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giovedì 5 dicembre 2013

GIANISMO (Religione induista)

GIAINISMO


Dottrina dei jaina , seguaci di Jina . Religione dell’India risalente a Vardhamana (detto anche Mahavira, Grande Eroe) , la cui eterodossia consiste nella ricerca di una salvezza extramondana o antimondana, mentre la tradizione politeistica indiana tende, come tutte le religioni etniche, al conseguimento di un ordine e di una salvezza mondani.
I Giainismo  è sorto nella stessa epoca (secolo VI a. C.) e nella stessa regione dell’India settentrionale in cui è nato il Buddismo e risponde alle stesse esigenze soteriologiche buddiste. Entrambe le soteriologie si svolgono da una tradizione d’ascesi, di rinuncia e di meditazione, che costituiva a quell’epoca l’estremo sviluppo di un lungo processo d’interpretazione dell’antica religione Vedica. La differenza con l’ascesi tradizionale si rileva segnatamente negli scopi: mentre per la tradizione l’ascesi era un mezzo per raggiungere il dovuto rapporto con l’universo, il Giainismo , come il Buddismo, mira allo scioglimento di ogni rapporto, teorizzato come liberazione dal Barman , una specie di forza che si acquisisce vivendo ( e agendo) e che determina il modo d’essere al mondo in un inesauribile ciclo di rinascite.
A questo punto si fa rilevante la differenza tra il buddismo e il giainismo:il conseguimento della perfezione (nirvana, siddhi) , ossia l’eliminazione del Karman, per il buddismo comporta l’annullamento dell’individualità, mentre per il giainismo consiste nella purificazione del soggetto, fino alla costituzione di una nuova personalità.
L’oggetto principale della teoria guaina diventa proprio l’anima individuale, la sua sostanza originaria , la realtà materiale o mondana che la modifica in senso negativo, le sue possibilità di recupero. E’ una teoria che si esprime in un complesso sistema naturalistico che per semplicità qui riduciamo a una specie di dualismo tra anima (jiva, vita) e materia (con cui viene in un certo senso identificato il Karman). La materia penetra l’anima dando origine così al corpo Karmico, ossia alla personalità mondana. La pratica delle regole dettate dal Jina, tra cui la più importante è il divieto di uccidere  qualsiasi essere vivente , uomo o animale  che sia ( ahimsa) , è l’unico modo con cui l’anima  può liberarsi dalla materia  che l’ha compenetrata  e ritrovare l’integrità originaria . Questa liberazione purificazione  avviene per gradi.
 Il canone guaina ne ha elaborati 14: nei primi tre gradi l’anima è priva di ogni conoscenza, donde deriva un comportamento ingiusto  o  Karmico; il quarto grado è quello della conoscenza e del comportamento adeguato : è anche il grado degli dei che però, per progredire verso la perfezione, debbono rinascere come uomini ; infatti soltanto le rinunce umane (che cioè  gli dei non possono praticare)  conducono al quinto grado, che è quello del monaco; l’ascesi monastica  conduce ai gradi successivi  fino all’arresto del Karman, ossia all’arresto  della penetrazione della materia  nell’anima (undicesimo grado ) ; di qui comincia  l’eliminazione del Karman precedentemente accumulato, fino a che si raggiunge il tredicesimo grado e si diventa Tirthakara (precursori) onniscienti e maestri di verità ; il quattordicesimo grado  lo raggiunge un Tirthakara alla sua morte : libera dal corpo , la sua anima raggiunge le altre che si sono salvate , in un cielo superiore  a quello in cui risiedono gli Dei.
Questa lunga via per la salvezza si compie in una grandissima serie di vite e presenta anche la possibilità di cedimenti al Karman, , e quindi di un regresso ai gradi inferiori , per cui in ogni ciclo cosmico (computato in bilioni o trilioni di anni) solo 24 persone diventano Tirthakara o Jina .
Il riconoscimento dell’individualità personalità delle anime impedisce a lGiainismo di realizzare la piena fuga dalla storia in senso Buddista anche se tendenzialmente  persegue questo stesso scopo in quanto il Karman , di cui ci si deve liberare, può essere inteso nel senso occidentale  di storia. Ma il residuo storico viene in qualche modo eliminato mediante la concezione  di un divenire ciclico ripetente schemi rigidi: ogni ciclo si compone di sei fasi discendenti (con peggioramento delle condizioni di vita) e sei ascendenti (con miglioramento graduale) , ossia il bene e il male non sono estemporanei o accidentali, ma sono dosati secondo un rigido schema. Comunque , a parte la teoria, la pratica guaina consegue, tanto quanto il buddismo , la fuga dalla storia, prescrivendo tutta una serie di rinunce e lodando l’inazione assoluta, quella mediante la quale si può giungere al suicidio per inedia.
La storia del giainismo si identifica con quella delle varie sette, diversamente orientate dai vari pensatori. A partire dal secolo III il giainismo si diffonde nell’india meridionale e si stabiliscono due rami, il settentrionale e il meridionale con tradizioni che si vanno sempre più differenziando fino allo scisma del 79 a.C., che consacra la suddivisione del corpo guaina in due parti: a nord gli Svetambara ( vestiti di bianco) e a sud i Digambara  (vestiti di aria, ossia nudi) , caratterizzati da un maggiore rigorismo. Dopo un millennio circa i Digambara scompaiono dalla scena , travolti dalla penetrazione islamica e dalle persecuzioni induiste (sivaisti, visnuisti);  gli Svetambara, più accomodanti, resistono e portano il giainismo fino ai nostri giorni. In pratica il giainismo viene però ad integrarsi nell’induismo, esprimendosi in una pratica culturale che non si differenzia gran che da quella induista politeistica.

Sorgono templi fastosi, si venerano i Tirthakara quasi come divinità, si accetta l’opera di brahmani nell’esecuzione di riti . Oggi il giainismo costituisce un esigua minoranza rispetto a tutta la popolazione indiana, ma importante essendocomposta in gran partesi appartenenti alla classe dirigente. Questa selezione classista  è dovuta alla stessa teoria guaina, che per la meccanica delle rinascite , ha mantenuto la divisione  in caste della tradizione indiana  (nascere in una casta più elevata significa aver compiuto un passo avanti  nella via della salvezza ): ma anche alla pratica  che non permette , per esempio , a un contadino  di rispettare rigorosamente  l’Ahimsa (arando, potrebbe uccidere un verme)

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