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martedì 2 ottobre 2012

Toscana



TOSCANA


Preistoria

Abitata fin dal Paleolitico inferiore , i ritrovamenti più importanti riguardano però il Paleolitico medio (con insediamenti all’aperto e in grotta sul Monte cetona e nelle Alpi Apuane) e superiore, per il quale alcuni aspetti presentano notevoli connessioni con culture coave della Puglia. Numerose sono le testimonianze dei tempi neolitici, in cui genti dedite all’agricoltura e all’allevamento erano in possesso di culture con numerosi influssi delle regioni contermini. Per il successivo periodo eneolitico, basilare per i rapporti con le regioni vicine è l’esistenza di reperti  sia di tipo Remedello sia di tipo Rinaldone.
In tempi recenti sono stati rinvenuti ricchi materiali della facies campaniforme, sia alla grotta del Fontino sia in una serie di abitati scoperti nella zona  di sesto fiorentino.
 Con l’Età del Bronzo buona parte del territorio toscano  entra nell’ambito del grande complesso della civiltà appenninica, rivelata qui soprattutto dai copiosi ritrovamenti di Monte cetona con la caratteristica produzione di ceramiche decorata a incisioni meandriformi. Dopo la breve fase protovillanoviana, la Toscana entra nell’Età del ferro che vede su tutto il territorio  il forire e l’espandersi della splendida civiltà etrusca .

Storia:

