BASILICATA
Preistoria:
Il più antico terreno della
Basilicata noto appartiene al Permiano superiore e fa parte di una formazione
marina calcarea, detta calcare di Abriola, assai fossilifera. Il Triassico è
caratterizzato da una formazione di facies
pelagica dello spessore di qualche
centinaio di metri, con calcari selciferi, diaspri e scogliere di dolomie
intercalate in scisti silicei, riconoscibile a Lagonegro e nei monti di Pignola
presso Potenza.
Ai calcari selciferi segue la
formazione mesozoica detta degli scisti silicei, in realtà costituita da
diaspri a radiolari con intercalazioni argilloscistose e breccioline calcaree
per uno spessore di circa 300 m.
Sopra questa formazione si
colloca una serie comprensiva di terreni argilloscistosi, indicata
genericamente come flysch, che dal Giurassico superiore arriva fino oltre il
Paleogene. L’assetto è complicato da forti disturbi tettonici che impediscono
una chiara determinazione tra terreni autoctoni e alloctoni: infatti su
formazioni plastiche argilloscistose paleogeniche sono sovra scosse, durante il
Neogene, formazioni fliscioidi provenienti dall’area tirrenica. Sondaggi per la
ricerca di idrocarburi hanno individuato la presenza di terreni pliocenici
sabbiosi e marnosi trasgressivi, mascherati dalla coltre di depositi
pleistocenici. Il Pleistocene marino è soprattutto diffuso nella Fossa
Bradanica, dove il Calabriano raggiunge spessori superiori anche ai 1000 metri:
in trasgressione su terreni più antichi si hanno calcareniti, i “tufi” di
Matera, argille, sabbie e conglomerati. Nel Quaternario soprattutto
durante l’interglaciale Mindel-Riss, si
esplicò intensamente l’attività del Vulture, unico vulcano del versante
adriatico. Questo strato vulcano, caratterizzato da lave basiche fortemente
sodiche, è stato responsabile della formazione dei laghi di sbarramento di
Atella e di Venosa, successivamente riempiti da depositi limnovulcanici in cui
si sono rinvenuti resti di Elephas
antiqus, di Magaceros solilhacus, di ippopotami e tracce di industrie di tipo
acheuleano.
Nella regione esistono numerosi rinvenimenti preistorici che
attestano la presenza dell’uomo fino dal
Paleolitico inferiore. Un manufatto litico isolato è stato rinvenuto a Irsina,
al di sotto di uno strato contenente materiali vulcanici provenienti dalle più
antiche eruzioni del Vulture, datate circa 800.000 anni Numerosi siti sono noti
nel bacino pleistocenico di Venosa. In località Loreto è stato messo in luce un
livello di abitato tipo logicamente attribuito al Tayaziano. Non lontano, in
località Notarchirico, sono stati recentemente scavati undici livelli
dell’Acheuleano medio, databili ntorno a 350.000 anni.
Un femore umano frammentario
attribuito a Homo erectus, è stato rinvenuto nel livello più recente. Numerosi
altri siti di superficie (Castelluccio, Sanzaniello) hanno restituito materiali
litici riferibili all’Acheuleano superiore e finale. Al Mesolitico appartengono
alcune pitture rupestri scoperte in località Topa li Sassi (Filiano). La
civiltà neolitica è rappresentata da restidi abitati a sepolture in varie località presso Matera; dai rinvenimenti di Serra d’Alto
prende nome un noto tipo di ceramica neolitica
dipinta. Le ricerche in corso dalla fine degli anni sessanta a Toppo
Daguzzo hanno permesso di acquisire
importanti dati sulla fisionomia
culturale della regione nel periodo compreso tra l’Eneolitico e la media Età
del bronzo. Alla fase finale dell’Età del bronzo appartiene la necropoli a
incinerazione di Timmari. Altri resti di necropoli appartengono all’avanzata
età del ferro. Particolarmente
interessanti sono le tombe recentemente
scavate a Lavello, in contrada Casino, che mostrano l’esistenza , nel
secolo VII a.C. di un aristocrazia locale, dominata da capi guerrieri.
Storia:
La Basilicata (il cui nome
probabilmente deriva da basilico, funzionario bizantino), era originariamente
abitata dagli Enotri e fu poi
colonizzata dai Greci nelle zone costiere (secolo VIII-VI a.C.) e in
seguito occupata dai Lucani (secolo
V) che si spinsero a est sino al Coscile (Ionio) e a ovest sino a Pissunte e a Lao.
