LAZIO
Preistoria:
Per quantità e importanza di
rinvenimenti relativi alle diverse epoche del Paleolitico, soprattutto arcaico,
il Lazio è una delle regioni italiane meglio documentate. Alle fasi più antiche
del Paleolitico risalgono i ritrovamenti di manufatti su ciottolo e su schegge
effettuati da I. Bidittu e A.G. Segre in diverse località in provincia di
Frosinone ( Arce, Fontana Liri, Castro
dei Volsci) con un’età compresa tra 700.000 e 500.000 anni. Al Paleolitico
inferiore sono anche riferibili diversi siti dell’Acheuleano, come Fontana
Ranuccio vicino ad Anagni, con datazione assoluta a 458.000 anni fa e il vicino
giacimenti di cava Pompi a Pofi, con industrie con scheggia priva di
bifacciali. All’Acheuleano superiore sono attribuiti diversi siti in prossimità
della costa, pochi chilometri a nord di Roma, come Torre in Pietra, Malagrotta,
Castel di Guido e la Polledrara, oltre a segnalazioni isolate; riferibili a un
periodo compreso tra 300.000 e 200.000 anni fa: si tratta per lo più di
giacimenti in stratigrafia, con associazioni di resti faunistici e industrie
bifacciali. A Castel Guido, A.M. Radmilli ha rinvenuto numerose testimonianze
di un intensa utilizzazione dell’osso di grossi mammiferi (bue, elefante); da
questa materia prima, che sostituisce la scarsa selce localmente disponibile,
sono stati ricavati numerosi bifacciali
(alcuni sono noti anche a Fontana Ranuccio) e altri manufatti. Dallo stesso
giacimento provengono resti cranici e due femori frammentari attribuibili a
Homo erectus. Numerosi altri giacimenti di acheuleani sono conosciuti in
provincia di Frosinone ( Ceprano, Pontecorvo, Lademagne) Diversi giacimenti
riveriti al Riss sono caratterizzati da industrie su scheggia prive di
bifacciali (Monte delle Gioie, Sedia del Diavolo a Roma) oltre ad alcuni nuovi ritrovamenti
segnalati nei pressi di Nettuno. Al paleolitico medio risalgono diverse facies
musteriane, localizzate in varie località della regione, come quelle segnalate a Poggio Mirteto o i numerosi siti
all’aperto della Pianura Pontina (tra
cui ricordiamo il canale delle acque alte) , in particolare le grotte del Monte
Circeo , note soprattutto per le ricerche di A.C. Blanc ( Guttari da cui
provengono , fra l’altro il famoso cranio Circeo 1e le due mandibole Circeo 2 e
3 attribuiti ad un rappresentante dei neandertaliani classici dell’Europa
occidentale ; Fossellone , Barbara, Breuil) e in provincia di Gaeta (Moscerini, Sant’Agostino) ; in quest’area è
nota una facies chiamata “Pontiniana” ,
che si caratterizza per l’utilizzazione di ciottoli silicei di piccole
dimensioni . Si tratta di un musteriano charentiano di facies Quina, con debole
frequenza della tecnica Levallois e con datazioni assolute intorno ai 50.000 anni dal presente. Aspetti
più evoluti mostrano le industrie del musteriano a denticolati di alcuni
livelli del Fossellone e di grotta Barbara.
Nel Lazio interno, in
provincia di Frosinone , è noto un musteriano di tecnica Levallois nel sito di
Valle Radice vicino a Sora. Ben documentata è anche la sequenza del paleolitico superiore, che
inizia con i livelli aurignaziani del
Fossellone e prosegue, in diversi
giacimenti all’aperto o in grotta, fino al Mesolitico (Riparo Blanc al monte Circeo)
, per citarne solo alcuni tra i più importanti. Numerose manifestazioni di arte
mobiliare sono conosciute nei livelli di Grotta Polesini, scavati da Radmilli
(1952-1956). Il territorio laziale fu frequentato nei tempi neo eneolitici
nonché nellEtà del Bronzo, da genti dedite all’agricoltura e all’allevamento:
lo testimoniano i ritrovamenti a Sasso di Furbara, alle Isole Ponziane, da cui
veniva importata l’ossidiana, nella valle del Fiora, nota per la cultura di
Rinaldone nella conca reatina , a Pian Sultano a nord di Roma , nell’Agro
Romano e altrove. Dalla fine dell’età del Bronzo è possibile cogliere una netta
diversificazione culturale tra l’area a nord e quella a sud del Tevere,
successivamente occupate dalla civiltà etrusca e da quella latina . Dalla prima
età del ferro si ha evidenza della formazione di grandi centri proto urbani;
particolarmente importante è il caso di Roma.
Storia:
Il nome, documentato a
cominciare dal secolo VI a.C. indicò in un primo tempo l’area compresa tra il
corso terminale del Tevere e il promontorio del Circeo con a est le pendici
degli Appennini e il corso del Trero (odierno Sacco). Gli antichi chiamavano
tale area Latium vetus per
distinguerla dal Latium adjectum,
comprendente anche i territori, a sud est della precedente zona, via via
conquistati dai Romani fino a Liri. Nella divisione che Augusto fece
dell’Italia in 11 regioni, il Lazio venne incluso nella prima regione assieme
alla Campania, nome quest’ultimo che venne a prevalere dalla fine del secolo
III d.C. e perciò il Lazio è tuttora chiamato Campagna Romana. Verso il 1000 a.C. all’avvento dell’Età del ferro,
comparve nel Lazio una nuova popolazione
documentata dai sepolcreti a incinerazione scavati in gran numero sui Colli
Albani : si tratta dei Latini i
quali ebbero peso determinante nelle vicende del Lazio prima e dopo l’ avvento
di Roma. Lo sviluppo di tali gruppi etnici fu favorito dai ricchi pascoli della
pianura ondulata dai Colli Albani alle ex Paludi Pontine, in cui anche
l’agricoltura progredì rapidamente grazie ai canali di drenaggio sotterraneo
scavati in epoca preromana .Lungo la fascia costiera nacquero centri notevoli,
Lavinio, Ardea , Anzio, che intrecciarono rapporti con la più evoluta civiltà
del mondo egeo-anatolico grazie alle imbarcazioni che vi approdavano.
