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giovedì 2 agosto 2012

Storia, Milano


MILANO
Storia:

Fondata verso 396 a. C.  da tribù di Galli Insubri che in quel tempo avevano sconfitto gli Etruschi cacciandoli da Melpum (oggi Melzo) , il suo antico nome Mediolanum , documentato dal secolo III a. C. di origine Celtica , significa “ in mezzo alla  pianura”  ed è toponimo  che compare in altre zone celtiche ( Gallia, Britannia,Mesia) . Dopo essere stata valido baluardo  contro i Liguri, Milano fu occupata temporaneamente  già nel 222 a. C. dai Romani in lotta contro i Galli a nord del Po’; fu definitivamente assoggettata  nel 196 a. C.  dopo la sconfitta che gli stessi Romani spalleggiati da altri Galli , i Cenomani, , inflissero presso il Mincio  agli Insubri e ai Boi , che avevano collaborato con Annibale.
 Per la felice posizione  al centro di una fertile pianura in cui convergevano importanti strade dalla Liguria, dal Piemonte, dal Veneto, dalle Alpi, la città crebbe d’importanza  ottenendo nel 89 a. C. il diritto latino e nel 49 l’ammissione alla cittadinanza romana. Ma ulteriore sviluppo ebbe nell’età degli Antonimi quale centro di floridi commerci e di produzioni artigianali.
Nel secolo III d. C. acquistò anche importanza strategica quale centro d’organizzazione delle campagne di guerra contro le invasioni germaniche. Nel secolo IV vi sostava di frequente la corte imperiale ed era sede del prefetto del pretorio e del vicario d’Italia. Nel 313 Costantino vi emanò con Licino l’editto di tolleranza (v. sottolemma)  . Dal 373 al 397 la diocesi milanese, formatasi tra i secoli II e III, ricevette grande impulso dal Vescovo Sant’Ambrogio che vi combattè l’arianesimo in appoggio alla chiesa romana e fu attivamente presente nelle vicende politiche del tempo. Agli inizi del secolo V  Milano perdette il ruolo di capitale dell’impero di occidente , che passò a Ravenna, dove Onorio trasferì la corte per scampare l’avanzata dei Visigoti . Questi misero in allarme la città, ma la risparmiaronotanto nella prima quanto nella seconda, e più grave incursione. La colpirono invece gli Unni di Attila che la misero a ferro e fuoco  (452) ; e fu poi il vescovo Eusebio, defensor civitatis, senza il sostegno di alcuna autorità civile , a curarne la restaurazione, a cominciare dalla chiesa maggiore, dedicata a Santa Tecla. La città non fu coinvolta direttamente nel conflitto tra Oreste e Odoacre ne nella conseguente scomparsa, con Romolo Augustolo, dell’ultimo imperatore d’occidente; neppure ebbe a soffrire dall’invasione degli Ostrogoti di Teodorico (490) , forse grazie alla mediazione del vescovo Lorenzo. Fu invece rovinosa per Milano come del resto per tutta l’Italia, la guerra gotico-bizzantina (535-553) nel corso della quale un tentativo di defezione dal governo degli Ostrogoti a quelloimperiale, patrocinato dal vescovo Dazio, costò alla città una feroce rappresaglia (assedio gotico-borgognone di Uraia, con conseguente resa, massacro e deportazione di molti abitanti e diroccamento e saccheggio, 538-539) . Dopo la fine della dominazione ostrogotica (553) , la restaurazione imperialeaffidata a Giustiniano a Narsete non valse a risollevare la città e nel 569 i Longobardi  la occuparono pressoché indifesa : il vescovo con il suo clero e l’aristocrazia ripararono a Genova e vi rimasero finchè anche questa città fu annessa al regno longobardo(643). La città fu sede di un duca Longobardo, ma fu largamente sopravanzata da Pavia, capitale del regno. Restava tuttavia la maggiore metropoli cattolica d’occidente e riprese quota con il progressivo processo di conversione dei Longobardi dalla fede ariana alla cattolica, iniziatosi al principio del secolo VIIe intensificatosi via via, con il concorso della restaurazione episcopale: Milano infatti fu sede del re cattolico Petardo, in conflitto per la corona col fratello Godeperto, ariano( che appartiene alla supposta razza da cui sono nate le lingue indoeuropee. Movimento ereticale promosso dal prete Africano Ario 256-336)  e residente a Pavia (661-662)  Ma solo ai tempi