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lunedì 11 marzo 2013

ABBAZZIA DI MARIENBERG (Trentino)


N°3) Itinerari, luoghi della fede
ABBAZIA DI MARIENBERG
Abbracciata dal verde della foresta, è una goccia bianca tra le montagne della Val Venosta, in Sudtirol. Pace, serenità e aria buona.
E’ il convento benedettino più alto d’Europa: a 1300 metri di quota, nel cuore dell’Alto Adige Sudtirol, incastonato nel Monte di Maria, è sempre stato un vero e proprio faro per tutta la valle e fa tutt’oggi da crocevia tra Italia, Svizzera e Austria.
Un po’ di storia: Eretta nel XII secolo, grazie ad una donazione da parte dei nobili Tarasp, un’antica famiglia svizzera, l’abbazia di Marienberg, dietro le sue alte mura bianche di calce che la rendono simile ad una fortezza, è uno dei centri di fede, scienza e arte più importanti del Vecchio Continente.
Il complesso dell’abbazia, di proprietà della congregazione benedettina svizzera, sorge dove un tempo c’era una cappella dedicata alla Vergine. Racchiude la chiesa, la cripta, un giardino ed un chiostro, costruito in epoca barocca e decorato da affreschi di Jacob Dreher. L’ordine fu fondato intorno al 1090 nella bassa Engladina a Scuol, in Svizzera, dai nobili fratelli Eberhard e Ulrich I di Tarasp. A causa di avvenimenti avversi, i monaci benedettini furono poi costretti a cambiare sede per trasferirsi qui nel 1146.
Prima di divenire un convento dove oggi vive una comunità di 13 monaci seguendo la regola dell’ora et labora, la struttura ha ospitato un ginnasio, fondato nella prima metà del XVIII secolo dai monaci di Merano. Nonostante numerosi incendi, i saccheggi e la chiusura dell’abbazia in epoca napoleonica e fascista, Mariemberg è rimasta un luogo mistico e ricco di tesori, tra cui le reliquie di santa Emerenziana, onorata dal 1630 come seconda patrona della chiesa del convento. Accedendo al cortile, abbiamo da una parte l’economato e il museo, dall’altra i luoghi della preghiera e un antico mulino dove in passato i monaci concretizzavano la regola con il lavoro manuale.
Oggi i consacrati si dedicano all’attività pastorale nelle parrocchie  di Burgusio e Slinga, ma anche alla cura spirituale dei pellegrini. “ Chi viene qui, spiega padre Martin Angerer, archivista dell’Abbazia, cerca la pace, l’atmosfera e l’aria buona.
La chiesa conventuale: Risalente al XII secolo, la chiesa romanica a tre navate è stata trasformata nell’attuale forma barocca mediante interventi voluti dall’Abate Jiakob Grafinger nel 1643 e nel 1648. La chiesa conventuale, dedicata a Nostra Signora, è l’unico esempio in Val Venosta, di Basilica a pianta rettangolare con tre navate separate da colonne. In passato le navate erano addirittura cinque, ma le due a est sono state separate e trasformate in coro, sacrestia e cappella dell’abate. Pregevole il campanile a bulbo e il portale romanico del 1200 con la bella madonna nel timpano dell’arco e all’interno gli affreschi e gli stucchi nello stile della scuola di Wessobrunn. Dal XIX secolo, esclusi alcuni interventi risanatori dei danni arrecati dopo la chiusura in era napoleonica, l’edificio non ha subito modifiche rilevanti. Il quadro dell’altare maggiore, cos’ come il pulpito, appartengono all’arredo originario. Sopra la chiave d’arco, a mo’ di promemoria, è possibile ammirare otto grandi statue raffiguranti i fondatori ed i santi appartenenti all’ordine, ciascuno con i segni con cui vengono raffigurati. Pertanto della parete nord della navata centrale, si vedono San bruno, fondatore dei cartesiani, col libro a teschio, San Domenico di Clairvaux dei cistercensi con gli strumenti della passione di Cristo e San Benedetto con la coppa avvelenata, il corvo e il pane. Sul lato sud, si trovano le nicchie di Sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti, con il libro e l’ostensorio, San Francesco con il teschio ed il crocifisso, San Norberto, fondatore dei premostratensi , con il ciborio, Sant’Agostino con il bastone vescovile e un bambino.