La prosperità del Lazio tra i
secoli VII e VI a.C. è ben testimoniata dalle tombe di Praeneste. In tale tempo
si fece sentire nel Lazio la presenza degli Etruschi , che però durò poco perché sul finire del secolo VI a.C. una
coalizione di città latine che avevano il loro centro sacrale nel culto reso a
giove sulla vetta del Massiccio Albano li ricaccio a nord del Tevere . i Latini
collaborarono successivamente, nel secolo V a.C. , con i Romani nella difesa
del Lazio da attacchi di Sabini , Eqqui e Volsci . Quando nella prima metà del secolo IV a.C. tali attacchi vennero meno, i Romani
presero man mano il sopravvento nel Lazio: alla fine della guerra latina, nel
338 a.C., inglobarono nel proprio territorio le città dei Latini e da allora la
storia del lazio si fuse con la storia di Roma. L’azione centripeta della città
causò da allora un processo di graduale spopolamento del Lazio e il formarsi
del latifondo con conseguente diffusione della malaria: molte delle antiche
città scomparvero , altre sulle alture (Praeneste e Tivoli) o sulla costa
(Anzio) divennero in età imperiale luoghi rinomati con ville lussuose. Nella
pianura la pastorizia finì con il
prevalere del tutto dando al Lazio l’aspetto desolato rimasto tipico della
Campagna Romana fino ai tempi recenti.
Con la caduta dell’Impero romano d’Occidente , teoricamente il lazio dipese
dall’Imperatore d’oriente. In ealtà l’autorità del lontano governo era molto
debole, cosicché la tutela degli abitanti non di rado fu assunta dalla Chiesa,
che possedeva nella regione alcuni patrimoni. Allorché le “donazioni” o “restituzioni” di Liutprando e di pipino il Breve (secolo
VIII) instaurarono anche di diritto il potere temporale della Chiesa., il Lazio
formò il territorio principale dello Stato e ne seguì le vicende; ma,
specialmente nei primi secoli, fu turbato dalle contese tra alcune potenti
famiglie che spadroneggiavano nelle città, la nuova aristocrazia agraria e più
tardi i comuni. Su tutti il papa cercava di dominare, appoggiandosi ora agli
uni ora agli altri, ma specialmente alla nobiltà terriera e, durante le lotte per
le investiture, alle forze cittadine. Tuttavia non trovò sempre docili alleati.
Tra le più gravi fu la rivolta di Roma del 1143 che con la renovatio senatus, creò un governo laico, sostenuto dalla calda
oratoria di Arnaldo da brescia. Per circa un cinquantennio il comune romano
rivendicò a se il diritto a reggere la città in nome del popolo, inserendosi e
complicando le lotte tra i papi e gli imperatori. Più o meno in tutto il Lazio
si risvegliarono forze autonome, rappresentate nelle campagne dai feudatari e
nelle città dai comuni. Verso la fine del secolo XII Clemente III riuscì ad
ottenere un accordo con il Senato romano che gli garantì la fedeltà del comune,
ma solo Innocenzo III ristabilì la piena sovranità papale su tutto il
territorio, imponendo il rispetto dei vincoli di sudditanza: i feudatari e le
città laziali gli giurarono fedeltà e Roma rinunciò alla propria autonomia
affidandogli la nomina della più alta autorità laica, il” Senatore di Roma” . Un tentativo di riprendere il terreno perduto
e instaurare il potere comunale (1234), inserendosi nelle lotte tra Gregorio IX
e Federico II, non riuscì. Più tardi Gregorio X divise la regione in provincie
sottoposte ad un rettore sorvegliato dal Parlamento. Essendo riservato al papa
il diritto di intervenire quale ultimo arbitro, l’autonomia degli organi laici
andò spegnendosi sotto l’autorità della Chiesa, aiutata, in quest’opera di
assoggettamento, dalle rivalità della provincia laziale nei riguardi di Roma.
Se ancora restavano degli antagonisti al potere pontificio nelle grandi
famiglie romane (Colonna, Orsini,
Frangipane, Savelli) il Lazio come forza autonoma , aveva ormai poco vigore .
Un grave colpo gli fu inferto
dalla forte personalità di Bonifacio
VIII e dalla riorganizzazione che questi
impose alle terre dipendenti dalla curia. Il periodo di cattività “babilonese” ad Avignone (1309-77) si esaurì in lotte tra
la nobiltà e il popolo (tribunato di Cola di Rienzo) , per cui Roma non riuscì
a porsi a capo di uno stato autonomo , e il cardinale Albornoz, inviato da
Innocenzo VI nel 1353, potè riassoggettare alla chiesa il Lazio e gli altri possedimenti pontifici.
Le riforme che seguirono il ritorno dei
papi , finirono col togliere alla regione carattere e funzioni specifiche nella
vita politica. Anche nel secolo XIX durante il Risorgimento il suo apporto fu
piuttosto limitato.
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