione radiometrica può essere effettuata anche su campioni infinitamente piccoli, nell’ordine di qualche miliardesimo di grammo.
Carbonio 14: La più nota e consolidata tecnica di radio-datazione è quella cosiddettadel Carbonio 14 (il suo ideatore. Willard Frank Libby, vinse il premio Nobel del 1960), usata per materiali di origine organica  come ossa e vegetali, anche carbonizzati o fossilizzati.
Il Carbonio 14 però consente di misurare un arco di temporale relativamente limitato: reperti inferiori ai 30 mila anni di età.
Tecniche analoghe si basano su isotopi radioattivi di altri elementi chimici. Una delle più precise, per esempio, è quella uranio-piombo capace di determinare periodi di miliardi di anni con margini di errori mimimi.

I PRIMI PADRONI DELLA TERRA

GLI  ALTRI  PADRONI  DELLA  TERRA

In passato molti animali hanno regnato sui continenti e sugli oceani (e molto più a lungo di noi) . I dinosauri, per esempio, sono stati il gruppo dominante per 160 milioni di anni. Ma mon è niente a confronto dei batteri, che sono stati padroni incontrastati del pianeta per 4 miliardi di anni.
Ecco , Era per Era, chi erano i veri “signori della terra”
Paleozoico : L’ era paleozoica cominciò 550 milioni di anni fa e comprese i periodi Cambiano, Ordoviciano, Siluriano, Devoniano e, infine Carbonifero e Permiano .
Mesozoico da 251 a 65 milioni di anni fa:
La crisi biologica del Permiano la più drammatica delle 5 estinzioni di massa nella storia della terra, lasciò spazio e risorse  ai sopravvissuti . La scomparsa di circa il 90% delle specie che si erano evolute durante il Paleozoico, infatti , permise a un nuovo battaglione  di animali di impadronirsi del nostro pianeta : i rettili. Comparsi già nel Carbonifero  superiore  (Petrolacosaurus Kansensis ne è un esempio) , nel mesozoico però si svilupparono in una grande moltitudine di forme , occupando tutti gli ambienti . Dagli ittiosauri , rettili marini dalla forma  di pesce adattati alla vita acquatica , agli pterosauri, primi vertebrati in grado di volare . Tra questi, il quetzalcoatlo era uno dei più grandi: aveva un’apertura alare superiore ai 15 metri ma pensava, secondo le stime, molto poco rispetto alla sua stazza , grazie alle ossa leggere e cave come quelle degli uccelli . Le ali però avevano una struttura  diversa da quelle degli uccelli . Una membrana partiva dal quarto dito , sproporzionatamente lungo , fino a congiungersi al fianco.
Lucertoloni. Ma furono i grandi rettili terrestri, i dinosauri, i veri protagonisti dell’Era . Apparsi alla fine del triassico medio e scomparsi nel Cretaceo, si diversificarono in almeno 2 mila specie, note, tuttavia alcuni paleontologi stimano che potessero essere molte di più, forse centinaia di migliaia.
Intanto il mare fu colonizzato dalle ammoniti , molluschi cefalopodi dotati di una conchiglia composta di carbonato di calcio , diffusi in una grande varietà di specie a tutte le latitudini. E sulla terraferma le angiosperme , piante con fiori e frutti , soppiantarono le felci e le piante senza frutto.
Precambriano: da 4,5 Miliardi a 550 milioni di anni fa.
All’inizio, 4,5 miliardi di anni fa, la Terra era squassata da terremoti e da eruzioni vulcaniche, bombardata da meteoriti e da comete , colpita da fulmini e da raggi solari . Eppure, dopo 500 milioni di anni dalla sua formazione, la vita ha fatto capolino. I semplici batteri unicellulari acquatici sono rimasti, senza molti cambiamenti, le uniche forme di vita per 4 miliardi di anni.
Di loro non si sa molto : misuravano pochi micrometri (milionesimi di metro), il nucleo era privo di una membrana che lo separasse dal resto della cellula, avevano pochi organuli cellulari, erano per lo più di forma sferoidale o a bastoncello. Lo sappiamo grazie ai fossili, soprattutto stromatoliti, strutture lamellari che si formano dalla sedimentazione di sostanze prodotte  dai batteri.
