Quando l’uomo appare sulla Terra tutto gli è ostile: il clima, gli animali, la natura. Egli può contare solo su se stesso, può aspettarsi aiuto solo dalla propria intelligenza e dalla propria astuzia. Da questa lotta quotidiana deriva il grande fascino che la preistoria ancor oggi desta in noi. La parola “preistoria” , che significa “epoca prima della storia” , sta appunto ad indicare il lontanissimo periodo, durato millenni, del quale non abbiamo testimonianze scritte poiché l’uomo non aveva ancora imparato a fissare per mezzo dei segni (scrittura) la sua storia. Come si è riusciti allora a ricostruire il modo di vivere dei nostri antenati? Per due vie: ricercando le testimonianze lasciate dai popoli antichi e studiando gli usi di certe popolazioni primitive tutt’ora esistenti. Le testimonianze giunte fino a noi dai primi uomini sono “i manufatti” , vale a dire gli oggetti costruiti dalla mano dell’uomo: armi, recipienti di terracotta, utensili, statuette e perfino monili e giocattoli.
Abbiamo detto che la seconda via per conoscere la vita dei primitivi è lo studio di alcune popolazioni tutt’ora esistenti in Australia e nell’America del sud. Tali popoli vivono infatti ancora in maniera primitiva nonostante l’età della pietra, nel resto del mondo, sia terminata da circa seimila anni. Il più comune materiale esistente in natura è la pietra, e fu proprio essa a caratterizzare il periodo più antico della storia umana. Con la pietra, infatti i primi uomini costruirono i loro utensili : punte di frecce, raschiatoi , seghe, punteruoli, asce. Il tipo di pietra più usato era la selce, perché al tempo stesso molto resistente e facilmente lavorabile. Battendo una selce contro l’altra i primitivi riuscivano ad ottenere lame affilate o seghettate , punte acuminate o tondeggianti a seconda dell’uso cui erano destinate . Di quell’antichissimo periodo non esistono recipienti , perché non era ancora conosciuto il modo per conservare le carni e gli altri alimenti . La carne degli animali, infatti, veniva consumata immediatamente dopo la loro uccisione ; fu appunto dalla necessità di scuoiare le prede e di tagliare le carni che nacquero i primi utensili non da caccia: lame e raschiatoi.
Suddivisioni della Preistoria:
La preistoria viene comunemente divisa in tre periodi: l’età della pietra, l’età del bronzo e l’età del ferro. La prima, a sua volta è divisa in tre epoche: “paleolitica”, cioè della pietra scheggiata; “ mesolitica”, cioè di passaggio tra la prima e la seconda; “ neolitica” , cioè della pietra levigata.. La durata di queste tre epoche tuttavia non è uguale , anzi tra di esse vi è un enorme differenza. L’epoca paleolitica comprende un arco di tempo che supera i seicentomila anni. Al suo confronto i 5000 anni dell’epoca mesolitica e i 4000 della neolitica sembrano addirittura epoche brevissime . Si consideri però che sono epoche assai lunghe e raffrontate alla vita umana : dalla nascita di Cristo a oggi, infatti, sono trascorsi duemila anni . Superata l’età della pietra . l’uomo si avvia rapidamente verso la civiltà: l’età del bronzo (6 mila anni fa) e l’età del ferro (4 mila anni fa) appartengono gia alla storia.