Successivamente travagliata da lunghe lotte con Sibari, Crotone (secolo IV) e Taranto (secolo III) e alleata di Pirro e Annibale durante
la seconda guerra Punica , pur di sottrarsi al predominio dei Romani venne
infine conquistata da questi ultimi che più tardi la incorporarono insieme al Bruzio nella III regione
augustea.
All’inizio del Medioevo, dopo
le invasioni di Visigoti, Goti e Ostrogoti, la regione (mentre si andavano
consolidando varie chiese vescovili) fu
per molto tempo contesa tra i Bizantini occupanti la fascia costiera e i
Longobardi attestati all’interno. Nell’847 entrò a far parte del principato
autonomo di Salerno, nato dalla divisione del ducato longobardo di benevento,
mentre alcuni territori rimanevano ai Greci o venivano congiunti alla Puglia
(Melfi, Montepeloso, Genzano, Forenza, Venosa ecc.) . Occupata quindi dai
Normanni (seconda metà del secolo XI) , subì un grave processo di frazionamento
a cui venne posto termine solo intorno al 1130. La regione, comunque, non
comprese più tutti i territori dell’antica Lucania, ma solo quelli dell’odierna
Basilicata. Le autonomie locali furono relativamente rispettate e le condizioni
economiche migliorarono notevolmente malgrado le frequenti lotte intestine e i saccheggi di campagne e città.
In quel periodo la zona di
Vulture e i castelli di Melfi e di Lagopesole costituirono la residenza estiva
di sovrani e nella stessa Melfi, diventata nel 1041 capitale, Federico II
promulgò, circa due secoli dopo (1231), le sue Costitutiones melfitanee. Succedutisi quindi nel governo Svevi,
Angioini e Aragonesi, il loro dominio fu essenzialmente caratterizzato da faide
e contrasti tra popolo e signori da un lato e potenti locali e governo centrale
dall’altro. Fu infatti dalla Basilicata che ebbe inizio la vasta ribellione
continentale che durante la guerra del vespro vide un folto gruppo di feudatari
ghibellini arroccarsi a strenua difesa nel lagonegrese mentre Ruggero di Lauria
teneva in scacco l’avversaria flotta francese. E fu ancora in Basilicata del resto che alla morte
di Alfonso V il Magnanimo (1458) nacque e s’accrebbe la famosa congiura dei
baroni che tanto gravemente e a lungo mise a repentaglio il governo centrale
aragonese. Il successivo dominio spagnolo, invece portò a un insperato e lungo periodo di
calma, turbato soltanto dalle prevedibili ripercussioni del moto masanelliano
(1647-48) . I contrasti per il riscatto dalle servitù feudali , la rapacità dei
nuovi baroni e l’anarchia dei poteri
pubblici non impedirono infatti il relativo mantenimento della pace i cui
benefici effetti si rivelarono anche in
un certo incremento demografico (111.000 abitanti nel 1500; 196.000 nel 1648)
che si accentuò poi notevolmente nel secolo XVIII. Anche la Basilicata, del
resto, non rimase esclusa dal generale moto di rinnovamento culturale e
politico di quel secolo: come M. Pagano
e il vescovo giansenista A. Serrao testimoniarono con il loro sacrificio al tempo della reazione sanfedista (1799) e come ribadirono
le rivolte “democratiche” che in quegli anni si succedettero un po’
dappertutto. Occupata quindi dalle armi francesi dal 1806 al 1815, dopo la
restaurazione borbonica la regione fu fiorentissimo centro di numerose società
segrete la cui azione fu ferocemente combattuta con ogni mezzo.
Nel 1848, così, la concessione
dello statuto cadde in mezzo ad una classe politica impreparata ad accoglierlo e ugualmente
avvenne nel 1860 con la spedizione di Garibaldi. Il passaggio al nuovo ordine politico amministrativo del
Regno d’Italia non migliorò di
molto la situazione; si ebbe anzi il divampare
del doloroso fenomeno del brigantaggio che mise in luce ancora una volta i
violenti contrasti sociali che travagliarono
quei luoghi e che non poterono certo essere eliminati dalla dura
repressione del tempo. Nel secondo dopoguerra, i nuovi tentativi di risollevare
l’economia della regione, attuati con la riforma fondiaria e gli interventi
della Cassa per il Mezzogiorno, non hanno però corrisposto alle aspettative.
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