N°3) Itinerari, luoghi della fede
ABBAZIA DI MARIENBERG
Abbracciata
dal verde della foresta, è una goccia bianca tra le montagne della Val Venosta,
in Sudtirol. Pace, serenità e aria buona.
E’
il convento benedettino più alto d’Europa: a 1300 metri di quota, nel cuore
dell’Alto Adige Sudtirol, incastonato nel Monte di Maria, è sempre stato un
vero e proprio faro per tutta la valle e fa tutt’oggi da crocevia tra Italia,
Svizzera e Austria.
Un po’ di storia: Eretta nel XII secolo, grazie
ad una donazione da parte dei nobili Tarasp, un’antica famiglia svizzera,
l’abbazia di Marienberg, dietro le sue alte mura bianche di calce che la
rendono simile ad una fortezza, è uno dei centri di fede, scienza e arte più
importanti del Vecchio Continente.
Il
complesso dell’abbazia, di proprietà della congregazione benedettina svizzera,
sorge dove un tempo c’era una cappella dedicata alla Vergine. Racchiude la
chiesa, la cripta, un giardino ed un chiostro, costruito in epoca barocca e
decorato da affreschi di Jacob Dreher. L’ordine fu fondato intorno al 1090
nella bassa Engladina a Scuol, in Svizzera, dai nobili fratelli Eberhard e
Ulrich I di Tarasp. A causa di avvenimenti avversi, i monaci benedettini furono
poi costretti a cambiare sede per trasferirsi qui nel 1146.
Prima
di divenire un convento dove oggi vive una comunità di 13 monaci seguendo la
regola dell’ora et labora, la struttura ha ospitato un ginnasio, fondato nella
prima metà del XVIII secolo dai monaci di Merano. Nonostante numerosi incendi,
i saccheggi e la chiusura dell’abbazia in epoca napoleonica e fascista,
Mariemberg è rimasta un luogo mistico e ricco di tesori, tra cui le reliquie di
santa Emerenziana, onorata dal 1630 come seconda patrona della chiesa del
convento. Accedendo al cortile, abbiamo da una parte l’economato e il museo,
dall’altra i luoghi della preghiera e un antico mulino dove in passato i monaci
concretizzavano la regola con il lavoro manuale.
Oggi
i consacrati si dedicano all’attività pastorale nelle parrocchie di Burgusio
e Slinga, ma anche alla cura spirituale dei pellegrini. “ Chi viene qui,
spiega padre Martin Angerer, archivista dell’Abbazia, cerca la pace,
l’atmosfera e l’aria buona.
La chiesa
conventuale: Risalente
al XII secolo, la chiesa romanica a tre navate è stata trasformata nell’attuale
forma barocca mediante interventi voluti dall’Abate Jiakob Grafinger nel 1643 e
nel 1648. La chiesa conventuale, dedicata a Nostra Signora, è l’unico esempio
in Val Venosta, di Basilica a pianta
rettangolare con tre navate separate da colonne. In passato le navate erano
addirittura cinque, ma le due a est sono state separate e trasformate in coro,
sacrestia e cappella dell’abate. Pregevole il campanile a bulbo e il portale
romanico del 1200 con la bella madonna nel timpano dell’arco e
all’interno gli affreschi e gli stucchi nello stile della scuola di Wessobrunn.
Dal XIX secolo, esclusi alcuni interventi risanatori dei danni arrecati dopo la
chiusura in era napoleonica, l’edificio non ha subito modifiche rilevanti. Il
quadro dell’altare maggiore, cos’ come il pulpito, appartengono all’arredo
originario. Sopra la chiave d’arco, a mo’ di promemoria, è possibile ammirare
otto grandi statue raffiguranti i fondatori ed i santi appartenenti all’ordine,
ciascuno con i segni con cui vengono raffigurati. Pertanto della parete nord
della navata centrale, si vedono San bruno, fondatore dei cartesiani, col libro
a teschio, San Domenico di Clairvaux dei cistercensi con gli strumenti della
passione di Cristo e San Benedetto con la coppa avvelenata, il corvo e il pane.
Sul lato sud, si trovano le nicchie di Sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei
gesuiti, con il libro e l’ostensorio, San Francesco con il teschio ed il
crocifisso, San Norberto, fondatore dei premostratensi , con il ciborio,
Sant’Agostino con il bastone vescovile e un bambino.
La Cripta: Rimasta intatta nel corso della
travagliata storia dell’Abbazia, è la parte più antica dell’intero edificio.
