IL VANGELO DI GESU’ CRISTO
Introduzione generale dei Vangeli
Il vocabolo Vangelo significa “buona notizia”, “lieto annuncio” e deriva dal greco. Nel linguaggio biblico dell’ Antico Testamento significa anzitutto annuncio di vittoria, e i profeti l’adoprarono per indicare il compimento delle promesse messianiche.
Gesù si appropriò del termine per dichiarare l’avverarsi in lui delle profezie e del Regno di Dio . Dopo che Giovanni fu arrestato, nota l’evangelista S. Marco, Gesù venne in Galilea, predicando il Vangelo di Dio. Diceva: il tempo è compiuto , ed il regno di Dio è giunto. Convertitevi e credete al Vangelo.
Evangelizzare significa quindi, gia durante la vita di Gesù, dare la lieta notizia che la salvezza è giunta, che Dio ha realizzato le sue promesse. A Nazaret, all’inizio dell’attività pubblica, Gesù riferendo a se profezie di Isaia e Sofonia, proclamò nella sinagoga davanti ai suoi compaesani:
¨ Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato e mi ha inviato a portare ai poveri il lieto annuncio, ad annunziare ai prigionieri la liberazione e il dono della vista ai cechi; per liberare coloro che sono oppressi e inaugurare l’anno di grazia del Signore
Dopo la morte di Gesù il vocabolo diventa usuale e tipico in San Paolo per designare l’annuncio della morte e risurrezione di Gesù principio di redenzione e liberazione per ogni uomo. Il vocabolo riveste perciò nella bocca di San Paolo una carica di entusiasmo e il Vangelo riceve una titolatura gloriosa : “Vangelo di Dio “ , “Vangelo di Cristo” “Vangelo del Regno” , “ Vangelo del figlio di Dio”, “Vangelo della grazia di Dio”, “Vangelo della gloria di Cristo”, “Vangelo della pace”, ”Vangelo della Gloria”, “Vangelo della Salvezza” .Da notare che per San Paolo il Vangelo non è ancora un libro, ma parola viva portata dagli Apostoli e accompagnata da una energia divina avente la capacità di trasformare i cuori preparati a riceverla . Ecco come ne parla ai Tessalonicesi, verso l’anno 50, durante il secondo viaggio missionario: “ Il nostro Vangelo non vi è stato annunziato soltanto a parole, ma anche con potenza, con effusione dello Spirito Santo e con piena convinzione.
Secondo quanto si legge alla fine del Vangelo di San marco, Gesù, prima di accomiatarsi dai suoi, ordinò loro : “Andate per tutto il mondo e enunciate il Vangelo (letteralmente , portatela lieta notizia) a tutte le creature. Chi crederà e si farà battezzare sarà salvato , ma chi non crederà sarà condannato”. Il Vangelo deve dunque essere annunciato, per ordine di Gesù, su tutta la terra. A designare quelli che lo propagano venne subito coniato il termine “evangelisti”, e la loro azione sarà detta “evangelizzazione” . L’annuncio riguarda l’avvento del Regno nella persona storica di Gesù di Nazzaret, e soprattutto la sua vittoria pasquale sopra il peccato e la morte.
Per questo dall’età apostolica fino a oggi i vocaboli “Vangelo” ed “Evangelizzazione2 hanno sempre conservato un’evocazione missionaria, significando ad un tempo notizia di qualcosa di nuovo, di inaudito, di gratuito che viene offerto agli uomini, e insieme invito pressante a riceverlo, convertendosi, uscendo fuori dall’ignavia e dal torpore dell’esistenza. Si vede per esempio come si esprime Origene nell’Omelia 7 dedicata al Libro di Giosuè. Commentando il pittoresco episodio della caduta delle mura di Gerico al suono delle trombe dei sacerdoti per ordine di Giosuè, aggiunse: “Ora viene il nostro Signore Gesù Cristo, la figura del cui arrivo è già prima in quel Giosuè figlio di Nun; e manda i suoi sacerdoti , cioè i suoi apostoli, con trombe facili a portarsi da un luogo all’altro, cioè con la eccellente e celeste dottrina del Vangelo. Il primo a lanciare i suoi squilli di tromba è Matteo nel suo Vangelo. Suonano, poi, ognuno con la propria tromba sacerdotale, Marco,Luca e Giovanni. Anche Pietro fa squillare la tromba delle sue epistole; anche Giacomo e Giuda. Ciononostante anche Giovanni continua ancora a far squillare la tromba con le sue epistole e con l’Apocalisse, e Luca con la storia delle imprese degli Apostoli. Venendo poi ultimo… Paolo e lanciando irresistibili squilli con le trombe delle sue 14 epistole contro le mura di Gerico, abbatté, scalzandole dalle fondamenta, tutte le macchinazioni dell’idolatria e i saccenti sistemi dei filosofi.
