CHIESA CATTOLICA
CATTOLICESIMO:
Il termine (derivato
dall’avverbio greco Kathòlou : globalmente, nell’insieme) , si riferisce
all’universalità e all’unità della fede e soprattutto (già all’inizio del
secolo II) della chiesa. Chi parla di chiesa cattolica esprime la coscienza
della chiesa come un tutto, della sua consistenza come solido insieme. Tale
coscienza già nell’antichità era così forte da essere enunciata nelle principali formule di fede: “ Credo… la santa chiesa cattolica;”
… la chiesa una , santa, cattolica e apostolica” .
La cattolicità della chiesa
invero fu compresa da sempre in molte maniere, perché sotto molti aspetti la chiesa appare come totalità. Il più elementare è
quello geografico: Chiesa Cattolica è la
Chiesa universale, l’insieme delle chiese sparse per il mondo , la chiesa
mondiale per vocazione.
Un aspetto altrettanto suggestivo
è quello culturale : la chiesa è cattolica in quanto capace di assumere in se i valori di tutte le culture
dell’umanità e di impegnarli a un rapporto armonioso .
L’uso del termine in senso
storicamente connotato consiste : se ogni chiesa che professa il Credo non può rinunciare e non rinuncia a dirsi cattolica, nel
linguaggio corrente, tuttavia, questa denominazione distingue dalle altre la
Chiesa cattolica “romana”, cioè quel corpo ecclesiale che
riconosce come proprio carattere distintivo l’unità con il Papa di Roma. Come chiesa
cattolica ( romana) , essa si distingue dalle chiese dette ortodosse,
evangeliche, riformate, libere e così via. Ancor più marcato in questo senso è
il termine cattolicesimo, che indica il fenomeno storico religioso, ma anche
sociale e culturale, costruito appunto attorno alla Chiesa cattolica romana. E’
interessante notare come non solo la chiesa romana , ma ciascuno dei gruppi
ecclesiali più consistenti, denomini se
stesso attraverso una caratteristica alla quale nessuna chiesa potrebbe
rinunciare . Ogni chiesa infatti deve essere cattolica ( universale, completa)
, ma anche ortodossa (cioè retta nella dottrina) , evangelica (cioè discepola
del Vangelo ). Se uno di questi titoli viene accettato come nome proprio di una
chiesa, significa che è ritenuto capace di indicare un aspetto rilevante del
suo volto e del suo stile.
Il fondamento storico di una
distinzione: in quanto cattolicesimo è termine distintivo di una chiesa
rispetto ad altre, di cattolicesimo si potrebbe parlare solo in riferimento
all’età moderna, in cui il cristianesimo si è diviso in una pluralità di
confessioni. A proposito del Medioevo, per esprimere la consistenza anche
sociale del fenomeno religioso cristiano, si dovrebbe parlare senz’altro di
cristianità. Ma già all’inizio del secondo millennio trovava la situazione tra
l’oriente cristiano e Roma e l’occidente al limite della rottura. Ma la questione
ha radici più antiche, senza le quali sarebbe storicamente incomprensibile..
In qualche misura si potrebbe
parlare di cattolicesimo (e non solo di cattolicità) anche per i secoli
precedenti, senza superare i limiti tollerabili dell’anacronismo ? In che senso?
Sullo sfondo di questa storia
sta, sin dal IV-V secolo (editto di Teodosio, che faceva del cristianesimo la
religione dell’Impero; s. Agostino) l’uso del termine cattolicità per intendere
la concordia universale delle Chiese. Il criterio della fedeltà al Vangelo e
quindi della verità della dottrina. Ciò che l’insieme delle chiese crede, ciò
che la loro universale testimonianza afferma, è in grado di opporsi
autorevolmente a dottrine particolari di alcuni, che proprio a motivo di questa
contrapposizione risultano come eretiche.
