16) Itinerari, luoghi
della fede
MONASTERO
ISOLA DI SAN GIULIO
La perla del lago d’Orta, in provincia
di Novara a quattrocento metri dalla riva, sorge l’isola di San Giulio lembo di
terra ideale per la meditazione e la spiritualità situata nel Piemonte.
Nell’isola lunga 275 metri, larga 140 e
per un perimetro totale di 650 metri, la presenza umana è attesa fin dai tempi
del neolitico. In età romana il sito piemontese risulta essere stato
abbandonato, ma è probabile che sia stato un centro di culto precristiano, e fu
forse quella la ragione per cui San giulio decise, attorno al 390, di
costruirvi una chiesa. Fornendo basi storiche alla leggenda, le indagini
archeologiche hanno portato alla luce resti di una antica chiesa datata fra la
fine del V e VII secolo. La posizione
strategica dell’isola la rese, nell’alto medioevo, un importante centro
difensivo: alcune tradizioni dibattute identificano nel castello che sorge sull’isola
quello edificato dal vescovo di Novara, Onorato, che nel VI secolo in questo
luogo avrebbe eretto una “ castrum” a
difesa della comunità. Ad accoglier il visitatore, una scalinata che conduce
alla basilica romanica, dalla quale, mediante la “ via del silenzio”, unica
strada che percorre l’isola ad anello, si raggiungono l’ottocentesco palazzo
dei vescovi e l’abbazia benedettina Mater Ecclesiae, convento femminile di
clausura. Le altre residenze, che un tempo erano le abitazioni dei canonici,
oggi sono private.
Il
monastero:
Dal 1973 l’isola ospita il monastero benedettino Mater Ecclesiae, che ha
sede nel seminario diocesano nato nel 1841 sulle ceneri del castello
medioevale. L’attraversamento dell’acqua, necessario per raggiungere l’isola, è
già metafora dell’abbandono della materialità per addentrarsi in un mondo fatto
di pace ed operosità.
Provenienti dall’abbazia milanese di
Viboldone, le monache benedettine di clausura giunsero sull’isola per praticare
una vita ispirata alla Regola, e dunque alla preghiera, al lavoro, all’obbedienza,
alla povertà e all’umiltà. Erano in sei, guidate da madre Anna Maria Canopi, la
badessa, e oggi sono circa 70 (2013). Nel monastero vengono svolti studi e
ricerche su testi antichi e traduzioni e
pubblicati sussidi sul Lactio divina.
Vengono inoltre. Convenzionati paramenti
sacri, prodotti a mano tessuti con antiche tele, preparate le ostie-pane e
dipinte icone originali.
Un’esistenza
immersa nel silenzio: La giornata delle monache comincia molto presto, con
la preghiera delle 4,50 del mattino, e si conclude alle 20,45, ma nelle
domeniche di Avvento e di Quaresima la sveglia è anticipata alle 3,40. Nel
corso della giornata, le benedettine si dedicano allo studio, al lavoro manuale
e artistico, secondo il celebre motto del loro fondatore “Ora et labora”. Senza
radio né televisione, con un uso limitato della stampa e del telefono, le
monache comunicano tra loro soprattutto con i segni. “ Senza la disposizione al
silenzio, spiega la badessa, madre Canopi, l’ascolto della parola diventa
impossibile.
Il silenzio è presente in noi, è Dio in
noi. L’esperienza del silenzio coincide con l’esperienza mistica della presenza
di Dio. Il nostro servizio di oranti richiede solitudine e distacco per una
visione più ampia : più si va in alto, più l’orizzonte si allarga, più ci si
avvicina a Dio, più in lui si vede e si abbraccia tutta l’umanità.
La
nostalgia del cielo:
Ogni anno sono migliaia le persone che raggiungono l’isola, attratte anche
dalle bellezze artistiche e naturalistiche. C’è una piccola foresteria, in una
casa, in cui viene dato spazio all’ospitalità . Chi lo volesse può ritirarsi
per qualche tempo in quest’oasi di pace e contemplazione e partecipare alle
liturgie della comunità: l’isola è perfetta per vivere una esperienza di
preghiera, lontano dalla frenesia della quotidianità. “ Chi viene qui, racconta la badessa, scopre l’isola
come luogo di preghiera, sente che c’è davvero una presenza, la nostra
presenza, quella di chi ama Dio. Chi vive l’esperienza di diversi giorni nel silenzio riparte con
una carica nuova per affrontare la vita
di tutti i giorni e se ne va via con la nostalgia del cielo. Una volta, ricorda, è venuta una
donna per un ritiro, ed è rimasta sconvolta. Ha detto che non poteva non
credere che Dio esistesse, perché qui l’aveva visto.
