CONFUCIANESIMO
Il
Confucianesimo è la dottrina di Confucio e dei suoi seguaci che ha dominato per
oltre duemila anni la vita etica, politica e religiosa della Cina, in quanto
prescriveva i riti di stato della casa imperiale, come pure il culto degli
antenati della famiglia e forniva sia il codice pubblico di comportamento (che
i regnanti della Cina e i loro funzionari dovevano rispettare), sia il codice
privato della vita familiare.
Confucio
è il nome latinizzato di Kung Fu Tse (maestro Kung), nato nel 551 a .C. a Lu, l'odierna
Qufu, nello Shandong. Figlio di un funzionario statale in pensione (di famiglia
quindi povera ma aristocratica), dovette affrontare non poche difficoltà
materiali. Aspirando alla vita politica attiva, egli divenne prima prefetto,
poi intendente ai lavori pubblici, infine ministro della giustizia, cercando di
riorganizzare, sulla base di norme e ideali di tipo feudale e pre-feudale,
l'amministrazione dello Stato (il Chou orientale, che stimava per la
raffinatezza della sua civiltà e perché aveva conservato e perfezionato i riti
delle due dinastie precedenti).
Più
probabilmente però il Confucio storico, insegnante e letterato è stato fatto
ministro e saggio con un seguito di cinquemila seguaci, riverito da tutti,
soltanto da una tradizione posteriore. Di sicuro egli passò molti anni da uno
Stato all'altro offrendo collaborazione e competenza ai sovrani più illuminati.
E comunque i suoi tentativi di mediazione politico-filosofica fallirono
abbastanza miseramente, in quanto risultava impossibile conciliare gli ideali
pre-feudali (ad es. di benevolenza e pietà filiale) con quelli tipici della sua
epoca, dominata da forti contrasti territoriali e politici.
Confucio
visse in un periodo di transizione, caratterizzato dallo smembramento del regno
dei Chou orientali in diversi Stati feudali decentrati. Egli cercò di frenare
il processo di disgregazione in atto, ribadendo i principi del tradizionale
sistema gerarchico-patriarcale dei Chou, ovvero cercando di democratizzarli o
di umanizzarli al massimo (ad es. egli disse: "Il Cielo parteggia solo per
colui che è riverente; il popolo ama solo colui che è benevolente; gli spiriti
accettano solo i sacrifici di colui che è sincero"), ma non trovò
l'appoggio né dei principi feudali, né del re Chou, che se in teoria poteva
sostenere le sue idee, in pratica non aveva la forza per applicarle.
Il
regno dei Chou orientali infatti fu incapace di adeguarsi alle esigenze di
autonomia e di protagonismo sociale che manifestavano le nuove classi di
proprietari fondiari: capi militari e funzionari statali, che non ricevevano
più la terra in eredità ma come donazione da parte dei governatori del regno
per i servizi prestati (senza che si consultasse la volontà del re), oppure i
mercanti, che erano già in grado di comprarsela.
Ecco
perché, dopo aver costatato l'indifferenza se non l'ostilità di diversi
sovrani, Confucio decise di ritirarsi a vita privata, dedicandosi
completamente, e fino alla morte (479
a .C.), allo studio dei testi classici degli antichi
saggi cinesi e all'insegnamento.
Pare
sia stato uno dei primi insegnanti professionisti della Cina, avendo fondato a
Lu la prima scuola privata, che impartiva nozioni, a pagamento, su cose
pratiche e su come governare: essa era aperta anche ai figli di artigiani,
commercianti e contadini, un'innovazione clamorosa per la sua epoca. Egli
diceva infatti che "il diritto di governare non l'hanno i nobili di
nascita, ma soltanto chi ha capacità e nobile comportamento".
L'estrema
fiducia nei mezzi della persuasione ragionata portò Confucio e molti suoi
discepoli, per non pochi secoli, a disprezzare l'attività militare,
determinando così la debolezza della Cina di fronte alle invasioni dei mongoli.