Furono le necessità più urgenti a mutare l’uomo. Per difendersi e procurarsi cibo doveva lottare contro animali spesso più forti di lui: non potendo superarli con la forza , si vide costretto a batterli con l’astuzia. Nella lotta quotidiana per la sopravvivenza l’uomo si munì di attrezzi sempre più validi . Dapprima si trattò di semplici pezzi di legno , di ossa di animali , di pietre appuntite che usava così come trovava. Ma le esperienze che egli faceva non andavano perdute , si sviluppavano nella sua mente e cominciarono a dare i primi risultati . A poco a poco , egli stesso cominciò a costruirsi le prime armi rozze , certo, ma inventate e costruite da lui. Erano per lo più selci, rese appuntite per mezzo di un paziente lavoro di scheggiatura, con le quali egli armava i suoi bastoni, raschiava le pelli , tagliava le carni , segava i rami e tronchi d’albero , Col passare del tempo agli attrezzi di selce si aggiunsero quelli di osso e di corno. Non tutti erano usati come armi; l’animale abbattuto richiedeva un difficile lavoro di preparazione: era necessario non solo tagliare a pezzi la carne , ma anche raschiare la pelle che doveva servire a vestire l’uomo nei periodi più freddi , e lavorare le ossa più lunghe per farne attrezzi .
Vi fu un fatto nella preistoria (periodo paleolitico) che ebbe per l’uomo primitivo un’importanza determinante : la scoperta del fuoco . Da sempre gli uomini primitivi conoscevano questa tremenda forza della natura : incendi di boscaglie conseguenti ad autocombustione o a fulmini , lava infuocata che usciva dai vulcani , scintille che si sprigionavano dalle selci percosse ; ma non la sapevano usare , anzi, ne erano addirittura terrorizzati , e fuggivano come animali impazziti.
Il primo uomo, che vincendo la paura , riuscì ad avvicinarsi al fuoco per conoscerlo ed usarlo a suo vantaggio, non era certo cosciente di compiere una delle azioni più benefiche per l’umanità .
Questa rossa fiamma , ardente e luminosa, come un pezzo di sole, al tempo stesso invitante e terribile, diventava un nuovo e decisivo strumento di progresso. Col fuoco l’uomo poteva difendersi con più sicurezza dagli animali e abbatterli più facilmente , poteva riscaldarsi , cuocere i cibi, illuminare le tenebre .
Abbiamo detto riscaldarsi, ed è proprio di quello che l’uomo aveva estremo bisogno, dal momento che in quel periodo i ghiacci invadevano gran parte dell’Europa e dell’ Asia . Nelle epoche precedenti, infatti, si erano verificati fenomeni climatici di enorme portata, le “ glaciazioni” . Come dice la parola stessa, si tratta appunto di colossali spostamenti dei ghiacciai verso sud, nella direzione di zone abitualmente caratterizzate da clima mite; l’ultima di queste glaciazioni aveva più o meno coinciso col primo apparire dell’uomo sulla terra. Un'altra necessità per l’uomo era quella di nutrirsi meglio: le carni crude, infatti, potevano arrecargli malattie, mentre bastava abbrustolirle sul fuoco perché divenissero cibo più sano e più gustoso. Le carni affumicate o semicotte, poi, si conservavano nel tempo; fu questa scoperta, apparentemente modesta, che aiutò l’uomo a diventare più previdente.
Gli animali che l’uomo primitivo cacciava più frequentemente erano di grossa taglia : animali che sottostavano le basse temperature e che quindi non si erano estinti col sopravvenire dei periodi glaciali . Il più grande era il Mammut : la sua forma era simile a quella degli attuali elefanti, con il corpo ricoperto di lunghi peli e con enormi zanne ricurve. I bovini costituivano un'altra preda assai ambita , sia per la carne sia per le loro corna . Da queste si ricavavano ottimi arpioni e di altri oggetti di uso comune. Altri animali utili per le loro folte pellicce erano gli orsi , che in quel periodo , abbondavano nei territori abitati dall’uomo. I cavalli, poi, che noi conosciamo per lo più come animali da tiro e da corsa, erano in quel lontanissimo tempo selvaggi e assai difficili da catturare.
L’animale che fu per più lungo tempo preda preferita dall’uomo, tanto da caratterizzare un’intera epoca preistorica, fu la renna. Migliaia di capi, durante le periodiche migrazioni, erano presenti nei territori abitati dall’uomo; è per questo che la renna costituiva una preda ideale, anche perché priva di particolari mezzi di difesa.
