4) Itinerari della fede
CERTOSA DI SERRA SAN BRUNO
Luogo
di contemplazione lungo il cordone verde che unisce la Sila all’Aspromonte, a
800 metri d’altezza, si erge l’altopiano dove sorge la secolare abbazia.
Un
particolare accoglie i visitatori: “ingredatiur
gens iusta”, entri il popolo giusto, alla ricerca di un alloggio per dare
alla luce Gesù
Lungo
il cordone verde che unisce la Sila all’Aspromonte, in una terra di fiumare e
scorci selvaggi, di carbonai ed eremiti, si erge il silenzioso altopiano di
Serra San bruno. Scelto dieci secoli fa da Bruno di Colonia, la certosa di
Serra San bruno si trova nella Calabria centro-meridionale, a circa 800 metri
di altezza, ed è inaccessibile in ogni sua parte meno che nel museo.
Una storia
travagliata: Nato
a Colonia nel 1030, Bruno studiò in Francia, alla scuola capitolare di Reims.
Maturata la vocazione, distribuì i suoi averi ai poveri e andò all’abbazia di
Molesnes, allora governata da San Roberto, uno dei fondatori dei cistercensi .
Qualche anno dopo, con sei compagni fondò il primo monastero a Grenoble nel
cuore di un massiccio che si chiamava Certusia da cui deriva il termine
italiano certosa. Lì, consapevole che l’esistenza vera si trovava altrove,
Bruno diede inizio alla solitaria vita certosina. Dalla quale si distaccò per
la chiamata di papa Urbano II che lo voleva a Roma. La Certosa di Calabria, che
porta il suo nome, è il luogo in cui ha vissuto gli ultimi anni della sua vita
ed è poi morto.
Richiamati
a Serra all’inizio del 1500 dal Papa a custodire le ossa del fondatore, i
monaci non hanno avuto vita facile: subiti i danni del terremoto del 1783, a
seguito del quale il chiostro, la chiesa, le cappelle private e le celle furono
completamente rifatte, vennero espulsi nei primi anni dell’800 da Napoleone.
Con l’Unità d’Italia il complesso passò al Comune di Serra, prima che, nel
1887, la casa madre dell’ordine certosino la riacquistasse per dar via alla
ricostruzione, ultimata nel 1894.
Il cuore della
Certosa: Da un
campanile con l’orologio si ha accesso al chiostro quadrangolare, che occupa
una superficie di circa 640 metri quadrati ed è ripartito in quattro settori
che ripropongono il ritmo della giornata tipica di un certosino, identificati
mediante nomi di fiumi: Phison (lectio), Tigri (oratorio), Gyion (meditario),
Eufrate (contemplatio). Uno dei settori ospita un cimitero: trentatré nude
croci senza iscrizioni ricordano i monaci che lì, senza bara, vengono
seppelliti vestiti della loro tunica. Il giorno dei funerali è un giorno di
festa e la comunità esprime la propria gioia per il monaco che ha raggiunto la
meta della sua esistenza mangiando insieme nel refettorio. Dal chiostro si
accede al complesso del priorato, che comprende un ufficio, il refettorio, le
cucine e la biblioteca. Quest’ultima, composta da cinque sale, è ricca di
volumi teologici e patristici, ma anche di letteratura, storia, scienze e
geografia, giunti in certosa dopo la ricostruzione di inizio 900: circa 30mila
in totale.
Il mondo in una
cella: Dal
grande chiostro si diramano l’abitazione del priore e le tredici celle dei
monaci, ciascuna struttura su due piani . Al piano superiore si accede ad un
anticamera detta “ Ave Maria” perché spiega il priore Dom Jacques Dupont,
“solitamente vi si trova una statua della Vergine e anche perché il monaco
quando torna dalla chiesa, qui si inginocchia e recita una preghiera alla
Madonna” . Nella stanza successiva, detta cubiculum, il letto, un tavolo e
l’angolo per la preghiera. In questo ambiente, prosegue Dom Jacques, “ ciascun
monaco trascorre venti ore al giorno,
tranne quando ci si ritrova in chiesa per la preghiera e la domenica quando ci
sono più momenti comunitari. Qui se non c’è la presenza del Signore si ha
difficoltà a vivere, ammette, ma un monaco entra qui proprio per vivere una stretta
amicizia con Gesù. Il segreto della nostra vita è condividere la vita con Lui,
solo così non si viene schiacciati da queste mura”.
