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martedì 18 giugno 2013

LE CREDENZE NELLA PREISTORIA

LE CREDENZE NELLA PREISTORIA

Malattie, fame, freddo, difficoltà di ogni genere cancellarono dalla faccia della terra intere popolazioni; di esse non è rimasto nulla o solo qualche labile traccia. In tanta insicurezza di vita e nel quotidiano dubbio del domani , l’uomo primitivo cercò protezione in esseri sovrumani , in potenze superiori. Le più invocate erano le forze naturali: il fuoco e il sole, le tenebre e la luce, i fenomeni atmosferici e la potenza fecondatrice della natura.. A esse si rivolgeva con fiducia. Come dal bisogno collettivo di nutrimento era nata la caccia organizzata, così dal bisogno di protezione superiore nacquero i riti e i sacrifici. Unire insieme le invocazioni sembrò a quegli uomini altrettanto importante  e vitale quanto unire insieme le armi.
L’intermediario di tutti verso la divinità era lo stregone, al tempo stesso sacerdote e medico. Interprete del mondo occulto e della natura. A lui erano affidati i compiti più  delicati: quelli più strettamente legati alla vita e alla morte. Non solo egli doveva propiziare gli dei, invocandoli e sacrificando vittime, ma aveva anche l’obbligo di scoprire le cause delle malattie, le proprietà curative delle erbe, l’efficacia di certe medicine. Un altro importantissimo compito era infine affidato allo stregone: l’educazione dei giovani. Depositario delle tradizioni sacre e del patrimonio culturale, egli era il più indicato a preparare le nuove generazioni ai compiti che le attendevano . La sua paternità magica aveva perciò anche dei ben precisi scopi pratici che egli assolveva attraverso complicati riti di iniziazione. Di grande suggestione magica erano i riti propiziatori. Comunemente si celebravano in caverne ampie e maestose. I riti notturni venivano ravvivati da torce, che con i loro riflessi e con le loro ombre profonde suggestionavano la fantasia. Particolarmente sentite dalla comunità erano le cerimonie che si svolgevano in periodi di tensione drammatica conseguenti a carestie, epidemie e altre calamità. Qualche volta, in casi particolari, venivano sacrificate alle divinità vittime umane.
Frequenti, data l’alta mortalità di quei tempi, ma ugualmente ricchi di significato, erano i riti funebri. Questi, pur variando da popolo a popolo, avevano alcune caratteristiche in comune: il cadavere per esempio veniva legato in posizione di riposo, dipinto in rosso o in ocra e collocato in nicchie del terreno ricoperte di pietre. Nel primo periodo della preistoria i morti venivano sepolti accanto ai vivi, nelle stesse abitazioni dove erano vissuti. Venivano messi poi a disposizione dei morti gli oggetti più comuni da loro usati nel corso dell’esistenza: l’ascia di pietra, lo scarnitolo e anche le vivande per il nutrimento della vita ultraterrena. Verso la fine dell’era neolitica si diffuse però l’usanza di seppellire i morti in grotte non turbate dalla presenza dei viventi, che venivano chiuse da macigni per assicurare ai defunti un tranquillo riposo. Dello stesso periodo sono le prime forme di sepolcri collettivi: i primi cimiteri, a cui si guardava con venerazione e rispetto.

Quasi sicuramente, fu proprio dai riti magico-religiosi che nacquero le prime forme d’arte. 

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