RELIGIONE CRETESE
Alla fertilità della terra i
Cretesi dovevano gran parte del loro benessere, alla terra, dono inesauribile
di vita, essi dunque credevano come l’unica divinità. La dea della terra, forse
l’unica divinità di Creta, era la “ dea
madre” , simbolo della fertilità e dell’abbondanza. Essa non veniva onorata
con templi grandiosi , ma era oggetto di un culto profondamente sentito, che si
esprimeva in modi semplici e ingenui, in
armonia con il carattere dei suoi fedeli . In ogno casa vi erano dei piccoli
sacrari, dove venivano collocati simulacri scolpiti raffiguranti la dea
atteggiata in diversi modi. Da questo fatto derivò forse l’opinione che diverse
fossero le divinità cretesi: la dea madre, la dea dei serpenti, la dea del vino
e così via. Il fatto però che tutte fossero femminili fa pensare invece a
un’unica dea, alla quale si attribuivano poteri diversi e quindi raffigurazioni
e culti leggermente differenziati. Al di fuori della casa, la divinità aveva i
suoi luoghi di culto in ambienti del tutto naturali: nel fitto dei boschi ,
sulle cime delle montagne, nelle grotte. Ricche di particolare suggestione
erano queste ultime; il mistero che vi aleggiava era favorito dalle magiche
penombre, dalle profond e eco sonore, dallo sgocciolare lento ma continuo di acque che andavano poi a
creare sul terreno misteriosi riflessi. Nelle grotte sacre il contatto con la
natura, e quindi con la dea che ne era il simbolo, diventava più immediato e
diretto, suggeriva gesti solenni e allo stesso tempo carichi di interiore
sentimento, favoriva il senso del divino, del magico, del supremo. Erano gesti
che stavano a significare un omaggio personale al quale non era indispensabile
un intermediario.
Le sacerdotesse puer presenti nel
culto religioso cretese, non avevano infatti
quei caratteri di esclusivo monopolio del sacro, tipici invece di molte
altre religioni. Tra i singoli e la divinità il rapporto era diretto, spontaneo
e soprattutto sincero. Le stesse offerte votive che i fedeli portavano alla
divinità erano espressioni di questa fede religiosa fatta di sentimenti
semplici: si trattava in prevalenza di prodotti del lavoro.
Ricche di animazione e di gaiezza
erano invece le feste del raccolto. E’ vero che anche queste avevano uno sfondo
religioso, nel senso che servivano come ringraziamento alla dea madre per le
messi avute in dono, ma rappresentavano soprattutto delle felici occasioni per
riunirsi nella gioia e nella gaiezza, per esprimere coralmente quel senso di
felicità che era la caratteristica più evidente del sentimento popolare.
Possiamo facilmente immaginare i preparativi per la processione del raccolto:
dalla campagna, numerosi affluivano i giovani
che sarebbero stati i protagonisti della festa; al loro seguito vi era
l’immancabile codazzo di ragazzini curiosi.
Nel frattempo anche le persone più anziane , sbrigate le quotidiane incombenze
, si affrettavano a prendere posto nei
loggiati del palazzo o lungo le vie per le quali sarebbe passato il corteo . Quando il sole
era alto aveva inizio la cerimonia . Le
strade brulicavano di gente , i loggiati delle case erano gremiti di folla
lieta ed esultante . Il corteo era aperto da quattro cantori, immediatamente
seguiti da un suonatore e danzatore, il quale, eseguendo piroette a tempo di
danza , dava il tempo ai cantori e guidava al massa dei giovani che lo seguivano. Alla testa di questi vi era
un proprietario terriero; il vestito del nobile personaggio era costituito da
una cotta di cuoio formata da tante scaglie tondeggianti e terminate in una
frangia : era forse il simbolo di una autorità
e di un potere accettati pacificamente da tutti . I giovani contadini ,
che formavano il grosso del corteo , procedevano in modo bizzarro , senza una
regola fissa , agitando fasci di spighe , simbolo della loro fatica quotidiana,
ma anche della loro vita semplice e serena.
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