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martedì 8 aprile 2014

RELIGIONE DIEVTURIBA

LA RELIGIONE “ DIEVTURIBA”

La religione Dievturiba insegna l’equilibrio con la natura. I suoi principi si trovano in migliaia di antichi canti.
Gli ultimi pagani provengono dalla Lettonia, nella quale è ancora viva un’antica religione dell’età del Bronzo che festeggia il solstizio estivo con una cerimonia immersi, completamente nudi, nell’acqua, con le sole ghirlande di fiori rituali, in un lago della regione della Lagtalia, fra le più tradizionaliste della Lettonia,dopo avere offerto doni alla dea madre delle acque.
I Lettoni furono gli ultimi europei a conoscere il cristianesimo, in gran parte lo rifiutarono.. La loro religione pagana è ancora viva ed è documentata in antichi canti popolari. I riti richiamano la cultura di Stonehenge .
Alba del 21 giugno, solstizio d’estate: il giorno dell’anno in cui la luce  solare dura di più e vince sulla notte. Uomini con corone di foglie di quercia e donne con ghirlande di fiori campestri  invocano nei loro canti il dio Dievs , le dee Laima e Mara , e varie divinità che soprintendono ai tanti aspetti della natura. Si accendono fuochi sacri e si fanno offerte di cibo a querce, laghi e sorgenti . E si fanno bagni rituali nudi, in un lago. Tutto questo accade oggi  , nell’anno 2010, fra gli ultimi pagani d’Europa, in Lagtalia, regione agricola della Lettonia, piccola repubblica ex sovietica che si affaccia sul mar Baltico.
Nel frattempo lui, il sole tanto invocato, si fa appena vedere: le troppe nubi di una settimana di pioggia lo nascondono. Ma questa rimane la sua festa, la festa della luce: dopo un inverno rigido e con troppe ore al buio, il sole sorge alle 4 del mattino e irradia da dietro le nuvole la sua luce , pallida ma preziosa .
E’ tempo di risveglio della natura e cresce la voglia di uscire, di stare insieme.
“ Si festeggia all’antica, come migliaia di anni fa” osserva l’antropologo Cesare Poppi, che con noi ha osservato e valutato questi riti. La festa continua il 23 giugno, giorno di San Giovanni, qui chiamato Janis, festa nazionale della Lettonia.
Questa è la festa di San Giovanni più pagana del mondo. Qui il santo imposto dalla Chiesa fu adattato alla tradizione locale: la festa della luce, al solstizio d’estate, c’era da molto prima che si parlasse di cristianesimo. In alcuni villaggi si fa ancora il 21 giugno, ma in genere la celebrazione è spostata al 23, festa nazionale di San Giovanni- Janis , senza che questa perda la sua origine pagana: tutti sanno che con il santo si festeggia in realtà il Sole .
La Lettonia, anticamente Latvia  fu l’ultima roccaforte  pagana a essere cristianizzata in Europa. Lo fu solo parzialmente nel XIII secolo , quando arrivarono i cavalieri teutonici cacciati dalla terra Santa, dopo la sconfitta crociata. Ma fino al XVIII- XIX secolo, la grande maggioranza degli abitanti  della Latvia  non accettò la religione cristiana, o comunque continuò  a praticare  anche il culto pagano. Legati all’antica tradizione , i contadini non volevano essere come i loro padroni germanici, che con i sudditi non si comportavano affatto “ cristianamente”
Era una resistenza di sfruttati  che si cementò condividendo canti popolari, i dainas , in cui erano mantenuti vivi la devozione  per i propri dei e i valori di solidarietà della comunità contadina , l’idea che l’uomo  non fosse il padrone , ma solo uno degli elementi della natura, nel rispetto dei suoi ritmi.
La lingua Lettone è considerata una delle più antiche  della famiglia indoeuropea, da cui vengono quelle moderne  come il portoghese, l’italiano, il francese, il tedesco e l’inglese, spiega  l’antropologo. Per esempio diev ( in latino deus, diva) corrisponde al sanscrito diev, che significa splendore, luce, e quindi Sole
Da Diev viene infatti la divinità locale Dievs . In letone, non esiste il verbo avere. I lettoni dicono “ essere a me” . Ciò deriva dall’idea  originale  che l’uomo riceve i beni della natura, non li possiede.
