ANGLICANESIMO
Confessione cristiana che si
riconosce nella “ Comunione anglicana”,
espressione coniata nel 1885, comprendente circa 70 milioni di cristiani
dislocati in 450 diocesi sparse in tutti i continenti. In esse vivono oltre
64.000 comunità locali, in 164 paesi organizzate in 28 chiese indipendenti,
nazionali o regionali, chiamate “provincie”. La Comunione anglicana,
pur comprendendo al suo interno una
grande varietà di popoli, lingue, culture e regimi politici, costituisce
un'unica famiglia mondiale, la cui unità è alimentata da una comune confessione
di fede , dall’amore fraterno, dalla lealtà verso le tradizione comuni e da una pratica assidua di consultazione e
aiuto reciproco.
Le Chiese della Comunione
anglicana professano la fede cristiana secondo le Scritture dell’Antico e del
Nuovo Testamento, espressa nei grandi simboli della Chiesa antica (in
particolare quello detto Apostolico e il Niceno-costantinopolitano). Nella loro
vita di fede e di pietà svolge in ruolo importante il Book of Common Prayer
(libro della preghiera comune) , in uso in tutte le chiese . Esse peraltro
custodiscono i loro rispettivi caratteri regionali , promuovendo ciascuna forma
propria di culto e di disciplina, che
non incrinano la comunione tra le
Chiese, ma la diversificano e la arricchiscano. Una delle caratteristiche
principali dell’anglicanesimo è la comprehensiveness
( inclusività). Tutte le chiese anglicane sono in comunione, oltre che tra
loro, con la sede di Canterbury, il cui arcivescovo viene considerato il centro
focale (focus) della comunione e gode di un primato d’onore (primis inter
pares) ma non di governo. E’ lui che convoca, ogni dieci anni , le “ conferenze
di Lamberth” cui partecipa tutto l’episcopato anglicano , e nelle quali si
dibattono i problemi comuni all’anglicanesimo , di natura teologica , etica,
liturgica e disciplinare . I pronunciamenti di quest’assise non sono vincolanti
per le chiese che , tutte, si autogovernato ; hanno però un indubbio peso
morale , di cui le Chiese, nella loro libertà , tengono conto.
Le origini dell’anglicanesimo:
Quest’articolata comunione di
nuclei cristiani risale al secolo XVI, ma non trae origine, come altre branche
della Riforma dall’iniziativa di teologi e di guide ecclesiastiche . Pur
rispondendo alle attese di parecchi
fedeli, ricevette l’impulso determinante dai sovrani inglesi. Enrico VIII
/1491-1547) infatti ne pose le fondamenta. Eduardo VI (1537-53) ne fissò le
caratteristiche istituzioni, Elisabetta I (1533-1603) la restaurò e la
consolidò, dopo la reazione “cattolica”
di Maria Tudor (1516-58). Al tramonto del medioevo in Inghilterra le istanze di
rinnovamento nella vita ecclesiastica , lo sviluppo dell’umanesimo, il
misticismo diffuso, all’unisono con le tendenze pauperistiche , la schietta
vena di pietà popolare, si coagularono attorno a tentativi per allentare , o
sciogliere, molti vincoli istituzionali con l’insieme della cattolicità,
soprattutto quelli di dipendenza dalla direzione della sede romana. Ciò, del
resto, era in linea con la politica adottata dalla monarchia inglese diretta
alla ricerca di spazi coloniali e commerciali extraeuropei e di allentamento
dei legami con il vecchio continente . Il rifiuto da parte del papa Clemente
VII di dichiarare nullo il matrimonio di Enrico VIII non fu che l’occasione per
accelerare un processo già da tempo avviato.. Il re, in un’assemblea del 1531,
si fece proclamare, seppur con la clausola “nei limiti permessi dalla legge di
Cristo” , capo della chiesa d’Inghilterra e, colpito dalla scomunica pontificia
, nel novembre 1534, fece approvare dal Parlamento l’Atto di supremazia, che riservava al sovrano i diritti sulla
chiesa inglese prima attribuiti al vescovo di Roma. La chiesa Anglicana, ormai
stato, restò, durante il regno di Enrico VIII, in larga misura cattolica nella
dottrina e nelle strutture (a parte, s’intende, il rifiuto del papato e la
secolarizzazione dei conventi imposta
dal sovrano). E’ vero che dopo lo scisma Enrico VIII cercò, in funzione
antimperiale , l’appoggio dei principi protestanti riuniti nella Lega di
Smalcalda. In questo quadro vi fu anche nel 1535, un incontro tra gli
ambasciatori del re inglese e alcuni teologi protestanti (tra cui Zelantone) e
parve persino che l’Inghilterra avrebbe aderito alla Riforma. Ma non fu così.
Enrico VIII, rimasto intimamente cattolico ancorché scismatico, cancellò questa
ipotesi con i sei articoli detti “ del sangue” del 1539, improntati alla più
rigida ortodossia cattolica.
