La religione Dievturiba insegna
l’equilibrio con la natura. I suoi principi si trovano in migliaia di antichi
canti.
Gli ultimi pagani provengono
dalla Lettonia, nella quale è ancora viva un’antica religione dell’età del
Bronzo che festeggia il solstizio estivo con una cerimonia immersi,
completamente nudi, nell’acqua, con le sole ghirlande di fiori rituali, in un
lago della regione della Lagtalia, fra le più tradizionaliste della
Lettonia,dopo avere offerto doni alla dea madre delle acque.
I Lettoni furono gli ultimi
europei a conoscere il cristianesimo, in gran parte lo rifiutarono.. La loro
religione pagana è ancora viva ed è documentata in antichi canti popolari. I
riti richiamano la cultura di Stonehenge .
Alba del 21 giugno, solstizio
d’estate: il giorno dell’anno in cui la luce
solare dura di più e vince sulla notte. Uomini con corone di foglie di
quercia e donne con ghirlande di fiori campestri invocano nei loro canti il dio Dievs , le dee Laima e Mara , e
varie divinità che soprintendono ai tanti aspetti della natura. Si accendono
fuochi sacri e si fanno offerte di cibo a querce, laghi e sorgenti . E si fanno
bagni rituali nudi, in un lago. Tutto questo accade oggi , nell’anno 2010, fra gli ultimi pagani
d’Europa, in Lagtalia, regione agricola della Lettonia, piccola repubblica ex
sovietica che si affaccia sul mar Baltico.
Nel frattempo lui, il sole tanto
invocato, si fa appena vedere: le troppe nubi di una settimana di pioggia lo
nascondono. Ma questa rimane la sua festa, la festa della luce: dopo un inverno
rigido e con troppe ore al buio, il sole sorge alle 4 del mattino e irradia da
dietro le nuvole la sua luce , pallida ma preziosa .
E’ tempo di risveglio della
natura e cresce la voglia di uscire, di stare insieme.
“ Si festeggia all’antica, come
migliaia di anni fa” osserva l’antropologo Cesare Poppi, che con noi ha
osservato e valutato questi riti. La festa continua il 23 giugno, giorno di San
Giovanni, qui chiamato Janis, festa nazionale della Lettonia.
Questa è la festa di San Giovanni
più pagana del mondo. Qui il santo imposto dalla Chiesa fu adattato alla
tradizione locale: la festa della luce, al solstizio d’estate, c’era da molto
prima che si parlasse di cristianesimo. In alcuni villaggi si fa ancora il 21 giugno,
ma in genere la celebrazione è spostata al 23, festa nazionale di San Giovanni-
Janis , senza che questa perda la sua origine pagana: tutti sanno che con il
santo si festeggia in realtà il Sole .
La Lettonia, anticamente
Latvia fu l’ultima roccaforte pagana a essere cristianizzata in Europa. Lo
fu solo parzialmente nel XIII secolo , quando arrivarono i cavalieri teutonici
cacciati dalla terra Santa, dopo la sconfitta crociata. Ma fino al XVIII- XIX
secolo, la grande maggioranza degli abitanti
della Latvia non accettò la
religione cristiana, o comunque continuò
a praticare anche il culto
pagano. Legati all’antica tradizione , i contadini non volevano essere come i
loro padroni germanici, che con i sudditi non si comportavano affatto “
cristianamente”
Era una resistenza di
sfruttati che si cementò condividendo
canti popolari, i dainas , in cui erano mantenuti vivi la devozione per i propri dei e i valori di solidarietà
della comunità contadina , l’idea che l’uomo
non fosse il padrone , ma solo uno degli elementi della natura, nel
rispetto dei suoi ritmi.
La lingua Lettone è considerata
una delle più antiche della famiglia
indoeuropea, da cui vengono quelle moderne
come il portoghese, l’italiano, il francese, il tedesco e l’inglese,
spiega l’antropologo. Per esempio diev (
in latino deus, diva) corrisponde al sanscrito diev, che significa splendore,
luce, e quindi Sole
Da Diev viene infatti la divinità
locale Dievs . In letone, non esiste il verbo avere. I lettoni dicono “ essere
a me” . Ciò deriva dall’idea
originale che l’uomo riceve
i beni della natura, non li possiede.
