N° 9) Itinerari , luoghi della fede
PULSANO, ABBAZIA DI
SANTA MARIA
L’ABBAZIA DEDICATA A Santa
Maria è su un vasto altopiano. Attorno 24 eremi, con celle e angoli di culto
collegati tra loro da una rete di stradine e sentieri scoscesi ricavati nella roccia.
In uno scenario di rocce
grigie che s’affacciano in strapiombi profondi oltre 200 metri, su un massiccio
roccioso a guardia del golfo pugliese di Manfredonia, si trova l’Abbazia di Santa Maria di Pulsano. A
circa nove chilometri a sud-ovest dal centro abitato di Monte Sant’Angelo, in
provincia di Foggia, l’abbazia fu costruita nel VI secolo sul colle di Pulsano
per volere del papa monaco San Gregorio Magno ed è stata nei secoli meta di
religiosi che si sono dedicati alla contemplazione e all’ascesi.
La chiesa abbaziale: Edificata sui resti di un antico edificio
pagano, l’Abbazia di Santa Maria di Pulsano è parzialmente ricavata da una
grotta naturale che fa da abside ed è circondata da robuste mura perimetrali.
La chiesa, in stile romanico, mette insieme la sapienza dell’uomo e la
grandezza della natura. Nel 1129, San
Giovanni Scalcione da Matera arriva in questo luogo per fondare un
ordine di eremiti, uomini che sceglievano l’isolamento per dedicarsi alla
preghiera. Secondo la leggenda, il santo costruì l’edificio, in stile romanico,
proprio dove gli aveva indicato la Vergine apparendogli in sogno. Qui sono
conservate le reliquie dei martiri Lorenzo, Ippolito, Nicandro e Valeriano,
traslate da Papa Alessandro III, pellegrino al Gargano nel 1177. Nel XII
secolo, l’abbazia conosce il momento di massimo splendore, divenendo uno dei
monasteri più potenti d’Italia meridionale, grazie anche alle consistenti
donazioni dei benefattori, tra i quali anche sovrani come Ruggero II
d’Altavilla e Federico II, e fu inoltre famoso centro miniaturistico. Fino al
1966, vi è stata conservata un’icona medioevale della Madonna con Bambino, in
seguito rubata.
All’interno, sugli alti pilastri della navata unica con volta a botte
interrotta da grandi archi trasversali, alcune decorazioni scultoree
raffiguranti aquile, teste umani e altri animali. Dinanzi all’altare è
collocata un’antichissima mensa quadrata, uno dei pochi esempi di altari
bizantini ancora presenti in Italia. Sotto di esso furono conservate per sette
secoli le ossa di San Giovanni Abate e sono ancora custoditi i resti mortali di
altri santi monaci pulsanesi in particolare del Beato Giovanni da Siponto detto
il buono. Oggi, davanti all’altare si trovano un coro ligneo ed una iconostasi,
necessari, rispettivamente, per la recita del divino ufficio e per la celebrazione della messa bizantina
secondo il rito di San Giovanni Crisostomo.
I monaci, così, possono
celebrare rituali antichi ma sempre nuovi, nella Puglia bizantina e
cattolica che è culla naturale sia della liturgia orientale che di quella latina.
Carico di spiritualità: “ Qui gli uomini si fermano per cercare
Dio”, spiega padre Piero Distante, 51 anni, da due priore dell’abbazia (2013) ,
dove, in un clima di raccoglimento e silenzio, vivono cinque monaci secondo la
regola benedettina del raccoglimento, del lavoro e dell’accoglienza. La
giornata è ritmata dalla preghiera: iniziano con il mattutino alle 6, la lectio
divina, le lodi alle 7,30, alle 12,30 l’ora media, alle 18,30 il canto del
vespro. La messa il martedì, il venerdì e la domenica. “E poi manteniamo la
struttura, lavoriamo l’orto, abbiamo gli animali. Il nostro stare qui è un
segno. Il monachesimo nella chiesa continua quel servizio di pastore che Cristo
ha affidato a Pietro. Il nostro stare qui è una scelta personale ma che si apre
al mondo: durante la Quaresima e l’Avvento, i monaci organizzano, la domenica
pomeriggio, incontri biblici aperti a tutti.
