geronimo

martedì 21 maggio 2013

MONASTERO ISOLA DI SAN GIULIO (Piemonte)


16) Itinerari, luoghi della fede

MONASTERO ISOLA DI SAN GIULIO
La perla del lago d’Orta, in provincia di Novara a quattrocento metri dalla riva, sorge l’isola di San Giulio lembo di terra ideale per la meditazione e la spiritualità situata nel Piemonte.

Nell’isola lunga 275 metri, larga 140 e per un perimetro totale di 650 metri, la presenza umana è attesa fin dai tempi del neolitico. In età romana il sito piemontese risulta essere stato abbandonato, ma è probabile che sia stato un centro di culto precristiano, e fu forse quella la ragione per cui San giulio decise, attorno al 390, di costruirvi una chiesa. Fornendo basi storiche alla leggenda, le indagini archeologiche hanno portato alla luce resti di una antica chiesa datata fra la fine del V e VII secolo.  La posizione strategica dell’isola la rese, nell’alto medioevo, un importante centro difensivo: alcune tradizioni dibattute identificano nel castello che sorge sull’isola quello edificato dal vescovo di Novara, Onorato, che nel VI secolo in questo luogo avrebbe  eretto una “ castrum” a difesa della comunità. Ad accoglier il visitatore, una scalinata che conduce alla basilica romanica, dalla quale, mediante la “ via del silenzio”, unica strada che percorre l’isola ad anello, si raggiungono l’ottocentesco palazzo dei vescovi e l’abbazia benedettina Mater Ecclesiae, convento femminile di clausura. Le altre residenze, che un tempo erano le abitazioni dei canonici, oggi sono private.
Il monastero: Dal 1973 l’isola ospita il monastero benedettino Mater Ecclesiae, che ha sede nel seminario diocesano nato nel 1841 sulle ceneri del castello medioevale. L’attraversamento dell’acqua, necessario per raggiungere l’isola, è già metafora dell’abbandono della materialità per addentrarsi in un mondo fatto di pace ed operosità.
Provenienti dall’abbazia milanese di Viboldone, le monache benedettine di clausura giunsero sull’isola per praticare una vita ispirata alla Regola, e dunque alla preghiera, al lavoro, all’obbedienza, alla povertà e all’umiltà. Erano in sei, guidate da madre Anna Maria Canopi, la badessa, e oggi sono circa 70 (2013). Nel monastero vengono svolti studi e ricerche su testi antichi e traduzioni  e pubblicati sussidi sul Lactio divina.
Vengono inoltre. Convenzionati paramenti sacri, prodotti a mano tessuti con antiche tele, preparate le ostie-pane e dipinte icone originali.
Un’esistenza immersa nel silenzio: La giornata delle monache comincia molto presto, con la preghiera delle 4,50 del mattino, e si conclude alle 20,45, ma nelle domeniche di Avvento e di Quaresima la sveglia è anticipata alle 3,40. Nel corso della giornata, le benedettine si dedicano allo studio, al lavoro manuale e artistico, secondo il celebre motto del loro fondatore “Ora et labora”. Senza radio né televisione, con un uso limitato della stampa e del telefono, le monache comunicano tra loro soprattutto con i segni. “ Senza la disposizione al silenzio, spiega la badessa, madre Canopi, l’ascolto della parola diventa impossibile.
Il silenzio è presente in noi, è Dio in noi. L’esperienza del silenzio coincide con l’esperienza mistica della presenza di Dio. Il nostro servizio di oranti richiede solitudine e distacco per una visione più ampia : più si va in alto, più l’orizzonte si allarga, più ci si avvicina a Dio, più in lui si vede e si abbraccia tutta l’umanità.
La nostalgia del cielo: Ogni anno sono migliaia le persone che raggiungono l’isola, attratte anche dalle bellezze artistiche e naturalistiche. C’è una piccola foresteria, in una casa, in cui viene dato spazio all’ospitalità . Chi lo volesse può ritirarsi per qualche tempo in quest’oasi di pace e contemplazione e partecipare alle liturgie della comunità: l’isola è perfetta per vivere una esperienza di preghiera, lontano dalla frenesia della quotidianità. “ Chi  viene qui, racconta la badessa, scopre l’isola come luogo di preghiera, sente che c’è davvero una presenza, la nostra presenza, quella di chi ama Dio. Chi vive l’esperienza  di diversi giorni nel silenzio riparte con una carica nuova  per affrontare la vita di tutti i giorni e se ne va via con la nostalgia  del cielo. Una volta, ricorda, è venuta una donna per un ritiro, ed è rimasta sconvolta. Ha detto che non poteva non credere che Dio esistesse, perché qui l’aveva visto.
La basilica di San Giulio: Alcune tracce archeologiche rivelano la presenza, tra il V e il VI secolo, di una primitiva basilica, con una piccola cappella ed un unico abside. Gli eventi bellici del 962 hanno portato al danneggiamento della chiesa altomedioevale e quella attuale, a tre navate, è di impianto romanico, ma è stata rimaneggiata molte volte dopo la sua edificazione, risalente al XII secolo sul modello dell’antica cattedrale di Novara.
La facciata, ben visibile navigando sul lago, conserva un aspetto romanico. La basilica, con le volte a crociera, è affrescata con dipinti barocchi, alcuni raffiguranti episodi della vita di San Giulio. In una cappella, le statue di legno del Crocifisso con la Madonna e San Giovanni evangelista ai piedi della croce. Un’urna in vetro e argento conserva, all’interno della cripta, il corpo di San Giulio.
L’ambone romanico. All’interno della basilica è custodito un prezioso ambone in serpentino proveniente dalla vicina cava d’Oria, scolpito con i simboli degli evangelisti e con scene di lotta del bene contro il male.
Quella raffigurazione è la storia dell’uomo: l’anima paralizzata dalla paura è rappresentata dal cerbiatto che subisce un assalto delle fiere. Nel discorso che si dipana, tra il leone simbolo dell’evangelista Marco e l’aquila di Giovanni, si inserisce una figura umana che potrebbe essere l’homo viator, viandante, col bastone di pellegrino, o la rappresentazione di un grifone che vince sul male azzannando la coda di un drago.