I primi organismi pluricellulari comparvero solo verso la fine di questo lasso di tempo (detto Precambriano) e sono conosciuti con il nome di “fauna di Ediacara”. I fossili, o meglio le impronte fossilizzate che testimoniano l’esistenza  di questi animali sono presenti in molte rocce di tutto il mondo. Si trattava di bizzarri organismi acquatici ora completamente estinti: la Dickinsonia, per esempio (aveva una forma ovale che poteva raggiungere anche il metro e mezzo di lunghezza) o la Charnia, simile a una fronda sottile che si ancora al fondo marino.
Paleozoico da 550 a250 milioni di anni fa
Dopo 4 miliardi di anni di esseri unicellulari, all’inizio del Paleozoico, in poco più di 10 milioni di anni si verificò la più grande esplosione di vita nella storia del nostro pianeta. Nel Cambiano, il primo dei 6 periodi geologici in cui il Paleozoico è diviso, i mari si popolarono di invertebrati: brachiopodi e trilobiti, i primi antropodi marini, furono tra le forme dominanti, tanto che questi ultimi vengono utilizzati per datare le rocce  dell’era paleozoica. E poi i molluschi, gli echinodermi i briozoi. Il mare pululava  di vita. Dopo i primi 100 milioni di anni, durante i quali predominarono gli invertebrati, tra la fine del Siluriano e l’inizio del Devoniano comparvero i primi vertebrati .I paleontologi, grazie alla ricchezza di forme e di dimensioni di queste creature, hanno chiamato il Devoniano “periodo dei pesci”. Comparvero anche gli antenati degli squali, tra i più antichi vertebrati che abbiano mai vissuto sulla terra.
Le terre emerse, che fino a quel momento erano abitate solo da piante primitive, furono colonizzate dagli insetti, i primi animali, insieme ai ragni e scorpioni, a dominare i continenti. Spesso questi antropodi velenosi raggiungevano dimensioni notevoli.
Nel periodo successivo, il Carbonifero, anche i vertebrati fecero capolino sui continenti per non lasciarli più: gli anfibi iniziarono a colonizzare le rive dei fiumi, delle paludi e dei laghi. Il Paleozoico si chiuse con l’estinzione di massa della fine del Permiano.
Cenozoico: da 65 milioni di anni fa a oggi.
Dopo l’estinzione di massa che spazzò via quasi l’80% degli organismi viventi, ma che è nota soprattutto per aver eliminato i dinosauri dalla faccia della terra, furono i mammiferi a prendere possesso di tutti gli ambienti fino a quel momento dominati dai grandi rettili. Conquistarono la terraferma e (in parte)  anche i mari, differenziandosi nei tre gruppi ancora oggi noti: monotremi, marsupiali e placentari. Alcune specie erano piccole come topi ma altre erano molto grandi, come i pantodonti, animali dall’aspetto davvero particolare. Considerati i primi grandi erbivori, vissero principalmente  in Nord America  e in Asia. Il Barylambda e il Pantolambda non sono un esempio: il primo misurava fino a 3 metri e il secondo, un pò più piccolo, aveva una testa grossa e massiccia. E non mancavano certo i carnivori.
Verso il Miocene. Uno dei più curiosi era l’andrewsarco: considerato il più grande mammifero carnivoro finora conosciuto, aveva un cranio lungo circa 80 cm e largo 50. Il corpo poteva essere lungo anche 5 metri. Il primato del più grande mammifero terrestre lo detiene però l’erbivoro Indricotherium . Questo “rinoceronte senza corno “ poteva raggiungere i 5 metri al garrese e gli 8 metri di lunghezza. A fargli compagnia  c’erano gli entelodontidi, grossi antenati degli attuali suini, che mangiavano carcasse e vegetali, e i brontoteri, erbivori enormi.
 Solo con il Miocene, che iniziò 23 milioni di anni fa, la fauna iniziò ad assumere un aspetto simile a quello attuale. Comparvero gli antenati degli animali odierni, incluse le protoscimmie  antropomorfe, dalle quali discende l’uomo.

domenica 12 dicembre 2010

I PITTI

I   PITTI

Gli highlander di 2 mila anni fa che i romani non sottomisero mai. Erano signori della Scozia, ma la loro storia è un enigma.
I romani chiamarono caledoni le tribù pitte alleate e stanziate a nord del Vallo di Antonino.
Gli highlander, i pallidi e robusto montanari del 300 . Sono solo storia recente. Quasi un millennio prima dei kilt  e dei clan, in Scozia dominavano i Pitti: bassi, bruni di capelli e di carnagione, almeno stando alle descrizioni dei romani. Questo feroci guerrieri tatuati  (cioè picti in latino) possono a buon titolo  essere considerati gli autentici”aborigeni” delle Highlands, i monti del nord britannico. Caratteristiche che , unite al mistero della loro fine, secondo gli antropologi  potrebbero aver dato origine alla leggenda sui pixies , dispettosi folletti del folclore nordico.