Spinti dalla necessità e aiutati dall’intelligenza, gli uomini impararono ben presto a utilizzare ogni parte dell’animale ucciso. Oltre alle carni che servivano come alimento, venivano usate le pelli per costruire difese contro il freddo: pellicce per vestirsi o capanne per la comunità. Il grasso, di cui le ossa erano ricche, raccolto e conservato, alimentava i fuochi. Tuttavia gli animali non erano tutti timidi e disarmati come le renne; era quindi necessario usare non solo la forza fisica, ma anche l’astuzia. Fù così che l’uomo inventò le prime trappole: ampie buche nel terreno, nascoste da erbe e rami, furono i primi trabocchetti in cui far cadere gli animali più grossi. Altri abituali inganni erano rappresentati da caverne senza uscita, in cui venivano spinti i branchi più numerosi, terrorizzati dal fuoco. Un modo particolare per abbattere i mammut era quello di assalirli di sorpresa e ferirli con centinaia di frecce , lasciando poi che si dissanguassero lentamente e diventassero facile preda. Spesso però la caccia si concludeva tragicamente.
La prima comunità di persone nacque quando alcune famiglie, decisero di cacciare insieme: era il primo passo verso il costituirsi della tribù. La necessità di cacciare, inoltre, obbligava questi primi nuclei sociali a spostarsi in continuazione alla ricerca di territori dove abbondava selvaggina. I primi agglomerati umani aumentavano a mano a mano che crescevano le necessità della caccia.. Si passò così dal primo nucleo di famiglie a una più vasta comunità. Il “ clan” , i cui componenti avevano in comune, di solito, un unico antenato. Col passare dei secoli, i più progrediti bisogni, un più evoluto modo di vivere e ancora la necessità della caccia, e forse della guerra, costrinsero vari clan a riunirsi in una comunità più ampia, la tribù .
La vita sociale più elementare, quella che si svolgeva nell’ambito della famiglia, era, per sua natura, estremamente semplice. Via via più complessa, invece diventò la vita di ciascuno quando, dilatandosi in una comunità più vasta, fu soggetta a doveri e a limiti ben precisi. Quegli uomini rozzi avevano capito che il bene di tutti esigeva il sacrificio di ciascuno; un po’ meno libertà per i singoli perché la comunità potesse vivere meglio. Il primo dovere era quello di provvedere al sostentamento di tutti i membri del nucleo sociale.
Tale compito era affidato, logicamente, agli uomini validi. Essi per questo, a ragione, venivano considerati i più importanti membri della tribù e fatti quindi oggetto di particolare considerazione da parte di tutti.
Oltre alla caccia, gli adulti avevano anche altri doveri: la difesa contro i nemici e il peso maggiore di fatica durante le ricorrenti migrazioni. Presi da tanto lavoro, e da così gravi preoccupazioni, i maschi potevano purtroppo dedicare alla famiglia, e in particolare ai figli, ben poco tempo. Questi ultimi rappresentavano l’avvenire, e per questo erano assai numerosi; su di essi si basava la speranza che la tribù sarebbe riuscita a sopravvivere. I figli vedevano per poco tempo il padre al ritorno dalle cacce lunghissime e qualche volta non lo riconoscevano nemmeno, tanto era cambiato dalle fatiche e dagli stenti. Spesso non tornava più: era rimasto vittima della lotta quotidiana per l’esistenza.
Malattie, fame, freddo, difficoltà di ogni genere cancellarono dalla faccia della terra intere popolazioni; di esse non è rimasto nulla o solo qualche labile traccia. In tanta insicurezza di vita e nel quotidiano dubbio del domani , l’uomo primitivo cercò protezione in esseri sovrumani , in potenze superiori. Le più invocate erano le forze naturali: il fuoco e il sole, le tenebre e la luce, i fenomeni atmosferici e la potenza fecondatrice della natura.. A esse si rivolgeva con fiducia. Come dal bisogno collettivo di nutrimento era nata la caccia organizzata, così dal bisogno di protezione superiore nacquero i riti e i sacrifici. Unire insieme le invocazioni sembrò a quegli uomini altrettanto importante e vitale quanto unire insieme le armi.