Questa pagina singolare,scritta nella prima metà del secolo III d. C. ( Origene infatti morì nel 253 a seguito degli strapazzi subiti in prigione durante la persecuzione di Decio) ci attesta, tra l’altro, che al quel tempo si distingueva gia nella Chiesa tra Vangelo e Vangeli, che cioè oltre al lieto annuncio dato a viva voce , esistevano ormai quattro libri attribuiti agli apostoli (Matteo e Giovanni) o a loro discepoli (Marco e Luca). Potremmo chiamarli “i quattro annunzi”, nei quali risuonava in maniera caratteristica e differenziata secondo gli autori la notizia dell’avvento messianico di Gesù .
San Ireneo, vescovo di Lione, che era nato verso il 130 d.C. nell’Asia minore dove fu allievo di S. Policarpo, il quale a sua volta era stato discepolo di S. Giovanni, ci da questa testimonianza degna di fede : “Matteo compose il Vangelo per gli Ebrei nella loro lingua mentre Pietro e Paolo a Roma predicavano il Vangelo e fondavano la Chiesa. Dopo la loro morte Marco, discepolo e segretario di Pietro, anch’egli ci trasmise per iscritto quanto era stato oggetto della predicazione di Pietro. E Luca, seguace di Paolo, compose un libro di quel Vangelo predicato dall’Apostolo. In seguito anche Giovanni, discepolo del Signore e che posò il capo sul petto di lui, egli pure compose un Vangelo durante la sua permanenza ad Efeso, nell’Asia (Adversum haereses) . Nella medesima opera lo stesso Idoneo illustra gia i simboli attribuiti a ciascuno dei quattro evangelisti: il leone (Giovanni), il vitello (Luca), l’uomo (Matteo), l’aquila ( Marco) , una simbologia che subirà qualche variante in S. Girolamo, il quale attribuisce l’aquila Giovanni e il leone a marco, e come tale verrà recepita dalle arti figurative.
A partire da S. Ireneo, cioè dalla secondo metà del secondo secolo , si parla ormai correntemente nella Chiesa di Vangelo e di Vangeli per indicare sia l’annuncio orale, sia il messaggio scritto, sia quattro testi evangelici. “ Quanto è stato scritto da quattro, afferma Origene, è un unico Vangelo”. Idoneo parla di “ Vangelo quadriforme” ; a sua volta Eusebio di Cesarea conia l’espressione “ sacra quadriga dei quattro vangeli”, mentre S. Agostino preferisce l’appellativo “ quattro libri di un unico Vangelo” (trattato su S. Giovanni) .
L’origine dei quattro Vangeli
Possiamo domandarci a questo punto quale sia stata l’origine dei quattro Vangeli e analizzare più a fondo quale sia il loro rapporto con la “ buona notizia” annunciata e realizzata da Gesù. Il lettore deve sapere che negli ultimi due secoli la critica storica si è gettata con tutte le sue risorse e i suoi strumenti sul testo dei quattro Vangeli, sottoponendoli a un vaglio e a un esame quale mai nessun altro libro della storia fu costretto a subire. Molte scuole si sono succedute, si sono accavallate, incrociate, lo si deve riconoscere, quale contributo ad illustrare almeno questa o quella frase o pagina dei Vangeli . Si deve riconoscere che tutte le teorie estreme sono cadute, e prima quelle che pretendevano negare l’attendibilità e il valore storico fondamentale dei racconti evangelici. Il risultato di tante ricerche è stato vagliato, raccolto e puntualizzato nel 1964 da un documento della Pontificia Commissione Biblica, dal titolo Sancta Mater Ecclesia , dedicato esclusivamente alla verità storica dei Vangeli.