di Liutprando (712-744) , il più fervente cattolico dei re Longobardi, acquisì una posizione di primo piano , urbanistica, economica, militare, nel regno, attestata enfaticamente da un anonimo elogio poetico contemporaneo (Versumde Mediolano civitate) . Era questo il risultato di un lungo travaglio di popolo  per la sopravvivenza e il recupero di condizioni di vita civile, favorito infine da un relativo affiatamento tra la popolazione germanica e la latina sotto l’azione moderatrice e diretta dell’episcopato, che può dirsi da allora vero e proprio governo , nell’ambito di uno stato, quale fu il regno longobardo, non giunto mai a maturità. La conquista di Carlo Magno (774) non modificò la situazione: i vescovi (anzi, a datare dai tempi di Carlo magno, arcivescovi della metropoli ambrosiana, da cui dipendevano sedici sedi suffraganee) andarono assumendo un ruolo di fatto preminente rispetto ai conti franchi, succeduti ai duchi longobardi, e raramente presenti nelle vicende cittadine, ed ebbero parte attiva e talvolta determinante nei conflitti dinastici dei Carolingi fino all’ 887  e in quelli dei re d’Italia fino al 951, quando Ottone I di Sassonia inaugurò la sua nuova politica italiana e imperiale. Tra gli arcivescovi dell’età carolingia spiccano Tommaso, interlocutore di Carlo magno, Ansperto, fautore di Lodovico II e poi Carlo II il Calvo, fieramente dissenziente da papa Giovanni VIII nel sostenere Carlo III il Grosso e promotore del rinnovamento edilizio e delle fortificazioni di Milano; fra gli arcivescovi dell’età del regno feudale, Landolfo I e Andrea, che si adoprarono  per salvarla dalle incursioni degli Ungari  dei primi decenni del secolo X, e Valperto, che coronò Ottone I  re d’Italia. La politica carolingia  e più accentuatamente  quella di ottone I e della sua dinastia  che tendeva a costituire  una feudalità ecclesiastica atta a integrare , ed equilibrare, quella laica e a realizzare l’unità politico-religiosa del Sacro Impero, contribuì alla formazione di un informale signoria episcopale ambrosiana largamente autonoma in seno al Regno d’Italia e all’impero  e, in materia ecclesiastica , alla chiesa di Roma.. Arcivescovi signori di vaste ambizioni furono Landolfo II, che si creò uno stuolo di vassalli infeudando le pievi della diocesi (983) e più tardi Ariberto che, passato da un rapporto di quasi vassallaggio  a guerra aperta con l’imperatore  Corrado II(1037)  riuscì a creare intorno a se una solidarietà cittadina , che prelude alla coscienza civica del comune; solidarietà dapprima nell’ambito della aristocrazia  divisa dal conflitto tra maggiori e minori ( capitanei e valvassores), poi, dopo una sollevazione popolare  legata al nome di Lanzone da Corte, e fuori dal controllo episcopale, estesa anche ad una fascia sociale  sottostante , quella dei Cives  (1042-44) Emblema della città , al di sopra degli strati sociali e delle rispettive consorterie e partiti, divenne allora il carroccio . Ma nella seconda metà del secolo XI l’evoluzione della signoria episcopale fu deviata dall’emergenza di situazioni nuove. Le forze laiche politicamente maturate ed economicamente progredite nel quadro di una generale espansione  della produzione e degli scambi incominciata dopo il Mille, un’aristocrazia media di piccoli nobili (valvassores) e di imprenditori e mercanti (cives) cominciò ad esprimere in diverse forme la sua aspirazione a gestire il governo cittadino sia pure nell’ambito del regime episcopale. Quando poi nella seconda metà del secolo XI Milano fu coinvolta nella lotta per la riforma della Chiesa e nella conseguente lotta delle investiture tra il papato e l’impero, e il moto popolare della pataria mise sotto accusa arcivescovi e alti ecclesiastici simoniaci e nicolaiti, il governo episcopale entrò in crisi, Ciò permise la costituzione di un amministrazione cittadina laica, ancorché sotto il controllo dell’arcivescovo, retta da consoli eletti dall’assemblea dei cittadini; il Comune, attestato dai documenti per la prima volta come esistente nel 1117 , ma certo anteriore di alcuni ani.