L’intermediario di tutti verso la divinità era lo stregone, al tempo stesso sacerdote e medico. Interprete del mondo occulto e della natura. A lui erano affidati i compiti più delicati: quelli più strettamente legati alla vita e alla morte. Non solo egli doveva propiziare gli dei, invocandoli e sacrificando vittime, ma aveva anche l’obbligo di scoprire le cause delle malattie, le proprietà curative delle erbe, l’efficacia di certe medicine. Un altro importantissimo compito era infine affidato allo stregone: l’educazione dei giovani. Depositario delle tradizioni sacre e del patrimonio culturale, egli era il più indicato a preparare le nuove generazioni ai compiti che le attendevano . La sua paternità magica aveva perciò anche dei ben precisi scopi pratici che egli assolveva attraverso complicati riti di iniziazione. Di grande suggestione magica erano i riti propiziatori. Comunemente si celebravano in caverne ampie e maestose. I riti notturni venivano ravvivati da torce, che con i loro riflessi e con le loro ombre profonde suggestionavano la fantasia. Particolarmente sentite dalla comunità erano le cerimonie che si svolgevano in periodi di tensione drammatica conseguenti a carestie, epidemie e altre calamità. Qualche volta, in casi particolari, venivano sacrificate alle divinità vittime umane.
Frequenti, data l’alta mortalità di quei tempi, ma ugualmente ricchi di significato, erano i riti funebri. Questi, pur variando da popolo a popolo, avevano alcune caratteristiche in comune: il cadavere per esempio veniva legato in posizione di riposo, dipinto in rosso o in ocra e collocato in nicchie del terreno ricoperte di pietre. Nel primo periodo della preistoria i morti venivano sepolti accanto ai vivi, nelle stesse abitazioni dove erano vissuti. Venivano messi poi a disposizione dei morti gli oggetti più comuni da loro usati nel corso dell’esistenza: l’ascia di pietra, lo scarnitolo e anche le vivande per il nutrimento della vita ultraterrena. Verso la fine dell’era neolitica si diffuse però l’usanza di seppellire i morti in grotte non turbate dalla presenza dei viventi, che venivano chiuse da macigni per assicurare ai defunti un tranquillo riposo. Dello stesso periodo sono le prime forme di sepolcri collettivi: i primi cimiteri, a cui si guardava con venerazione e rispetto.
Quasi sicuramente, fu proprio dai riti magico-religiosi che nacquero le prime forme d’arte. Il segno visibile, statuetta o graffito, era l’indispensabile mezzo concreto che permetteva all’uomo primitivo di entrare in contatto con la potenza occulta, cioè nascosta, per poter meglio implorare aiuto e protezione. Moltissimi strumenti finemente decorati giunti fino a noi sono prove eloquenti di come l’uomo primitivo avesse progredito nella via dell’arte proprio grazie alla spinta ricevuta dal sentimento religioso. Possediamo testimonianze meravigliose dei primi dipinti e graffiti. La loro suggestione e la loro bellezza restano inalterate; anzi, col tempo, hanno acquistato un particolare fascino venato di mistero. E’ possibile trovarli quasi sempre all’interno di grotte e caverne, che furono per millenni i più comuni luoghi di culto. I primi artisti raffiguravano più frequentemente animali e persone. Le scene di caccia , le sculture che raffigurano animali e persone in atteggiamenti diversi sono testimonianze eloquenti di un mondo che altrimenti ci sarebbe in gran parte sconosciuto.