All’inizio del duecento , quando erano gia scomparsi da tempo, il cronista islandese Snorri Sturluson li descrisse  come pigmei che vivevano in caverne sotterranee. Molti secoli dopo lo scrittore romantico sir Walter Scott (1771-1832) mostrava ancora di dare credito a simili credenze: l’autore del romanzo storico Ivanhoe se ne convinse osservando le dimensioni ridotte degli edifici in alcuni siti archeologici delle isole Orcadi . Edifici che oggi sappiamo però risalire a epoche più remote di quella in cui i Pitti prosperarono.
La presenza di scozzesi purosangue ma dai colori mediterranei è, nella tradizione locale, da sempre legata a qualche tipo di arcaica progenitura: negli Annali of the Caledonian (1828) si legge che i veri highlanders sono “ di complessione bruna, quasi sempre con capelli neri e ricci ed occhi scuri” , a confortare il luogo comune che individua nel tipo fisico  alla Sea Connery le fattezze più antiche e genuine della popolazione autoctona.
Le informazioni giunte a noi in questo senso, però, non sempre sono coerenti : riferendosi agli abitanti di quella Scozia ante litteram che i romani chiamarono Caledonia  (forse dal celtico caoillaoin, uomini della foresta), Tacito parlò infatti di individui alti e con capelli biondi o rossicci.
Tutto ciò significa forse che erano Pitti di tribù e aspetto differenti a spartirsi le terre del nebbioso Nord? Difficile dirlo, ma la presenza di guerrieri dalla carnagione olivastra, che ai centurioni più esperti ricordavanop i popoli incontrati in Spagna, sembra a molti storici ragionevolmente certa.
Le perplessità sull’aspetto fisico dei Pitti sono insomma un riflesso di un mistero delle origini intorno al quale le congetture si sprecano. Tra le teorie più recenti ce n’è persino una che li ritiene una tribù di indiani di lingua algonchina arrivati dal Canada. Ma c’è anche chi sostiene fossero un ceppo pre-celtico assorbito, dopo secoli di rapporti alterni, dai Celtici-Scoti. O chi invece ipotizza una loro provenienza non indoeuropea, facendo appelloal materiale genetico che gli scozzesi attuali, eredi probabilmente di una mescolanza tra Celti ed un etnia ignota, hanno in comune con un altro popolo dalle esotiche ascendenze, i baschi. A sostegno di questa ipotesi ci sarebbe anche la genealogia per linea materna (titoli e beni, come l’appartenenza al clan , si tramandavano cioè per linea femminile).
Il monaco e cronista inglese san Beda, nella sua Historia ecclesiastica gentis anglorum , racconta che i Pitti indicavano come loro patria ancestrale la Scizia, a nord del Mar Nero e abitata da genti di probabile stirpe iranica. Da li, secondo una antica leggenda, nel corso di una lunga migrazione sarebbero giunti via mare fino in Irlanda, i cui abitanti gaelici, ansiosi forse di sbarazzarsi di quei concorrenti, avrebbero suggerito loro di proseguire il viaggio verso le coste scozzesi. Per convincerli, offrirono agli antenati dei Pitti un certo numero di donne irlandesi, alle quali sarebbe rimasto il diritto di scegliere il sovrano.Al di la del mito, creato forse a posteriori dagli Scoti per “imparentarsi” agli indomiti dipinti, resta ciò che dice la Cronaca dei Pitti, una sorta di elenco di sovrani di incerta datazione: il titolo di Rex pictorum si otteneva per  via materna, o in alternativa per matrimonio con donne di sangue reale.
L’ipotesi oggi più accreditata, comunque, vuole i Pitti discendenti dei primi coloni neolitici arrivati in Scozia dalla Spagna, intorno al 7000 a.C.
Anche la caratteristica più famosa dei Pitti, l’usanza di tatuarsi il corpo “secondo il loro grado”, come scrissero lo storico del VII secolo Isidoro di Siviglia, è anomala : quei tatuaggi non erano infatti realizzati con una semplice tintura ottenuta dalle radici , come si usava fra i Celti. Erano invece il risultato di incisioni della pelle. Una conferma indiretta si trova nelle parole di Claudio Claudiano, letterato romano dell’era cristiana, che parlando dei connazionali di stanza nell’isola britannica li definì poeticamente la legione “ che regge il truce Scoto e studia le esangui figure impresse col ferro sul Pitto morente” .