In politica interna essi affermavano che per riunificare il Paese e instaurare
la pace occorreva soltanto l'esempio di uno Stato ben governato. Di fronte a
tale esempio le altre popolazioni si sarebbero ribellate ai loro governanti per
unirsi a questo Stato. I confuciani erano infatti convinti che "il popolo
ha ogni diritto di ribellarsi a un cattivo governo". Molti di loro
pagarono con la vita l'opposizione all'imperatore (il grande storico Suma-Chien
fu condannato all'evirazione). Ancora due millenni dopo, nel 1911, i
rivoluzionari cinesi che rovesciarono l'impero e instaurarono la democrazia si
richiamarono proprio alla teoria confuciana del diritto di ribellione.
Un
episodio della biografia di Confucio narra che quando egli fu ministro della
giustizia, fece demolire i baluardi fortificati delle tre più potenti famiglia
dello Stato Lu. Una di queste però si oppose costringendolo a espatriare per
ben 14 anni.
L'insegnamento
di Confucio fu preservato dai suoi discepoli (alcuni dei quali, peraltro,
raggiunsero posti di rilievo nell'amministrazione dello Stato feudale), nei
"Colloqui", una raccolta non sistematica di brevi aneddoti e detti,
fatta molti anni dopo la sua morte. I testi canonici, cioè i Quattro libri
(intellettualmente più evoluti) e i Cinque canoni, hanno poco di religioso: si
tratta piuttosto di regole per l'agire pratico (personale, familiare, sociale e
politico-amministrativo). E' una sorta di filosofia del vivere civile, con
risvolti che potremmo definire di tipo religioso. Non ci sono tuttavia
rivelazioni, dogmi, sacramenti, miracoli, cosmogonie e apocalissi.
Lo
studio del Confucianesimo venne proibito durante la dinastia Qin (221-206 a .C.), che seguì a quella
Chou. Unificando i vari Stati esistenti e proclamandosi per la prima volta
nella storia cinese, imperatore, il sovrano Cheng iniziò un movimento
irreversibile di identificazione nazionale, comportandosi in maniera ostile nei
confronti della tradizione confuciana, ritenuta troppo compromessa col
feudalesimo del periodo precedente (nel 213 a .C. ordinò addirittura il rogo dei libri
confuciani). Ma la dinastia successiva degli Han (202 a .C.- 220 d.C.) restaurò
le tradizioni confuciane, tanto che nel 59 d.C. l'imperatore Ming-Ti ordinò gli
inizi di un culto a favore di Confucio. Da allora e sino agli inizi del XX sec.
la sua popolarità non conobbe declini, nemmeno in presenza del buddismo.
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* *
La
religione di Confucio non è una fede che dipende da una
"rivelazione", ma è piuttosto una filosofia esistenziale: non ci sono
dogmi né clero (nel senso di una casta sacerdotale professionale, in quanto
l'esecuzione dei riti era generalmente affidata a funzionari statali e
capifamiglia). Essere virtuosi, per Confucio, significa avere autocontrollo,
moderazione e saper agire con giustizia, a imitazione degli antichi, che non
avevano leggi esteriori costrittive e che consideravano l'amore per il prossimo
non un semplice dovere ma un'esigenza vitale. Prima di ricercare dio (che
coincide col "cielo"), l'uomo deve conseguire questi prerequisiti
umani attraverso l'educazione e l'autoeducazione. A chi gli chiedeva di
parlargli dell'aldilà, Confucio rispose: "Non abbiamo ancora imparato a
conoscere la vita, come potremo conoscere la morte?".
In
queste parole si riassume l'atteggiamento non solo dei confuciani ma anche dei
cinesi di fronte a quei problemi che ogni chiesa o confessione considera tipici
della personalità religiosa. I cinesi hanno più interesse per la vita pratica
che non per il futuro dell'anima. L'idea di dio per loro equivale a quella di
natura e nella storia religiosa della Cina non vi sono mai stati grandi
apostoli, martiri o redentori. Anche i capi religiosi furono pochissimi.
Confucio, ad es., non era una figura monastica: amava suonare il liuto, cantare
in coro, andare a caccia e a pesca. D'altra parte nessun cinese si è mai
sentito esclusivamente confuciano, buddista o taoista. Tutte e tre le
religioni, infatti, insegnano che l'uomo, all'origine, è buono e che può
raggiungere la salvezza attraverso la conoscenza della natura umana.
