geronimo

giovedì 26 settembre 2013

Religione Egizia

Quando l’Egitto cominciò ad avere una sua religione ufficiale, le divinità riconosciute dallo stato erano nove , raggruppate nella famiglia divina, detta appunto Ennead, che significa nove: Atum il creatore, Shu dio dell’aria, Tefnut dea dell’acqua , Geb dio della terra, Nut dea del cielo, Osiride, Iside, Seth, e Nephtys. Di un culto particolare furono adorati, col passare del tempo, Osiride e Iside. Ricche di suggestione sono le storie che fiorirono intorno a queste due figure divine, marito e moglie. Solo per esse il sentimento religioso degli Egizi, abitualmente così distaccato e severo, si caricò di accenti umani, addirittura patetici. Osiride viene raffigurato spesso col volto dipinto di verde perché in origine  era il dio della vegetazione e di ogni cosa vivente sulla terra; e proprio questo fu la causa di tutti i suoi guai: succedendo nell’alto incarico a Geb, dio della terra, aveva involontariamente mosso l’ira e la gelosia del fratello seth, che lo aveva ucciso e gettato nel Nilo. La fedele Iside però si era buttata nelle acque vorticose e aveva recuperato il corpo  del marito. Cieco di odio, Seth aveva poi tagliato il corpo del fratello in quattordici parti, ma Iside lo aveva ancora una volta trovato e ricomposto. Osiride era diventato così il Dio dei morti, e suo figlio Horo il dio dei viventi . I faraoni stessi erano adorati come Horo in vita e come Osiride in morte.
Ma la divinità che presso gli Egizi godette di un vero culto universale fu senza dubbio Ra, il sole . Le innumerevoli testimonianze del suo potere erano talmente vive e così vicine all’esperienza di ogni giorno che tutti si sentivano in qualche modo legati a lui. Il beneficio calore, la luce vitale e quindi la rigogliosità delle messi e le possibilità della sopravvivenza umana dipendevano dal sole, da Ra. In suo nome erano sorti diversi culti, era stata costruita una città, Elaiopoli (città del sole) , a lui vennero perfino sacrificate vite umane. Nulla sembrava troppo degno per un dio tanto potente.
Una delle caratteristiche di Ra era quella di assumere vari aspetti: a seconda delle particolari preferenze di una città o di singole persone , egli veniva accoppiato con l’immagine di qualche divinità locale. Diventava così, di volta in volta,  falco, ariete, uomo, scarabeo e perfino piramide. Aton-Ra, cioè Ra disco del sole, fu l’incarnazione  che trovò forse il maggior numero di seguaci, per merito anche del faraone  Amenophi IV. “ Tu splendi di bellezza, signore degli dei. Belle sono le cose che hai creato sulla terra “, è inciso su una piramide. Furono molti, del resto, i faraoni che si proclamarono figli di Ra e instaurarono per questo Dio un culto particolare.
Il fanatismo di Amenophi IV per il dio Aton-Ra non era ingiustificato: in un periodo di sfrenato politeismo (adorazione di molti dei) , il giovane faraone si era impegnato in una tremenda lotta nell’affermazione di un monoteismo (adorazione di un solo dio) che avesse appunto in Aton il suo rappresentante. Per questo aveva anche cambiato nome aveva voluto chiamarsi Eknaton  , colui che piace ad Aton. In questa sua coraggiosa opera lo assisteva la bellissima regina  Nefertiti che con lui, alla fine, condivise il dolore della sconfitta. Mentre il sogno di una unità religiosa si andava spegnendo, l’Egitto si avviava alla conclusione della sua esistenza. Mancava circa 1300 anni alla nascita di Cristo.
La commovente leggenda di Osiride e di Iside ebbe influenze notevoli nella politica dell’Egitto. Le ingiustizie e le sofferenze patite da lui, l’eroica fedeltà di lei, la simpatia e la tenerezza che emanavano dalle loro tragiche vicende, così umane, tanto simili a quelle di ciascun mortale, portarono a una rapidissima diffusione del loro culto.