Dai loro progenitori i Pitti avrebbero appreso, oltre a quello del tatuaggio, l’arte di costruire i broch, torri circolari  in pietra, e i crannog, isole artificiali su palafitte di cui restano le fondamenta in alcuni laghi scozzesi.
Fra le altre tracce degli antichi scozzesi giunte fino a noi ci sono alcune stele in pietra. Sono di epoca tarda (VI-IX secolo d.C.) e utilizzano segni dell’alfabeto ogham celtico per scrivere parole incomprensibili  agli studiosi. Quei pochi segni non aiutano quindi a risolvere l’altro enigma pitto , quello della lingua.  Che parlassero un idioma diverso da quello dei Celti sembra provato: san Colomba, monaco irlandese ed evangelizzatore della Scozia , nel VI secolo fu costretto a usare un interprete per interloquire con il re Pitto Bridei IV.
Persino il loro vero nome è un’incognita. Per le tribù celtiche erano i Cruithni ( I colorati). E Picti è l’appellativo dato dai conquistatori romani. Un nome generico, che a causa della pelle decorata aveva gia affibbiato ai Pctones, una tribù celtica della lontana Gallia che nulla aveva a che vedere con i proto-scozzesi.
Tra l’altro la più antica menzione dei Pitti risale al 279, più di due secoli dopo l’inizio della colonizzazione romana in Britannia, e si deve a una fonte latina : il letterato di origine gallica Eumenio, che elencò laconicamente i Picti tra i popoli dell’isola ostili alle legioni. Su questa ostilità, almeno, tutti concordano.
I romani tentarono più di una incursione nel territorio dei Pitti, oltre il limes settentrionale dell’impero (dal II secolo difeso dal Vallo di Adriano). Riuscirono anche a batterli qualche volta, ma senza mai affrontare una sistematica campagna di conquista del loro territorio. Superstizione? Paura di un nemico troppo tenace? Piuttosto realpolitik: a dissuadere comandanti e veterani di provata esperienza non furono tanto i timori dell’inesplorato Nord quanto la valutazione che un territorio così inospitale non meritasse gli sforzi necessari contro un popolo tanto bellicoso. Un popolo che per di più aveva dimostrato molte volte di essere un pericoloso pioniere delle moderne tecniche di guerriglia. Abili con l’arco, militarmente più disciplinati dei Celti, al punto di aver forse anticipato lo schiltron , la tipica falange scozzese utilizzata più volte con successo contro gli Inglesi nei secoli successivi, i Pitti furono considerati da Romani una spina nel fianco, ma non proprio dei selvaggi. Allevatori e agricoltori esperti, orafi e amanti della musica (inventarono forse l’arpa celtica) , quei fieri nemici di Roma avevano fondato in Caledonia un regno diviso in sette distretti, chiamato Fortriu o Pittavia.
Uno dei capi Pitti, Calgaco, si guadagnò anche un ruolo negli Annali di Tacile dell’impero, dopo vent’anni di raid e incursioni dei Pitti fu abbandonato, facendo arretrare il limesfino al preesistente  Vallo di Adriano , 160 chilometri a sud  e di gran lunga più difendibile.
I secoli successivi videro un alternarsi di ostilità e tregue tra i due avversari, fino alla partenza definitiva delle legioni dalle isole britanniche, nel 453.
L’eclissi del nemico romano non rassegnerò più di tanto l’orizzonte geopolitica degli “uomini dipinti” . Prima dovettero vedersela con i Britanni e i Sassoni nel sud (sconfitti solo nel 685, in un epica battaglia) . Poi fu la volta degli invasori Vichinghi e soprattutto degli Scoti . Quest’ultimi erano Celti venuti dall’Irlanda: segnarono la fine dei Pitti ma, in qualche modo, ne garantiranno il futuro.
Nel VI secolo in contemporanea con l’affermarsi del regno Scoto di Dalriada (odierna contea di Argyll, Scozzia occidentale) la civiltà dei Pitti, ormai convertiti alla religione cristiana, raggiunse il suo zenit. Ma durò poco. Insediatisi gia dal IV secolo nella Caledonia Occidentale come una sorta di protettorato nel territorio degli antichi signori delle “terre alte” (le highlands), i nuovi venuti gaelici accrebbero la loro influenza, incrociando le armi con i padroni di casa e giungendo nel VII secolo a lambire i confini della capitale pitta, presso l’odierna Inverness.