La chiesa romana fu
caratterizzata in modo specifico come cattolica dalla sua ecclesiologia universalista e dalla sua
compattezza attorno all’autorità
pastorale del papa di Roma. Questa è una
delle possibili concezioni della cattolicità e certamente le da enfasi e la
rende criterio semplice di riconoscimento. Ma non sempre è stata così monolitica neppure la concezione
delle Chiese in comunione con Roma : l’identificazione tra cattolico e romano,
maturata nel papato medioevale (Gregorio VII) e poi radicalizzata nella visione
uscita dal Concilio Vaticano I (1869-70) , si è continuamente misurata con idee
più complesse e sfumate della comunione delle Chiese.
Le chiese di oriente , che
risultano ufficialmente separate da
Roma dal 1054, e che rivendicano per se la qualifica di “ Ortodosse”, nella
propria stessa concezione di Chiesa
danno (da assai prima delle divisioni)
rilievo primario alla consistenza locale delle comunità diocesane. La
sensibilità delle chiese orientali per
il criterio dell’ortodossia ha
tradizionalmente in esse un significato speciale, confrontabile con la sensibilità della chiesa occidentale per il
criterio della cattolicità e comunione
con Roma . Ortodossia per tali chiese, e in
specie per quella bizantina, è la corrispondenza ai canoni della
fede,definiti dagli antichi concili ecumenici precisamente per stabilire
confini rigorosi contro le eresie.
Tali concili erano stati voluti dalla Chiesa, ma non meno che da essa dall’impero Bizantino, che sull’unità della dottrina scommetteva dei
popoli che a esso appartenevano. Questa concezione di cattolicità e questa
concezione di ortodossia, tra mille malintesi e dialoghi interrotti, ripresi,
difficili, stabilirono i termini della controversia tra Occidente ed Oriente
nel secondo millennio.
Quando poi la chiesa romana ebbe
a confrontarsi con le forme ecclesiastiche del primo protestantesimo , non le
fu difficile rivendicare per se la caratteristica essenziale e distintiva della
cattolicità. Il carattere nazionale assunto di fatto dal protestantesimo, anche
a motivo del sostegno che gli veniva dai principi tedeschi, non poteva evitare
il confronto con l’universalità del cattolicesimo romano. Lo stesso poteva e
può dirsi a maggior ragione della chiesa anglicana. In verità i riformatori non
riconoscevano i propri antagonisti come cattolici, poiché in questo modo
avrebbero sconfessato se stessi. Li intendevano come una setta, qualificandoli
come “ papisti” .
Nei primi tempi della Riforma e
corrispondentemente della Controriforma , però, le divisioni erano nitide solo
in parte. Non tutti i cristiani risultavano schierati da una parte o
dall’altra, per scelta personale o per adesione di gruppo. Gli avversari
potevano essere immaginati come una setta, pensando ai pochi positivamente
impegnati nella controversia . Quando le
chiese si consolidarono, i gruppi contrapposti presero nome. Ogni gruppo
confessionale conservò la pretesa della cattolicità, della fedeltà al vangelo e
dell’autenticità del proprio impegno di riforma; e mentre le chiese passate
attraverso la riforma luterana preferirono identificarsi come evangeliche, e quelle di ispirazione calvinista come riformate, la chiesa di obbedienza
romana si identificò come cattolica.
La storia del cattolicesimo è
anche la storia della universalità della chiesa cattolica: essa è segnata
nell’età moderna da una forte espansione missionaria. All’origine di questo
slancio missionario non sta solo la compressione della chiesa romana da parte
del protestantesimo, ma anche e soprattutto la scoperta di terre e popoli prima
ignoti agli europei ( l’America, anzitutto, poi l’Oceania), o raggiungibili
solo con estrema fatica ( l’Africa nera, in cui di antica evangelizzazione era
solo l’Etiopia, e l’Estremo Oriente).
Ma l’identificazione del
cattolicesimo attraverso la sua cattolicità non fu mai senza problemi. Da un
lato l’espansione missionaria di molte chiese
riformate ha costretto continuamente il cattolicesimo romano ad interrogarsi sul senso specifico della propria
universalità. Scommettendo peraltro sulla cattolicità culturale e qualitativa
e non solo su quella geografica e quantitativa, la Chiesa cattolica si è trovata incessantemente chiamata ad imparare a essere cattolica. L’attuale coscienza
dell’impegno con tutte le civiltà del
mondo e la sua stessa geografia non le
permettono di identificarsi in modo ingenuo come chiesa occidentale, anzi
latina. Dopo il concilio vaticano II la ricerca di un effettiva cattolicità va
cercando le sue misure e i suoi strumenti, per esempio , attraverso i sinodi
continentali convocati da Giovanni Paolo II .