Si ritiene che la scultura sia stata la prima forma d’arte, la più istintiva, seguita poi dall’incisione e dalla pittura. E’ certo comunque che gli artisti godevano di una particolare considerazione presso tutto il popolo, in quanto facevano parte anch’essi di quel mondo misterioso di cui erano interpreti tanto efficaci.
Quando i ghiacciai cominciarono a ritirare la loro morsa tremenda, iniziò un periodo di clima temperato e l’uomo uscì dalle caverne. I ghiacci sciogliendosi avevano dato vita a fiumi e laghi, dove la vita animale si era risvegliata ricchissima in quantità e in varietà; si moltiplicarono così i pesci, animali quasi sconosciuti nel periodo paleolitico. Le immense distese di neve e di ghiaccio avevano lasciato il posto a foreste sterminate, ricchi di salici flessuosi e di betulle dalla bianca corteccia. Fra i rami avevano preso dimora innumerevoli quantità di uccelli, dai più modesti ai più variopinti. Era un universo nuovo da scoprire e da conquistare. L’uomo diventò boscaiolo, pescatore, cacciatore di uccelli. La pesca si dimostrò subito un’eccellente scuola. Essa richiedeva infatti più abilità della caccia, una capacità di adattamento che affinava la sensibilità e favoriva lo sviluppo dell’intelligenza.. In tanto mutare di vita anche le caverne si dimostrarono inadatte alle nuove esigenze. L’uomo le abbandonò come abitazioni e vennero usate solo per compier le cerimonie religiose..
Ora che le piante abbondano e l’uomo possiede strumenti più efficaci, il legno diventa la sua materia prima: intelaiature di capanne, palizzate, nuovi arnesi da lavoro, nasse per la pesca e finalmente archi, frecce e imbarcazioni. Le nuove esperienze e le nuove necessità ebbero grande influenza anche sui rapporti umani e sociali. La comunità si dilatava a mano a mano che la vita si faceva più complessa: si dimostrava sempre più necessario restare uniti e solidali per superare i nuovi problemi. Nucleo primo e fondamentale di questo tipo di comunità era la famiglia. Il padre poteva ora restare per molto più tempo vicino ai figli, portarli con se nelle battute di caccia meno pericolose, farsi aiutare nella pesca e nella preparazione degli strumenti di lavoro più semplici. Per le donne poi c’erano occupazioni più casalinghe : fabbricare tappeti di corteccia. Pulire il pesce, cuocere i cibi e conservarli. Scoperte veramente decisive di questo periodo furono la barca e il remo. Le imbarcazioni non furono più semplici pezzi di legno galleggianti, ma vere e proprie barche, scavate nei tronchi d’albero o costruite con rami ricoperti di pelli, rese impermiabili da grassi animali e da pece (ricavata dalla corteccia della betulla).
La necessità di abbattere gli uccelli, veloci e di piccole dimensioni, spinse l’uomo mesolitico a studiare un tipo di arma che lanciasse lontano e con forza i suoi dardi. Nacquero così l’arco e la freccia : la seconda non era altro che una lancia ridotta a più modeste dimensioni; ma il primo era un capolavoro di intuizione , una vera arma rivoluzionaria. Il periodo neolitico, l’ultimo dei tre in cui si divide l’età della pietra, iniziò circa 8000 anni fa . E’ certamente un periodo lontano, ma se si pensa che dal primo apparire dell’uomo sulla terra erano trascorsi oltre 600 millenni, sembra più vicino, quasi storia di ieri. Il rigoglio della natura, l’abbondanza di vegetali, la ricchezza delle messi nate spontaneamente spinsero l’uomo a cibarsi non solo di carne ma anche dei frutti della terra, saporiti e ricchi di sostanze nutritive.