Sulla base di una prima
trascrizione di migliaia di dainas presenti nel folcrore locale, lo storico
lettone Ernests Brastinu e un gruppo di intellettuali locali ricostruirono,
all’inizio del novecento, le coordinate della religione pagana tradizionale: i nomi ed
il ruolo delle divinità, l’etica e la
visione del mondo. Chiamarono questa religione DIEVTURIBA , da dievturis , coloro che ricevono Dievs .
Questa religione divenne
fondamento del nazionalismo lettone.
Stalin fece di tutto per perseguitare e deportare i dievturis , ma il corpus dei dainas e la ritualità radicata nel folclore sono
rimasti intatti. La religione è poi diventata legale con l’indipendenza dall’ex
Unione Sovietica..
La cittadina di Malpis offre un
esempio di come si sono conservati i riti arcaici. Qui vi è anche una scuola
per la diffusione della cultura popolare e l’antica religione lettone , diretta
da Andris Kapustz e dalla moglie Aida
Rancane, entrambi studiosi di folklore e i dainas (antichi canti popolari)
raccontano storie di divinità e danno insegnamenti di vita. Il dievturo Andrejs Broks ne ha tradotti e commentati
alcuni per la rivista Focus.
“ Io non presi a calci il cane,
né il ciocco; entrambi, il cane e il ciocco furono creati da Dievs. Rispettiamo
tutto ciò che Dievs ha creato, anche il più piccolo essere vivente e oggetto” spiega Broks.
L’allodola canta più forte di
tutti gli altri uccelli; la saggezza di Dievs è più alta e sovrasta il mondo
intero. Dievs provvede a me, si cura di me, ma non da per nulla ; lui non
provvede se io non ho imparato a cavarmela da solo. “ Il lavoro, l’azione e la
responsabilità sono tenuti in grande considerazione nella tradizione” dice
Broks.
Caro Dievs, che cosa farai quando
tutti moriremo? Tu non hai moglie né figli, quindi chi si occuperà di te quando
sarai vecchio? “ Dievs è considerato quasi come un caro amico o un vecchio saggio. I Lettoni non hanno timore di
lui. Pensano di potergli parlare personalmente”.
Dievs cavalca verso di lui. I
mietitori avranno un raccolto abbondante.
“ Con Dievs e mara presenti tutto
va bene. Dievs è un Dio calmo, non iracondo” conclude Broks.
E nella festa di questa cittadina
si nota la continuità fra la cultura popolare contemporanea lettone e quella
dell’età del Bronzo. Forse del Neolitico. “ Sono elementi di cultura europea
già a quel tempo globalizzata” spiega Poppi. “ La parte centrale del rito è la
costruzione, in legno, della porta di San Giovanni, orientata in modo da
inquadrare perfettamente il Sole all’alba del Solstizio. E’ la stessa pratica
astronomica rituale che fu consacrata in grande a Stonehenge, l’equivalente
della basilica di San Pietro in una diffusa religione europea dell’età del
Bronzo” .
La cuspide della porta forma una
specie di X: “ E’ il simbolo dello iumis , la coppia di gemelli
che portano fertilità, continuità e armonia, ancora presente nelle case rurali
dei lettoni”.
A Malpis, il 21 giugno come a San Giovanni, si muove un corteo che
diffonde inni sacri. Con tappe davanti alle case per scambiare offerte (
formaggio, pane. Birra, orzo non fermentato e fiori) e auguri di salute e
fecondità, per la famiglia come per il bestiame e i raccolti. Tutti sono
invitati a unirsi al corteo. Ci si ferma sotto una grande quercia,
manifestazione di un dio maschile, per lasciare offerte all’albero e intonare
preghiere. Giunti poi alla collina , viene accesa una pira sacra che durerà
tutta la notte. I fedeli bruciano le corone del solstizio dell’anno prima e
fanno offerte al fuoco.
Altre offerte sono poste su una
piccola zattera e inviate attraverso la corrente di un fiume a Upes mate, una delle madri delle
acque .
“ Si celebra in questo modo il
matrimonio tra fuoco e acqua, fra maschile e femminile “ spiega Poppi. Viene
quindi incendiata una ruota che rappresenta il Sole ed è poi fatta rotolare in
pendenza. Più lontano andrà, maggiore sarà il successo dei prossimi raccolti.
Le donne non sposate eseguono un
altro rito: ognuna lancia una corona di fiori su una quercia, elemento
maschile, sperando che rimanga appesa a un ramo. Per ogni tentativo fallito è
previsto un altro anno di nubilato . “ Siamo di fronte al modello ancora
vivente dei riti agrari che si praticavano gia migliaia di anni fa “ osserva
ancora l’antropologo.
