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giovedì 4 aprile 2013

SANTUARI SANTA CATERINA DEL SASSO (Lombardia)


N 7) Itinerari, luoghi della fede
SANTA CATERINA DEL SASSO
A picco sul lago, abbarbicato su uno strapiombo di parete rocciosa, è senza dubbi un luogo ideale per meditare e ritrovarsi.

Su una parete rocciosa a picco sulla riva lombarda del Lago Maggiore, in una terra di borghi e castelli di antiche signorie, si trova l’eremo di Santa Caterina del Sasso. A dominare, custodito dalla montagna scavata, è il silenzio, fratello dell’acqua e delle pietre.
Un po’ di storia: Secondo la tradizione, l’eremo è stato fondato da Alberto Besozzi, un ricco mercante originario del paese di Arolo che 900 anni fa, mentre attraversava il lago rimase vittima di un nubifragio. Pensando di non avere più speranza di salvezza, invocò l’aiuto divino e promise che avrebbe cambiato vita, facendo un voto a Santa Caterina d’Alessandria, alla quale era molto devoto.
Unico sopravvissuto da quel naufragio, nel corso del quale morirono tutti i suoi compagni. Alberto approdò a una piccola insenatura nei pressi di Leggiuno , tra Ispra e Laverno, dov’era situato un sasso attaccato alla costa denominato “Ballarò”, in riferimento alla sua instabilità.
Qui visse da eremita per trentacinque anni. Nel 1195, durante una pestilenza, gli abitanti di Arolo si rivolsero, in cerca di aiuto, all’eremita, che in cambio della grazia chiese la costruzione del sacello di Santa Caterina, visibile ancora oggi sul fondo della chiesa. Alla morte del beato Alberto, nel 1205, da ogni parte del lago la gente proveniva per invocare la grazia e guarigioni.
Dopo un primo periodo storico, durante il quale a soggiornarvi furono i domenicani, dal 1314 al 1645 guidarono l’eremo i frati del convento milanese di Sant’Ambrogio ad Nemus, sostituiti dai carmelitani fino al 1770. Dal 1970, l’eremo, di proprietà della provincia di Varese è abitato dagli oblati benedettini. Il complesso monumentale raccoglie tre diversi nuclei spirituali: il convento meridionale, il Conventino, e la chiesa di Santa Caterina.
Il convento meridionale: Qui nel XVI secolo erano stati realizzati alcuni locali e alcune camere per ospitare i pellegrini che volevano pernottare.
Ma il fatto che le donne dovessero attraversare gli edifici monastici per andare in chiesa provocò l’ira di Papa Gregorio III che emanò una scomunica, che fu tolta solo nel 1574.
In quell’occasione furono dati quattro mesi di tempo per costruire la nuova strada che conduceva alla chiesa, senza passare per il monastero. L’intero edificio si sviluppa attorno ad un nucleo più antico che corrisponde all’odierna aula capitolare: si tratta di una sala gotica del XIV secolo, dove tra le finestre campeggia una crocifissione con Sant’Ambrogio e Santa Caterina. Un dipinto del 1439 raffigura Sant’Eligio che guarisce un cavallo con un ginocchio fratturato, affiancato dal patrono degli animali Sant’Antonio Abate, con il caratteristico bastone con la campanula, il fuoco ed il suino.
Anche gli affreschi, così come l’intero eremo, sembrano sospesi tra il lago e il cielo.
Il conventino: L’edificio risalente al XIV secolo, anticamente ospitava a pian terreno la cucina. Il convento meridionale è collegato alla chiesa da un porticato sul quale è raffigurata la cosiddetta “ danza macabra”, con dieci scene che ricordano la fugacità della vita e le cose terrene, e come la morte può apparire  in tutti gli stadi della vita, con le persone più diverse.
Tra i personaggi raffigurati, un senatore, un mercante, un cortigiano, un frate , un vescovo e un cardinale, tutti alle prese con la realtà improvvisa della morte, illuminata però dalla resurrezione di Cristo. La tematica è cara alla spiritualità seicentesca, e affonda le sue radici nel pietismo popolare del nord Europa nei secoli XIV- e XV : le scene sottolineano l’uguaglianza degli uomini di fronte alla fine della vita, comprensibile solo alla luce del mistero cristiano.
La chiesa che contiene altre chiese: La chiesa risale alla fine del XVI secolo , ossia il periodo di massimo fervore edilizio dell’eremo, e per realizzarla sono stati fusi edifici storici che erano presenti da prima: le tre cappelle, tutte orientate verso dove nasce il sole e dedicate a Santa Caterina a San Nicola e a Santa Maria Nova, sono parte absidali di chiese preesistenti. Nel presbiterio spicca la raffigurazione di un affollato paradiso con il Padre Eterno e gli angeli. Nei costoloni, quattro medaglioni con raffigurazione del vecchio testamento (Mosè, Giosuè, Gedeone e Aronne) e, nelle vele, i quattro padri della chiesa latina accostati ai quattro evangelisti con relativi simboli: Sant’Ambrogio e San Giovanni con l’aquila, Sant’Agostino con San luca e il bue, San Girolamo con San Matteo e l’angelo e San Gregorio Magno con San Marco e il leone.
  La pala dell’altare maggiore è datata 1612 e porta la firma del milanese Giovanni Battista de Avocatis: raffigura San Nicolao da Mira e il beato Alberto Besozzi che assistono al mistico matrimonio di Santa Caterina con la corona regale e ai piedi gli strumenti del martirio, avvenuto nel 307.
Il sacello di Santa Caterina: E’ il cuore del primo nucleo del santuario, ed è qui che dal 1535 sono custodite le reliquie del beato Alberto. Costruito ad un livello più basso del resto della chiesa, secondo la leggenda era di dimensioni identiche al sepolcro di Santa Caterina sul monte Sinai. E’ adornato di affreschi dal gusto popolare, risalenti al XVI secolo, e raffiguranti il trasporto del corpo della santa da parte degli angeli, le sue nozze mistiche fra Sant’Ambrogio, San Gregorio Magno e Sant’Agostino. Qui si trova la fotografia più antica di Santa Caterina del Sasso: un affresco del XVI secolo che ritrae il convento all’epoca: una volta vi era più spazio e c’era una parte verde sospesa a picco sul lago, crollata per l’erosione degli agenti atmosferici. Da una parte del dipinto si intravede il beato Alberto che si affaccia da una finestra e cala dalla parte rocciosa un cestino per ricevere le elemosine dei pescatori, necessarie alla sopravvivenza durante il suo eremitaggio.
La cappella dei sassi: E’ quella dedicata al beato Alberto Besozzi, e si chiama così perché all’inizio del XVI secolo cinque macigni pesanti due tonnellate si staccarono dalla parete rocciosa sovrastante, alta circa venti metri rimanendo miracolosamente sospesi nel vuoto, impigliati nella volta. Gli enormi massi oggi non sono più presenti perché rimossi  nel 1983.
Un ascensore da record: Spostandosi verso l’alto dell’eremo, si arriva in cima mediante una scalinata. Qui si trova un vero e proprio gioiello di ingegneria: si tratta di un ascensore da guinness dei primati, realizzato scavando nella roccia un pozzo di sei metri di diametro e cinquantuno di profondità. La presenza dell’ascensore rende l’eremo accessibile ad anziani e disabili, ma chi lo desidera si può cimentare nella salita di 268scalini, costruiti dai frati nel Medioevo e oggi percorsi da circa duecentomila turisti che ogni anno vengono qui, come racconta il priore padre Roberto Commoli (2013). “ C’è il turista che viene perché il posto è bello, un vero incanto della natura a dir la verità, ma c’è gente che cerca Dio” , spiega. E queste persone “si riconoscono perché si vedano meno, si defilano, vanno in chiesa, si raccolgono, cercano la solitudine”. Chi viene qui vuole “incontrare il mondo monastico”, ma l’eremo accoglie anche piccoli gruppi, per i quali, aggiunge il monaco benedettino, nonostante gli spazi ridotti, organizziamo momenti di raccoglimenti, adorazioni eucaristiche. Molti fedeli vengono per la messa  festiva e spesso, conclude, ospitiamo gruppi provenienti dalle parrocchie dei dintorni.


