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giovedì 5 luglio 2018

UNA TEORIA DELLA GIUSTIZIA


UNA TEORIA DELLA GIUSTIZZIA ( John Rawls)


I principi di giustizia sono ispirati a ideali di libertà ed uguaglianza opportunamente combinati tra loro all’interno di una visione democratica della società.


La giustizia è la prima virtù delle istituzioni sociali, così come la verità lo è dei sistemi di pensiero. Una teoria, per quanto semplice ed elegante deve essere abbandonata o modificata se non è vera. Allo stesso modo, leggi e istituzioni, non importa quanto efficienti e ben congegnate, devono essere riformate o abolite, se sono ingiuste. Ogni persona possiede un’inviolabilità fondata sulla giustizia, su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da maggior benefici goduti da altri.


Non si può permettere che i sacrifici imposti a pochi vengano controbilanciati da una maggiore quantità di vantaggi goduti da molti. Di conseguenza, in una società giusta sono date per scontate eguali libertà di cittadinanza; i diritti garantiti dalla giustizia non possono essere oggetto né della contrattazione politica, né del calcolo degli interesso sociali.
Un’ingiustizia è tollerabile solo quando è necessaria per evitarne una ancora maggiore. Poiché la verità e la giustizia sono le virtù principali delle attività umane, esse non possono essere soggette a compromessi.


Diciamo che una società è bene-ordinata quando non soltanto è tesa a promuovere il benessere dei propri cittadini , ma è anche regolata in modo effettivo da una concezione pubblica della giustizia. Ciò significa che si tratta di una società in cui ognuno accetta e sa  che gli altri accettano i medesimi principi di giustizia, e le istituzioni fondamentali della società soddisfano e generalmente riconoscono , tali principi.
In mezzo a individui che hanno scopi e finalità diverse, una concezione condivisa di giustizia stabilisce legami di convivenza civile.








Le società esistenti sono raramente bene-ordinate perché ciò che è giusto o ingiusto è generalmente in discussione. Gli esseri umani sono in disaccordo rispetto a quali principi devono definire i termini fondamentali della loro società. Nonostante questo disaccordo, è ancora possibile dire che ognuno di essi possiede una concezione di giustizia. Ciò significa che essi sono pronti a riconoscere e ad affermare la necessità di uno specifico insieme di principi che assegnino diritti e doveri fondamentali, e determinano quella che essi considerano la corretta distribuzione dei benefici e degli oneri della cooperazione sociale.


Coloro che sostengono differenti concezioni della giustizia possono ancora essere  d’accordo sul fatto che le istituzioni sono giuste quando non viene fatta alcuna distinzione arbitraria tra le persone nell’assegnazione dei diritti e doveri fondamentali, e quando le norme  determinano un appropriato equilibrio tra pretese contrastanti riguardo ai vantaggi della vita sociale.


In mancanza di un certo grado di accordo su ciò che è giusto o ingiusto, risulta più difficile per gli individui coordinare efficacemente i propri piani in modo da assicurarsi il mantenimento di accordi reciprocamente vantaggiosi.
Sfiducia e risentimento corrodono i legami della convivenza civile; sospetto e ostilità spingono gli uomini a agire in modi che altrimenti essi eviterebbero. Ecco perché è importante stipulare un contratto e soprattutto trovare un’accordo su cosa è giusto o ingiusto.


Molti e diversi generi di cose sono considerati giusti o ingiusti; non soltanto leggi, istituzioni e sistemi sociali, ma anche particolari azioni di diversi tipi, tra cui decisioni, giudizi e imputazioni delle persone, e le persone stesse. Ma l’oggetto principale della giustizia è la struttura di base della società, o più esattamente il modo in cui le maggiore istituzioni sociali distribuiscono i doveri e i  diritti fondamentali e determinano la suddivisione dei benefici della cooperazione sociale. Per istituzioni maggiori  si intende la costituzione politica e i principali assetti economici e sociali. Così la tutela giuridica della libertà di pensiero e di coscienza, il mercato concorrenziale, la proprietà privata dei mezzi di produzione e la famiglia, sono tutti esempi di istituzioni sociali maggiori.
Le istituzioni maggiori definiscono i diritti e doveri degli esseri umani e influenzano le loro prospettive di vita, ciò che essi possono attendersi e le loro speranze di riuscita.



