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mercoledì 13 ottobre 2010

I GERMANI


I  GERMANI

Il territorio che si estende al centro dell’Europa, compreso grosso modo, tra il Reno e l’Oder, fu abitato anticamente da popoli di origine scandinava. Si hanno notizie più precise su questi popoli a cominciare dal primo secolo dell’era cristiana. I territori abitati per primi furono le rive del mare del Nord, sulle quali questi popoli erano sbarcati.
I motivi che li avevano spinti a emigrare verso sud non sono noti, ma possono essere facilmente intuiti. La parola “ Germani” in lingua celtica (cioè quella lingua che era parlata nel nord Europa) significa infatti “ uomini che innalzano il grido di guerra”. E’ quindi da supporre che i Germani fossero un popolo fiero e bellicoso, cacciato dai suoi luoghi di origine  da una coalizione di nemici stanchi delle loro continue incursioni.
Nel territorio in cui sbarcarono, trovarono un ambiente adatto allo stanziamento, tanto che vi si stabilirono definitivamente . Dal nome di quei primitivi popoli, il centro dell’Europa si chiamò Germania , terra dei Germani.
In un ambiente tanto difficile e inospitale , l’unica attività produttiva consisteva per gli antichi Germani nella pastorizia, praticata all’inizio in forme estremamente semplici.
L’esistenza durissima e la lotta per la sopravvivenza furono probabilmente i motivi che resero duro il carattere di questa gente. L’inclinazione alla violenza e lo scarso spirito d’iniziativa nel lavoro li rendeva poco graditi ai popoli confinanti che li consideravano barbari e nemici.. L’unica attività che riusciva a scuoterli dall’apatia e dall’ozio era quella guerriera.
Come elementare era la vita dei germani, altrettanto elementare era la loro religione. Gli dei protettori di questo popolo portavano nomi di origine assai controversa. Wotan, per esempio, sembra vocabolo che in antico significasse “ Vento” o “ Acqua” o forse anche “Furore” . Col passare dei secoli questo dio misterioso divenne il primo e il più importante tra tutti gli dei germanici. L’origine del nome non deve comunque sorprendere, dal momento che tutti i popoli primitivi hanno sempre avuto la tendenza a deificare i fenomeni più importanti della natura.
I Romani paragonarono Wotan al loro dio Mercurio, ma la somiglianza è assai forzata, se si pensa che il mercurio dei Romani era, per così dire, un dio di second’ordine, mentre Wotan era sempre raffigurato, dai popoli che l’adoravano, come la loro massima divinità.
Di quale tempra guerriera fossero dotati i germani ebbero modo di sperimentarlo anche i popoli della Gallia, stanziati presso l’attuale Belgio. Queste popolazioni , e precisamente gli Edui e i Sequani, erano in guerra fra loro. I Sequani, timorosi di venir sopraffatti, avevano chiesto aiuto al più grande e al più ambizioso tra i condottieri germanici, il capo del popolo Svevo,  Ariovisto. Egli non esitò ad accettare questo incarico che gli assicurava una posizione di vantaggio nei confronti degli altri condottieri e gli dava la possibilità di recitare una parte di primo piano  nelle vicende della Gallia. Dopo avere sconfitto gli Edui, egli fondò il suo regno nel territorio che corrispondeva grosso modo all’attuale Alsazia, provocando così lo spostamento degli Elvezi. Nella ricerca di un’altra sede essi chiesero ai Romani il permesso di passare attraverso il territorio dell’impero, cioè attraverso la Gallia Narbonese.
Spostamenti di questo genere erano in quel tempo assai frequenti, anzi di solito accettati di buon grado. Alla richiesta degli Elvezi, Cesare rispose in modo negativo. Egli infatti aveva capito che questo passaggio sarebbe stato troppo vantaggioso per Ariovisto, lanciato alla conquista della Gallia. <sconfisse quindi gli Elvezi in una veloce campagna che culminò nella battaglia di Bibracte.
L’obbiettivo principale restava comunque sempre Ariovisto, che costituiva un pericolo per la sua politica di espansione in Gallia.
Cesare non trascurò la possibilità di risolvere la contesa anche per via pacifica, ma ricevette un rifiuto sdegnoso dal superbo svevo . La guerra fu quindi inevitabile . Nell’anno 58 a.C. i due eserciti si scontrarono in una furibonda battaglia presso l’odierna Besancon. Le sorti del combattimento erano, dopo un intera giornata, assai incerto: il corpo a corpo in cui era sfociata questa tremenda battaglia stava anzi risolvendosi a vantaggio dei Germani. Fu in quel momento che Cesare giocò l’ultima carta: gettò nella terribile mischia le ultime riserve accampate su di un colle prospiciente il teatro della battagli, e vinse.