La basilica di San Giulio: Alcune tracce
archeologiche rivelano la presenza, tra il V e il VI secolo, di una primitiva
basilica, con una piccola cappella ed un unico abside. Gli eventi bellici del
962 hanno portato al danneggiamento della chiesa altomedioevale e quella
attuale, a tre navate, è di impianto romanico, ma è stata rimaneggiata molte
volte dopo la sua edificazione, risalente al XII secolo sul modello dell’antica
cattedrale di Novara.
La facciata, ben visibile navigando sul
lago, conserva un aspetto romanico. La basilica, con le volte a crociera, è
affrescata con dipinti barocchi, alcuni raffiguranti episodi della vita di San
Giulio. In una cappella, le statue di legno del Crocifisso con la Madonna e San
Giovanni evangelista ai piedi della croce. Un’urna in vetro e argento conserva,
all’interno della cripta, il corpo di San Giulio.
L’ambone romanico. All’interno della
basilica è custodito un prezioso ambone in serpentino proveniente dalla vicina
cava d’Oria, scolpito con i simboli degli evangelisti e con scene di lotta del
bene contro il male.
Quella raffigurazione è la storia dell’uomo:
l’anima paralizzata dalla paura è rappresentata dal cerbiatto che subisce un
assalto delle fiere. Nel discorso che si dipana, tra il leone simbolo dell’evangelista
Marco e l’aquila di Giovanni, si inserisce una figura umana che potrebbe essere
l’homo viator, viandante, col bastone di pellegrino, o la rappresentazione di
un grifone che vince sul male azzannando la coda di un drago.
La fondatrice del monastero:
Monaca Benedettina di clausura, Anna Maria Canopi è voce esperta di
spiritualità biblica e liturgica, autrice di molti libri sul tema e fondatrice dell’abbazia Mater Ecclesiae. Quest’isola
ha un suo fascino particolare, afferma la badessa, una vocazione, perché è nata
come luogo di contemplazione. Qui San Giulio è arrivato dopo una lunga peregrinazione,
qui si è fermato e ha aspettato di
essere chiamato alla vita eterna. Qui tutto richiama la vocazione originaria di
quelli che hanno vissuto dopo di lui pregando santamente. Noi siamo venute con
questo intento, di essere presenza di preghiera. I tanti pellegrini che
giungono qui, invece spesso, non sanno bene cosa vogliono. Poi una volta
arrivati, lo scoprono. Mi piacerebbero venissero a cercare il Signore,
confessa, mettendosi in silenzio, in ascolto e in preghiera per disporsi interiormente a ricevere la sua parola, le
sue ispirazioni, la forza della fede e anche dell’amore, così da diventare
strumenti di pace nel mondo. Tra coloro che bussano alle porte del monastero
anche tanti giovani: La cosa principale è invitarli a concepire la vita come un
dono ricevuto e che si deve restituire perché solo così ha senso, altrimenti è
un seme che non germoglia, una pianta che non da frutto.
Tutti coloro che arrivano all’isola di
San giulio, prosegue, di solito sono presi dalla nostalgia del bene e della
santità, dalla nostalgia di dio.
Diceva
Sant’Agostino che la vita veramente vissuta è quella che si vive in Cristo, e
ne abbiamo un supplemento anche per chi non vive davvero. E cercare con
crescente desiderio, questo è il senso della vita umana.
Come
raggiungere l’Isola:
Percorrendo
l’autostrada A(, Milano-Laghi, uscire ad Arona.
In
alternativa, si può seguire l’autostrada Milano-Torino fino a Novara,
imbioccare la statale 229 in direzione Gozzano. Giunti a Orta San Giulio,
occorre prendere uno dei motoscafi dell’imbarcadero di piazza Motta, che
partono ogni 15 minuti e approdano all’isola di San Giulio.
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