E’ soprattutto durante il regno
di Eduardo VI che la Riforma
fu introdotta nella chiesa d’Inghilterra, grazie all’azione dei due “
protettori del regno” (Edoardo era un bambino di 9 anni) e all’arcivescovo
Thomas Crammer. Particolarmente viva fu
l’influenza calvinista sul piano delle dottrine, mentre l’ordinamento della
Chiesa rimase episcopale. Nel 1549 il
parlamento attribuì forza di legge al Libro
della Preghiera comune, cioè pubblica , con il quale venne attuata la
riforma del culto. Questo libro, che ha subito nel corso dei secoli diversi
ritocchi e rifusioni, resta basilare per gli anglicani , non solo per il culto
e la pietà ma anche per l’articolazione della fede e l’orientamento etico. Nel
1552 venne redatta una confessione di fede che, successivamente
rielaborata nel 1563, venne approvata
dal parlamento del 1571: sono i Trentanove
articoli, che rappresentano ancora oggi la piattaforma teologica della
Chiesa d’Inghilterra e dell’anglicanesimo.
Pur respingendo la dottrina della
transustanziazione, affermano la presenza reale del Cristo nell’eucarestia;
sostengono la giustificazione per “sola fede” , ma ribadiscono come le “buone opere” ne costituiscono la
necessaria manifestazione . Sotto un profilo generale , nel testo si possono
notare, accanto ad influssi calvinisti, ormai sensibili accenti di distacco dai
luterani su una linea di tendenza che W. Shakespeare rese in modo suggestivo
quando giudicò “malinconici” i
riformatori tedeschi.
Durante i secoli successivi
l’anglicanesimo conobbe periodi di grande vitalità, ma anche di crisi, in
particolare a motivo del cristallizzarsi di moti centrifughi, quale la
fondazione nel 1739 della Chiesa metodista, da parte di John Wesley . Non
dimeno salvaguardò robuste nervature
dogmatiche e solidi indirizzi morali , pur mostrandosi disponibile a
prudenti adattamenti nelle strutture e
nelle disposizioni disciplinari , Insistette sulla continuità della Chiesa,
sull’imprescindibilità della successione episcopale e, conseguentemente sulla
necessità della consacrazione da parte
del vescovo per chi celebrasse l’eucarestia. . Le differenti anime della Chiesa
anglicana hanno dato vita a tre grandi orientamente: la
Chiesa alta (
High Church), caratterizzata da un vigoroso orientamento cattolico, soprattutto
in campo liturgico, ma anche in ambito dottrinale; la
Chiesa bassa (lov
Church) contrassegnata da una forte pietà individuale e da una marcata
preoccupazione evangelico-sociale; la Chiesa larga (Broad Church) , di tendenza
liberale moderata, sorta verso il 1830 e che manifesta un vivo interesse
cristiano-sociale. Nel 1992 anche le donne sono state ammesse al sacerdozio, non senza contraccolpi e
polemiche interne. Rimane tuttavia stabile
il cosiddetto Lamberth
Quadrilateral, a sintetizzare i punti di riferimento fondamentali di questa
confessione cristiana: la Sacra
Scrittura ; gli antichi simboli di fede; il battesimo
e la cena del Signore; l’episcopato storico. La sensibilità anglicana
trova forse adeguata espressione nella premessa del Book of Prayer, laddove
viene suggerito che sempre si deve
conservare l’equilibrio giusto mezzo “ fra gli estremi di un rifiuto troppo
ostinato e di una accettazione troppo
pronta di qualsiasi trasformazione”
ANGLICATTOLICESIMO
Corrente formatasi nel corso del
secolo XIX all’interno della chiesa anglicana, incline a riconsiderare i
rapporti con il cattolicesimo romano ed a recuperarne sia talune formulazioni dogmatiche-teologiche , sia caratteristici
elementi liturgici . Le origini del movimento vanno ricercate in circoli intellettuali
attivi nell’università di Oxford durante
la prima metà dell’800. La loro cultura religiosa si nutriva di richiami
mistici e di lezioni attinte dall’antica letteratura cristiana. La
controtendenza rispetto alle coeve tendenze razionaliste e liberiste appariva
nitida, risaltando negli opuscoli che promanavano da questi cenacoli, i Tracts
for the Times (Trattatelli per il nostro tempo) , donde la designazione di
trattarianismo attribuita alla corrente
. Tali scritti denunciavano il pericolo del decadimento spirituale della Chiesa
anglicana, giudicata troppo compromessa con il potere statale e scarsamente
sollecita della purezza dottrinale nella professione di fede.
<parallelamente vi si
proponeva una specie di “ seconda riforma” , tesa a scoprire la vita media tra
protestantesimo e Chiesa latina. Parecchi riadattamenti liturgici
rappresentarono la manifestazione più vistosa del riavvicinamento al “
romanesimo” . Se fra i propugnatori di
questo indirizzo taluni, come Newman, passarono alla chiesa cattolica, altri
scelsero la via della fedeltà alla tradizione anglicana, come Pusey, autore di
profondi saggi teologici. Benché restassero in posizioni minoritarie, gli
anglocattolici , grazie anche all’influsso di aderenti prestigiosi quali lord
Halifax e T.S. Eliot, rappresentarono un nucleo significativo di animazione
spirituale ed ecclesiale.
Questa continua anche ai nostri giorni, irrobustita dal proficuo dialogo
interreligiosi.
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