Essendo le loro attività agricole e pastorali assai modeste, ed essendo invece assai sviluppata la caccia, era logico che le abitazioni dovessero essere estremamente semplici, facilmente edificabili, in quanto dovevano essere abbandonate a ogni nuovo spostamento. La dimora essenziale dei Germani consisteva per lo più in una piccola capanna di paglia con il tetto a cupola.
Al centro del villaggio venivano celebrati i riti religiosi attorno ai simulacri delle divinità delle tribù.
I Germani tenevano in grande onore la donna, la quale seguiva il marito sia in pace che in guerra. La deferenza portata da questi popoli alle donne trova assai pochi esempi presso le altre popolazioni barbare o meno, ed assai insolito il fatto che un tale comportamento caratterizzasse un popolo così rude e prepotente.
L’aspetto degli uomini era imponente: di statura assai più alta e di corporatura più massiccia dei Romani, essi avevano generalmente capelli biondi e occhi chiarissimi. Nella battaglia erano soliti lanciar urla di guerra che incutevano terrore nei nemici. La popolazione di una medesima tribù era divisa in due classi: gli “ arimanni “, cioè uomini liberi e guerrieri, e gli “aldii”, privi di diritti politici, per lo più contadini.
L’esempio dei Sequani, che avevano chiesto aiuto ai Germani contro Roma, fu seguito ben presto da altre popolazioni , specialmente della Gallia Bellica, che mal sopportavano la dominazione romana. Chiamati quindi a costituire la forza d’urto principale contro l’inevitabile rivincita romana, gli Usipeti e i Tencteri invasero il territorio dei Menapii, alleati ai romani.
Cesare, senza indugio , decise di soffocare sul nascere questa nuova ribellione. Come era sua consuetudine, dopo avere tentato per vie pacifiche di imporre ai Germani di ripassare il Reno, diede battaglia in campo aperto. Il rancore dei romani, costantemente timorosi di vedersi soppiantare dai Germani in terra Gallica, era pari al furore germanico per ogni tipo di imposizione. La battaglia che ne seguì fu fra le più cruente e spietate di quel periodo. Da ambo le parti non furono risparmiate energie e ferocia. La mancanza di capi e di strateghi all’altezza di Cesare portò inevitabilmente i germani a una sconfitta sanguinosissima.
Cesare ebbe l’intuizione che era necessario dimostrare come le legioni romane erano capaci non soltanto di reprimere una rivolta ma anche di portare una guerra nello stesso territorio nemico. Più dunque per un motivo intimidatorio che per preciso disegno di conquista, egli stabilì di passare il Reno. Era il 56 a.C. e le sue truppe erano nel pieno del loro vigore . Con un incredibile rapidità Cesare fece costruire presso Colonia un ponte lungo mezzo chilometro sul quale passarono con grande pompa le sue legioni. La punizione cadde tremenda sul popolo dei Sicambri (di origine gallica) che incautamente avevano offerto ospitalità agli ultimi Usipeti e Tencteri fuggiaschi. Messi e villaggi furono incendiati e le popolazioni a stento riuscirono a trovare scampo nella fuga.
Dopo l’invasione dimostrativa di Cesare del 56 a.C. dovette passare quasi mezzo secolo prima che i Romani fossero costretti a pensare seriamente a un regolamento di conti con i bellicosi Germani. Ai tempi dell’imperatore Augusto , circa il 20 a.C. , la Gallia pacificata e progredita costituiva un importante risorsa economica per l’impero romano. Ogni minaccia quindi che i Germani avessero potuto portare a tale pacificazione rappresentava un pericolo mortale  per Roma..
L’imperatore Augusto, assieme al suo fedelissimo generale Agrippa, ideò pertanto un minuzioso piano di conquista che avrebbe dovuto stroncare definitivamente la bellicosità dei potenti vicini. Questo progetto però due seri impedimenti: uno costituito dalla morte prematura di Agrippa e poi del suo successore Druso, figliastro dello stesso Augusto; l’altro della enormemente accresciuta potenza delle genti germaniche, che fremevano di impazienza.
