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giovedì 7 aprile 2011

Il Palio dei Cocchi

Il Palio  dei  Cocchi (10)
In piazza Santa Maria Novella si correva il 23 giugno di ogni anno, vigilia della festa di San Giovanni, patrono della città, il Palio dei Cocchi.
Cosimo I dé Medici volle istituire nel 1563 questa corsa di carri e cavalli per emulare i fasti delle mitiche corse delle bighe che si svolgevano  a Roma nel circo Massimo. A quell’epoca si sfidavano ad ogni corsa quattro bighe (due cavalli) o quadrighe (quattro cavalli), ognuna con un colore diverso (rosso, bianco, verde e azzurro), con ciascun auriga, vestito dello stesso colore del carro, che guidava i cavalli bardati ognuno con il proprio colore e gli antichi romani che scommettevano su un colore o sull’altro.
Volendo riproporre quasi fedelmente quelle antiche corse , anche il Palio fiorentino si componeva di quattro carri, i Cocchi appunto, ogni carro rappresentava un quartiere della città ed ognuno era contrassegnato con un colore diverso: il rosso per Santa maria Novella, il bianco per santo Spirito, il verde per San Giovanni e l’azzurro per Santa Croce.
Si ripresentavano i medesimi colori e quartieri del calcio storico. Ogni cocchiere era vestito con i colori del proprio quartiere ed ogni cocchio era a sua volta trainato da quattro cavalli con le briglie, i finimenti ed i pennacchi del rispettivo colore.
Come a Roma, anche a Firenze la corsa consisteva nel percorrere nel più breve tempo possibile tre giri della piazza girando intorno a due alti obelischi di legno e ritornando al punto di partenza.
Si tratta di un classico Palio “ alla tonda”, come quello di Siena; la carriera veniva infatti percorsa diverse volte in uno stesso circuito delimitato dalla piazza .
La mossa (partenza) veniva data direttamente dal Granduca Cosimo I che sventolava un fazzoletto bianco; il Granduca con tutta la corte assisteva all’evento da un terrazzino, ancora oggi ben conservato, che si trovava sotto il loggiato dell’Ospedale San Paolo, posto dalla parte opposta della chiesa.
Diverso era invece il Palio “alla lunga” che si effettuava a Firenze con i cavalli scossi, cioè senza fantino. Le mosse venivano date sul ponte che si trovava subito al di fuori di Porta al prato e che, per questo motivo, prese il nome di “Ponte alla Mosse”; i cavalli percorrevano al galoppo sfrenato le vie del centro in piena corsa (da cui il nome della strada “Corso”) ed arrivavano fino all’arco di San Piero , quasi dall’altra parte della città, dove era allestito l’arrivo.
Solo diversi anni dopo, il nuovo Gran Duca Ferdinando I dé Medici decise di sostituire i vecchi obelischi di legno con dei nuovi di marmo e volle altresì che gli stessi poggiassero ognuno su quattro tartarughe in bronzo, opera del Gianbologna, che rappresentavano la sua “insegna” personale, significando la pazienza, la forza e la tenacia del popolo toscano.

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