Sulla base di una prima trascrizione di migliaia di dainas presenti nel folcrore locale, lo storico lettone Ernests Brastinu e un gruppo di intellettuali locali ricostruirono, all’inizio del novecento, le coordinate  della religione pagana tradizionale: i nomi ed il ruolo  delle divinità, l’etica e la visione del mondo. Chiamarono questa religione  DIEVTURIBA  , da dievturis , coloro che ricevono Dievs .
Questa religione divenne fondamento  del nazionalismo lettone. Stalin fece di tutto per perseguitare e deportare  i dievturis , ma il corpus dei dainas  e la ritualità radicata nel folclore sono rimasti intatti. La religione è poi diventata legale con l’indipendenza dall’ex Unione Sovietica..
La cittadina di Malpis offre un esempio di come si sono conservati i riti arcaici. Qui vi è anche una scuola per la diffusione della cultura popolare e l’antica religione lettone , diretta da Andris Kapustz  e dalla moglie Aida Rancane, entrambi studiosi di folklore e i dainas (antichi canti popolari) raccontano storie di divinità e danno insegnamenti di vita. Il dievturo  Andrejs Broks ne ha tradotti e commentati alcuni per la rivista Focus.
“ Io non presi a calci il cane, né il ciocco; entrambi, il cane e il ciocco furono creati da Dievs. Rispettiamo tutto ciò che Dievs ha creato, anche il più piccolo essere vivente  e oggetto” spiega Broks.
L’allodola canta più forte di tutti gli altri uccelli; la saggezza di Dievs è più alta e sovrasta il mondo intero. Dievs provvede a me, si cura di me, ma non da per nulla ; lui non provvede se io non ho imparato a cavarmela da solo. “ Il lavoro, l’azione e la responsabilità sono tenuti in grande considerazione nella tradizione” dice Broks.
Caro Dievs, che cosa farai quando tutti moriremo? Tu non hai moglie né figli, quindi chi si occuperà di te quando sarai vecchio? “ Dievs è considerato quasi come un caro amico o un  vecchio saggio. I Lettoni non hanno timore di lui. Pensano di potergli parlare personalmente”.
Dievs cavalca verso di lui. I mietitori avranno un raccolto abbondante.
“ Con Dievs e mara presenti tutto va bene. Dievs è un Dio calmo, non iracondo” conclude Broks.
E nella festa di questa cittadina si nota la continuità fra la cultura popolare contemporanea lettone e quella dell’età del Bronzo. Forse del Neolitico. “ Sono elementi di cultura europea già a quel tempo globalizzata” spiega Poppi. “ La parte centrale del rito è la costruzione, in legno, della porta di San Giovanni, orientata in modo da inquadrare perfettamente il Sole all’alba del Solstizio. E’ la stessa pratica astronomica rituale che fu consacrata in grande a Stonehenge, l’equivalente della basilica di San Pietro in una diffusa religione europea dell’età del Bronzo” .
La cuspide della porta forma una specie di X: “ E’ il simbolo dello iumis , la coppia di gemelli che portano fertilità, continuità e armonia, ancora presente nelle case rurali dei lettoni”.
A Malpis, il 21 giugno  come a San Giovanni, si muove un corteo che diffonde inni sacri. Con tappe davanti alle case per scambiare offerte ( formaggio, pane. Birra, orzo non fermentato e fiori) e auguri di salute e fecondità, per la famiglia come per il bestiame e i raccolti. Tutti sono invitati a unirsi al corteo. Ci si ferma sotto una grande quercia, manifestazione di un dio maschile, per lasciare offerte all’albero e intonare preghiere. Giunti poi alla collina , viene accesa una pira sacra che durerà tutta la notte. I fedeli bruciano le corone del solstizio dell’anno prima e fanno offerte al fuoco.
Altre offerte sono poste su una piccola zattera e inviate attraverso la corrente di un fiume  a Upes mate, una delle madri delle acque .
“ Si celebra in questo modo il matrimonio tra fuoco e acqua, fra maschile e femminile “ spiega Poppi. Viene quindi incendiata una ruota che rappresenta il Sole ed è poi fatta rotolare in pendenza. Più lontano andrà, maggiore sarà il successo dei prossimi raccolti.