Il
primo ambito sociale in cui l'uomo impara ad essere autentico, secondo
Confucio, è la famiglia. Il figlio apprende la pietà filiale: deve al padre
rispetto e sostegno nella vecchiaia, mentre il padre gli assicura protezione e
lo aiuta a formarsi.
Il
secondo ambito è la società civile, ove si apprendono e si applicano la
giustizia, l'altruismo, la compassione e soprattutto la benevolenza (che sta
alla base di tutte le virtù).
Il
terzo livello è quello dello Stato, ove i sudditi (specie i funzionari statali)
sono tenuti alla lealtà-fedeltà, a condizione naturalmente che il sovrano
governi con virtù e non con lassismo e corruzione o tramite la rigorosa
applicazione delle leggi. Confucio era favorevole a una monarchia patriarcale,
feudale e gerarchica.
In
pratica i confuciani concepivano lo Stato come una grande famiglia al cui
vertice stava il re ("mandato dal cielo"), mentre più in basso tutti
osservavano i diritti-doveri della loro condizione sociale, secondo un codice
prestabilito che regola i rapporti tra signore e vassallo, tra padre e figlio,
tra il primogenito e gli altri fratelli, tra marito e moglie, tra amici e
compagni.
In
effetti il Confucianesimo si prestava molto ad essere utilizzato come una
religione di stato. Esso equiparava il sovrano al sommo sacerdote in grado di
governare per il "mandato ricevuto dal cielo": mandato revocabile
ogniqualvolta il sovrano spezza l'armonia fra ordine sociale e naturale. E' il
sovrano che promulga ogni anno il calendario dei doveri civili e rituali.
Significativo
il fatto che questa dottrina, raccolta in diversi libri e rielaborata dai suoi
discepoli, fu alla base degli esami con cui si selezionarono i funzionari
statali dal 1313 al 1905.
I
due concetti-chiave del Confucianesimo sono il rito e la benevolenza: entrambi
presuppongono il retto agire e il buon governo. I "riti" sono la
forma dell'agire, la "benevolenza" ne è il contenuto. Il rito dipende
dalla benevolenza: senza questa diventa formale, vuoto, falso.
Il
rito più importante è il culto degli antenati, che è in verità la fonte di
tutte le religioni cinesi. Questo culto venne introdotto all'inizio della
dinastia Chou (1122-256 a .C.)
e Confucio non fece altro che divulgarlo. Ai suoi tempi gli antenati non erano
più divinizzati, ma semplicemente venerati. Il culto era eseguito dai
capifamiglia (o dai capi-clan). A fondamento del culto sta la pietà filiale prolungata
oltre la morte. Il fine è quello di mantenere viva la coscienza di appartenere
a un gruppo molto più vasto di quello che si vive sulla terra.
Ogni
famiglia aveva un proprio tempio (ogni gruppo familiare uno per il capostipite,
e così via, sino agli antenati dell'imperatore). Al suo interno vi erano delle
tavolette geroglificate, conservate in piccole teche: ognuna di esse
rappresentava un antenato. Le cerimonie venivano compiute in momenti
particolari (nascita, morte, matrimonio, ecc.), oppure quando si doveva
chiedere consiglio-assistenza per poter prendere importanti decisioni.
A
Confucio non interessava tanto il rapporto degli uomini con le anime di questi
defunti (non esiste nel canone una "teologia dell'aldilà"), quanto il
fatto che in tal modo l'unità della famiglia (e quindi della nazione) restava
salvaguardato. Il rito doveva servire per tenere unita la famiglia, la società
e lo Stato: doveva insomma dare agli uomini il senso di appartenere a una
collettività molto vasta, forte e compatta, insegnando loro le virtù.
Ancora
oggi i funerali cinesi sono molto meticolosi e ritualizzati, ma non lugubri.
Sulla tavoletta, di solito, viene incollata la foto del defunto e scritto il
nome con l'indicazione dell'età e dello status sociale che aveva avuto in vita.