Gioverà soffermarsi un istante su tale documento. In esso si invita il lettore dei vangeli, in particolare coliche si interroga sulla fondatezza di quanto essi riferiscono, a “badare con diligenza ai tre stadi attraverso ai quali l’insegnamento e la vita di Gesù giunsero a noi”. Il primo stadio è quello della vita stessa di Gesù, svoltasi sotto gli occhi dei discepoli, i quali furono gli ascoltatori attenti delle sue parole e i testimoni diretti delle sue opere. “ Il Signore, nota il documento, nell’esporre a voce il suo insegnamento seguiva le forme di pensiero e di espressione allora in uso, adattandosi per tale modo alla mentalità degli uditori e facendo si che quanto egli insegnava s’imprimesse fermamente nella loro mente e potesse essere ritenuto con facilità dai discepoli”. In effetti, analisi linguistiche e letterarie, metodi di indagine molto perfezionati permettono ora di additare con sicurezza in molte espressioni e parabole dei Vangeli il suono stesso della parola di Gesù . Parimenti gli episodi della sua vita, i racconti ed i miracoli risultano essere riferiti con tale semplicità, sobrietà e aderenza storico-giografica da non permettere dubbi sulla loro sostanziale veridicità.
Dopo la morte e la resurrezione del Signore, e qui è il secondo stadio della genesi dei Vangeli indicato dalla Commissione Biblica, gli Apostoli cominciarono a “dare testimonianza a Gesù annunciando e riferendo con fedeltà episodi biografici e detti di lui, ma tenendo presenti, nella predicazione, le esigenze dei vari uditori”.
“praticamente alla base dei Vangeli sarebbero quindi coteste testimonianze date con fedeltà al fine di promuovere la fede in Gesù Messia e Signore. Due pagine di S. Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, ci permettono di cogliere al vivo la testimonianza orale che veniva data sull’autorità dei Dodici e in comunione con loro: si tratta degli avvenimenti dell’ultima cena e delle apparizioni di Gesù risorto, sui quali Paolo conclude : “ Sia io, sia essi (gli Apostoli) così annunciano e così avete creduto “ . Non è tuttavia da negarsi, continua l’autorevole documento che gli Apostoli abbiano presentato ai loro uditori quando Gesù aveva realmente detto e operato con quella più piena intelligenza da essi goduta in seguito agli eventi gloriosi del Cristo e all’illuminazione dello Spirito di verità… Questi modi di esporre, usati nella predicazione , aventi per tema il Cristo, vanno individuati ed esaminati: catechesi, narrazioni, testimonianze, inni, dossologie, preghiere, e altre simili forme letterarie che compaiano nelle Sacre Scritture ed erano in uso fra gli uomini di quella età. Esigenze catechetiche ed opportunità di vario genere portarono ben presto alla concentrazione dei detti e fatti di Gesù in alcune raccolte, la cui identificazione è tuttora possibile nella trama generale dei Vangeli, come, per esempio, il discorso della montagna, i racconti della passione e delle apparizioni, alcune serie di parabole. Iniziando il suo Vangelo S. Luca riferisce che “ molti hanno già cercato di mettere insieme un racconto degli avvenimenti verificatesi tra noi, così come ce li hanno trasmessi coloro che fin dall’inizio furono testimoni oculari e ministri della parola”.
