L’ IMPERO BIZANTINO
(330-1461)
Denominazione con cui si intende l’impero romano nell’epoca in cui ebbe come capitale Costantinopoli, l’antica Bisenzio, a datare quindi dal 330; più restrittivamente, la parte orientale dell’impero stesso, definitivamente separata da quella occidentale dopo la morte di Teodosio I (395)
Comprendeva allora la Grecia con le sue isole, la Macedonia , la Tacia , l’Iliria, la mesia, l’Asia Minore . la Siria e l’Egitto e si estese poi (secolo VI ) all’Italia, a quasi tutta l’Affrica mediterranea e a parte della Spagna. Come unità politica, se non territoriale, l’impero bizantino, col nome tradizionale d’impero romano, sopravvisse fino all’occupazione Turca di Costantinopoli (1453).
Da Costantino a Teodosio I la storia d’Oriente e quella d’Occidente sono ancora strettamente intrecciate e dominate da un ideale politico unitario, che tuttavia trova un sempre minor riscontro nei fatti.
In Oriente ebbero luogo i primi due concili ecumenici (Nicea 325, Costantinopoli 381), intesi ad attuare , tra gravi contrasti, l’unità religiosa; ma in Mesia si insediarono i Visigoti ( 376-379) E I Persiani fecero arretrare in alcuni punti i confini orientali. Con Arcadio (395-408) l’erede di Teodosio in oriente , il distacco dall’Occidente divenne definitivo e, mentre questo si dissolveva per le invasioni barbariche e dopo il 476 non aveva più imperatori, l’altro resisteva: assumeva una configurazione propria di monarchia assoluta di tipo romanica-cristiano-orientale con ordinamenti politici, amministrativi e militari rigidamente centralizzati e affrontava e risolveva sia pure attraverso gravissime difficoltà, i problemi essenziali della propria sopravvivenza. Teodosio II (408-450) Leone I (457-474) Zenone (474-491), Anastasio I ( 491-518), mentre trasformavano Costantinopoli in una grande e munitissima capitale , riuscivano a stornare (verso l’Occidente) le invasioni barbariche (Visigoti, Unni, Ostrogoti) e a utilizzare parte parte dei barbari stessi immettendoli nell’esercito e anche nell’amministrazione. Al tempo stesso, l’impero era impegnato in complesse questioni religiose, che ne ostacolavano l’unità politica (particolarmente delicati i rapporti con Alessandria e con Roma ); ma ancora in oriente ebbe luogo i concili ecumenici di Efeso (431) e di Calcedonia (451) , che segnano momenti di estrema importanza nella storia del cristianesimo. Agli inizi del secolo VI, comunque, maturarono nell’impero le condizioni per passare alla mera difesa all’offensiva. L’iniziativa venne presa da Giustiniano (527-565), nipote collaboratore e successore di Giustino I (518-527), che realizzò in parte l’ambizione di reintegrare l’unità dell’impero romano con la riconquista dell’Africa vandalica , dell’Italia ostrogotica e di parte della Spagna visigotica e col tentativo (nel complesso tuttavia fallito) di instaurare l’unità religiosa ispirandosi al principio cesaropapista. Sommo legislatore (corpus iuris civilis) , costruttore di insigni opere monumentali, patrono dell’alta cultura, per sostenere la sua politica di magnificenza impose ai sudditi un peso fiscale tanto grave da inaridire le risorse economiche , che egli stesso si adoperava a potenziare, e da riuscire impopolare. Alla sua morte, le finanze erano esauste e le condizioni generali della popolazione erano misere; la grande costruzione imperiale vacillava, minata all’interno da violente reazioni alla formula assolutistica del regime giustinianeo e scossa da nuovi attacchi ai confini.
Giustino II (565-578), Tiberio II (578-582), Maurizio (582-602) cercarono di impedire il franamento con prudenti misure finanziarie e difensive, ma non poterono evitare la perdita dell’Italia invasa in gran parte dai Longobardi (568) , la controffensiva dei Visigoti in Spagna , le incursioni degli Avari e degli Slavi. Questi ultimi si erano insediati in varie zone dei Balcani, soprattutto in Tracia e in Grecia, mentre i persiani non davano tregua in Armenia in Siria e in Cappadocia, e solo dopo un ventennio di guerra vennero a patti (591).