Già simboli di vita, protettori degli esseri viventi  sulla terra e passati contro la loro volontà a governare il misterioso e oscuro mondo dei morti, Osiride e Iside ebbero in sorte di potere avere un figlio. Nelle silenziose paludi di Kemmis, lontani da occhi indiscreti, gli eroici e sventurati consorti diedero alla luce Horo. Lo allevarono segretamente perché sfuggisse alle ire del terribile Seth. Divenuto grande Horo vendicò il padre e divenne re dei viventi: i genitori poterono così avere la consolazione di veder trionfare di nuovo la loro divina progenie.
La dottrina religiosa che si fondava sul divino Ra, faceva discendere i faraoni dal sole. L’alba e il tramonto dell’astro dio simboleggiavano l’eterna vita del faraone divino. In ogni circostanza civile e religiosa nessun Egizio poteva dimenticare che al vertice di ogni potere sulla terra stava il dio-re. E come c’erano le colossali piramidi  composte di enormi blocchi sovrapposti l’uno a l’altro, così nella società egizia  esisteva una massiccia piramide di funzionari, ministri e sacerdoti al sommo della quale il dio-re dominava  con potere assoluto. L’intangibilità del vertice massimo di questa piramide , cioè il faraone , garantiva la stabilità e la sicurezza di tutta l’organizzazione gerarchica.
Innumerevoli erano i compiti che spettavano al faraone per diritto divino, ma alcuni venivano affidati ai suoi funzionari. Tra questi, uno dei più importanti era l’amministrazione della giustizia.
Gli Egizi, per potere ospitare degnamente il dio-re mentre era in vita, costruirono regge incomparabili , le cui rovine ancor oggi, dopo millenni, lasciano sbalorditi e ammirati i visitatori. La loro imponenza  e la loro armonia sono miracoli di perfezione e di bellezza.
Gli Egizi tuttavia credevano anche nell’immortalità, e perciò costruirono per i faraoni defunti tombe altrettanto stupende  quanto le regge , ma ancora più massicce e potenti, adatte a sfidare i secoli e i millenni.
Una di queste tombe, meglio sarebbe dire “templi funerari “ viene comunemente chiamata “ Casa dei milioni di anni”, tale è la sua possente struttura. Si trova a Medinet Habu, prossima a Tebe, ed è ancora pressoché intatta dopo tremila anni. Fu costruita infatti 1180 anni prima della nascita di Cristo. Questo magnifico e grandioso tempio dalle mura spesse otto metri fu costruito dal faraone Ramsete III. Il culto a questi tributato però, com’era consuetudine in Editto, veniva esteso contemporaneamente  anche a tutti gli dei raffigurati sulle mura del tempio: una interminabile schiera di solenni  divinità protettrici.
Nella parte più segreta della costruzione era collocata la tomba, l’urna che doveva conservare per l’eternità il corpo del faraone. I faraoni, i re-dei, che governarono per millenni il civilissimo popolo egizio, furono assai numerosi. Di alcuni si è perduta perfino la memoria, ma di altri non solo sono conosciuti i fatti più importanti della loro vita, ma anche il carattere, i gusti, le tendenze. Di molti sono note le esatte sembianze in quanto vennero effigiati in sculture graffiti e dipinti giunti fino a noi; molte di queste sculture sono addirittura colossali. In tutte le raffigurazioni dei re sono riportati i segni del loro grado e della loro potenza: vesti e paramenti indicano infatti a noi, come indicavano del resto al popolo egizio millenni or sono, i segni dell’autorità. La barba diritta era ornamento rituale dei faraoni , che così si distinguevano dagli dei, raffigurati con la barba ricurva . La corona era simbolo di sovranità: del Basso Egitto se era rossa, dell’Alto Egitto se era bianca. Amenhotep III porta due corone riunite  perche sotto il suo regno avvenne l’unificazione dell’Egitto. Il bastone  ricurvo era segno di potere. Il serpente sacro raffigurava la potenza di Ra, che contrastava i nemici del faraone.