A questo punto della trasmissione del materiale evangelico è intervenuta, nella seconda metà del primo secolo, cioè tra gli anni 50 e 80, l’opera di alcune grandi personalità di cui la tradizione ha conservato il nome: si tratta di Matteo, marco, Luca, ai quali si aggiunse, prima della fine del secolo, Giovanni. E’ questa la terza e ultima fase della composizione dei Vangeli, nella quale “ gli autori sacri consegnarono l’istruzione fatta prima oralmente e poi messa per iscritto… nei quattro Vangeli per il bene della Chiesa, con un metodo corrispondente al fine che ognuno si proponeva . Fra le molte cose tramandate ne scelsero alcune, talvolta compirono una sintesi, talaltra badando alla situazione delle singole chiese, svilupparono certi elementi, cercando con ogni mezzo che i lettori conoscessero la fondatezza di quanto veniva loro insegnato… Perciò l’esegeta ricerchi quale fosse l’intenzione dell’evangelista nell’esporre un detto o un fatto in un dato modo o in un dato contesto. Invero, non va contro la verità del racconto il fatto che gli evangelisti riferiscono i detti e i fatti del Signore in ordine diverso, e ne esprimono le parole non alla lettera, ma con qualche diversità e conservando il loro senso”.
Si devono dunque considerare tre stadi nella redazione letteraria delle parole e dei fatti di Gesù , ossia nella genesi dei Vangeli: il primo coincide con la vita storica di Gesù ed in quello che vide l’origine stessa dei fatti e delle parole alla presenza dei discepoli; il secondo è quello della comunità primitiva , dopo la resurrezione e la Pentecoste , quando i discepoli raccolsero , fissarono e trasmisero gli insegnamenti e le opere del maestro; il terzo è quello degli evangelisti che redassero per iscritto la tradizione evangelica con un metodo corrispondente al fine che ciascuno si prefiggeva.
Se il lettore moderno del Vangelo, conclude l’istruzione della Commissione Biblica, “ non pone mente a tutte queste cose che riguardano l’origine e la composizione dei Vangeli e non farà debito uso di quanto di buono gli studi recenti hanno apportato, non potrà scoprire quale sia stata l’intenzione degli autori sacri e che cosa abbino realmente detto”.
I vangeli sinottici e S. Giovanni
I tre vangeli di Matteo, Marco e Luca presentano un fenomeno unico nella storia della letteratura: A seguito dell’autore tedesco J. J. Griesbach vengono chiamati “sinottici” perché, secondo il significato di tale vocabolo greco, si possono leggere insieme con un solo colpo d’occhio . Infatti tutti e tre seguono lo stesso ordine, possiedono sostanzialmente lo stesso materiale e offrono tre racconti paralleli della vita di Gesù. Giovanni invece ha un contenuto e un ordine proprio e condivide con gli altri evangelisti meno del dieci per cento della materia.
Come spiegare questo fenomeno, e in quale rapporto stanno tra loro i Vangeli? Ecco i termini di quella che tecnicamente si chiama “questione sinottica”, una questione difficile forse disperata che da quasi due secoli suscita sempre nuove ipotesi e discussioni. Che cosa se ne può pensare, senza entrare nei particolari del dibattito e tenendo presenti i dati acquisiti dalla ricerca moderna? E’ certo anzitutto che i tre Vangeli di Matteo, Luca, e Marco hanno attinto a quella medesima fonte che abbiamo già individuato come tradizione e testimonianza Apostolica . L’emergenza di questa fonte è così forte anche sul piano letterario che s’impose fino dall’inizio alla personalità stessa degli evangelisti i quali, anziché autori veri e propri, sono sempre stati considerati come redattori di materiale preesistente . Ne è prova il fatto che già il più antico documento contenente la lista dei libri del Nuovo Testamento, “ Il canone Muratoriano”, scritto verso il 150 d. C. (e così detto da Ludovico Antonio Muratori , che lo scoprì nella Biblioteca Ambrosiana di Milano nel 1740) , parla del “libro del Vangelo secondo Matteo, Marco e Luca”, ecc..
Esso attesta cioè in uso che rimarrà corrente nella storia, in base al quale la comunità non si sentiva autorizzata a parlare di Vangelo, ossia di “buona notizia” di Matteo, Marco, Luca, Giovanni, ma preferiva dire “secondo” la redazione di Matteo, ecc.
