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venerdì 10 gennaio 2014

ANGLICANESIMO

Confessione cristiana che si riconosce nella “ Comunione anglicana”, espressione coniata nel 1885, comprendente circa 70 milioni di cristiani dislocati in 450 diocesi sparse in tutti i continenti. In esse vivono oltre 64.000 comunità locali, in 164 paesi organizzate in 28 chiese indipendenti, nazionali o regionali, chiamate “provincie”. La Comunione anglicana, pur  comprendendo al suo interno una grande varietà di popoli, lingue, culture e regimi politici, costituisce un'unica famiglia mondiale, la cui unità è alimentata da una comune confessione di fede , dall’amore fraterno, dalla lealtà verso le tradizione comuni  e da una pratica assidua di consultazione e aiuto reciproco.
Le Chiese della Comunione anglicana professano la fede cristiana secondo le Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento, espressa nei grandi simboli della Chiesa antica (in particolare quello detto Apostolico e il Niceno-costantinopolitano). Nella loro vita di fede  e di pietà svolge  in ruolo importante il Book of Common Prayer (libro della preghiera comune) , in uso in tutte le chiese . Esse peraltro custodiscono i loro rispettivi caratteri regionali , promuovendo ciascuna forma propria di culto  e di disciplina, che non incrinano la comunione  tra le Chiese, ma la diversificano e la arricchiscano. Una delle caratteristiche principali dell’anglicanesimo  è la  comprehensiveness ( inclusività). Tutte le chiese anglicane sono in comunione, oltre che tra loro, con la sede di Canterbury, il cui arcivescovo viene considerato il centro focale (focus) della comunione e gode di un primato d’onore (primis inter pares) ma non di governo. E’ lui che convoca, ogni dieci anni , le “ conferenze di Lamberth” cui partecipa tutto l’episcopato anglicano , e nelle quali si dibattono i problemi comuni all’anglicanesimo , di natura teologica , etica, liturgica e disciplinare . I pronunciamenti di quest’assise non sono vincolanti per le chiese che , tutte, si autogovernato ; hanno però un indubbio peso morale , di cui le Chiese, nella loro libertà , tengono conto.
Le origini dell’anglicanesimo:
Quest’articolata comunione di nuclei cristiani risale al secolo XVI, ma non trae origine, come altre branche della Riforma dall’iniziativa di teologi e di guide ecclesiastiche . Pur rispondendo alle attese  di parecchi fedeli, ricevette l’impulso determinante dai sovrani inglesi. Enrico VIII /1491-1547) infatti ne pose le fondamenta. Eduardo VI (1537-53) ne fissò le caratteristiche istituzioni, Elisabetta I (1533-1603) la restaurò e la consolidò, dopo la reazione  “cattolica” di Maria Tudor (1516-58). Al tramonto del medioevo in Inghilterra le istanze di rinnovamento nella vita ecclesiastica , lo sviluppo dell’umanesimo, il misticismo diffuso, all’unisono con le tendenze pauperistiche , la schietta vena di pietà popolare, si coagularono attorno a tentativi per allentare , o sciogliere, molti vincoli istituzionali con l’insieme della cattolicità, soprattutto quelli di dipendenza dalla direzione della sede romana. Ciò, del resto, era in linea con la politica adottata dalla monarchia inglese diretta alla ricerca di spazi coloniali e commerciali extraeuropei e di allentamento dei legami con il vecchio continente . Il rifiuto da parte del papa Clemente VII di dichiarare nullo il matrimonio di Enrico VIII non fu che l’occasione per accelerare un processo già da tempo avviato.. Il re, in un’assemblea del 1531, si fece proclamare, seppur con la clausola “nei limiti permessi dalla legge di Cristo” , capo della chiesa d’Inghilterra e, colpito dalla scomunica pontificia , nel novembre 1534, fece approvare dal Parlamento l’Atto di supremazia, che riservava al sovrano i diritti sulla chiesa inglese prima attribuiti al vescovo di Roma. La chiesa Anglicana, ormai stato, restò, durante il regno di Enrico VIII, in larga misura cattolica nella dottrina e nelle strutture (a parte, s’intende, il rifiuto del papato e la secolarizzazione  dei conventi imposta dal sovrano). E’ vero che dopo lo scisma Enrico VIII cercò, in funzione antimperiale , l’appoggio dei principi protestanti riuniti nella Lega di Smalcalda. In questo quadro vi fu anche nel 1535, un incontro tra gli ambasciatori del re inglese e alcuni teologi protestanti (tra cui Zelantone) e parve persino che l’Inghilterra avrebbe aderito alla Riforma. Ma non fu così. Enrico VIII, rimasto intimamente cattolico ancorché scismatico, cancellò questa ipotesi con i sei articoli detti “ del sangue” del 1539, improntati alla più rigida ortodossia cattolica.
E’ soprattutto durante il regno di Eduardo VI che la Riforma fu introdotta nella chiesa d’Inghilterra, grazie all’azione dei due “ protettori del regno” (Edoardo era un bambino di 9 anni) e all’arcivescovo Thomas Crammer. Particolarmente viva  fu l’influenza calvinista sul piano delle dottrine, mentre l’ordinamento della Chiesa rimase episcopale.  Nel 1549 il parlamento attribuì forza  di legge al Libro della Preghiera comune, cioè pubblica , con il quale venne attuata la riforma del culto. Questo libro, che ha subito nel corso dei secoli diversi ritocchi e rifusioni, resta basilare per gli anglicani , non solo per il culto e la pietà ma anche per l’articolazione della fede e l’orientamento etico. Nel 1552 venne redatta una confessione di fede che, successivamente rielaborata  nel 1563, venne approvata dal parlamento del 1571: sono i Trentanove articoli, che rappresentano ancora oggi la piattaforma teologica della Chiesa d’Inghilterra e dell’anglicanesimo.
Pur respingendo la dottrina della transustanziazione, affermano la presenza reale del Cristo nell’eucarestia; sostengono la giustificazione per “sola fede” , ma ribadiscono come  le “buone opere” ne costituiscono la necessaria manifestazione . Sotto un profilo generale , nel testo si possono notare, accanto ad influssi calvinisti, ormai sensibili accenti di distacco dai luterani  su una linea di tendenza  che W. Shakespeare rese in modo suggestivo quando giudicò  “malinconici” i riformatori tedeschi.
Durante i secoli successivi l’anglicanesimo conobbe periodi di grande vitalità, ma anche di crisi, in particolare a motivo del cristallizzarsi di moti centrifughi, quale la fondazione nel 1739 della Chiesa metodista, da parte di John Wesley . Non dimeno salvaguardò robuste nervature  dogmatiche e solidi indirizzi morali , pur mostrandosi disponibile a prudenti adattamenti nelle strutture  e nelle disposizioni disciplinari , Insistette sulla continuità della Chiesa, sull’imprescindibilità della successione episcopale e, conseguentemente sulla necessità della consacrazione  da parte del vescovo per chi celebrasse l’eucarestia. . Le differenti anime della Chiesa anglicana hanno dato vita a tre grandi orientamente: la Chiesa alta ( High Church), caratterizzata da un vigoroso orientamento cattolico, soprattutto in campo liturgico, ma anche in ambito dottrinale; la Chiesa bassa (lov Church) contrassegnata da una forte pietà individuale e da una marcata preoccupazione evangelico-sociale; la Chiesa larga (Broad Church) , di tendenza liberale moderata, sorta verso il 1830 e che manifesta un vivo interesse cristiano-sociale. Nel 1992 anche le donne sono state ammesse  al sacerdozio, non senza contraccolpi e polemiche interne. Rimane tuttavia stabile  il cosiddetto Lamberth Quadrilateral, a sintetizzare i punti di riferimento fondamentali di questa confessione cristiana: la Sacra Scrittura; gli antichi simboli di fede; il battesimo e la cena del Signore; l’episcopato storico. La sensibilità anglicana trova forse adeguata espressione nella premessa del Book of Prayer, laddove viene suggerito che  sempre si deve conservare l’equilibrio giusto mezzo “ fra gli estremi di un rifiuto troppo ostinato  e di una accettazione troppo pronta di qualsiasi trasformazione”