La durezza di Maurizio, pure imposta da necessità di sopravvivenza, provocò una rivolta militare, che condusse alla sua eliminazione e sostituzione con Foca (602-10), affatto impari ai suoi compiti. Questo fu a sua volta abbattuto da Eraclio (610-641) , che dall’Africa sbarcò a Costantinopoli dove fu accolto come un liberatore. Deposte le ambizioni universalistiche romane, Eraclio si dedicò, con vivo senso realistico, alla creazione di un regno meramente greco, “bizantino” meno disperso e più forte. Il suo maggior successo fu una difficile ma trionfale campagna contro i Persiani, che ne uscirono disfatti (628); Eraclio assunse il titolo dei loro re, in greco Basileus; anche gli Avari e gli Slavi furono tenuti a freno. Ma intanto l’impero perdeva definitivamente la Spagna (616) retrocedeva in Italia e, a partire dal 634, veniva mutilato della Siria, della Mesopotamia, dell’Egitto dalla travolgente avanzata degli Arabi; l’egemonia mediterranea di Bisanzio crollava, declinava l’economia, fermenti politico-religiosi si riaccendevano. Il secolo VII fu uno dei periodi più cupi della storia bizantina; la dinastia di Eraclio (610-711) diede sovrani di notevole valore, quali Costante II (641-668), Costantino IV ( 668-685) e Giustiniano II (685-695 e705-711), che dedicarono la loro attività alla difesa di un’area sempre più ristretta rinnovandone e rafforzandone le strutture militari (organizzazione dei temi, cioè di circoscrizioni militari) e ravvivandone lo spirito nazionale, greco, e la coscienza religiosa, cattolica. Ma l’impero subì attacchi e perdite territoriali irrimediabili: gli Arabi, dopo l’Egitto, occuparono tutta l’Africa settentrionale fino allo stretto di Gibilterra, assalirono la stessa Costantinopoli (673-677), s’insediarono a Cipro e a rodi e non cessarono di premere sull’Anatolia. Contemporaneamente gli slavi penetravano sempre più a fondo in Grecia e i Bulgari, destinati a divenire un grande e aggressivo impero, stabilivano i loro primi stanziamenti a sud del Danubio in Tracia (679).
Alla dinastia di Eraclio, finita nel caos di violente ed effimere usurpazioni, succedette, con Leone III (717-741) la dinastia detta degli Insaurici (in realtà Siriana 717-802) che consolidò la resistenza. Leone III salvò di nuovo la capitale dagli Arabi (717-718) e li respinse fino al Tauro; Costantino V(741-775) li attaccò in Armenia e in Siria e tenne a freno i Bulgari; Leone IV (775-780) seguì le orme dei predecessori. L’iconoclastia, imposta da Leone III nel 726, s’inquadra nel piano generale di restaurazione degli Insaurici( limitazione della potenza dei monaci, soddisfazione ai soldati) ; ma, oltre che gravi agitazioni interne, provocò la rottura con il papato (che cercò allora l’alleanza dei Franchi) e la perdita dei rimanenti domini in Italia settentrionale (passata ai Franchi) e centrale ( divenuta patrimonio della chiesa) . La restituzione del culto delle immagini (787) per volontà dell’imperatrice Irene (reggente, poi succeduta al figlio Costantino VI), fu tardiva e non durevole. Regnante Irene, papa Leone III incoronò sacro romano imperatore Carlo Magno (800) infliggendo un duro scacco a Bisanzio, che di Roma imperiale si credeva unica erede e continuatrice. Dopo un periodo di brevi e tragici regni, di cui profittarono a danno dell’impero i Bulgari e gli Arabi, e in cui fu resuscitata tra gravi violenze l’iconoclastia. Michele II (820-829) instaurò la dinastia frigia o d’Amorio (820-829) che risollevò alquanto il prestigio imperiale con iniziative economiche , civili e culturali.