Cotesta catechesi apostolica preesistente ai Vangeli scritti presentava la vita e l’opera del Cristo secondo un piano preciso : la predicazione e l’annuncio dato da Giovanni Battista, gli inizi della missione di Gesù in Galilea e al nord della Palestina, l’ascesa dalla Galilea alla Giudea, e finalmente la concentrazione dell’attività a Gerusalemme, dove avvengono la morte e la resurrezione di Gesù. Nel riportare cotesta catechesi, e si ha qui il secondo elemento sicuro della questione sinottica, i tre primi evangelisti si sono ispirati parzialmente l’un l’altro; non si potrebbe spiegare diversamente la somiglianza letterale di molti passi. Si pensa che le cose si siano svolte così: fu scritto dapprima un breve racconto dei principali detti e fatti di Gesù, in aramaico, lingua parlata in quel tempo in Palestina; una tradizione antichissima attribuisce questo lavoro a Matteo. Successivamente, ma assai presto, tale testo venne tradotto in greco, la lingua più comune dell’impero romano a quel tempo, e in greco saranno scritti tutti i Vangeli. Marco per primo compose il suo Vangelo partendo da quel documento oggi scomparso . Luca ebbe certamente sottomano l’opera di Marco, quando stese il suo Vangelo. Il nostro Vangelo secondo Matteo sembra attingere ora a Marco ora a Luca.
Ma gli interrogativi sulla vita e l’opera di Gesù e in particolare sul mistero della sua persona dovettero essere talmente vivi sulla fine del primo secolo da indurre Giovanni a dare anch’egli la sua testimonianza sul Maestro. E Giovanni lo fece in maniera propria e personale, come si conveniva a ch era stato, insieme a Pietro e Giacomo, uno dei tre più vicini al Maestro. Quando scrisse era ormai un vegliardo edaveva una lunga esperienza della vita della Chiesa. La sua fede, maturata negli anni, gli permetteva una singolare introspezione nel mistero del Figlio di Dio, di cui era stato amico prediletto. Per questo la sua testimonianza su Cristo è stata sempre veduta come il compimento e il perfezionamento di quella dei suoi predecessori. Essi avevano fissato l’attenzione sull’immagine terrena di Gesù, additando in lui il Messia; Giovanni ne interiorizza i lineamenti e delinea di Gesù la fisionomia spirituale, svelando il volto divino che sta dietro al personaggio della storia. E lo fa con arte e maestria incomparabili. Il suo Vangelo è a tempo quello di un teologo, ossia di un esperto nella scienza di Dio, di un responsabile della Chiesa e di un maestro di vita spirituale. Con lui la testimonianza su Gesù raggiunge un vertice che non sarà più superato.
I vangeli nella storia e nella vita della Chiesa
La chiesa, cioè la comunità cristiana, ha sempre considerato i Vangeli come i suoi gioielli più preziosi, in quanto contengono le parole e le opere del suo Fondatore e Signore. Non già che i Vangeli rappresentino l’atto costitutivo della Chiesa o ne siano il fondamento. La chiesa è anteriore ai Vangeli, esisteva e operava prima che i Vangeli fossero scritti, e li, esisteva e operava prima che i Vangeli fossero scritti. E fu la chiesa a discernere e a stabilire già nel secolo secondo, tra il pullulare di tanta letteratura fantasiosa, apocrifa, quali Vangeli dovessero considerarsi autentici e portatori della verità su Cristo. Ma mentre la Chiesa porta i Vangeli e li presenta agli uomini quasi con le sue mani, tuttavia si specchia in essi e si misura su essi, perché contengono la memoria del Fondatore e attestano la fede degli Apostoli, i quali veramente sono, dopo Cristo, il fondamento della Chiesa. I vangeli sono stati fino dall’inizio gli strumenti normali della predicazione e della catechesi e la loro lettura divenne parte di ogni liturgia. La celebrazione eucaristica in particolare fu strutturata fin dalle origini sul racconto dell’ultima cena quale è riportato dai Vangeli, come risulta chiaro gia dalla prima lettera di S. Paolo ai Corinzi. E il filosofo martire S. Giustino scrive verso il 150 d. C. nel capitolo 56 della prima Apologia indirizzata agli imperatori Antonino Pio, Marco Aurelio e Lucio vero, che “ gli Apostoli, nelle memorie da loro stese che si chiamano Vangeli, insegnarono che era stato dato loro questo comandamento, che cioè Gesù prese il pane, rese grazie e disse loro: Fate questo in memoria di me: questo è il mio corpo, e similmente prese il calice, rese grazie e disse: Questo è il mio sangue, e ne distribuì ad essi soli”..
