VENEZIA
Storia:
L’intenso popolamento e la progressiva organizzazione e strutturazione cittadina delle isole lagunari risalgono ai Longobardi (568), che provocarono un esodo massiccio da Aquileia, Padova e altre città verso Malamocco, Rialto, Grado, sotto la protezione dei Bizantini. Un magistrato bizantino governò le isole con residenza prima a Eraclea, poi a Malamocco: solo nel 762 appare un doge indigeno, Orso; ma sia questi sia i suoi succ essori rimasero alle strette dipendenze dell’esarca fino al 751. Venezia acquistò allora una larga autonomia, ma non cessò di riconoscere la sovranità di Bisanzio e di coltivarne un vantaggioso protettorato per i viaggi di mare. Nel confronto fra l’impero carolingio e quello bizantino, Venezia si schiarò con quest’ultimo, resistette agli attacchi franchi (803 e 810) e alla composizione del conflitto e alla definizione dei confini tra i due imperi restò a quello d’oriente (814) , quasi un ponte tra due mondi. In questo periodo il centro politico di Venezia si spostò a Rialto e qui, dopo la traslazione delle reliquie di San marco e la costruzione della basilica, ebbe anche il suo centro religioso.
Nei secoli IX e X, con la crescita della città, il legame con Bisanzio si trasformò da sudditanza in alleanza. All’interno i Dogi avevano poteri quasi dittatoriali, senza peraltro riuscire a trasformare in eredità la loro dignità elettiva e vitalizia . All’estero i veneziani difendevano con successo insieme ai Bizantini la libertà della navigazione nell’adriatico contro i pirati slavi e saraceni. Tra la fine del secolo X e i primo dell’XI la città ottenne larghi privilegi commerciali nell’impero bizantino (992) in cambio di un alleanza militare, assicurandosi protezione e garanzie da Ottone III di Sassonia per il transito dei suoi mercanti in Italia e Germania e imponendo, sotto la specie della difesa, il suo controllo sulla Dalmazia (999) . Formalmente delegato dall’imperatore bizantino, in realtà il doge agiva ormai come il capo di uno stato indipendente. Nella difesa comune contro i Normanni l’imperatore Alessio I Comneno accordò larghissimi privilegi al commercio veneziano e, in cambio, i Veneziani salvarono dai Normanni il caposaldo bizantino di Durazzo (1085). Neutrale nella lotta delle investiture, Venezia prese invece parte alla I crociata per non essere sopravanzata dai Pisani e genovesi (1100) e occupò Caifa in Palestina. Ma la politica ambigua degli imperatori bizantini nei confronti dei veneziani, temuti ora come troppo potenti e perciò frenati favorendone i rivali Pisani, portò ad una aperta rottura (1118). Venezia s’impegnò allora in imprese militari contro Bisanzio e, in Siria, contro i Turchi, che le fruttarono la conferma e l’estensione dei privilegi del 1082 nell’impero (1126) e nuovi privilegi e colonie nel regno di Gerusalemme (Ascalona, Tiro) . Con le crociate aveva inizio il grande impero veneziano del levante: basi in area bizantina (a Costantinopoli, Tessalonica, Corinto, Isole Ionie, Creta, Cipro) e gerosolimitana (Tiro, caifa, Sidone, Ascalona, Acri) nonché ad Alessandria. La gestione di questa vastissima rete di interessi essenzialmente commerciali era tuttavia ancora affidata all’iniziativa dei privati: lo stato si limitava a proteggerli. All’interno emergeva dall’Assemblea popolare un sistema di consigli destinati ad integrare il governo dogale. Nella seconda metà del secolo XII Venezia dovette salvaguardare la sua indipendenza dall’imperialismo tedesco: favorì allora i comuni contro il Barbarossa, ma vide compromessa la sua egemonia sull’alto adriatico a favore dei Bizantini.. I veneziani furono perseguitati nell’impero bizantino (1071), mentre Slavi e Ungheresi scrollavano le posizioni veneziane sulla costa adriatica orientale e Genovesi e Pisani prendevano il sopravvento sui mercati del Levante. La pace di Venezia tra il Barbarossa e papa Alessandro III (1177) attenuò molto la crisi. All’interno del governo cittadino avveniva frattanto importanti mutamenti costituzionali: l’elezione de Doge fu tolta al popolo e riservata a soli 40 elettori scelti da una apposita commissione; al popolo rimase il diritto di ratificarla (1172) Il doge fu affiancato da 6 consiglieri (uno per ciascuno sestiere della città), costituendo un consiglio ristretto (Minor Consiglio) e con l’aggiunta di altri 3 savi, la Signoria. Tutte le iniziative di questi organi supremi dovevano però essere sottoposte all’approvazione del Maggiore Consiglio, emanazione dell’Assemblea popolare (soppressa poi nel 1423) organo del potere legislativo e, col volgere del tempio, di altri poteri, nonché di altri consigli sorti in tempi diversi, come il Senato, sviluppatosi dal primitivo gruppo di consiglieri pregati dal doge di collaborare con lui ( i Pregadi) e destinato a governare infine la politica estera, la difesa e l’economia, cioè a tenere le leve di comando della politica veneziana.