Nella notte di San Giovanni-Sole
i giovani vengono invitati a cercare il fiore della felce. Che però non esiste.
In realtà è una metafora con cui gli adulti consentono ai ragazzi di appartarsi, per fare l’amore. Non si
contano in questa notte le tende ( rigorosamente per due), sparse nei campi e
fra le betulle.
Al centro di queste feste ci sono
i dainas
,brevi racconti e detti cantati che insegnano comportamenti virtuosi e
parlano di dei. Nel corpus di 500 mila dainas raccolti dagli studiosi, 4 mila si
riferiscono a Dievs, il Dio supremo. Seguendo la loro variazione si può pensare
che il dio fosse all’inizio impersonale, una forza che pervade tutte le cose e
sia poi diventato dio del cielo e della luce.
“ Laima. La dea del fato”
spiega Valdis Celms ( una autorità della religione dievturiba
rifondata nel 1929. Priva di sacerdoti, ha 600 studiosi attivisti)
membro autorevole della religione Dievturiba
“ fa da mediatrice, in una
trinità, fra Dievs e Mara. Quest’ultima è responsabile della costruzione
e dell’equilibrio del mondo materiale. Si manifesta nelle cose, negli eventi
naturali e negli esseri viventi”.
Mara presiede alla nascita, al
corso della vita e alla morte. Insomma, una Grande Madre di probabile
provenienza neolitica. Ha decine di aiutanti, o meglio figure specializzate in
cui si trasforma : Madre dei fiumi ( Upes mate) , del vento e degli uccelli (Veja mate),
Madre della pioggia (Lietus mate) .
Persino le foglie, i fiori e i
funghi hanno una specifica madre : in ordine, Lapu mate, Ziedu mate e Senu
mate. Pi, madre delle strade e protettrice dei viandanti (Cela
mate) , della fertilità (Zemes mate), dei campi (Lauku mate) , del lino (Linu
mate) , del bestiame (Lopu mate) , del mare (Juras
mate) , dei morti (Velu mate o Kapu mate)… e così via, fino a 60 madri.
Nel calendario lettone sono 8 le
feste pagane, 2 per stagione. Solstizi ed equinozi i principali appuntamenti.
Nel giorno più lungo, 21-23 giugno, la festa della luce (Janis); per il più
corto, 21 dicembre, il Ziemassvetki . Per gli equinozi, Liela
(21 marzo) e Mikeli (21 settembre).
I riti di passaggio dievturiba,
oltre al matrimonio e al funerale, sono il fidanzamento e il ricevimento del
nome che sostituisce il battesimo.
Secondo il dievturi una persona è
fatta di tre parti: augums (corpo), dvesele (anima) , e velis (spirito). Ne
decidono il destino, prima della nascita, Laima e le sorelle Karta e Dekla (
come le tre Moire greche o le Norme nordiche) . Con la morte, le tre arti si
separano: il corpo torna alla terra e l’anima a Dievs. Lo spirito è una sorta
di ombra (alla greca) che ha memoria del pensiero del defunto. Nel Veli, festa
dei morti, gli spiriti sono invitati a entrare nelle case. Più tempo passa, più
il ricordo si attenua nelle nuove generazioni e lo spirito del defunto sale a
quote superiori fino a raggiungere l’altro mondo (Vinsaule), situato dietro il
Sole, dove continuerà a esistere.
“ Alcuni credono nella
reincarnazione, ma la nostra antica religione non ne parla” puntualizza Olgerts Auns (87 anni, eroe nazionale
della indipendenza lettone) , il dievturo più anziano.
“ La nostra fede è un sistema di
vita. Anche se il destino di una persona è dato all’inizio, nel quadro
tracciato da Laima sono ampi i margini
di manovra per rendere la vita felice e virtuosa, vivendo bene con gli altri,
in equilibrio con la natura”.
! E proprio a questo servono i
riti agrari” conclude Poppi. “ Se lo storico Fernand Braudel diceva che i
fenomeni storici vanno giudicati sulla lunga durata, allora possiamo dire che
in Lettonia abbiamo assistito a pratiche di un Europa globalizzata con una
comune cultura, almeno 3 mila anni prima della nascita dell’Unione Europea.
Quanto sopra è stato tratto da un
articolo di Franco Capone pubblicato sul periodico Focus 215 del settembre 2010
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