L’Etruria, antica regione dell’Italia compresa tra il mar Tirreno e i corsi dei fiumi Arno e Tevere, anticamente abitata dagli Etruschi. Non formò mai però un’unità politica o amministrativa, nemmeno quando Augusto la costituì come settima regione d’Italia ; municipi e colonie, costituiti sulle antiche città etrusche , mantennero una loro autonomia .
Due grandi strade attraversano  la regione, l’Aurelia verso la costa e la Cassia più all’interno . nel secolo IV fu divisa in due parti, la Tuscia suburbicaria  a Sud , comprendente  anche parte del Lazio. Tutto il territorio dell’antica Etruria è oggi oggetto di intense campagne archeologiche.
L’Etruria era abitata dagli Etruschi , popolo dell’Italia antica affermatosi, nell’area corrispondente alla Toscana e al Lazio settentrionale, a partire dal secolo VIII a. C.
Nella loro lingua si chiamavano Rasena o Rasne , in greco Tyrrenoi . Sulla loro origine e provenienza non ci sono notizie sicure. Secondo la tradizione, rappresentata da Erodono, sarebbero emigrati in Toscana dall’Asia Minore (Lidia) ; secondo altra tradizione, adombrata in Livio, vi sarebbero invece arrivati dal nord; secondo una terza tradizione, appoggiata dallo storico Dionigi d’Alicarnasso, sarebbero invece autoctoni.
Gli studiosi moderni hanno valorizzato l’una e l’altra tradizione. Probabilmente c’è del vero in ognuna nel senso che dall’Asia Minore si effettuò un’immigrazione in Toscana, di gruppi isolati, apportatori di una civiltà evoluta, attratti dalle ricche miniere della regione, e questo spiegherebbe l’improvviso esplodere della civiltà etrusca tra il secolo VIII e VII  a.C. e le molte affinità che si rilevano nei costumi nella lingua, nell’arte e nella religione degli Etruschi  con il mondo egeo-anatolico. Fa contrasto il costume nei rapporti col mondo femminile. Si sa infatti che presso gli etruschi le donne assistevano alle feste con gli uomini. In Toscana tali gruppi si sovrapposero, sfruttandone, valorizzandone, stimolandone le energie latenti , sugli elementi villanoviani, che, conoscitori del ferro, vi erano giunti dal nord, o all’opposta sponda adriatica, all’alba del 1000 ca. a. C. , sovrapponendosi a loro volta agli abitanti insediati nella regione fin dall’età neolitica.
In altre parole gli Etruschi possono essere risultati dalla fusione di tre componenti etniche, quella orientale, quella nordica, quella autoctona, cioè costituirono un popolo del tutto nuovo. Un popolo che però non arrivò mai a formare un’unità politica compatta, che non agì mai come nazione. Era invece costituito da numerose città tra le quali erano importanti a sud della Toscana, Cere,Tarquinia,Vulci, Veio, Volsini; al centro Chiusi, Cortona, Arezzo, Perugina, Roselle, Vetulonia, Populonia; a Noprd Pisa, Fiesole, Volterra, governate prima da re (lucumoni) , poi da oligarchie. Tali città si raggruppavano talora in confederazioni o leghe di natura religiosa. Fattesi col tempo opulente per i prodotti delle terre circostanti, coltivate specialmente a frumento e con fiorenti allevamenti animali e grazie alle miniere e ai traffici, riuscirono ad affermarsi rapidamente, creando grande prosperità dappertutto, così da condizionare, tra il secolo VII e il V a. C.: a nord l’espansione nella valle Padana, dove si affermarono specialmente le città di Felsina (Bologna) e Marzabotto, collegate, verso l’Adriatico, con Spina, mediatrice degli influssi  del mondo greco, e propizianti da nord il ricco commercio dell’ambra e dello stagno; a sud la supremazia del Lazio e la forte presenza in Campania; sul mare la gara serrata con le marinerie Cartaginesi e greche. Anche se Roma non fu mai stabile dominio etrusco, tuttavia la dinastia dei Tarquini, re di provenienza etrusca, riflette il prestigio e l’importanza delle città etrusche meridionali, con tante tracce  incancellabili lasciate nella religione , negli usi , istituti , edifici di Roma , largamente confermate anche dall’archeologia. Il massimo di prosperità e di espansione  fu raggiunto dagli Etruschi  verso la metà del secolo  VI a. C. , tanto che , nel 535, alleati dei Cartaginesi , sconfissero nella battaglia  di Alalia, davanti la Corsica , i Focesi di Marsiglia , potentissimi sul mare.
Il loro arresto cominciò invece sul finire del secolo e fu seguito da declino nel secolo V a. C. Prima fu Roma a liberarsi della loro supremazia con la cacciata, verso il 510, dei tarquini; poi se ne liberarono i Latini, che sostenuti da Aristodemo di Cuma, ad Aricia, nel 506, li sconfissero in battaglia. Gli avamposti degli Etruschi in Campania rimasero così isolati e si indebolirono dopo la sconfitta navale  che essi subirono a Cuma nel 474, andando del tutto perduti nel 423 con la conquista di Capua da parte dei Sanniti. Al nord la discesa dei Galli travolse i centri etruschi della valle Padana all’inizio del secolo V a. C.
Nel 396 Roma conquistava Veio estendendo la sua influenza su tutta l’Etruria meridionale. Per più di due secoli gli Etruschi, su iniziativa dell’una e dell’altra città , ostacolarono l’ulteriore espansione romana. Nel 295, coalizzati con gli Umbri, i Galli e i Sanniti, furono sconfitti dai Romani in una grande battaglia a Sentino: nel giro di qualche decennio furono completamente assoggettati ai Romani che li incluse, mediante trattati particolari, nella serie dei suoi alleati  nella penisola, finché non concesse loro la cittadinanza romana con la guerra sociale del 90 a. C. Nonostante la perdita dell’autonomia  politica, gli etruschi continuarono però ad esercitare anche in seguito una grande influenza in Italia , sul piano culturale, religioso e artistico.