Il COMUNE . La città stato, mentre cercava di darsi una struttura costituzionale idonea e equilibrare le esigenze di una società composita  e in rapida trasformazione, sotto la spinta di interessi economici sempre più larghi impersonati da una borghesia in crisi di crescita, con un aggressiva politica di espansione , dilatò la sua giurisdizione sul contado a spese sui signori feudali che vi dominavano e scontrandosi duramente con le città vicine. Lodi,Pavia e Como in particolare, situate in delicate posizioni di transito. Quando poi Federico Barbarossa rivendicò con le armi i diritti regi (le regalie) , cioè i proventi largamente usurpati  al fisco dai Comuni, queste e altre città lombarde lo appoggiarono nell’offensiva contro Milano e concorsero ad abbatterla (1162) Ma Milano, diroccata e spartita in quattro borgate, si riprese ben presto grazie alla solidarietà della Lega Lombarda  e con il conforto di papa Alessandro III e dei vescovi Umberto e Galdino divenne l’anima della guerra  per l’autonomia (libertas) dei Comuni e a essa soprattutto si dovettero la vittoria di Legnano (1176) e la conseguente Pace di Costanza (1183) , che sanzionò definitivamente quell’autonomia a favore della città e delle altre della Lega. La vita del comune legittimato  nel quadro dell’impero fu tuttavia agitata da pressoché ininterrotte lotte interne per il potere. , fra frazioni vagamente  caratterizzate dale componenti sociali, nobiltà e popolo , quest’ultimo un impetuoso  progresso come protagonista  del crescente sviluppo economico  e del correlativo sommovimento  sociale dei secoli XII e XIII . Al governo collegiale dei consoli si sovrappose e infine si sostituì quello del Podestà unico e forestiero, supremo arbitro e giudice di pace sopra le fazioni inconciliabili; una complessa legislazione statutaria codificò ed integrò le antiche consuetudini ; si moltiplicarono magistrature , uffici e consigli destinati a perfezionare l’amministrazione e mantenere gli instabili equilibri politici di parte; dal 1198, la credenza di S. Ambrogio, organo del popolo, esercitò un ruolo di primo piano nella politica cittadina. Milano così affrontò uno stato di crisi  l’offensiva di Federico II e fu sconfitta a Cortenuova (1237). Si risollevò, ma a prezzo della signoria di fatto di Pagano, poi di Martino della  Torre , innalzati dalla Credenza di S. Ambrogio, roccaforte della fazione popolare e borghese. Avanguardia del guelfismo antisvevo Milano torriana contribuì alla rovina di Federico II, del suo epigono (imitatore che si limita a rielaborare le idee, a ripetere l’arte di un illustre predecessore sena apporvi nessun contributo originale)  Ezzellino  da Romano, di suo figlio Manfredi e all’affermazione di Carlo D’ Angiò; ma sempre in fermento ed in discordia. Finche Napo della Torre cadde sotto l’urto degli avversari, nobili in esilio, perlopiù di nome ghibellino, riuniti sotto le insegne di Ottone  Visconti, arcivescovo di Milano.  Da quindici anni, ma non mai ammesso in città (battagli di Desio, 1277) . Ottone Visconti, poi il pronipote Matteo, instaurarono una signoria su basi più larghe, rendendo partecipe la nobiltà e riformando  la costituzione del Comune in modo da snellire l’apparato amministrativo (istituzione del vicario e dei Dodici di provvisione,1279)  e vanificarne l’iniziativa politica, riservata ai signori. Nuovi rivolgimenti ristabilirono per un breve periodo la signoria dei Torrioni con Guido (1302), poi di nuovo quella di Matteo Visconti, che dopo un esilio, riafferrò il potere approfittando dell’illusoria pacificazione delle fazioni milanesi voluta da Enrico VII di Lussenmburgo (1311), e lo assicurò alla sua famiglia  sino all’estinzione (1447)  . Milano era allora al culmine del suosvoluppo demografico ed economico (enfaticamente documentatola Bonvesin de la Riva) . Matteo (m1322) e i suoi successori Galeazzo I, Azione, Luchino soprattutto l’arcivescovo Giovanni ( 1339-54) gettarono le basi d’uno Stato territoriale milanese che si estendeva a quasi tutta l’attuale Lombardia, a Novara, Asti e Alessandria e temporaneamente Genova e Bologna, con i consueti mezzi propri dei “ tiranni”  italiani del tempo: asservimento degli organi politici e amministrativi del Comune e soppressione di ogni libertà, eliminazione degli oppositori, promozione delle attività economiche ma correlativo, spietato fiscalismo, mecenatismo e magnificenza a fini demagogici e di prestigio, spregiudicata diplomazia, largo impiego di milizie mercenarie.