La Cripta: Rimasta intatta nel corso della travagliata storia dell’Abbazia, è la parte più antica dell’intero edificio. Scavata nella roccia, con i suoi affreschi romanici dagli influssi bizantini raffiguranti angeli che invitano alla preghiera è il più significativo monumento romanico nel Tirolo. Il vano nascosto, seminterrato, è incassato nella roccia con vista dall’abside sulla vallata ed è circondato da muraglioni di pietra. Consacrata nel 1160 dal beato Agalgod, vescovo di Coira, inizialmente la cripta era dedicata al culto. Vi si celebravano le messe e vi si recitavano le preghiere corali. Oltre all’Abside, dedicata alla Santissima Trinità, alla madre di Dio e a tutti i santi, ci sono tre altari dedicati ai santi Pietro e Paolo, alla Maddalena, a Martino e Niccolò. Dal 1643 fu adibita a luogo di sepoltura dei monaci e per questa ragione gli affreschi, anonimi, non sono stati visibili fino alla rimozione degli inserti tombali, avvenuti nel 1980. Le volte, ad altezza d’uomo, consentono una visione ravvicinata dei dipinti, nei quali cromaticamente prevale il blu. Ottenuto dalla pregiata polvere di lapislazzuli.
Cristo in trono e l’annuncio della parola: Nella volta dell’abside della cripta domina, avvolta da una mandorla di luce, la figura di Cristo pantocrator, ossia sovrano di tutte le cose, in gloria tra angeli e santi.
Gesù irrompe nell’eternità seduto su un arcobaleno, con un libro aperto e la mano benedicente. L’affresco rimanda l’annuncio della parola. Il figliod i Dio è circondato dagli angeli e dagli animali simbolo degli evangelisti: leone (Marco), toro (Luca), angelo (Matteo) e aquila (Giovanni).
A differenza degli angeli, che poggiano i piedi su panchette colorate, gli evangelisti, così come Paolo e Pietro, sono senza base. Sono adagiati su una fascia marrone decorata con piante che richiamano la sfera terrena. A fare direttamente riferimento al convento è la raffigurazione nella nicchia della finestra absidale, delle due martiri Santa Panafreta e Climaria, le cui reliquie furono trasportate da Colonia a Maienberg da Ulrich III di Tarasp, benefattore del convento.
La cripta, visitata da Papa Benedetto XVI l’11 agosto del 1980 quando era ancora il cardinale Joseph Ratzinger, è adoperata oggi solo per le preghiere dei monaci.
D’inverno è chiusa, ma da giugno a ottobre, dal lunedì al sabato, è possibile assistere alla celebrazione dei Vespri.
La stanza dei principi: Segno tangibile del rinnovamento spirituale e, al tempo stesso, dello sviluppo economico vissuto dall’abbazia nella prima metà del Seicento, la stanza dei principi è interamente ricoperta di affreschi in stile tardo rococò commissionati dal prelato Franz Maria Dinsl. Si tratta del luogo in cui venivano accolte le grandi personalità. Non mancano i riferimenti alla fede e alla spiritualità.
Gli affreschi raffigurano i vari momenti della giornata: la mattina con il sole che sorge, l’ora media con il sole in alto, la sera con il tramonto, e la notte con la luna, le stelle e gli angeli che vegliano sul riposo delle persone. Il risultato è quasi una catechesi per immagini concepita per ricordare i momenti principali della preghiera che scandiscono la giornata dei monaci.
Il Museo di Marienberg:
Conserva la casula in lino ricamato di Uta Von Tarasp, che morì monaca a Gerusalemme, e la cronaca del monaco Goswin, che rappresenta la principale fonte storica sui primi 200 anni del convento. Il museo dell’abbazia di Marienberg, sorto nel 2007, cui si accede dal pianterreno, è progettato in modo che si possa visitare senza guida. Tutte le descrizioni e i filamti sono bilingui, spiega la direttrice Annemarie Schwarz.
La prima stanza è dedicata a San benedetto, Nella seconda ci si può fare un’idea della vita quotidiana dei monaci qui a Marienburg sia tramite un filmato, sia mediante l’osservazione di diversi oggetti.
Lungo il corridoio si trova una tavola cronologica con i più importanti avvenimenti della storia abbaziale. Con l’aiuto dei travetti bianchi, si può vedere il numero di monaci presenti nel convento durante gli anni. Le sorprese non finiscono qui. Per centinaia di anni i monaci hanno raccolto con cura e assiduità gli oggetti più diversi, li hanno ordinati e custoditi. Oggi possiedono una collezione di minerali che conta ben mille pezzi, provenienti per la massima parte dalle regioni del Nord e Sud Tirol e del Cantone dei Grigioni, prosegue la direttrice, presentando l’esposizione dal pregevole gusto estetico e dalla notevole importanza scientifica.
La collezione di materiale didattico, aggiunge, comprende minerali provenienti da tutto il mondo e una grande quantità di modelli per la dimostrazione e gli esercizi dei sette sistemi cristallografici.



Come raggiungere l’abbazia: In auto, imboccare l’autostrada A22 direzione Brennero, uscire a Bolzano sud in direzione Merano. Proseguire per 60 chilometri, attraverso la val Venosta, lungo le strade statali 38 e 40 in direzione passo Restia fino a Malles. Da qui proseguire per Borgusio, frazione a pochissimi chilometri dall’abbazia.

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