Con la IV Crociata Venezia potè raggiungere con i suoi traffici il Mar nero e dopo la conquista di Bisanzio a Venezia toccarono le coste e le isole Ionie, il Peloponneso, le Cicladi, stabilimenti sugli Stretti, Creta, un ampio quartiere a Costantinopoli. Con il crollo dell’impero Latino, Venezia perdette le principali posizioni e i privilegi raggiunti (tra cui l’accesso al Mar nero) che passarono in gran parte a Genova. Ne tentò il recupero facendo guerra a Genova e normalizzando i rapporti col restaurato impero Bizantino. Nel secolo XIII, al culmine della sua fortuna, Venezia diede un’organizzazione razionale al suo impero commerciale, accentrandone il governo e inviando nelle colonie rettori (baili) responsabili di fronte al doge. A fine secolo Venezia stessa trasformava il suo regime in forma di quasi oligarchia, limitando l’accesso al maggior Consiglio alle famiglie che gia ne avevano fatto parte (Serrata del maggiore Consiglio, 1297). Per prevenire reazioni da parte popolare o da parte dogale fu istituito il Consiglio dei Dieci (1310) , magistratura investita della difesa del nuovo regime. Nonostante le non sempre prospere vicende della seconda metà del secolo XIII e della prima metà del XIV, l’impero veneziano nel Levante conservava un valore commerciale immenso, con i suoi vertici in Crimea (a Tana), in Cilicia ( a Laiazzo), in Egitto (ad Alessandria), coi suoi scali a Costantinopoli e nelle isole del Mediterraneo orientale. A organizzare la flotta era ormai lo stato, che aggiudicava ai privati , caso per caso, il naviglio occorrente. Verso la metà del secolo XIV, e in concomitanza con i primi progressi dei Turchi Ottomani, Venezia, sentendosi minacciata sulla terraferma, intraprese una politica italiana per garantirsi contro gli Scaligeri di Verona con l’acquisto di Treviso (1337-38). Poi vinta la guerra di Chioggia (1381) contro i genovesi e scongiurata l’impetuosa avanzata di Milano, tolse all’ultimo dei Carraresi Padova, Vicenza e Verona (1405) e conquistò il Friuli . Frattanto riprese il possesso della Dalmazia. La politica di terraferma costrinse Venezia a impegnarsi in una serie di guerre specialmente contro Milano. Nonostante alterni successi e insuccessi, tra il 1425 e il 1454 la repubblica riuscì ad annettere Brescia e Bergamo e i rispettivi territori (1454) diventando uno dei 5 maggiori Stati italiani. I domini italiani s’adattarono senza gravi turbamenti al governo veneziano, uno dei più tolleranti e illuminati d’ Europa. Mentre era impegnata nella sua politica italiana, Venezia, perdeva terreno in Oriente. I Turchi le tolsero anzitutto Salonicco (1430) e , dopo la caduta di Costantinopoli, tra Maometto II e la repubblica si giunse ad un trattato (1454) che si rivelò una semplice tregua: il sultano riattaccò ben presto le posizioni veneziane dal Peloponneso alla Crimea e spinse l’offensiva fino al Friuli. Contro le molte posizioni perdute, Venezia venne in possesso di Cipro. Alla fine del medioevo, Venezia era la città cosmopolita più importante ed ammirata d’Europa. La sua posizione però doveva cambiare con la scoperta dell’America: chiusa nel bacino del mediterraneo, Venezia ne avrebbe risentito le irreversibili conseguenze. L’aggressiva spregiudicatezza della sua politica e la potenza economica e militare tuttavia erano ancora tali da far sospettare che mirasse al predominio su tutta l’Italia: nel giro di pochi anni Venezia partecipò alla lega contro Carlo VIII (1495) e fu presente alla battaglia di Fornivo; approfittò delle difficoltà degli Aragonesi e s’impadronì di alcuni porti Pugliesi affacciandosi sullo Ionio; intervenne nella guerra tra Firenze e Pisa; per ottenere Cremona e la Ghiara d’Adda si alleò con la Francia e contribuì alla sconfitta dei Visconti: dopo la caduta del Valentino occupò rapidamente Cervia e e Faenza (1504) e tolse agli Asburgo Gorizia e Trieste (1507-08) . Le potenze europee e italiane allora si coalizzarono per ridurla ai soli territori della laguna ( Lega di Cambrai, 1508); Venezia fu sul punto di soccombere. Per sua fortuna , l’accordo fra i collegati venne meno ed essa si liberò della Spagna , del papa e della Francia restituendo le terre occupate dopo il 1494 e potè contrattaccare l’imperatore ; con la partecipazione alla Lega Santa rientrò poi in possesso di molti dei territori perduti ; migliorò ancora la sua condizione attraverso una nuova alleanza con Luigi XII (Blois 1516) e con la pace di Noyon (1516) , infine riebbe anche le ultime città che stavano in mano nemica . Grazie all’abilità diplomatica e