Decade dopo decade, tra una battaglia e un trattato di pace, le secolari ostilità volsero con gradualità inesorabile a sfavore dei Pitti. Sul piano etnico e culturale i due popoli si erano già mescolati  e una nuova entità nazionale, il regno protoscozzese di Alba (denominazione gaelica della regione, da cui deriva l’antico nome della Gran Bretagna : Albione) iniziava a formarsi.
I Pitti, politeisti, avevano culti simili a quelli Celtici. Ma nel VI secolo erano ormai tutti cristianizzati.
Anche le case regnanti di Scoti e Pitti  iniziarono ad avvicinarsi , finché lo scozzese Kenneth McAlpin , capostipite della dinastia che regnerà sulle Highlands per buona parte del medioevo, forte delle proprie conquiste militari, e forse anche del credito genealogico datogli dall’avere  una principessa pitta per madre, riunì due troni, debellando nell’841 l’ultima resistenza degli avversari. Decisivo in questo senso fu il sanguinoso e definitivo colpo di mano passato alla storia  col nome di “ tradimento di McAlpin”.
Invitati nel villaggiodi Scone per i negoziati, l’ultimo re pitto Drust IX, la sua corte e i rappresentanti delle 7 casate pretendenti al trono furono trucidati durante un banchetto con un sistema decisamente “barbaro”: sotto ognuno dei sedili erano collocate altrettante botole che nascondevano pozzi irti di lame, su cui i malcapitati finirono impalati dal loro stesso peso.
Per i Pitti dissoltosi nell’etnia e nella cultura vincitrice con un destino simile a quello degli Etruschi “annegati” nel mondo romano, quel massacro fu il colpo di grazia. Scaricati dalla storia e raccolti dal mito, su di loro cadde un oblio secolare che solo da pochi anni, complice anche la rinnovata consapevolezza politica e culturale degli Scozzesi, si tenta di diradare. Clan di antico lignaggio come i McGregor, rivendicano oggi quarti di nobiltà pitta. Ma l’eredità in apparenza impalpabile sopravvive soprattutto nelle enigmatiche pietre incise, nelle fattezze di qualche highlander bruno e nella toponomastica. Prefissi come aber (per esempio della metropoli scozzese Aberdeen)  o pit (di località minori come Pittodrie o Pitmedden) rimandano con certezza agli antichi insediamenti di quegli indecifrabili e misteriosi indigeni delle brughiere.

E se fossero stati americani?
Navigatori Vichinghi che sbarcano nel Nuovo Mondo secoli prima di Colombo sono ormai una certezza. Ora una nuova e audace teoria  potrebbe ribaltare i termini  della questione, dando il primato dell’esplorazione non all’uomo bianco che scopre le Americhe , ma all’uomo “rosso” che scopre l’Europa, o almeno la Scozia che i discendenti dei Mikmaq , una tribù stanziata  nelle estreme propaggini orientali del Canada, dunque nel punto in cui  il continente americano è geograficamente più vicino alle coste scozzesi.
Le cinquecentesche annotazioni di Jacques Cartier , esploratore francese al soldo di re Francesco I di Valois che incontrò questa popolazione esplorando la foce del fiume San Lorenzo, confermano l’abilità dei Mikmaq, come marinai e l’ingegnosità dei loro sistemi per combattere con grasso animale il gelo della navigazione atlantica . Ma soprattutto contengono integranti analogie tra le usanze dei due popoli.
I Mikmaq, chiamati “nasi blù” per l’abitudine di tatuarsi con pigmenti azzurri, seguivano anche loro una tradizione patrilineare e avevano sviluppato un sistema di clan i cui membri si riconoscevano dai diversi colori del perizoma utilizzato, proprio come usavano fare i Pitti e come avviene tutt’ora con i motivi dei tartan (i tessuti a quadretti colorati) nei kilt degli scozzesi moderni.
Per quanto concerne i guerrieri dell’antica Caledonia, le loro immagini incise sulla pietra sembrano suggerire l’utilizzo di copricapi piumati. Si tratta di un usanza rara in Europa, ma non dall’altra parte dell’oceano Atlantico e soprattutto nella terra dei Mikmaq. Una terra fredda e inospitale, una penisola di erba e nebbie a cui gli europei, forse per una sorta di sesto senso, diedero poi il nome di Nuova Scozia.