Storie di vita monastica:
Possono essere sacerdoti o laici, e seguono la regola benedettina senza dover necessariamente diventare membri di un monastero dell’ordine di San Benedetto. La parola “oblato” deriva dal latino e significa “ offerto”, in riferimento al fatto che queste persone dedicano la vita a Dio e al suo servizio. Prestano testimonianza di fede, sono legati alla comunità di preghiera del monastero e devono perciò farsi carico, ciascuno per la sua parte, dei problemi della comunità monastica nelle loro preghiere e nelle loro azioni. Nell’eremo di Santa Caterina del Sasso vivono sette oblati, di cui quattro donne. La regola, dettata nel 534 da San benedetto da Norcia, che fece tesoro anche di una breve esperienza personale di vita eremitica, si snoda attraverso la preghiera, comune e personale, e il lavoro: il motto, infatti è “ora et labora”.

L’Officina di Santa ILDEGARDA:
All’interno dell’eremo si trova un erboristeria che mira a rivalutare la figura della santa Ildegarda di Bingen, mistica, profeta, scienziata e primo grande medico della Germania. Collegando l’antico ed il moderno, preservando lo spirito scientifico di Ildegarda, proclamata dottore della chiesa lo scorso ottobre da Papa Benedetto XVI, senza tradire le ricette antiche sono state selezionate piante e metodi per ottenere prodotti naturali dai cosmetici agli unguenti.
All’interno della farmacia medioevale ispirata alla badessa benedettina del XII secolo, tra la musica e la luce delle vetrate il viandante respira un’atmosfera di altri tempi, e tra gli aromi tonifica corpo e spirito. 



Come giungere all’eremo:

Santa Caterina del Sasso è raggiungibile via terra, costeggiando il lago Maggiore da Laveno fino a Leggiuno, oppure direttamente con i battelli che portano da Stresa. Via terra, prendendo l’autostrada A8 dei laghi, bisogna uscire  al casello Sesto Calende, in direzione Vergiate, e poi imboccare la statale 629 in direzione Laveno fino a Leggiuno. In battello, invece partenze dagli imbarcaderi di Stresa e di Laveno Mombello

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