geronimo

mercoledì 13 marzo 2013

CERTOSA DI SERRA SAN BRUNO (Calabria)


4)  Itinerari della fede
CERTOSA  DI SERRA SAN BRUNO
Luogo di contemplazione lungo il cordone verde che unisce la Sila all’Aspromonte, a 800 metri d’altezza, si erge l’altopiano dove sorge la secolare abbazia.
Un particolare accoglie i visitatori: “ingredatiur gens iusta”, entri il popolo giusto, alla ricerca di un alloggio per dare alla luce Gesù

Lungo il cordone verde che unisce la Sila all’Aspromonte, in una terra di fiumare e scorci selvaggi, di carbonai ed eremiti, si erge il silenzioso altopiano di Serra San bruno. Scelto dieci secoli fa da Bruno di Colonia, la certosa di Serra San bruno si trova nella Calabria centro-meridionale, a circa 800 metri di altezza, ed è inaccessibile in ogni sua parte meno che nel museo.
Una storia travagliata: Nato a Colonia nel 1030, Bruno studiò in Francia, alla scuola capitolare di Reims. Maturata la vocazione, distribuì i suoi averi ai poveri e andò all’abbazia di Molesnes, allora governata da San Roberto, uno dei fondatori dei cistercensi . Qualche anno dopo, con sei compagni fondò il primo monastero a Grenoble nel cuore di un massiccio che si chiamava Certusia da cui deriva il termine italiano certosa. Lì, consapevole che l’esistenza vera si trovava altrove, Bruno diede inizio alla solitaria vita certosina. Dalla quale si distaccò per la chiamata di papa Urbano II che lo voleva a Roma. La Certosa di Calabria, che porta il suo nome, è il luogo in cui ha vissuto gli ultimi anni della sua vita ed è poi morto.
Richiamati a Serra all’inizio del 1500 dal Papa a custodire le ossa del fondatore, i monaci non hanno avuto vita facile: subiti i danni del terremoto del 1783, a seguito del quale il chiostro, la chiesa, le cappelle private e le celle furono completamente rifatte, vennero espulsi nei primi anni dell’800 da Napoleone. Con l’Unità d’Italia il complesso passò al Comune di Serra, prima che, nel 1887, la casa madre dell’ordine certosino la riacquistasse per dar via alla ricostruzione, ultimata nel 1894.
Il cuore della Certosa: Da un campanile con l’orologio si ha accesso al chiostro quadrangolare, che occupa una superficie di circa 640 metri quadrati ed è ripartito in quattro settori che ripropongono il ritmo della giornata tipica di un certosino, identificati mediante nomi di fiumi: Phison (lectio), Tigri (oratorio), Gyion (meditario), Eufrate (contemplatio). Uno dei settori ospita un cimitero: trentatré nude croci senza iscrizioni ricordano i monaci che lì, senza bara, vengono seppelliti vestiti della loro tunica. Il giorno dei funerali è un giorno di festa e la comunità esprime la propria gioia per il monaco che ha raggiunto la meta della sua esistenza mangiando insieme nel refettorio. Dal chiostro si accede al complesso del priorato, che comprende un ufficio, il refettorio, le cucine e la biblioteca. Quest’ultima, composta da cinque sale, è ricca di volumi teologici e patristici, ma anche di letteratura, storia, scienze e geografia, giunti in certosa dopo la ricostruzione di inizio 900: circa 30mila in totale.
Il mondo in una cella: Dal grande chiostro si diramano l’abitazione del priore e le tredici celle dei monaci, ciascuna struttura su due piani . Al piano superiore si accede ad un anticamera detta “ Ave Maria” perché spiega il priore Dom Jacques Dupont, “solitamente vi si trova una statua della Vergine e anche perché il monaco quando torna dalla chiesa, qui si inginocchia e recita una preghiera alla Madonna” . Nella stanza successiva, detta cubiculum, il letto, un tavolo e l’angolo per la preghiera. In questo ambiente, prosegue Dom Jacques, “ ciascun monaco  trascorre venti ore al giorno, tranne quando ci si ritrova in chiesa per la preghiera e la domenica quando ci sono più momenti comunitari. Qui se non c’è la presenza del Signore si ha difficoltà a vivere, ammette, ma un monaco entra qui proprio per vivere una stretta amicizia con Gesù. Il segreto della nostra vita è condividere la vita con Lui, solo così non si viene schiacciati da queste mura”.