Per capire quanto fosse importante per gli Egizi l’immortalità, basta  considerare la parola “ankh!, vita, che per essi significava  nello stesso tempo la vita terrena e quella dell’oltre tomba . Morte e vita quindi erano due aspetti della medesima realtà. Il richiamo della vita terrena esercitava una così forte suggestione sull’animo degli egizi da indurli a credere possibile il godimento delle medesime  gioie anche nel regno dei morti. Più che di una morte si trattava del mutamento della vita stessa: bisognava perciò preparare il corpo a sostenere  un così lungo cammino. Era infatti credenza degli Egizi che per godere dell’immortalità fosse necessario che il corpo restasse il più possibile intatto: un corpo dissolto non meritava il premio eterno. Nacque così una vera e propria arte dell’imbalsamazione , vale a dire della conservazione dei cadaveri. “ Mummie” erano appunto chiamati i corpi imbalsamati e il dio tutelare di quest’arte era Anubi , guardiano dei sepolcri, raffigurato con la testa di sciacallo.
La delicata operazione di imbalsamazione poteva richiedere fino a due mesi di lavoro. Nella casa perfetta, così veniva chiamato l’apposito laboratorio, prima di tutto si procedeva a togliere le viscere del cadavere e poi, per mezzo di un procedimento di cui si è perduto conoscenza, si ungeva il cadavere con le “ lacrime versate dai celesti per Osiride e Iside. Al di fuori del linguaggio immaginoso degli Egizi queste “ lacrime “ non erano altro che speciali unguenti: mirra, miele, Sali e una specie di bitume che in egizio prendeva il nome di “mum”, da cui appunto derivò il termine mummia. Alla fine il corpo veniva completamente avvolto in candide bende e chiuso in casse lavorate e dipinte, i sarcofaghi. Ancora oggi, dopo quattromila anni, alcune mummie conservano la stessa espressione che avevano quando furono imbalsamate. L’oltretomba immaginato  dagli Egizi raccoglieva tutti i giusti in un luogo di pace: nella frescura delle palme e dei sicomori, tra i filari di viti, in mezzo ai canali dei fiumi ricchi di pesce e di selvaggina..
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La religione era presente in ogni gesto della vita, per potersi guadagnare un giorno l’accesso verso l’adilà.
Una distesa di acqua senza colore, il Num. Niente vita, luce, forma: solo il caos. Poi emerse una collina dove il dio creatore , Atum, potè appoggiarsi e far nascere l’Umido e il Secco, che a loro volta diedero origine al Cielo e alla Terra.
Nella creazione secondo gli Egizi, le versioni potevano variare secondo le diverse scuole teologiche , ma vi figurava sempre il Num , l’ambiente caotico ed indefinito (ispirato evidentemente, da quelle piene del Nilo che sfuggivano al controllo) dal quale spuntava la collina della creazione. Ma soprattutto c’era l’idea che il mondo fosse nato perfetto. Compito del faraone era allora quello di mantenere l’equilibrio e l’ordine contro le forze del caos. Tutto, dalle opere idrauliche ai riti religiosi, fino alla politica estera, tendeva all’equilibrio.
Se la civiltà egizia durò 3000 anni, quasi il triplo di quella di Roma, non fu quindi solo per quel relativo isolamento geografico dovuto al deserto . Il confronto con gli altri popoli avvenne anche in età antica e gli Egizi non scelsero mai di isolarsi, ma solo di affermare la propria identità basata su principi filosofici e religiosi ben diversi da quelli dei Greci e del mondo occidentale, sempre pronto ad espandersi e a trasformarsi.
Gli Egizi erano conservatori: se il loro mondo era perfetto, perché cambiarlo? La religione era la loro forza. Scandiva le regole della società e dava una risposta convincente al problema della morte. Assicurava che era possibile continuare a vivere, bastava prepararsi.. Morire era senzaltro spiacevole, ma dopotutto non cos’ terribile: “Possa tu star bene nel tuo sarcofago, avendo gioito di tutto quanto di buono desiderava il tuo cuore” diceva un iscrizione.
Una bella vita doveva essere coronata dal rispetto di norme morali, non troppo dissimili da quelle che si daranno poi ebrei e cristiani.