Scavata nella roccia, con i suoi affreschi romanici dagli influssi bizantini
raffiguranti angeli che invitano alla preghiera è il più significativo
monumento romanico nel Tirolo. Il vano nascosto, seminterrato, è incassato
nella roccia con vista dall’abside sulla vallata ed è circondato da muraglioni
di pietra. Consacrata nel 1160 dal beato Agalgod, vescovo di Coira,
inizialmente la cripta era dedicata al culto. Vi si celebravano le messe e vi
si recitavano le preghiere corali. Oltre all’Abside, dedicata alla Santissima
Trinità, alla madre di Dio e a tutti i santi, ci sono tre altari dedicati ai
santi Pietro e Paolo, alla Maddalena, a Martino e Niccolò. Dal 1643 fu adibita
a luogo di sepoltura dei monaci e per questa ragione gli affreschi, anonimi,
non sono stati visibili fino alla rimozione degli inserti tombali, avvenuti nel
1980. Le volte, ad altezza d’uomo, consentono una visione ravvicinata dei dipinti,
nei quali cromaticamente prevale il blu. Ottenuto dalla pregiata polvere di
lapislazzuli.
Cristo in trono e
l’annuncio della parola:
Nella volta dell’abside della cripta domina, avvolta da una mandorla di luce,
la figura di Cristo pantocrator, ossia sovrano di tutte le cose, in gloria tra
angeli e santi.
Gesù
irrompe nell’eternità seduto su un arcobaleno, con un libro aperto e la mano
benedicente. L’affresco rimanda l’annuncio della parola. Il figliod i Dio è
circondato dagli angeli e dagli animali simbolo degli evangelisti: leone
(Marco), toro (Luca), angelo (Matteo) e aquila (Giovanni).
A
differenza degli angeli, che poggiano i piedi su panchette colorate, gli
evangelisti, così come Paolo e Pietro, sono senza base. Sono adagiati su una
fascia marrone decorata con piante che richiamano la sfera terrena. A fare
direttamente riferimento al convento è la raffigurazione nella nicchia della
finestra absidale, delle due martiri Santa Panafreta e Climaria, le cui
reliquie furono trasportate da Colonia a Maienberg da Ulrich III di Tarasp,
benefattore del convento.
La
cripta, visitata da Papa Benedetto XVI l’11 agosto del 1980 quando era ancora
il cardinale Joseph Ratzinger, è adoperata oggi solo per le preghiere dei
monaci.
D’inverno
è chiusa, ma da giugno a ottobre, dal lunedì al sabato, è possibile assistere
alla celebrazione dei Vespri.
La stanza dei
principi: Segno
tangibile del rinnovamento spirituale e, al tempo stesso, dello sviluppo
economico vissuto dall’abbazia nella prima metà del Seicento, la stanza dei
principi è interamente ricoperta di affreschi in stile tardo rococò commissionati
dal prelato Franz Maria Dinsl. Si tratta del luogo in cui venivano accolte le
grandi personalità. Non mancano i riferimenti alla fede e alla spiritualità.
Gli
affreschi raffigurano i vari momenti della giornata: la mattina con il sole che
sorge, l’ora media con il sole in alto, la sera con il tramonto, e la notte con
la luna, le stelle e gli angeli che vegliano sul riposo delle persone. Il
risultato è quasi una catechesi per immagini concepita per ricordare i momenti
principali della preghiera che scandiscono la giornata dei monaci.
Il Museo di
Marienberg:
Conserva
la casula in lino ricamato di Uta Von Tarasp, che morì monaca a Gerusalemme, e
la cronaca del monaco Goswin, che rappresenta la principale fonte storica sui
primi 200 anni del convento. Il museo dell’abbazia di Marienberg, sorto nel
2007, cui si accede dal pianterreno, è progettato in modo che si possa visitare
senza guida. Tutte le descrizioni e i filamti sono bilingui, spiega la
direttrice Annemarie Schwarz.
La
prima stanza è dedicata a San benedetto, Nella seconda ci si può fare un’idea
della vita quotidiana dei monaci qui a Marienburg sia tramite un filmato, sia
mediante l’osservazione di diversi oggetti.
Lungo
il corridoio si trova una tavola cronologica con i più importanti avvenimenti
della storia abbaziale. Con l’aiuto dei travetti bianchi, si può vedere il
numero di monaci presenti nel convento durante gli anni. Le sorprese non
finiscono qui. Per centinaia di anni i monaci hanno raccolto con cura e
assiduità gli oggetti più diversi, li hanno ordinati e custoditi. Oggi
possiedono una collezione di minerali che conta ben mille pezzi, provenienti
per la massima parte dalle regioni del Nord e Sud Tirol e del Cantone dei
Grigioni, prosegue la direttrice, presentando l’esposizione dal pregevole gusto
estetico e dalla notevole importanza scientifica.
La
collezione di materiale didattico, aggiunge, comprende minerali provenienti da
tutto il mondo e una grande quantità di modelli per la dimostrazione e gli
esercizi dei sette sistemi cristallografici.
Come raggiungere
l’abbazia: In auto, imboccare l’autostrada A22 direzione Brennero, uscire a
Bolzano sud in direzione Merano. Proseguire per 60 chilometri, attraverso la
val Venosta, lungo le strade statali 38 e 40 in direzione passo Restia fino a
Malles. Da qui proseguire per Borgusio, frazione a pochissimi chilometri
dall’abbazia.
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