Nella
parte inferiore della cella vi è un laboratorio dove due tre ore al giorno ogni
monaco lavora con le sue mani, in modo da evitare il rischio di isolarsi
dimenticando gli altri, o di stare in un mondo totalmente immaginario: “ Al di
là dell’esercizio fisico e della distensione all’aria aperta, aggiunge, la cura
del verde ha un significato teologico. Il giardino è il luogo in cui Dio aveva
messo Adamo, prima che finisse nel deserto. Ed è dal deserto che Dio ci chiama
per farci ritornare nel giardino, che sarà il paradiso: ciascuno deve trasformare il suo deserto in giardino.
La chiesa conventuiale: E’ una scultura in pietra bianca
raffigurante San bruno intento a meditare che accoglie, sul sagrato, il
visitatore che accede alla chiesa del convento. La statua proviene dalla
facciata della distrutta certosa, oggi fatiscente così come è stata lasciata dal
terremoto. La chiesa nuova, dove i padri si radunano tre volte al giorno per
pregare, viene aperta al pubblico solo due volte l’anno., il lunedì dopo
Pentecoste in ricordo della traslazione delle reliquie dall’eremo di Santa
Maria alla certosa, e il 6 ottobre, quando il busto reliquario di San
Bruno, abitualmente posto sull’altare, in occasione della così detta “gita del
santo”, che dura una settimana, viene portato fuori.
Sul
busto in argento, protetto oggi da una calotta di plexiglass sono visibili delle
ammaccature, provocate dal lancio votivo di confetti, simbolo di fertilità e
abbondanza, da parte dei fedeli in occasione dei festeggiamenti del 6 ottobre.
Un grande rosone sovrasta il portale d’ingresso e due semitorri fiancheggiano i lati dell’edificio a navata
unica con l’abside caratterizzato da motivi neogotici. Dalla sagrestia, che
originariamente era una cappella dedicata a Sant’Anna e apparteneva alla chiesa
cinquecentesca distrutta dal terremoto, si accede al cortile della meridiana,
un giardino all’italiana con la fontana.
Visita virtuale: Dal momento che la certosa non è
visitabile, è stato realizzato all’interno delle mura del monastero, ma isolato
dalla clausura, un Museo che dal 1994 aiuta il visitatore ad avere un’idea di
come è fatta la struttura e gli consente di entrare in contatto con
l’esperienza dei monaci. Quella proposta, spiega il direttore Fabio Tassone, “
è una sorta di visita virtuale e, nel contempo, un percorso spirituale
attraverso l’esperienza di fede che ancora oggi continua nello stesso sito da
circa 900 anni “. Attraverso apparati descrittivi e multimediali, che si
sviluppano in 20 stanze su un unico piano di 1200 metri quadrati, e grazie alla
ricostruzione degli ambienti del monastero, “ si conduce chi visita il Museo all’esperienza
del silenzio e della contemplazione per come vengono vissuti nell’esperienza
certosina”.
Il mistero della vita certosina.
Un’esistenza speciale, quella dei
monaci. Dei tredici che vivano nella Certosa, il più giovane ha 50 anni e il
più anziano 70 (al 2013) , non mangiano mai la carne, e in alcuni periodi
nemmeno i latticini. Senza televisione né radio, la comunità viene informata
sulla vita della chiesa e su ciò che succede nel mondo attraverso i settimanali
e dal priore sulle notizie dei quotidiani.
Come
arrivare a Serra Bruno:
In
auto percorrere l’autostrada A3 Salerno Reggio Calabria e uscire a Pizzo
Calabro se provenienti da nord, a Serra se provenienti da sud. Imboccare la
strada statale 110 fino a Serra San bruno.
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