Nella parte inferiore della cella vi è un laboratorio dove due tre ore al giorno ogni monaco lavora con le sue mani, in modo da evitare il rischio di isolarsi dimenticando gli altri, o di stare in un mondo totalmente immaginario: “ Al di là dell’esercizio fisico e della distensione all’aria aperta, aggiunge, la cura del verde ha un significato teologico. Il giardino è il luogo in cui Dio aveva messo Adamo, prima che finisse nel deserto. Ed è dal deserto che Dio ci chiama per farci ritornare nel giardino, che sarà il paradiso: ciascuno deve trasformare il suo deserto in giardino.
La chiesa conventuiale: E’ una scultura in pietra bianca raffigurante San bruno intento a meditare che accoglie, sul sagrato, il visitatore che accede alla chiesa del convento. La statua proviene dalla facciata della distrutta certosa, oggi fatiscente così come è stata lasciata dal terremoto. La chiesa nuova, dove i padri si radunano tre volte al giorno per pregare, viene aperta al pubblico solo due volte l’anno., il lunedì dopo Pentecoste in ricordo della traslazione delle reliquie dall’eremo di Santa Maria alla certosa, e il 6 ottobre, quando il busto reliquario di San Bruno, abitualmente posto sull’altare, in occasione della così detta “gita del santo”, che dura una settimana, viene portato fuori.
Sul busto in argento, protetto oggi da una calotta di plexiglass sono visibili delle ammaccature, provocate dal lancio votivo di confetti, simbolo di fertilità e abbondanza, da parte dei fedeli in occasione dei festeggiamenti del 6 ottobre. Un grande rosone sovrasta il portale d’ingresso e due semitorri  fiancheggiano i lati dell’edificio a navata unica con l’abside caratterizzato da motivi neogotici. Dalla sagrestia, che originariamente era una cappella dedicata a Sant’Anna e apparteneva alla chiesa cinquecentesca distrutta dal terremoto, si accede al cortile della meridiana, un giardino all’italiana con la fontana.
Visita virtuale: Dal momento che la certosa non è visitabile, è stato realizzato all’interno delle mura del monastero, ma isolato dalla clausura, un Museo che dal 1994 aiuta il visitatore ad avere un’idea di come è fatta la struttura e gli consente di entrare in contatto con l’esperienza dei monaci. Quella proposta, spiega il direttore Fabio Tassone, “ è una sorta di visita virtuale e, nel contempo, un percorso spirituale attraverso l’esperienza di fede che ancora oggi continua nello stesso sito da circa 900 anni “. Attraverso apparati descrittivi e multimediali, che si sviluppano in 20 stanze su un unico piano di 1200 metri quadrati, e grazie alla ricostruzione degli ambienti del monastero, “ si conduce chi visita il Museo all’esperienza del silenzio e della contemplazione per come vengono vissuti nell’esperienza certosina”.

Il mistero della vita certosina.
Un’esistenza speciale, quella dei monaci. Dei tredici che vivano nella Certosa, il più giovane ha 50 anni e il più anziano 70 (al 2013) , non mangiano mai la carne, e in alcuni periodi nemmeno i latticini. Senza televisione né radio, la comunità viene informata sulla vita della chiesa e su ciò che succede nel mondo attraverso i settimanali e dal priore sulle notizie dei quotidiani.

Come arrivare a Serra Bruno:
In auto percorrere l’autostrada A3 Salerno Reggio Calabria e uscire a Pizzo Calabro se provenienti da nord, a Serra se provenienti da sud. Imboccare la strada statale 110 fino a Serra San bruno.


Nessun commento:

Posta un commento