Soprattutto il cattolicesimo non
poté sfuggire la permanente tensione tra il proprio animo cattolico e il
contesto polemico nel quale si è in
larga misura espresso come fenomeno confessionale. Mentre lo spirito della
cattolicità continuava ad urgere il suo connaturale carattere inclusivo,
espresso dalla formula “ e…e” ( grazia e natura, Scrittura e tradizione, fede e
opere, predicazione e sacramenti ecc..) gli aspetti tipici del cattolicesimo come storicamente si presentava rimanevano
esaltati per contrapposizione. La
Chiesa cattolica appariva come Chiesa del diritto, in
contrapposizione a una chiesa dell’amore con cui si identificava l’ortodossia;
chiesa dei sacramenti, in contrapposizione a una chiesa della Parola di Dio con
cui si identificava il protestantesimo, e così via. Suo compito continuo è
quello di superare queste opposizioni fittizie.
Questo clima culturale dettato
dall’idealismo ottocentesco impone di identificare i fenomeni storici
attraverso le idee che li guidavano, il teologo di Tubinga J.A. Mohler
identificò l’idea della chiesa cattolica
nella sintesi del tutto e dell’uno : né ogni singolo (il pensiero va al
protestantesimo) né uno solo (il pensiero va al papismo estremista, il cosiddetto “ ultramontanismo”) possono identificarsi con il tutto, ma questo
è dato da tutti insieme , come un
insieme. Forse insuperata come sintesi ideale, questa formulazione chiede di
essere continuamente tradotta nel concreto dal cattolicesimo, sia come fatto
religeso, sia anche come fatto sociale e culturale. Continuamente impegnato a
una presa storicamente rilevante sulla
società e sulla cultura , anche qui il cattolicesimo è portatore della propria
identità religiosa. Ne come chiesa ne come movimento storico , esso non vuole
essere irenismo, cioè accoglienza indifferenziata di ogno contraddizione che si
trovi nell’umanità; ne sincretismo, cioè fusione senza logica di aspetti
eterogenei; ma positiva instancabile
scommessa sulle possibilità di sintesi,
di comprensione, di reciproca correzione, di pace. Il principio petrino
che lo caratterizza, cioè il riferimento singolare, attraverso il papa di Roma,
al significato e all’autorità attribuiti da gesù a S. Pietro, conferma
l’affermazione di Mohler: Pietro è pietra per la costruzione della Chiesa (Mt 16,17-19) , è convertito da Gesù per
confermare i fratelli ( Lc 22,32).
Esponendo la dottrina sulla Chiesa, il concilio Vaticano II ha
voluto evitare che la contrapposizione tra le Chiese oscurasse il significato
compiuto della cattolicità, e lo ha fatto attraverso una formula raffinata: ha
detto che “ l’unica Chiesa di Cristo sussistesse nella Chiesa cattolica
ancorché fuori dal suo organismo visibile si trovino parecchi elementi di santificazione
e di verità, che, quali doni propri della Chiesa di Cristo , spingono verso
l’unità cattolica”. La cattolicità è stata così presentata non come esclusiva,
ma come tipica della tradizione romana; non come contrapposta ad altri, ma come
dono per crescere insieme.
CATTOLICESIMO DEMOCRATICO
Corrente di pensiero e di azione politica che ha puntato ad
inserire la fede religiosa nel vivo della lotta per la democrazia. Affacciatasi
fin dai tempi della rivoluzione francese , nei piccoli gruppi che ritenevano i principi dell’89 coerenti
con il Vangelo , si sviluppò in modo sotterraneo e nel secolo XIX F. Ozanam e H.D. Lacordaire sostennero nel
1848 che per la Chiesa
fosse giunto il momento di passare ai
nuovi barbari, le masse popolari in ascesa, abbandonando il vincolo tra trono
ed altare.