Teofilo (829-842) diede grande impulso agli studi; Michele III (842-867), reggente sua madre Teodora, pose fine per sempre all’iconoclastia (843) ristabilendo la pace religiosa; Boemi, Moravi, Bulgari furono convertiti al cristianesimo per iniziativa di Bisanzio ( i cui rapporti col papato tuttavia si guastarono per lo scisma di Fozio, 867) . Ma i progressi degli Arabi continuarono (823, insediamento a Creta; 827, primo sbarco in Sicilia; 837-42, attacchi in Anatolia e minacce alla capitale) e per la prima volta si profilò una minaccia Russa (860), Michele III fu eliminato da Basilio I (867-886) fondatore della dinastia Macedone (di fatto di origine armena) , che regnò dall’867 al 1056 e portò a maturità il lento e faticoso processo di restaurazione dell’impero, conducendolo tra la seconda metà del secolo X e il primo quarto del secolo XI all’apogeo della potenza . Gli inizi della ripresa non furono sempre brillanti : Basilio I non riconquistò la Sicilia , ma rafforzò le posizioni di Puglia e Calabria e d’Asia; Leone VI (886-912) sviò le mire espansionistiche del grande Simeone, zar dei Bulgari; l’uno e l’altro furono insigni legislatori, autori dei celebri Basilici; Costantino VII Porfirogenito ( 912-959), salvatosi a stento dai Bulgari, grazie a valorosi generali(Giovanni Curcuas, Romano I Lecapeno, che fu coimperatore dal 919 al 944, e Barda foca), ebbe la ventura di assistere agli inizi della prima vigorosa controffensiva contro gli Arabi in Asia. Avviata verso il 920, essa fu condotta sempre più a fondo non tanto dai legittimi sovrani, Romano II (959-963) e i suoi figli ancora fanciulli Basilio II e Costantino VIII, quanto dei due bellicosi coimperatori che regnarono con loro: Niceforo II Forca(963-969) e Giovanni I Zimisce(969-976 ) . Questi riconquistarono Creta, la Cilicia , Cipro, Aleppo, Antiochia, Damasco, sfiorando i luoghi santi e tennero in rispetto i Bulgari e Russi. Questa serie di travolgenti successi ( la cosiddetta “ epopea Bizantina”) si concluse con la distruzione e la sottomissione dei Bulgari, impresa personale di basilio II compiuta tra il 996 e il 1014. L’impero riacquistò allora l’estensione, il prestigio, la prosperità dei tempi di Eraclio. Il successivo tramonto della dinastia macedone, con Costantino VIII, le figlie Zoe 8con i suoi tre mariti Romano III Argiro, Michele IV, Costantino IX) e teodora ultima dei Macedoni (m. 1056) coincise con un periodo di crisi, di riprese offensive di Arabi e Bulgari, di secessioni in Italia, e all’interno, di agitazioni signorili e popolari; avvenne allora anche la definitiva separazione religiosa di Bisanzio da Roma con lo scisma di Michele Cerulario (1054) . Tuttavia il livello civile e culturale non solo non ne sofferse ma continuò a salire . Le aspre lotte per il potere tra l’aristocrazia militare e terriera e quella burocrazia della capitale , che ebbe una certa prevalenza durante i regni di Michele VI, Isacco I Comneno, Costantino X Ducas, Niceforo III Botaniate, provocarono con il disagio interno scacchi rilevanti: la definitiva perdita dei domini in Italia e l’insediamento, dopo la sconfitta di Romano IV a Manzikert, dei Turchi Selgiuchidi in Anatolia nel medesimo anno (1071) . Di qui la violenta reazione dell’aristocrazia militare che portò al trono Alessio i Comneno (1081-1118) fondatore di una nuova dinastia (1081-1085) che diede all’impero gli ultimi splendori. Con le armi e la diplomazia Alessio I salvò Bisanzio dai Normanni di Puglia, da nuovi barbari calati dal nord (Peceneghi e Comani) , dai Selgiuchidi dell’Anatolia.
La prima crociata , se lo sollevò in parte dal peso della lotta antimusulmana e gli restituì qualche territorio, lo pose di fronte a difficili problemi di coesistenza con gli stati franchi formatisi in Oriente e a quello, gravissimo della progressiva avanzata commerciale delle repubbliche marinare italiane nell’impero. Alessio I lasciò a Giovanni II (1118-43) una eredità gloriosa che questi conservò dignitosamente, ma una situazione finanziaria precaria e non rimediabile.
Manuele I (1143-80), attaccato da Ruggero II di Sicilia, dovette ricorrere all’aiuto dei Veneziani per difendersi e largheggiare con loro in privilegi, estesi poi anche ai Genovesi e ai Pisani. . La sua politica italiana lo portò in seguito ad un disastroso confronto coi Veneziani stessi alleati con Guglielmo II di Sicilia. Riportò bensì notevoli successi contro l’Ungheria, arrestandone l’espansione verso l’Adriatico, ma vide crollare nella battaglia di Miriocefalo (1176) la speranza non infondata di sottrarre tutta l’Anatolia ai Selgiuchidi. Dopo il breve e tragico regno di Alessio II (1180-83), Andronico I (1183-85), rompendo la tradizione, ritirò tutti i privilegi ai mercanti italiani, che furono oggetto del furore popolare, e con un’oculata amministrazione, tentò di ridare ordine e sollievo economico ai greci. Tuttavia la sua durezza e la reazione “latina” sollevarono contro di lui tumulti nella capitale; Andronico I venne deposto e ucciso.