I cibi, offerti in maniera simbolica, vengono consumati dagli stessi donatori
in un secondo momento. Non mancano corone di fiori, incenso, candele, lanterne
di carta e rozzi sai con cappuccio indossati dai parenti del defunto.
Per
i confuciani, una persona quando muore ha l'anima che si separa in tre parti:
una sale in cielo, la seconda rimane nella tomba per ricevere sacrifici e
offerte di cibo, la terza viene localizzata nella tavoletta del tempio.
Quest'anima può trasformarsi in uno spirito buono o cattivo: la sua sorte è
decisa dal suo passato e dalla sollecitudine con cui i parenti ne onorano la
memoria. Quindi più sontuose sono le cerimonie funebri e i riti commemorativi e
più aumentano le probabilità ch'egli divenga uno spirito buono e di conseguenza
benefico per i vivi. Probabilmente anche questa particolare e molto sentita
venerazione ha impedito il diffondersi del cristianesimo in Cina. Il regime
comunista permette solo le feste principali: Capodanno (con la famosa
processione del drago, considerato simbolo benefico), le Barche del Drago,
l'Ottava Luna. E' a Singapore, Hong Kong e Formosa che si può assistere alle
feste più colorite e festose. Il rito per i confuciani è così importante che
ancora oggi non disdegnano quelli di origine taoista e buddista.
Sul
piano dei valori il concetto fondamentale promosso da Confucio è quello di
benevolenza, paragonabile al concetto di "amore". La famosa massima
evangelica "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a
te" era stata detta da Confucio cinque secoli prima. Né gli era
sconosciuto il concetto di "amore universale" (il principio è:
"considera tutti come fratelli") e di giusto mezzo (secondo cui per
cercare di realizzare un ideale bisogna scendere a leciti compromessi).
Politicamente egli concepiva il sovrano ideale come un individuo virtuoso e
benevolo, liberale nell'accordare i benefici e cauto nell'applicare i castighi.
L'aspetto
più negativo della dottrina confuciana è senza dubbio la sua concezione della
donna, considerata di molto inferiore all'uomo. Il confucianesimo tolse alla
donna cinese la superiorità che le restava nella vita familiare e praticamente
la "seppellì" nel puritanesimo dell'epoca manciù (XVIII sec.). Ancora
oggi la cerimonia nuziale e la vita coniugale risentono di questa forte
discriminazione.
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* *
Dopo
la morte di Confucio e con la definitiva disgregazione dello Stato Chou, i
discepoli si divisero in due gruppi, preoccupati di trovare una definizione
etica e normativa della morale che fosse valida in sé e per sé, e anche per
rispondere alle forti critiche del filosofo progressista Mo Ti, che rifletteva
l'ideologia dei contadini, dei piccoli artigiani e commercianti oppressi.
Mencio (372-287 a .C.)
razionalizzò l'insegnamento di Confucio sulla "benevolenza" (o bontà
di cuore) e sull'importanza dei valori morali nella società, dando così inizio
a una disputa che avrebbe occupato i pensatori confuciani per diversi secoli.
Mencio infatti sosteneva come norma della moralità la natura umana, che è
fondamentalmente buona, per cui alla vita morale occorreva soltanto un processo
di autoperfezionamento. Qui il discorso religioso diventa più esplicito, poiché
il tentativo è quello di mostrare come il dio-cielo (concepito come forza
morale) si rapporta all'uomo e lo aiuta a realizzarsi.
Xunzi
(298-238 a .C.),
che è il terzo fondatore del Confucianesimo, sosteneva invece che la natura
umana è incline al male e solo attraverso un'educazione imposta dall'esterno,
essa può vivere pacificamente e con dignità. Da notare che fu soprattutto Xunzi
a sviluppare il lato pratico della religione confuciana con la sua dottrina
dell'azione rituale. Confucio si era soffermato soprattutto sull'esigenza di
vivere la vita con umanità e di preservare i riti tradizionali. Xunzi
formalizzò e codificò questa prassi, introducendo nuovi riti, i quali,
peraltro, essendo prevalentemente dei sacrifici ufficiali statali, erano poco
sentiti dal popolo.