La fondatrice del monastero:

Monaca Benedettina di clausura, Anna Maria Canopi è voce esperta di spiritualità biblica e liturgica, autrice di molti libri sul tema e fondatrice dell’abbazia Mater Ecclesiae. Quest’isola ha un suo fascino particolare, afferma la badessa, una vocazione, perché è nata come luogo di contemplazione. Qui San Giulio è arrivato dopo una lunga peregrinazione, qui si è fermato e ha aspettato  di essere chiamato alla vita eterna. Qui tutto richiama la vocazione originaria di quelli che hanno vissuto dopo di lui pregando santamente. Noi siamo venute con questo intento, di essere presenza di preghiera. I tanti pellegrini che giungono qui, invece spesso, non sanno bene cosa vogliono. Poi una volta arrivati, lo scoprono. Mi piacerebbero venissero a cercare il Signore, confessa, mettendosi in silenzio, in ascolto e in preghiera per disporsi  interiormente a ricevere la sua parola, le sue ispirazioni, la forza della fede e anche dell’amore, così da diventare strumenti di pace nel mondo. Tra coloro che bussano alle porte del monastero anche tanti giovani: La cosa principale è invitarli a concepire la vita come un dono ricevuto e che si deve restituire perché solo così ha senso, altrimenti è un seme che non germoglia, una pianta che non da frutto.
Tutti coloro che arrivano all’isola di San giulio, prosegue, di solito sono presi dalla nostalgia del bene e della santità, dalla nostalgia di dio.
Diceva Sant’Agostino che la vita veramente vissuta è quella che si vive in Cristo, e ne abbiamo un supplemento anche per chi non vive davvero. E cercare con crescente desiderio, questo è il senso della vita umana.


Come raggiungere l’Isola:
Percorrendo l’autostrada A(, Milano-Laghi, uscire ad Arona.
In alternativa, si può seguire l’autostrada Milano-Torino fino a Novara, imbioccare la statale 229 in direzione Gozzano. Giunti a Orta San Giulio, occorre prendere uno dei motoscafi dell’imbarcadero di piazza Motta, che partono ogni 15 minuti e approdano all’isola di San Giulio.


Nessun commento:

Posta un commento