LE CREDENZE NELLA PREISTORIA
Malattie, fame, freddo,
difficoltà di ogni genere cancellarono dalla faccia della terra intere
popolazioni; di esse non è rimasto nulla o solo qualche labile traccia. In
tanta insicurezza di vita e nel quotidiano dubbio del domani , l’uomo primitivo
cercò protezione in esseri sovrumani , in potenze superiori. Le più invocate
erano le forze naturali: il fuoco e il sole, le tenebre e la luce, i fenomeni
atmosferici e la potenza fecondatrice della natura.. A esse si rivolgeva con fiducia.
Come dal bisogno collettivo di nutrimento era nata la caccia organizzata, così
dal bisogno di protezione superiore nacquero i riti e i sacrifici. Unire
insieme le invocazioni sembrò a quegli uomini altrettanto importante e vitale quanto unire insieme le armi.
L’intermediario di tutti verso la
divinità era lo stregone, al tempo stesso sacerdote e medico. Interprete del
mondo occulto e della natura. A lui erano affidati i compiti più delicati: quelli più strettamente legati alla
vita e alla morte. Non solo egli doveva propiziare gli dei, invocandoli e
sacrificando vittime, ma aveva anche l’obbligo di scoprire le cause delle
malattie, le proprietà curative delle erbe, l’efficacia di certe medicine. Un
altro importantissimo compito era infine affidato allo stregone: l’educazione
dei giovani. Depositario delle tradizioni sacre e del patrimonio culturale,
egli era il più indicato a preparare le nuove generazioni ai compiti che le
attendevano . La sua paternità magica aveva perciò anche dei ben precisi scopi
pratici che egli assolveva attraverso complicati riti di iniziazione. Di grande
suggestione magica erano i riti propiziatori. Comunemente si celebravano in
caverne ampie e maestose. I riti notturni venivano ravvivati da torce, che con
i loro riflessi e con le loro ombre profonde suggestionavano la fantasia.
Particolarmente sentite dalla comunità erano le cerimonie che si svolgevano in
periodi di tensione drammatica conseguenti a carestie, epidemie e altre
calamità. Qualche volta, in casi particolari, venivano sacrificate alle
divinità vittime umane.
Frequenti, data l’alta mortalità
di quei tempi, ma ugualmente ricchi di significato, erano i riti funebri.
Questi, pur variando da popolo a popolo, avevano alcune caratteristiche in
comune: il cadavere per esempio veniva legato in posizione di riposo, dipinto
in rosso o in ocra e collocato in nicchie del terreno ricoperte di pietre. Nel
primo periodo della preistoria i morti venivano sepolti accanto ai vivi, nelle
stesse abitazioni dove erano vissuti. Venivano messi poi a disposizione dei
morti gli oggetti più comuni da loro usati nel corso dell’esistenza: l’ascia di
pietra, lo scarnitolo e anche le vivande per il nutrimento della vita
ultraterrena. Verso la fine dell’era neolitica si diffuse però l’usanza di seppellire
i morti in grotte non turbate dalla presenza dei viventi, che venivano chiuse
da macigni per assicurare ai defunti un tranquillo riposo. Dello stesso periodo
sono le prime forme di sepolcri collettivi: i primi cimiteri, a cui si guardava
con venerazione e rispetto.
Quasi sicuramente, fu proprio dai riti magico-religiosi che
nacquero le prime forme d’arte.
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