Il defunto si presentava davanti al tribunale divino presieduto da Osiride, dio della morte. Anubi poneva sul piatto di una bilancia il suo cuore, che per gli Egizi era sede della coscienza: se il peso era pari a quello di una piuma, simbolo della dea della verità e della giustizia Maat, il morto riprendeva il suo corpo e la sua vita normale nell’aldilà, dove “ara,miete , mangia, beve e fa l’amore e tutto ciò che faceva prima”.
Se il suo cuore era troppo gravato dai peccati, veniva divorato da Ammut, mostruoso incrocio tra un coccodrillo, un leone e un ippopotamo. La morte, questa volta, era per sempre. La permanenza nell’aldilà, all’inizio riservata solo ai faraoni, divenne poi una conquista per tutti, un’eventualità concreta che per ciò dava sicurezza. Ma dadove venivano queste generose divinità che promettevano l’altra vita ? Dalla lontana preistoria. In gran parte da una serie di animali sacri che con il tempo acquisirono forma umana, mantenendo però alcuni caratteri animaleschi. Le diverse scuole teologiche raggrupparono poi in famiglie divinità in origine autonome e adorate solo localmente. “Per esempio Anubi”, il dio con testa di sciacallo che presiedeva all’imbalsamazione, era originario di Assyut. Thot, con testa di ibis, che diede agli uomini la scrittura, aveva un centro di culto Ermopoli. La dea avvoltoio Nekhbet era di Elkab. Sobek, il dio coccodrillo, di El-Faiyum, e così via. Se un faraone era nativo  del luogo dove era adorata una divinità, questa poteva assumere importanza nazionale. E le altre città erano ben felici di ospitare il culto o di scoprire che, in fondo, il loro dio locale era un’altra forma o espressione di quello stesso dio nazionale.
Quando il potere centrale si rafforzò, entrarono in scena le grandi divinità cosmiche, le cui fortune furono legate a quelle delle dinastie reali e del clero che le appoggiava. Per esempio, per i sacerdoti di Eliopoli il dio principale era Atum che, secondo alcuni masturbandosi, secondo altri espettorando, diede origine alla prima coppia divina : Shu, il secco, e Tefnut, l’Umido . Per i sacerdoti di menfi, invece, era stato Ptah, sulla collina della creazione, a fare il mondo con la magia delle parole. Ra fu l’evoluzione solare di Atum, caro ai grandi costruttori di piramidi come Cheope . Atom , cui il faraone Akhenaton destinò tutte le offerte  dei templi d’Egitto , fu al centro di una riforma tendente al monoteismo  che fece infuriare il clero. Infine Amon venne imposto nel Medio regno dalla dinastia regnante a tebe.
Di fatto gli archeologi hanno visto che i più radicati dei dell’Egitto erano Horo e Osiride. Horo, il falco, era un dio solare, originario di Hierakompolis. Nei geroglifici, uno dei segni che significa Dio è costituito proprio dalla figura di un falco pellegrino. Appariva nei nomi dei re  che unificarono l’Egitto (Scorpione e Narmer). Osiride, il dio egizio più popolare in assoluto, inizialmente di casa ad Abido, era invece legato alla fertilità e alla rigenerazione.. Come il seme  che,apparentemente morto, rinasce dopo la semina, Osiride era la proiezione della fiducia degli uomini nell’aldilà.
Le due divinità si ritrovarono come parenti in un famoso dramma dell’antichità, che è poi il mito della fondazione della civiltà egizia. Eccone la trama: Osiride era stato designato dagli dei re dell’Egitto. Ma Seth, fratello invidioso, lo uccise e lo fece a pezzi, spargendone i resti lungo il Nilo. Disperata, la moglie di osiride, Iside, ritrovò tutti i pezzi e ricompose in bende il corpo del marito, fece, insomma la prima mummia. Osiride riebbe la vita, a patto però di restare confinato nella Duat (l’aldilà degli Egizi) . Horo, figlio di Osiride, sarebbe allora dovuto subentrare al padre sul trono. Ma ad opporsi fu ancora Seth. Dopo un lungo processo, in cui si dimostrò la colpevolezza di Seth, gli dei diedero ragione a Horo.