Il Ducato di Milano : Nell’instabile sistema degli stati Italiani, Milano andò acquistando un posto preminente , antagonista delle concorrenti, e spesso coalizzate ambizioni di Verona Scaligera di Venezia, dei principati piemontesi, degli Estensi, di Firenze e degli stati Papali, e divenne il popolo antagonista del regno Angioino di Napoli, il maggiore degli stati della penisola . Con Matteo II, Galeazzo e Bernabò l’espansione milanese in Emilia e Romagna si scontrò contro una grande lega Guelfa patrocinata dal papato avignonese, che ne rallentò il progresso. Ma Gian Galeazzo (1378-1402) fattosi con un delitto unico detentore del potere, portò lo stato milanese alla massima espansione e potenza; sfidando con successo tutta l’Italia, lo dilatò nel Veneto sino a Padova, in Emilia sino a Bologna e a Pisa, a Perugina ad Assisi. Da Venceslao re dei Romani acquistò il titolo di duca di Milano (1395) e tra le opere di magnificenza (duomo di Milano, certosa di Pavia)  e le guerre curò il complesso impianto politico e amministrativo del ducato sovrapponendo a quello municipale, i cui margini di autonomia furono estremamente  ridotti, se non annullati. La crisi che seguì la scomparsa di Gian Galeazzo (1402) sfociò da un lato nell’assassinio del suo primogenito e successore Giovanni Maria (1412), d’altro lato nell’incalzante avanzata di Venezia nella Lombardia orientale. La crisi fu poi faticosamente superata dal secondogenito Filippo Maria  (1412-47) Con una politica economica e finanziaria molto efficace (promozione del setificio, espansione del commercio con l’estero , organizzazione degli estimi, ecc..) e con assiduo sforzo militare , egli riuscì a ricostruire il ducato, sia pure entro i confini più ristretti  ( i Veneziani a Brescia e a Bergamo, i Savoia a Vercelli) Morto Filippo Maria senza eredi maschi, un gruppo di aristocratici e intellettuali diede vita alla fragile Aurea repubblica Ambrosiana )1447-50) evocando un’inattuale restaurazione delle libertà comunali , mentre le altre città del ducato  rivendicavano la loro indipendenza da Milano, la successione ai Visconti era disputata  da Lodovico di Savoia, Alfonso d’Aragona e Francesco Sforza, condottiero e genero dell’ultimo Visconti, e i veneziani riprendevano la loro avanzata  avendo come meta Milano . Vinse Francesco Sforza (1450-66) , che i Milanesi stessi acclamarono  duca, e che nel 1454 stipulò con Venezia, ormai definitivamente a l’Adda , la pace di Lodi. Sotto la dinastia degli Sforza  (1450-1535)  Milano ed il ducato godettero di un lungo periodo di pace (il quarantennio di equilibrio della storia d’Italia, 1454-94), in cui la capitale raggiunse un livello economico europeo. Fastosa quanto torbida  la vita della corte: Galeazzo Maria (1466-76) , figlio e successore di Francesco , fu assassinato dai congiurati  repubblicani ; suo figlio Gian Galeazzo (1476-94) passò dalla tutela della madre Bona di Savoia  e quella di Ludovico il Moro 1494/99 e 1500) zio paterno, che lo estromise dal potere e gli succedette (ed ebbe dall’imperatore Massimiliano primo il riconoscimento del titolo ducale, 1495) . Alla sua celeberrima magnificenza , il Moro accompagnò un’ambiziosa e tortuosa politica (non priva di motivazioni economiche, data la fitta rete di interessi che legava Milano ai paesi transalpini), che favorì, se non provocò, gli interventi stranieri a cominciare quello di Carlo VIII di Francia (1494). Ludovico il Moro finì prigioniero di Luigi XII di Francia, che occupò Milano per qualche mese tra il 1499 e il 1500 e dal 1500 al1512; i successi del Moro, i suoi figli Massimiliano  (1512-15) e Francesco II (1521-35) videro il ducato passare da alterne denominazioni francesi alla tutela degli Svizzeri e degli imperiali, finché Carlo V succedette nel ducato a Francesco II (1521-35)  e lo destinò nel 1540 al figlio Filippo II con il quale ebbe inizio la dominazione spagnola. Sotto il dominio degli Asburgo l’amministrazione dello stato era affidata ad un governatore  di nomina regia dotato di ampi poterei civili e militari. Esso era fiancheggiato dal Senato che risaliva al tempo degli Sforza e dall’Ufficio camerale, altro avanzo della costituzione viscontea che amministrava tutte le rendite dello stato e decideva delle liti con il fisco. Furono inoltre istituiti un consiglio segreto del governatore  e una congregazione dello stato. Benché gli Spagnoli quindi non alterassero la struttura amministrativa le