Nell’anno 180, nel processo contro i 7 martiri di Scillium a Cartagine, il proconsole Saturnino domanda: “Che cosa avete in quella cassetta? Sperato disse: Libri e le lettere di Paolo uomo giusto”. Non v’è dubbio che si tratta dei Vangeli. Una delle scoperte più sorprendenti nel campo della paleografia è quella di un papiro proveniente dal Fayum o da Ossirinco, che appartiene fin dal 1920 alla biblioteca di John Ryland. Tale papiro fu pubblicato nel 1935 da C.H. Roberts e contiene un brano del dialogo di Gesù con Pietro qual è riferito in Giovanni 18,31-38. Gli esperti sono d’accordo nel datarlo verso il 120-130 d. C.. Ciò dimostra che a meno di 30 anni dalla pubblicazione, avvenuta probabilmente a Efeso verso il 95-100 d. C. , il Vangelo di Giovanni era già diffuso nelle chiese e veniva trascritto anche privatamente, per uso dei cristiani.
Con i 25 libri del Commentario su Matteo composti da Origene a Cesarea nel 244, incomincia la serie dei grandi studi e della riflessione scientifica, teologica, spirituale, e pastorale sui Vangeli. Da allora non si arresta più nella Chiesa il fiume della letteratura sui vangeli, e non è difficile scriverne la storia. Più arduo invece, ma non impossibile, è sempre sorprendente, seguire il cammino interiore dei vangeli, nella profondità degli animi. Basti notare che, dopo avere accompagnato i martiri nelle persecuzioni e nell’esilio e i monaci nel deserto, i Vangeli hanno dato ispirazione a ogni celebrazione eucaristica nella Chiesa e sono stati all’origine di ogni conversazione e riforma individuale e sociale tra i cristiani. Si pensi a ciò che ha rappresentato il Vangelo, in particolare il Vangelo di Matteo con le sue Beatitudini, per S. Francesco e per la sua esperienza spirituale: Si pensi anche a ciò che è stato il Vangelo per personaggi come Dostoevskij, Tolstoj, Gandhi. Non fa meraviglia quindi che nell’estate del 1962, pochi mesi prima dell’apertura del Concilio vaticano secondo, papa Giovanni XXIII, in una lettera inviata a tutti i Vescovi del mondo, li abbia invitati a prepararsi al Concilio leggendo il Vangelo e come specchiandosi in esso. Lo stesso concilio, promulgando il 18 novembre 1965 la Costituzione dogmatica Dei Verbum sulla rivelazione divina, dichiarava: “A nessuno sfugge che tra tutte le scritture, anche del Nuovo testamento, i Vangeli meritatamente eccellono, in quanto costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita e alla dottrina del Verbo incarnato, nostro Salvatore. La Chiesa ha sempre e in ogni luogo ritenuto e ritiene che i 4 Vangeli sono di origine Apostolica. Infatti ciò che gli Apostoli per mandato di Cristo predicarono , dopo, per ispirazione dello Spirito Santo, fu dagli stessi e da uomini della loro cerchia tramandando in scritti, come fondamento della fede, cioè l’Evangelo quadriforme, secondo Matteo, Marco,Luca, Giovanni “ (Dei Verbum, 18).
Pietro Rossano
(Vescovo Ausiliare di Roma)
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