CALABRIA
Preistoria e Storia:
Le più antiche testimonianze
della presenza dell’uomo in Calabria sono state rinvenute nel giacimento di
Casella di Maida (Catanzaro), con industria preacheuleana databile tra il
700.000 e 500.000 anni fa.
Un importante giacimento di
superficie dell’Acheuleano finale, con bifacciali, hachereaux , strumenti su ciottolo e su scheggia (questi ultimi
anche di tecnica levalloisiana), è stato individuato in località Rosaneto nei
pressi della foce della fiumara Noce-Castrocucco. Non lontano, livelli
musteriani sono presenti nella grotta di Torre Nave (Praia a Mare), con fauna e
cervidi e altre specie di ambiente montano, e nella grotta di Torre Talao
(Scalea).
Una mandibola di bambino
neandertaliano è stata rinvenuta ad Archi (Reggio Calabria); un parietale neandertaliano proviene da Nicotera. Una tra
le più importanti sequenze preistoriche italiane è stata identificata nella
Grotta del Santuario della madonna a Praia a Mare con, dal basso verso l’alto: livelli della
fine del Paleolitico superiore (Tardigravettiano) datati circa 12.000 anni a.
C. del mesolitico, di diverse facies del Neolitico medio e superiore,
dell’Eneolitico con ceramica stile Piano Conte, del bronzo (Protoappenninico) e
, infine, di epoca tardo romana del III secolo d.C.
Di notevole interesse sono il
riparo e la Grotta del Romito (Papasidero, Cosenza) con livelli dal
Gravettiano, all’Epigravettiano (con
datazione a circa 18.700 a.C.) , al
Romanelliano (circa 10.960 a.C.) e al Neolitico.
Quattro sepolture sono state
rinvenute nei livelli romanelliani; due degli inumati erano affetti da nanismo.
Un grande bovide e due animali più piccoli della stessa specie sono stati
incisi, in epoca probabilmente corrispondente alle sepolture , su un grosso
masso presente nel riparo . L’età del Bronzo
vede la fioritura di alcuni
importanti centri , come Torre del Mordillo e broglio di Trebisacce.
All’età del ferro sono
databili le necropoli a fossa o a grotti cella
artificiale di Torre Galli , Canale Janchina e Francavilla marittima.
Storia:
Anticamente abitata da gente
di stirpe ligure-iberica, fu
successivamente fu successivamente sede di una fiorentissima civiltà originata
dalla migrazione greca che vi si
diresse a partire dal secolo VIII a.C. fondando ricche e prosperose colonie.
Conquistata poi dai Romani (secolo
II a.C.) e passata ad Annibale nel corso della II guerra punica, dopo la
battaglia di Zama fu nuovamente sottomessa. Presidiata da colonie romane (Crotonee Temsa, 194 a.C.;
Ipporno, 192 a.C.) e attraversata dalla strada Capua Reggio, che avrebbe dovuto
più facilmente legarla alla capitale , fu nuovamente sconvolta
dall’insurrezione di Spartaco che vi
sirifugiò nel 71 a.C. e la percorse in lungo e in largo arruolando seguaci
dappertutto.
Prostrata poi dalla malaria e
da una profonda crisi economica aggravatesi alla fine dell’impero, la regione
trovò qualche tranquillità e benessere solo ai tempi di Teodorico (494-526) e
di Cassiodoro, che con Vivarium diede
origine ad uno dei primi centri monastici dell’Occidente. Passata quindi ai Bizantini (guerra greco-gotica,
535-553) e parzialmente occupata dai Longobardi di Benevento e di Salerno
(secolo IX), ritornò tutta in mano dei Greci
per opera di Niceforo Foca, il quale assieme ai Longobardi scacciò dalla
regione anche i Saraceni che a
partire dall’840 vi avevano stabilito numerose basi lungo la costa (Siberene,
l’odierna Santa Severina, Tropea, Amantea) Tuttavia il dominio Bizantino, dopo
essere stato vanamente attaccato da
Ottone II (982), cadde facilmente sotto i colpi dei Normanni che ne portarono a termine la conquista in soli dieci anni
(1050-60). Il loro governo ordinato e sicuro, la riapertura dei traffici
marittimi e terrestri, l’appoggio alla latinizzazione del clero e al
monachesimo benedettino favorirono una notevole ripresa della regione che
continuò poi anche sotto gli Svevi (1214-66) grazie soprattutto a Federico II.
La dominazione degli Angioini segnò invece un periodo di grande depressione per
il diffondersi del latifondo di tipo feudale e di esose tassazioni che furono
continuate e inacerbite anche sotto gli Aragonesi. Di qui perciò, le numerose
rivolte fra cui soprattutto famose quella guidata da Antonio Centiglia
(1458-59) e ferocemente repressa da Ferdinando I d’Aragona e quelle,
posteriori, di T. Campanella (1599) e di Masaniello (1647). Sotto il governo
Spagnolo, infatti, a causa del crescente strapotere dei baroni locali, la
situazione economica e politica andò peggiorando e aumentò perciò il
malcontento del popolo. Non venne però mai meno la fede quasi mistica nel re
(visto appunto come supremo difensore nei confronti dei baroni) e fu
probabilmente a essa che in gran parte si dovette il notevole contributo che i
Calabresi diedero alle bande legittimiste del cardinale Ruffo contro le forze
della Repubblica Partenopea (1799) e dei fratelli Bandiera (1844). Notevole d’altra parte, fu il contributo della
regione all’organizzazione carbonara e alle lotte del Risorgimento: nel 1848
divampò infatti un’ennesima anche se vana rivolta contadina, a cui tennero poi
dietro i moti scoppiati nel 1860 allo sbarco di Garibaldi a Melito di Porto Salvo che segnò la rapida caduta di
tutta la regione e la sua annessione all’Italia. Successivamente teatro della
sfortunata spedizione garibaldina sull’Aspromonte (1862) e della spietata
repressione del brigantaggio (1861-66), la Calabria dovette sopportare a
lungo, dopo l’unità, una triste condizione di arretratezza e di povertà che per
la complessità delle sue cause è ben lontana ancora dall’essere stata
completamente superata.
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