Roma che sotto Augusto  aveva fatto dell’Etruria la settima regione d’Italia, assorbì molto da essi nelle istituzioni, nei modi di vita, nella lingua nei gusti, l’amore per il lusso, i banchetti, le danze, la musica, come si trova attestato nelle pitture tombali.
Lo spirito creativo del popolo etrusco (l’abile artigianato, la tecnica approfondita) riemergerà dopo molti secoli nella Toscana dell’età rinascimentale.
Caduto l’impero romano , la Toscana  passò sotto il dominio di Odoacre, di Teodorico, dei Bizantini, dei Longobardi (570) e poi dei Franchi (774).
Costituita in marchesato dapprima personale poi ( 1027) ereditario, il primo marchese fu Bonifacio I (812). Morto l’ultimo dei Carolingi (888) , la regione fu contesa dai pretendenti alla corona d’Italia. Sotto gli Ottoni (secolo X), incorporati alcuni comitati toscani, dilatò i suoi confini a Nord oltre gli Appennini e in Liguria. Ugo di Toscana trasferì la sede da Lucca a Firenze (fine del secolo X) . Quando passò agli  Attoni venne a far parte di un potente complesso feudale che , a cavallo della zona centro settentrionale dell’Italia, dominava le comunicazioni tra la valle Padana e la penisola ed entrava come intermediaria nelle lotte tra la Chiesa e Impero, all’epoca di matilde, che, morendo (1115), lasciò i suoi possessi alla Chiesa. L’invio di margravi e vicari imperiali impedì però che il papato potesse effettivamente esercitarvi il proprio dominio. Dalle lotte trassero grandi vantaggi le autonomie delle città toscane che, appoggiandosi ora all’uno ora all’altro dei contendenti, poterono conquistare l’indipendenza di fatto e reggersi con propri statuti. Mentre una profonda trasformazione dell’agricoltura  e la rinascita mercantile e industriale  delle città segnavano un profondo rinnovamento della regione, si sviluppavano le fortune di alcuni centri ( Pisa, Lucca, Pistoia, Arezzo, Siena, Firenze) , turbati però da incessanti lotte intestine e dai tentativi di espansionismo di alcune città: dopo un periodi di supremazia pisana (secolo XII e XIII) , la battaglia della Meloria (1284) segnò l’inizio del predominio di Firenze, che sottomise successivamente Pistoia (1301), Arezzo (1348), Volterra (1361) e Pisa (1406), mentre Lucca e Siena riuscivano a mantenere la loro indipendenza, ma passavano ad un ruolo secondario. Negli anni successivi la storia Toscana si confuse con quella di Firenze dei Medici. Fallito, infatti, l’ultimo tentativo repubblicano (1530) , Alessandro dei Medici pose le basi per la costituzione  di un vero e proprio stato regionale che venne completato da Cosimo I, aggiungendo ai domini toscani Lucca e Siena e rafforzando l’apparato giuridico e amministrativo in senso assolutistico. Francesco I (1574-87) continuò la politica di consolidamento dello Stato e attuò qualche opportuna misura di carattere economico. Ferdinando I  (1587-1609) si accostò alla Francia per controbilanciare la soggezione del ducato alla Spagna e ostacolare le velleità espansionistiche dei Savoia; lo sviluppo della marina da guerra favorì l’ampliamento dei traffici commerciali, mentre, dall’altra parte la bonifica della Val di Chiana  e della Maremma  confermava il primato agricolo della Toscana tra le regioni italiane del tempo. Sotto Cosimo II  (1609-21)  e Ferdinando II ( 1621-70)  si ebbe un declino e la Spagna  prese di nuovo il sopravvento  a tutto danno dell’economia . Cosimo III  (1670-1723)  debole e bigotto, e Gian gastone (1723-37) , principe di debolissimo carattere, accelerarono la decadenza politica ed economica  e la dinastia dei Medici  malamente si estinse . La Toscana fu allora assegnata  (guerra di successione polacca ) a Francesco  Stefano III  di Lorena  perdendo molto della sua indipendenza , ma in compenso beneficiò  dell’atmosfera riformatrice  favorita dai nuovi sovrani . Esemplare l’opera di Pietro Leopoldo  (1765-90) che, assistito da un valente gruppo di ministri e di tecnici, come P. Neri, F. Gianni,  e G. Rucellai, rinnovò in modo incisivo  ogni ramo della vita e delle istituzioni toscane (abolizione della tortura e della pena di morte , annullamento delle servitù feudali , emanazione di un nuovo codice civile , pubblicizzazione  del bilancio statale , tentativo di riforma religiosa ) . Suo figlio Ferdinando III (1790-1801) fu assai più cauto e di minore vigore intellettuale , ma il moto avviato dalla dinastia dei Lorena  continuò a portare i suoi benefici.
Occupato dai Francesi  nel 1799 e ripreso nel 1800 , il granducato fu assegnato   dal Trattato di Luneville (1801)  ai successori  dell’ultimo re  di Parma  con il nome di regno d’Etruria . Incorporato quindi (1807) nell’impero insieme allo stato  dei presidi , fu nuovamente costituito in granducato per Elisa Bonaparte  Bacciocchi  che vi governò dal 1809 al 1814.
Ritornò infine ai Lorena  (1814) , s’ingrandì del ducato di Lucca  (1847)  e godette di un regime tollerante e bonario  che permise la formazione  di un importante gruppo di liberali  moderati (Capponi, Ridolfi, Lambruschini ). Essi spinsero dapprima  Leopoldo II 1824-59)  a riforme e alla concessione  dello statuto (1848) , ma dopo le vicende del 1849 (governo democratico , proclamazione della Repubblica , fuga del granduca a Gaeta  e sua restaurazione  con l’aiuto Austriaco) si volsero con sempre maggiore simpatia al Piemonte .
Allo scoppio della seconda guerra di indipendenza  (1859) l’agitazione rivoluzionaria  costrinse Leopoldo II , ormai privo di appoggi  interni di abbandonare Firenze  e a rifugiarsi a Vienna . La Toscana, allora datasi  un governo provvisorio  sotto la direzione di Peruzzi  e poi di Ricasoli , offrì la dittatura  a Vittorio Emanuele II  e proclamò quindi con un plebiscito (11-12 marzo 1860) la sua annessione al Piemonte.


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