In vari paesi il cattolicesimo
democratico ispirò un rinnovamento delle forme di presenza politica dei cattolici in senso democratico, al di là
non solo dei rimpianti reazionari degli intransigenti vecchia maniera, ma anche
dei compromessi moderati e conservatori di altre componenti cattoliche , che cercavano in
politica una semplice tutela degli interessi ecclesiastici .
In generale il cattolicesimo democratico voleva dare contenuto politico democratico alle tradizionali
istanze del movimento cattolico, propugnando riforme politiche (suffragio
universale, legislazione sociale, legge elettorale proporzionale) e riprendendo
l’azione sociale attraverso l’iniziativa sindacale . Rilanciando nel primo
dopoguerra in Italia il progetto popolare di L. Sturzo, il cattolicesimo democratico rimase una componente
significativa, non sempre di maggioranza, nella
Democrazia Cristiana , ma ispirò anche altre esperienze di impegno
politico.
Il cattolicesimo democratico
trovò comunque, spazio nel filone cattolico intransigente (gli abbes democrates francesi, i primi
democratici cristiani italiani) , ispirando un rinnovamento delle forme di
presenza politica nei cattolici, al di la dei rimpianti reazionari degli
intransigenti vecchia maniera, ma anche dei compromessi moderati e conservatori
di quei cattolici che cercavano in politica una semplice tutela degli interessi
ecclesiastici.
CATTOLICESIMO LIBERALE
Corrente di pensiero religioso e
politico nata e sviluppatasi nel XIX secolo in vari paesi europei; sorse in
antitesi alle posizioni fortemente conservatrici di quel cattolicesimo che,
dopo il congresso di Vienna (1815) , sosteneva la necessità della più totale
chiusura alle idee liberali.
I cattolici liberali si
convinsero che era impossibile la restaurazione della società cristiana e che
per difendere gli interessi della Chiesa
occorreva invece schierarsi dalla parte di chi combatteva per le moderne
libertà. Tale apertura avrebbe favorito la Chiesa , conducendola a recuperare interiorità e
spiritualità.
Queste idee furono condannate da
Gregorio XVI nell’enciclica Mirari vos
(1816) che giudicò inaccettabili tutte
le moderne libertà ( di coscienza, di associazione, di stampa).
Il cattolicesimo liberale ebbe il
suo maggiore sviluppo in Francia grazie a F.R. de Lamennais (1782-1854). Nonostante la condanna papale si affermò in
Belgio e in vari paesi europei, perdendo poi molto terreno dopo le
rivoluzioni del 1948 . In Italia si
manifestò come tentativo di rinnovamento della Chiesa, sostenuto solo in
ristretti circoli intellettuali.
Tra i cattolici liberali italiani
il filosofo A. Rosmini (1797-1855) , A. Manzoni (1785-1873), l’abate
Lambruschini (1788-1852).
Meno conflittuale nel mondo della
Riforma (che fornì anzi la base ideale agli assetti economici sociali dell’età
moderna), il rapporto con le Libertà Moderne (religiosa, di parola, di stampa,
di insegnamento) e la laicizzazione
delle istituzioni politico-economiche
fu nel cattolicesimo a lungo improntato a un atteggiamento di assoluta chiusura
(dottrina sociale della chiesa) , per l’avvertito pericolo che minasse il
tradizionale ordine e gerarchico
cristiano . L’affermarsi del Marxismo e dei totalitarismi portò tuttavia
successivamente al riconoscimento delle funzioni di tutela dell’individuo e del
pluralismo sociale svolto storicamente dal liberalismo e dall’efficacia del
sistema capitalista. Restarono tuttavia le riserve su una concezione dell’uomo
e dei suoi rapporti sociali sostanzialmente economicistica e fu ribadita la necessità
di inquadrare la garanzia delle
libertà in un solido contesto giuridico
ideale che, preservando anche le ragioni della giustizia e della solidarietà,
le ponesse al servizio di una promozione integrale della persona umana e dei
popoli.
Nessun commento:
Posta un commento