Non dovendo più spostarsi da un luogo di caccia all’altro, l’uomo del neolitico cessò di essere nomade e diventò sedentario. Le capanne costruite di pelli e facilmente trasportabili durante le periodiche migrazioni lasciarono il posto a vasti villaggi di capanne costruite con legno e con paglia cementata con il fango. Particolarmente utile si dimostrò un tipo di creta che, impastata e cotta al sole, resisteva al calore del fuoco. Con essa vennero costruiti i primi recipienti. Dentro i quali potevano essere preparate le vivande. Oltre alla cottura dei cibi, i vasi di creta servivano come recipienti per i liquidi e come sicuri contenitori di cereali..
Al neolitico si possono fare risalire due scoperte, o per lo meno il definitivo perfezionamento di esse, utili per preparare vesti meno pesanti e rozze.: la filatura e la tessitura. A esse si dedicavano , com’è logico, le donne e gli uomini più anziani. Ai popoli del neolitico si deve poi far risalire una scoperta molto importante : capirono che alcuni tipi di animali erano più utili catturati, anziché uccisi. La mansuetudine, unita alla grande utilità pratica, di certe specie animali, ovini e bovini per esempio, fece di essi i primi animali domestici che contribuirono in maniera decisiva a trasformare l’uomo in agricoltore. Dall’allevamento del bestiame e dalla pastorizia infatti, i popoli neolitici trassero non solo un enorme utilità riguardo all’alimentazione, ma anche riguardo alla scoperta di attività nuove. La vita che dipendeva dai prodotti della terra e dall’allevamento del bestiame liberava l’uomo da vecchie schiavitù, prima fra tutte quella della fame, la più antica e la più temuta. Il bisogno di allontanare in modo definitivo questo incubo, unito ad una più intelligente laboriosità fu probabilmente la molla che spinse l’uomo a diventare agricoltore. Egli comprese che affidarsi ai raccolti spontanei poteva essere pericoloso: per la prima volta capì che alla natura non poteva solo chiedere , ma doveva anche dare. Fu una delle intuizioni più acute e più cariche di conseguenze che l’uomo abbia mai avuto. Il passo decisivo, nella coltivazione della terra, fu la scoperta dell’aratro: uno degli strumenti più importanti e benefici di tutta la storia umana. L’uomo la usò dapprima in terreni più cedevoli, ma via via imparò a usarlo anche su terreni più resistenti. La fatica immane che doveva compiere per tirare l’aratro spinse l’uomo ad aggiogare animali potenti e mansueti che rendevano il lavoro più spedito e sicuro.
Circa 5500 anni fa, probabilmente in qualche villaggio della Mesopotamia, un popolo più intraprendente fece una scoperta fondamentale.. Da certi sassi usati come braciere, il fuoco aveva fatto colare una sostanza liquida, infuocata; raffreddandosi essa era diventata durissima, più dura delle stesse pietre da cui era uscita. L’età della pietra era finita, cominciava una nuova era, quella dei metalli. Con essa l’uomo usciva decisamente dalla preistoria.
A facilitare il passaggio dalle epoche più barbare a quelle più civili non fu però soltanto la fondamentale scoperta dei metalli, in quanto altre se ne aggiunsero. La ruota, per esempio, nacque proprio in quel tempo. L’intensificarsi dei traffici, poi , favorì il nascere della scrittura. Alcuni segni convenzionali, incisi su tavolette di pietra o argilla potevano risparmiare lunghi viaggi. Per mezzo di questi segni l’uomo cominciava a farsi capire senza dover parlare.
L’era dei metalli raggiunse il suo culmine durante l’età del ferro. La fusione di questo metallo, che richiedeva molto più calore degli altri, gia conosciuti, arrivò relativamente tardi, circa 4000 anni fa. Era il tempo in cui sorgevano le grandi civiltà Mediterranee.
La preistoria è ormai conclusa, e dagli albori della civiltà l’umanità ha percorso un lungo cammino.
Ma qual è la molla che spinge l’uomo a porsi sempre nuove domande, e a progredire incessantemente sulla via del progresso?
E’ la curiosità. Il desiderio di conoscere, che ha spinto il primo uomo a porsi la prima domanda….
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