ANGLICATTOLICESIMO
Corrente formatasi nel corso del secolo XIX all’interno della chiesa anglicana, incline a riconsiderare i rapporti con il cattolicesimo romano ed a recuperarne  sia talune formulazioni  dogmatiche-teologiche , sia caratteristici elementi liturgici . Le origini del movimento vanno ricercate in circoli intellettuali attivi nell’università di Oxford  durante la prima metà dell’800. La loro cultura religiosa si nutriva di richiami mistici e di lezioni attinte dall’antica letteratura cristiana. La controtendenza rispetto alle coeve tendenze razionaliste e liberiste appariva nitida, risaltando negli opuscoli che promanavano da questi cenacoli, i Tracts for the Times (Trattatelli per il nostro tempo) , donde la designazione di trattarianismo  attribuita alla corrente . Tali scritti denunciavano il pericolo del decadimento spirituale della Chiesa anglicana, giudicata troppo compromessa con il potere statale e scarsamente sollecita della purezza dottrinale nella professione di fede.
<parallelamente vi si proponeva una specie di “ seconda riforma” , tesa a scoprire la vita media tra protestantesimo e Chiesa latina. Parecchi riadattamenti liturgici rappresentarono la manifestazione più vistosa del riavvicinamento al “ romanesimo” . Se fra i propugnatori  di questo indirizzo taluni, come Newman, passarono alla chiesa cattolica, altri scelsero la via della fedeltà alla tradizione anglicana, come Pusey, autore di profondi saggi teologici. Benché restassero in posizioni minoritarie, gli anglocattolici , grazie anche all’influsso di aderenti prestigiosi quali lord Halifax e T.S. Eliot, rappresentarono un nucleo significativo di animazione spirituale ed ecclesiale.
Questa continua anche ai nostri giorni, irrobustita dal proficuo dialogo interreligiosi.

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