Un concetto di giustizia viene definito dal ruolo che i suoi principi hanno nell’assegnazione di diritti e doveri e nel definire l’appropriata ripartizione dei benefici sociali. Una concezione della giustizia è un’interpretazione di questo ruolo.
La giustizia come equità parte da una vera società di persone che possono compiere insieme delle scelte atte ad affermare una democrazia concreta. Come formare un’idea di giustizia? Eliminando sacche di povertà e dando ai cittadini diritti e doveri nei quali credere. Una domanda sorge spontanea: E’ giustizia che una persona guadagni 5000 euro al mese, e molte altre anche di più, ed un’altra 400 al mese?
A questa domanda tanti rispondono che il guadagno deve essere considerato a seconda delle capacità professionali degli individui, altrimenti cresce una società piatta e senza stimoli o addirittura una società di stampo comunista. Nulla di più errato nell’affermare ciò. Una comunità ha bisogno del contributo di tutti; chi stabilisce che il ruolo del medico o dello scienziato, dell’ingegnere, dell’architetto, del grande capitano d’industria, di un politico, sia più importante dell’operaio, del contadino, dell’artigiano, del poliziotto, dell’impiegato, del pensionato ?
Stabiliamo pure diversità di stipendi, ma questi non devono superare una quota eccessiva fra il minimo ed il massimo.
Una società giusta opera per la propria comunità a 360° e non deve lasciare un proprio membro in difficoltà mentre altri sperperano i loro lauti guadagni. In una società giusta tutti i cittadini devono essere complementari come in un pasol nel quale tutti i pezzetti devono essere messi ad incastro altrimenti non si completerà mai.
Dalle diseguaglianze nascono i conflitti; dal conflitto nasce l’odio; dall’odio nasce la violenza; dalla violenza inizia la distruzione della società.
Da una società distrutta chi può dire che nascerà qualcosa di buono?




La corrente di pensiero utilitaristica risulta essere rigida nel difendere la libertà individuale e quella di pensiero, sostenendo che il bene della società è costituito dai vantaggi goduti dai singoli. Ma la legittima libertà del singolo non può inficiare la libertà dell’intera società.
L’idea principale è che una società è correttamente ordinata, e quindi giusta, quando le sue istituzioni maggiori sono in grado di raggiungere il saldo più alto di utilità possibile, ottenuto sommando quella di tutti gli individui appartenenti ad essa.
Quello che però deve essere valutato è la statistica nella quale viene indicato che ai cittadini  tocca di mangiare un pollo a testa, poi in realtà si scopre che ci sono cittadini che mangiano due polli ed altri nemmeno uno.


I due concetti principali dell’etica sono quelli di giusto e di bene , credo che il concetto di persona moralmente degna sia derivato da essi. La struttura di una teoria etica è perciò determinata in larga misura  nel modo in cui definisce e mette in relazione queste due nozioni fondamentali. Il modo più semplice per farlo è che il bene venga definito indipendentemente dal giusto, e il giusto sia successivamente definito come ciò che massimizza il bene.
Più precisamente, sono giusti quegli atti e istituzioni che in un insieme di alternative disponibili ottengono il maggior bene, o che almeno ne ottengono tanto quanto qualunque altro atto o istituzione che sia dato come possibilità reale.



La convinzione del senso comune è che distinguiamo in linea di principio tra le pretese di libertà  e di giustizia da una parte, e la desiderabilità di aumentare il benessere sociale aggregato dall’altra; diamo una certa priorità, anche se non assoluta, alle prime.
Di conseguenza in una società giusta, le libertà fondamentali sono date per scontate e i diritti assicurati dalla giustizia non sono soggetti né alla contrattazione politica né al calcolo degli interessi sociali.


Gli utilitaristi sono stati rigidi difensori della libertà individuale e della libertà di pensiero, e hanno sostenuto che il bene della società è costituito dai vantaggi goduti dai singoli.
 Ma la libertà individuale non deve mai contrastare con la libertà degli altri, mentre la libertà di pensiero non la si può mai reprimere.


Nella giustizia come equità il concetto di giusto è prioritario rispetto a quello di bene. Un sistema sociale giusto definisce l’ambito all’interno del quale gli individui devono sviluppare i propri scopi, fornisce una struttura di diritti e di opportunità, e i mezzi di soddisfacimento il cui uso e rispetto garantiscono un equo perseguimento di questi fini.











REFERENDUM SUL SALARIO:

Le regole in una società chi le deve scrivere? Le regole si dividono in gruppi e si applicano uniformemente alla regola della giustizia. Esiste un gruppo di regole  che si applica alla questione del  giusto SALARIO , un altro a quella dell’imposizione fiscale, un altro ancora alla pena, e così via.
Per esempio, per ottenere  la nozione di giusto salario, dobbiamo in qualche modo valutare vari criteri concorrenti, quali l’abilità, la formazione professionale, lo sforzo, la responsabilità, i rischi del lavoro, oltre a tenere in debito conto il bisogno.
Probabilmente nessuno deciderebbe sulla base di uno solo di questi criteri, ed occorre quindi delineare un compromesso tra loro.
Tuttavia questa valutazione è influenzata dalle esigenze  di differenti interessi sociali e delle relative posizioni di potere e influenza. Persone con interessi divergenti tendono a privilegiare i criteri che favoriscono i propri scopi. Quelli più dotati di abilità e cultura sono pronti ad accentuare le pretese basate sull’abilità e la formazione professionale, mentre coloro che sono privi di questi vantaggi portano avanti pretese sul bisogno.

Quale deve essere il giusto salario? Questo deve uscire fra un minimo ed un massimo accettabili.
Certamente si parte dal salario minimo, cioè quello che ci vuole per poter vivere dignitosamente. A mio parere questo salario minimo dovrebbe coincidere nella forbice fra i 1000 e i 1500 euro mensili.
Il salario massimo dovrebbe uscire nella forbice fra i 3000 e i 5000 euro mensili.
Ecco, questa potrebbe essere una base di partenza per un contratto sociale in una comunità di cittadini.
Voi cosa ne pensate?



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