Le donne non sposate eseguono un altro rito: ognuna lancia una corona di fiori su una quercia, elemento maschile, sperando che rimanga appesa a un ramo. Per ogni tentativo fallito è previsto un altro anno di nubilato . “ Siamo di fronte al modello ancora vivente dei riti agrari che si praticavano gia migliaia di anni fa “ osserva ancora l’antropologo.
Nella notte di San Giovanni-Sole i giovani vengono invitati a cercare il fiore della felce. Che però non esiste. In realtà è una metafora con cui gli adulti consentono ai ragazzi  di appartarsi, per fare l’amore. Non si contano in questa notte le tende ( rigorosamente per due), sparse nei campi e fra le betulle.
Al centro di queste feste ci sono i dainas ,brevi racconti e detti cantati che insegnano comportamenti virtuosi e parlano di dei. Nel corpus di 500 mila dainas raccolti dagli studiosi, 4 mila si riferiscono a Dievs, il Dio supremo. Seguendo la loro variazione si può pensare che il dio fosse all’inizio impersonale, una forza che pervade tutte le cose e sia poi diventato dio del cielo e della luce.
“ Laima. La dea del fato” spiega Valdis Celms ( una autorità della religione dievturiba rifondata nel 1929. Priva di sacerdoti, ha 600 studiosi attivisti) membro autorevole della religione Dievturiba
“ fa da mediatrice, in una trinità, fra Dievs e Mara. Quest’ultima è responsabile della costruzione e dell’equilibrio del mondo materiale. Si manifesta nelle cose, negli eventi naturali e negli esseri viventi”.
Mara presiede alla nascita, al corso della vita e alla morte. Insomma, una Grande Madre di probabile provenienza neolitica. Ha decine di aiutanti, o meglio figure specializzate in cui si trasforma : Madre dei fiumi ( Upes mate) , del vento e degli uccelli (Veja mate), Madre della pioggia (Lietus mate) .
Persino le foglie, i fiori e i funghi hanno una specifica madre : in ordine, Lapu mate, Ziedu mate e Senu mate. Pi, madre delle strade e protettrice dei viandanti (Cela mate) , della fertilità (Zemes mate),  dei campi (Lauku mate) , del lino (Linu mate) , del bestiame (Lopu mate) , del mare (Juras mate) , dei morti (Velu mate o Kapu mate)… e così via, fino a 60 madri.
Nel calendario lettone sono 8 le feste pagane, 2 per stagione. Solstizi ed equinozi i principali appuntamenti. Nel giorno più lungo, 21-23 giugno, la festa della luce (Janis); per il più corto, 21 dicembre, il Ziemassvetki . Per gli equinozi, Liela (21 marzo) e Mikeli (21 settembre).
I riti di passaggio dievturiba, oltre al matrimonio e al funerale, sono il fidanzamento e il ricevimento del nome che sostituisce il battesimo.
Secondo il dievturi una persona è fatta di tre parti: augums (corpo), dvesele (anima) , e velis (spirito). Ne decidono il destino, prima della nascita, Laima e le sorelle Karta e Dekla ( come le tre Moire greche o le Norme nordiche) . Con la morte, le tre arti si separano: il corpo torna alla terra e l’anima a Dievs. Lo spirito è una sorta di ombra (alla greca) che ha memoria del pensiero del defunto. Nel Veli, festa dei morti, gli spiriti sono invitati a entrare nelle case. Più tempo passa, più il ricordo si attenua nelle nuove generazioni e lo spirito del defunto sale a quote superiori fino a raggiungere l’altro mondo (Vinsaule), situato dietro il Sole, dove continuerà a esistere.
“ Alcuni credono nella reincarnazione, ma la nostra antica religione non ne parla” puntualizza Olgerts Auns (87 anni, eroe nazionale della indipendenza lettone) , il dievturo più anziano.
“ La nostra fede è un sistema di vita. Anche se il destino di una persona è dato all’inizio, nel quadro tracciato  da Laima sono ampi i margini di manovra per rendere la vita felice e virtuosa, vivendo bene con gli altri, in equilibrio con la natura”.
! E proprio a questo servono i riti agrari” conclude Poppi. “ Se lo storico Fernand Braudel diceva che i fenomeni storici vanno giudicati sulla lunga durata, allora possiamo dire che in Lettonia abbiamo assistito a pratiche di un Europa globalizzata con una comune cultura, almeno 3 mila anni prima della nascita dell’Unione Europea.



Quanto sopra è stato tratto da un articolo di Franco Capone pubblicato sul periodico Focus 215 del settembre 2010


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