La dinastia degli Angeli (Isacco II, Alessio III, Alessio IV, 1185-1204) fu infelice; andò in rovina con la IV crociata, le cui conseguenze furono la conquista latina di Costantinopoli, la creazione dell’impero latino (1204-61), che fu appannaggio di signori di Francia e d’Italia e di mercanti veneziani, la riduzione dell’impero Bizantino a tre frammenti separati ( Nicea, Tessalonica e Trebisonda), ciascuno con un principe che rivendicava per se il diritto di rappresentare , in esilio, la legittima continuità della serie degli imperatori . Prevalse Nicea e mentre l’impero latino, benché per altro verso non privo di benemerenze, smantellava i resti delle secolari strutture Bizantine, gli imperatori di Nicea Teodoro I Lascaris, Giovanni III Ducas, Teodoro II , Giovanni IV <ducas Lascaris e Michele VIII Paleologo, tra il 1204 e il 1261 predisponevano con abilità, coraggio e fortuna la riconquista di Costantinopoli. Essa riuscì, previa alleanza coi Genovesi (trattato di Ninfeo, 1261) , a Michele VIII che rientrò quasi senza combattere nella desolata capitale (estate 1261) e vi avviò l’ultima e tormentata restaurazione.
Michele VIII (1261-82) , con l’appoggio dei Genovesi, recuperò parte dei territori (Peloponneso con Mistrà, Acaia , parte dell’Epiro, contesogli da Carlo I d’Angiò, vendicatore dell’impero latino) e tentò anche l’impossibile riunione della chiesa greca alla romana.
Andronico II (1282-1328), associato con il fratello Costantino, assoldò, per la difesa contro Angioini e Turchi, milizie catalane , che finirono col dominare in varie regioni, mentre risorgevano i forti stati di Serbia e Bulgaria e una nuova formidabile potenza, i Turchi Ottomani subentrati ai Selgiuchidi, avanzava in Anatolia, toccando Brussa (1326) . Andronico III (1328-41) poté effettuare ancora qualche recupero in Tessaglia e in Epiro; ma gli Ottomani arrivarono a Nicea e a Nicomedia, mirando alla capitale. Durante il regno di Giovanni V (1341-91) , interrotto da ben tre usurpatori ( Giovanni VI Cantacuzeno, 1347-55, Andronico IV, 1376-79, Giovanni VII, 1390; questi ultimi rispettivamente figlio e nipote di Giovanni V), maturò la catastrofe. Con il favore di GiovanniVI Cantacuzeno, gli Ottomani passarono in Europa, occuparono anzitutto Gallipoli (1354), poi le città della Tracia e Adrianopoli (1362), la Bulgaria e la Serbia (1369-89), riducendo i domini imperiali solo a Costantinopoli, a Tessalonica e al Peloponneso. Gli appelli di Giovanni V alle potenze cristiane d’Occidente furono vani; quelli di suo figlio Manuele II (1391-1425) provocarono una crociata , che fu sbaragliata a Nicopoli (1396) . Neppure dell’imponente disfatta inflitta ai Turchi da Tamerlano ( Ankara, 1402) Manuele II poté approfittare per mancanza di mezzi propri e di aiuti, così che le posizioni turche in Europa, rimasero intatte e si consolidarono. Una seconda crociata ottenuta da Giovanni VIII (1425-48) , dopo aver fatto atto formale di sottomissione al papa Eugenio IV (Firenze, 1439), fu pure battuta (Varna ,1444) .
Poco dopo, regnante l’ultimo dei Paleologhi, Costantino XI (1449-53), il sultano Maometto II predispose accuratamente la conquista di Costantinopoli e la realizzò, dopo un lungo assedio, il 29 maggio 1453; Costantino XI cadde nell’eroica difesa della città. Tessalonica era gia caduta nel 1430; nel 1460, cadde il Peloponneso e nel 1461 Tresbisonda, dove dal 1204 sopravviveva, sotto i Comneni, un frammento dell’impero Bizantino.
Conclusa così la supremazia politica di Bisanzio, dopo undici secoli di storia spesso insigne, l’impero sopravviveva con la sua civiltà greco-romana-orientale in tutti i paesi dell’Oriente e dell’Occidente che erano stati un tempo sotto il suo dominio.
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