Dong
Zhong-Shu (197-104 a .C.)
riuscì a far adottare il Confucianesimo come religione di stato sotto la dinastia
degli Han (136 a .C.).
Fece questo a prezzo di forti concessioni e con molto eclettismo: ad es. esaltò
il ruolo del re abbassando quello del popolo (il re non è più "mandato dal
cielo" e quindi revocabile, ma "esecutore del cielo", per cui la
volontà dell'uno è sempre conforme a quella dell'altro). Naturalmente Dong
preferiva la scuola di Xunzi. E grazie a lui si svilupparono notevolmente la
burocrazia imperiale e la meritocrazia, cui il sistema degli esami per il
mandarinato diede forte impulso. Sotto questa dinastia, il confucianesimo si
arricchì di una cosmologia e di una metafisica, basata sul dualismo di yin
(principio femminile, ombra, freddo, riposo, passività, terra) e yang
(principio maschile, luce, calore, energia, attività, aggressività, cielo).
Con
l'avvento della dinastia Sung (960-1279 d.C.) il pensiero confuciano entrò
nella sua nuova e ultima fase di elaborazione. A partire dal XII sec. sorge
praticamente il "neo-Confucianesimo", in direzione del panteismo e
sotto l'influenza del Taoismo e del Buddismo. La prima scuola, detta
"della ragione", dà una certa importanza alla materialità della vita,
sostenendo che le contraddizioni pratiche possono pregiudicare seriamente la
felicità dell'uomo, per cui il loro esame è indispensabile per modificare la
realtà. Tuttavia, non ponendo la materia a fondamento dell'essere ma
un'astratta legge o regola universale, questa scuola non determinò un nuovo
interesse per l'osservazione scientifica. La preoccupazione fondamentale fu
quella di studiare la storia passata e i testi classici, considerati depositari
del modello ideale del "buon governo". La seconda scuola, detta
"della mente" (che raggiunse il suo apice nei secoli XV e XVI), fu
molto più idealista, in quanto sosteneva una stretta identità di essere e coscienza
a partire dalla coscienza, per cui la felicità e la conoscenza dell'uomo
dipendevano unicamente dalla introspezione e dalla illuminazione intuitiva.
L'
impostazione del Confucianesimo data da Dong rimase praticamente invariata sino
al 1905. Poi il culto statale venne riorganizzato nel 1907 e soppresso nel
1912. Durante la "rivoluzione culturale" maoista ci si scagliò contro
il Confucianesimo in quanto tale, senza distinguere le idee originarie del
fondatore da quelle, di alcuni suoi seguaci, che poi risultarono dominanti. Una
campagna anti-Confucio è stata condotta anche nel 1973: sotto accusa furono
quegli insegnanti che si servivano di metodi autoritari. La casa di Confucio
venne saccheggiata dalle "guardie rosse": le preziose edizioni di
antichi testi confuciani conservate nella biblioteca, la statua di Confucio,
quelle dei suoi quattro discepoli e seguaci più celebri, i vasi sacrificali,
gli antichi strumenti musicali, fra i quali il liuto: tutto andò distrutto.
Poco dopo la morte di Mao, la città natale di Confucio è stata riaperta ai
turisti cinesi e dal 1979 anche agli stranieri.
Oggi
in Cina il culto è seguito da circa 200 milioni di persone: dal 1984 la
ricorrenza della data di nascita di Confucio si celebra con grande solennità.
Sua è una delle sentenze adottate dal PCC: "Che importa se il gatto è
bianco o nero, purché acchiappi i topi". Al di fuori della Cina, il
Confucianesimo si è sviluppato soprattutto in Corea: al Nord vi sono 7 milioni
di seguaci, al Sud 2 milioni. In Giappone si diffuse a partire dal XV sec.,
dove sussiste ancora oggi sotto forma di dottrina filosofica tradizionale. Per
effetto dell'immigrazione cinese, il confucianesimo si è diffuso anche in
Vietnam, Thailandia, Filippine, Indonesia, Malesia, ecc., raggiungendo la cifra
di circa 300 milioni di fedeli.
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