condizioni della città peggiorarono notevolmente e benché l’economia  lombarda rimase sempre la più progredita  e attiva della penisola le imprese agricole e industriali ristagnarono e isterilirono  nonostante gli sforzi degli amministratori locali; i traffici ed i commerci furono intralciati dal fiscalismo e dagli eccessivi favori concessi a una nobiltà troppo spesso oziosa o contraria alle fortune borghesi; le due epidemie di peste (1576 e 1629-32), le carestie e la guerra (1630) contribuirono, infine a decimare la popolazione che si ridusse in quegli anni di quasi la metà. Presa dagli Austro-Savoiardi  nel 1706  e confermata all’Austria nel 1713 (pace di Utrecht),  la città dovette ancora subire la breve occupazione di Carlo Emanuele di Sardegna (1733-36) e di Filippo di Borbone (1745-46) , ma la pace di Acquisgrana  (1748) si vide aprire un periodo di pacifico e fecondo sviluppo nelle industrie, nelle arti e nella vita civile. Sotto il governo di Maria Teresa e dei suoi successori vennero riformate l’amministrazione e la giustizia; nel 1776 fu abolita la tortura e nel 1784 la pena di morte (tranne che per il reato di ribellione allo Stato) . L’inquisizione e i tribunali ecclesiastici vennero soppressi  Sorsero fabbriche, industrie e manifatture. La città si trasformò e ingrandì. Le idee provenienti dalla Francia illuministica e rivoluzionaria penetrarono tra i ceti sempre più vasti della popolazione cosicché quando Napoleone entrò nella città dopo la vittoria di Lodi (10 maggio 1796) vi fu accolto trionfalmente nella speranza di nuove e più ampie libertà. Milano divenne allora la capitale della Repubblica Cisalpina (1797), poi (dopo una breve restaurazione austriaca : 1799-1800) della Repubblica Italiana (1802) e del Regno d’Italia (1805).
La Repubblica  Cisalpina e la restaurazione Austriaca
Se le aspettative dei patrioti furono in gran parte deluse, Milano godette però di una certa autonomia reale che permise di formarsi una nuova classe dirigente e di un primo barlume di coscienza nazionale che avrebbe poi dato i suoi frutti nell’imminente Risorgimento. Il ritorno degli Austriaci, avvenuta dopo la caduta di Napoleone  e l’eccidio del Prina (1814) fu salutato favorevolmente dalla classe conservatrice ostile alla rivoluzione e dalla parte meno consapevole e più incostante del popolo, ma suscitò tra i patrioti, ormai numerosi, vari tentativi di rivolta. Dopo una prima congiura militare avvenuta  nello stesso 1814 e la scoperta di trame antiaustriache organizzate dai carbonari e dai federali nel 1821 (condanne di Pelllico, Gonfalonieri, Maroncelli, Pallavicino, Corsieri ecc..),  l’insofferenza dei patrioti esplose pienamente nelle famose Cinque giornate del 1848 che costrinsero gli Austriaci ad abbandonare la città.  Nuovamente sottomessi poco dopo (6 agosto 1848), i Milanesi non poterono più in alcun modo essere riavvicinati agli Asburgo né da promesse né da riforme. Nel 1853 un improvvisato moto mazziniano fu subito represso, ma nel 1859 in seguito alla battaglia  di Magenta (4 giugno e all’armistizio di Villafranca (8-11 luglio) furono uniti al Piemontese poco dopo al regno unitario.
Dopo l’unificazione, nei decenni che seguirono, Milano divenne il centro economico e commerciale più importante d’Italia acquistando contemporaneamente una funzione di particolarissimo rilievo anche nelle manifestazioni più significative  della vita nazionale tanto da autoproclamarsi  con un po’ di polemica enfatica capitale morale del Regno o unica città italiana d’importanza Europea..
Agli inizi del secolo XX Milano modificò le proprie strutture industriali sviluppando i settori meccanici e metallurgici. Sorretta da un amministrazione socialista nel primo dopoguerra, fu tra le prime città italiane a subire la violenza fascista . Resasi autonoma dalle direttive del governo Badoglio (25 luglio- 8 settembre 1943) , sede del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, a lungo ferramente controllata dai Nazi-fascisti che avevano le loro centrali all’Hotel Regina e a palazzo Carmagnola (di via Rovello) , gravemente bombardata dagli Alleati, Milano (medaglia d’oro della Resistenza) divenne l’anima della lotta di Liberazione e della guerra Partigiana culminata con l’insurrezione del 25 aprile 1945, che ridiede la libertà alla città che riprese il ritmo di sviluppo contribuendo al cosiddetto “ miracolo economico”.


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