Se il piano di conquista studiato da Agrippa non potè da lui stesso essere portato a termine, trovò ugualmente in Druso un magnifico esecutore. Dal 12 al 9 a.C. questo giovanissimo generale ventiseienne, seguendo le indicazioni del suo predecessore  ma arricchendolo di sue personali intuizioni tattiche, riuscì a sconfiggere e a debellare le potenti stirpi germaniche, le quali non seppero costituire un fronte compatto contro l’invasione . La guerra, lunga e faticosa aveva due obbiettivi principali: la costituzione di cittadelle fortificate lungo tutto il corso del Reno e l’invasione della Germania dal nord. Pur con alterne vicende il piano ebbe attuazione: via via che l’invasione romana scendeva verso sud, trovava nelle fortificazioni renane l’indispensabile appoggio di uomini, materiali e vettovagliamenti che permettevano una rapida avanzata. Druso, dopo essere stato l’artefice principale della conquista germanica nel momento stesso in cui stava assaporando  la gloria del trionfo , morì prematuramente a causa di una banale caduta da cavallo.
Le sconfitte sul campo avevano risvegliato nei bellicosi germani un irrefrenabile spirito di rivincita. La difficoltà che più di ogni altra si era sempre dimostrata decisiva era stata la mancanza di un condottiero capace e coraggioso. Questo si rivelò quasi improvvisamente nella persona di Arminio, un giovane che era stato al servizio di Roma e che quindi conosceva a fondo tutto ciòche gli serviva per combattere ad armi pari. Nella selva di Teutoburgo, tra il Lippe e il Weser, avvenne l’atto definitivo della sconfitta romana in Germania: Arminio, con una mossa astutissima, proprio in quella foresta sorprese le legioni romane che vi erano di stanza e ne fece strage. Trentamila uomini, compreso il comandante Varo furono sterminati. Arminio diventò l’eroe nazionale germanico
Il colpo subito a Teutoburgo fu fatale a Roma. Augusto non osò più pensare a una conquista della Germania. La vittoria di Arminio segnò per i Germani una svolta decisiva. La divisione attuata poi da Tiberio del territorio romano in due distretti fu soltanto nominale. In pratica la Germania rimaneva fuori dal diretto controllo di Roma. Si veniva invece delineando in termini più probabili una possibile conquista dell’impero da parte dei Germani. Il sogno antico e mai spento di invadere i ricchi e invitanti territori oltre il Reno e al di la delle Alpi prendeva  ogni giorno più corpo nella loro fantasia. L’imperatore Domiziano ebbe, più dei suoi immediati predecessori, la netta percezione di questo pericolo: attuò quindi un piano di fortificazione su un fronte di oltre 540 chilometri, dal Reno al Danubio, che doveva contenere il pericolo di una possibile conquista. Questo limes, cioè muro fortificato, si dimostrò alla fine soltanto un espediente temporaneo. A fermare il nemico non era sufficiente un muro, occorrevano i soldati eroici e decisi.
In parte sconosciute sono le cause immediate che spinsero le popolazioni germaniche stanziate lungo il limes del Danubio a oltrepassare il confine ed a invadere l’Italia. Presumibilmente  furono altri spostamenti di popoli dal nord e da est verso sud che costrinsero queste popolazioni a uscire dal proprio territorio, superando quello che doveva essere il muro difensivo invalicabile dell’impero. Le genti germaniche, che si spostavano in massa con lunghi seguiti di donne, bambini, vecchi, assediarono la fortificata Aquileia. Sterminando le popolazioni che incontravano e razziando ogni cosa, giunsero fino al Piave. Aquileia conobbe così il primo dei suoi numerosi martiri, che più volte la distrussero a causa della sua posizione di porta verso la pianura padano-veneta. Sarebbero occorsi ben otto anni per consentire ai Romani di ricacciare i germani entro i loro confini. Tale successo fu possibile anche grazie agli accordi di buon vicinato che Roma stabilì con essi nel 175 d.C. L’impossibilità di spostarsi da un territorio all’altro, conseguente allo stanziamento cui erano costretti i Germani chiusi nei confini segnati dai romani, aveva portato come conseguenza un graduale sfruttamento della terra e il sorgere di piccole città
Il clima e il suolo erano ancora nemici duri da combattere, ma lentamente le necessità della sopravvivenza spinsero i popoli germani  a un progressivo incivilimento. Non furono estranee a questo progredire anche la vicinanza e la conoscenza di altri popoli più evoluti. Colo passare dei secoli anzi certe popolazioni uscirono dalla fase di organizzazione tribale e alla fine del IV secolo dopo Cristo fu possibile notare un assestamento quasi definitivo delle diverse popolazioni germaniche.
Il notevole aumento demografico però, e la pressione dei popoli potenti provenienti dall’est, produssero il fenomeno migratorio chiamato in lingua tedesca moderna, volkerwanderung (trasmigrazione dei popoli).

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