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domenica 3 aprile 2011

Il Buco Fasullo

Il Buco Fasullo

Nella Chiesa di Santa Maria Novella, alla destra dell’altare maggiore, c’è la Cappella degli Strozzi  dove si può ammirare una delle ultime opere di Filippo Lippi, affrescata nel 1503.
Filippo Strozzi commissionò il lavoro all’artista che volle rappresentare un momento della vita di San Filippo e di San Giovanni l’Evangelista.
Sul muro di destra si può ammirare San Filippo che esorcizza il diavolo, sotto le sembianze di un dragone sporco e puzzolente, che emana un odore talmente nauseabondo da far morire il figlio del re, poi puntualmente resuscitato dallo stesso San Filippo.
La nota caratteristica è che il diavolo-dragone esce da una fessura apertasi in uno dei gradini dell’altare maggiore, lasciando intravedere una cavità dipinta dall’autore con una magistrale verosimiglianza, ed è proprio questa fessura la protagonista di questa storia.
Durante la lavorazione dell’opera infatti, Filippo Lippi si serviva del lavoro di alcuni allievi della sua bottega per la preparazione dei colori e dell’impasto dell’intonaco che precedeva la pittura “a fresco”.
Come tutti i pittori dell’epoca anche Filippino, durante la lavorazione, era gelosissimo delle proprie opere tanto da coprirle con dei grandi teli di canapa o di cotone per preservare i colori dagli sbalzi di temperatura e di umidità notturni ma soprattutto per evitare gli sguardi inopportuni da parte dei soliti curiosi.
Le opere infatti non dovevano essere mostrate al pubblico fino a che non fossero state ultimate e solamente i ragazzi di bottega avevano il permesso di stazionare liberamente nei paraggi durante i lavori di preparazione.
Filippino era solito ripagare la collaborazione di questi giovani artisti alla fine di ogni giornata con un soldo di paga e quello era sicuramente il momento più atteso da parte dei suoi allievi.
Ma un giorno uno degli allievi si ammalò; una banale influenza che però rischiava di far perdere al ragazzo la “ paga” settimanale.
Il giovane pensò allora di farsi sostituire dal fratellino più piccolo e gli spiegò tutto quello che avrebbe dovuto fare al suo posto: come sciogliere i colori, come impastare l’intonaco, come ripulire i pennelli, ma soprattutto quello che non avrebbe dovuta fare: niente disordine, niente confusione,non mangiare sul posto di lavoro, non danneggiare in alcun modo l’opera; il Maestro era severissimo a questo riguardo, un vero professionista.
Fu una lezione “in tempi brevissimi”, il piccolo ascoltò in gran silenzio e con attenzione tutte le raccomandazioni del fratello, del resto fino a quel momento non sapeva neanche che cosa fosse un pennello o una ciottola di colore.
La mattina seguente il giovane si presentò di buon’ora in Santa Maria Novella piuttosto impacciato e timido mentre Filippo Lippi era talmente assorto nella pittura che non si era neppure accorto di lui.
Una mattina il Maestro non si presentò al lavoro, alcune incombenze di carattere fiscale lo avevano trattenuto a Palazzo Vecchio mentre gli allievi continuavano a fare il loro lavoro come ogni mattina.
Arrivati sull’ora del desinare il piccolo garzone cominciò a sentire un certo languorino, lasciò i compagni e fece un salto a casa, che era poco distante dalla chiesa.
Ritornò poco dopo con una discreta fetta di pane con l’olio, tutta unta e condita con un pizzico di sale. L’olio gli colava lungo la mano ed il braccio fino a terra ed uno dei ragazzi gli ricordò che era assolutamente vietato mangiare e sporcare  sul posto di lavoro e che se fosse arrivato il Maestro sarebbe andato su tutte le furie; ma la fame era più forte e lui dette una scrollata di spalle  come risposta e continuò imperterrito a mangiare e ad ungere il pavimento proprio di fronte all’affresco. Ma proprio in quell’istante la sagoma di Filippo Lippi apparve dalla porta laterale della chiesa avanzando a grandi passi, il maestro sembrava desideroso di riprendere il proprio lavoro.
Il bimbo fu colto di sorpresa e istintivamente nascose il pane unto dietro la schiena sperando che il Maestro cambiasse direzione, ma quello si stava dirigendo a testa bassa diritto diritto proprio verso di lui. In un attimo il giovinetto venne preso dal panico, pensò all’inevitabile rimprovero del maestro ma soprattutto alla perdita del soldo di paga tanto desiderato; Filippo ormai era giunto a pochi passi ed a quel punto il povero ragazzo, con il cuore in gola, cercò disperatamente con lo sguardo intorno a sé un posto dove poter nascondere quella fetta di pane con l’olio per salvare il salvabile.
Per l’appunto vide proprio all’interno dell’affresco una fessura nel muro, un buco che sembrava sufficientemente  profondo per contenere il desinare ed in un attimo vi infilò il pane unto.
Ma quella fessura non era vera, era fasulla; in realtà non era altro che la cavità dipinta in modo molto realistico dal pittore, da dove era uscito il diavolo prima di essere esorcizzato e poi cacciato da San Filippo.
Il pane unto si spiaccicò sull’affresco e l’olio cominciò a colare lungo la parete dipinta, mentre un gelido silenzio calò su tutti i presenti.
Il piccolo si rese subito conto del clamoroso errore commesso e restò paralizzato dalla paura, gli allievi della bottega rimasero ammutoliti mentre il maestro, dopo un attimo di stupore, non riuscì a levare gli occhi dal quel pane e da quell’olio che avevano imbrattato una parte della sua opera.
Fu solo dopo alcuni lunghissimi ed interminabili secondi che Filippo Lippi guardò diritto negli occhi del ragazzo, gli mise una mano sulla piccola spalla e gli disse: “ Se sono stato capace d’ingannare un’anima innocente e pura come te allora vuol dire che l’ho dipinto proprio bene questo buco fasullo” e da quel giorno gli raddoppiò la paga!

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