A scuola di Icone: L’Abbazia, racconta padre Piero, è visitata da
diverse migliaia di persone all’anno, maggiormente in estate e in primavera. Ma
tutto l’anno è attiva una scuola di iconografia pensata per avvicinare
all’immenso patrimonio teologico-spirituale delle icone, giovani ed adulti
desiderosi di impararne la simbologia e il significato teologico. Sotto la
direzione di maestri iconografici “diamo
la possibilità di conoscere l’arte sacra”, spiega padre Piero , perché “
attraverso i segni, l’orante non solo contempla, ma è partecipe.
Nell’iconografia, la prospettiva è inversa perché il punto di fuga non è in
fondo ma davanti: è il cuore di chi contempla”.
Gli eremi: Nei pressi dell’Abbazia, che nella foresteria può
ospitare qualche pellegrino per brevi periodi, si trovano numerosi eremi (per ora ne sono stati censiti 24)
alcuni dei quali collocati in luoghi davvero inaccessibili, che sono stati il
“Luogo del cuore” del Fondo Ambiente Italiano (FAI) più votato del 2011.
Arrivare agli eremi “ è impegnativo” spiega padre Piero. “ giungere sul luogo vuol dire conoscere la vita delle persone che sono state li. E
finire per confrontarsi con Dio e sul posto che ha nella nostra vita”. Queste celle ricavare dalle grotte sono
state, nei secoli, abitate da monaci certamente in comunicazione tra loro:
alcuni degli eremi, inoltre, sono affrescati e collegati da scalinate e
sentieri e da una vera e propria rete idrica composta da canali scavati nella
roccia per convogliare le acque. Da qui sono passati i Saraceni con le loro
incursioni, ma anche diversi ordini monastici. “ Questi eremi, racconta padre
Piero, sono la testimonianza di una ricerca che continua ancora e del primato
di Dio nella vita dell’uomo.
Chi viene è animato dal desiderio di
inseguire Cristo, dall’amore e dalla libertà, perché chi non è libero si
sentirà sempre prigioniero di quello che il mondo offre. Se non ci si
libera di tutte le catene che ci porta indietro, non si può rimanere qui.
Il più antico: Quello dedicato a San Gregorio Magno, il grande
monaco-papa fondatore del monachesimo in terra garganica,, è forse il più
antico luogo di eremitaggio sul colle di Pulsano. E’ costituito da un ampia
cavità naturale e fino a pochi anni fa era abbandonato e adoperato come stalla
dai pastori della zona.
Grazie al lavoro dei volontari
, nel 1995 è stato ripulito e ripristinato a luogo di preghiera e di
meditazione. Attualmente è impiegato per celebrazioni, conferenze e accoglienza
di gruppi.
Una rete di canali: All’eremo
di
San Michele Arcangelo si accede dal piccolo piazzale antistante la
chiesa. E’ costituito da tre locali comunicanti, scavati nella roccia,
destinati a celle per gli eremiti, e da una cappella in muratura che si
affaccia su uno strapiombo. Se della piccola cappella restano solo le strutture
murarie laterali, nelle celle è possibile osservare una rete di piccoli canali
scavati nella roccia per convogliare le acque: un vero e proprio gioiello, una
testimonianza singolare del recupero e dell’utilizzo prezioso dell’acqua. In quest’ eremo avrebbe soggiornato San
Francesco d’Assisi nel 1216 e, nel 1295, San Celestino V.
In fondo al vallone: Formato da due vani ricavati in parte da una
cavità naturale e in parte da murature, l’eremo
di San Nicola presenta due ingressi scavati nella roccia.
All’interno dello stipite di
uno di essi, è scolpita una grossa croce greca con al centro un’altra più
piccola. Sulle pareti, vi sono resti di affreschi, tra cui una Annunciazione
della Vergine e una Crocifissione con religiosi, un monaco e un abate
inginocchiati in adorazione.
La macina ricavata dalla roccia: Costruito a 400 metri di altezza,
si affaccia su un abisso ed è un po’ più distante dall’abbazia. Questo eremo si
chiama così perché in uno dei locali che lo formano ospita una macina ricavata
nella roccia e una cisterna destinata a raccogliere l’acqua piovana,
intercettata tramite una rete di canali incavati nella roccia. Le lunghe mura
perimetrale e gli spiazzi antistanti fanno intendere che doveva essere uno dei
principali eremi della comunità monastica allora presente, come luogo di culto,
di abitazione, di coltivazione e di produzione e conservazione alimentare. Vi è
anche un altare in pietra sul quale si apre una nicchia scavata nella roccia, e
i resti di un affresco dell’Immacolata Concezione, di San Giovanni Battista e
lo Spirito Santo in forma di colomba.
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