all’energia militare la gravissima crisi parve superata , ma in realtà la politica della repubblica fu da allora costretta ad una condotta più cauta ed essenzialmente conservatrice. Il ritorno offensivo dei Turchi le inflisse la perdita di gran parte delle isole egee, Malvasia e Napoli di Romania (1537-39) e alla fine di Cipro. Anche la vittoria di Lepanto (1571) non le recò tangibili vantaggi e riuscì solo a salvare i suoi privilegi commerciali nell’impero Ottomano. E se di fronte ai tentativi di ingerenza pontificia la repubblica seppe ancora trovare atteggiamenti di risoluta indipendenza, i momenti della grande politica erano però finiti, stretta fra il ducato Spagnolo di Milano e l’incombente minaccia degli Asburgo e dei Turchi, Venezia si chiuse in una decisa volontà di difesa: nel 1617 riuscì a sgominare gli Uscocchi che infestavano l’Adriatico; nel 1618 sventò in extremis la congiura organizzata dal Bedmar per abbattere la signoria con un colpo di mano; dalla guerra in Valtellina uscì praticamente sconfitta (trattato di Monzon, 1626) . Nel Mediterraneo ottenne qualche brillante successo ( Paro, 1651; Dardanelli, 1656) ma alla fine dovette cedere anche Creta e il suo vittorioso ritorno nel Peloponneso (1687) fu vanificato dalla pace di Passarowitz (1718) Ridotta alla Dalmazia, alle isole Ionie e alla Bocche di Cattaro, impotente contro la concorrenza dei porti atlantici, francesi e persino ispano-italiani, la Repubblica si ridusse a potenza di secondo grado, avviata a una progressiva decadenza dalla tendenza a investire i capitali nella proprietà terriera. Nemmeno l’illuminismo riusì a cambiare in qualche modo l’atmosfera stagnante della città. I circoli responsabili, ultraconservatori, rifiutarono ogni suggerimento di riforme. Gravata da un debito pubblico di quasi cento milioni di ducati verso il 1790, la Repubblica ebbe ancora uno sprazzo di effimera gloria con le imprese marinare di Giacomo Nani (1766-68) e Angelo Emo (1784-92) contro le reggenze barbaresche (Tunisi, Tripoli e Algeri) , ma poi cadde quasi senza avvedersene sotto i colpi dell’offensiva napoleonica. Costretta a lasciare il passo sul suo territorio alle truppe francesi e austriache durante la prima campagna d’Italia, con la rivolta popolare di Verona (1797) , offrì il pretesto al Bonaparte per porre termine alla sua millenaria esistenza. Il 12 maggio 1797, su richiesta di Buonaparte, il Maggiore Consiglio dichiarò dissolto lo Stato e il doge Ludovico Manin lasciò il posto a una municipalità di giacobini filo francesi; poco dopo, in base al trattato di Campoformido , Venezia passò all’Austria con tutto il suo territorio italiano fino all’Adige tra l’indifferenza delle potenze europee. Annessa al Regno d’Italia insieme all’Istria e alla Dalmazia (Pace di Presburgo, 1805), ritornò agli Asburgo nel 1814. Agli svantaggi della dominazione straniera si aggiunse un regime fiscale e doganale particolarmente esoso: ma alla notizia della rivoluzione di Vienna Venezia insorse il 17 marzo 1848 e costrinse la guarnigione austriaca ( generale Zichy) ad abbandonare la città (sera del 22) . Costituitosi quindi un governo provvisorio presieduto da D. Manin (23 marzo) , dapprima venne proclamata la Repubblica di San marco e successivamente (4 luglio) la formale annessione agli Stati Sardi.
Dopo la battaglia di Custozza, il popolo insorse di nuovo (11 agosto 1848) , costrinse i commissari piemontesi ad abbandonare il campo e nominò Manin presidente di un nuovo governo provvisorio. Gli Austriaci misero il blocco alla città e invano le milizie veneziane tentarono di spezzarlo con numerose sortite. Con l’armistizio di Novara gli Austriaci poterono aumentare le loro forze e investirono la città. Dopo una serie di scontri preliminari , il 4 maggio fu attaccato il Forte di Marghera che resistette 22 giorni ma dovette essere abbandonato. Gli assediati fecero saltare allora il lungo ponte ferroviario che univa la città alla terraferma e la resistenza continuò nonostante la fame, il colera e il cannoneggiamento nemico. La resa venne il 24 Agosto e, con la sospensione immediata delle operazioni, venne concessa l’amnistia per tutti i soldati e sottoufficiali combattenti; i militari, gli ufficiali e i quaranta patrioti più in vista (tra cui Manin) dovettero lasciare Venezia. Ritornata quindi sotto il dominio austriaco, solo dopo la III guerra d’indipendenza in base al trattato di Vienna (3 ottobre 1866) e al plebiscito del successivo 22 ottobre passò infine all’Italia.
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