Questa storia di giustizia condizionò anche i faraoni : il re che moriva era assimilato a osiride, e suo figlio (novello Horo) doveva provvedere a garantirgli la rinascita mummificandolo , per poi governare. La credenza era talmente radicata che se il primogenito del faraone deceduto si trovava fuori dall’Egitto e non rientrava in tempo per la sepoltura, gli subentrava in veste di Horo il principe che presiedeva le esequie. Sulle pareti interne delle piramidi , a cominciare da quella di Unis, della V dinastia, si trovano le istruzioni che il faraone doveva seguire per superare le varie porte del regno  dei morti e raggiungere Ra nella barca solare. Sono i cosiddetti “ testi delle Piramidi” .
Con la fine del primo periodo Intermedio, segnato da rivolte sociali, le istruzioni per l’aldilà apparvero direttamente  sui sarcofaghi anche di gente comune. Il diritto al “paradiso” insomma si allargò, finché nel nuovo regno  si giunse alla sua completa democratizzazione. Il famoso libro dei morti, una raccolta di circa 200  formule per raggiungere,, risale a questo periodo e fu scritto su rotoli di papiro in migliaia e migliaia di copie, con tanto di illustrazione  a colori che accompagnavano i testi. Per gli Egizi, chiusa la tomba, tutto si animava per magia (formule scritte, fabbricanti di pane e birra, figure di servi e contadini, gli ushabti delegati a svolgere il lavoro, e persino sensuali bamboline) per il benessere del defunto. Pensavano insomma che immagini e parole producessero effetti reali. Se non ci si poteva permettere una tomba , bastava deporre in un luogo di culto un iscrizione con il proprio nome , la propria storia e una dichiarazione  di non colpevolezza a Maat per assicurarsi l’aldilà. La religiosità era anche un fatto di vita tereena . Aveva un punto centrale i Temli, che erano anche centri amministrativi . Lì si risolvevano le dispute , s’imparava a scrivere , erano conservati gli antichi testi , l’anagrafe, i conti di rendite e donazioni . Si è calcolato che ai tempi di Ramses III (1185-1153 a. C.) un settimo dei terreni coltivabili ne mezzo milione di capi di bestiame fossero di proprietà dei templi .
I sacerdoti, che rispondevano del loro operato al faraone, non avevano l’obbligo di celibato e ricoprivano anche incarichi civili. Le statue contenevano lo spirito del dio e ogni mattina  venivano lavate , vestite ingioiellate e nutrite dai sacerdoti  (ai quali in realtà andava il cibo)
Mostrate in pubblico solo in feste religiose , durante le processioni la gente poteva interrogarle  su malattie, amori ed eventi. La posizione inclinata che assumevano durante il percorso  (in avanti o indietro) suggeriva le risposte. Ma la vera  arma segreta  degli egizi  era l’heka, la magia.  Se ne servivano tutti , contadini, sacerdoti , faraoni , persino medici , e tutti i giorni, con formule , pozioni e sortilegi speciali di cui parlano alcuni papiri.
Il popolo era molto legato anche alle divinità minori (si calcola che ce ne fossero circa 3 mila) come Bes, protettore della famiglia, o la cima della montagna di tebe. Ridicolo? Mai sottovalutare la sapienza popolare! Se ne accorse anche un tale Neferabu, che dopo un grave calo della vista fece scrivere su una stele : “Bisogna rispettare la divinità della cima, perché mi ha dato una lezione.
Gli animali del Nilo: amati, idolatrati, imbalsamati: Convivenza, rispetto, idolatria. E’ il rapporto dell’antico Egitto con l’universo animale, verso il quale aveva una attenzione puntigliosa. I segni geroglifici degli animali sono piccoli capolavori di precisione, e denotano una amorosa osservazione della natura. Sulle pareti delle tombe, specie nell’Antico e Medio regno, erano scolpiti ricchissimi bestiari. Gli animali erano compagni dell’uomo. Il gatto (miu, nella lingua egizia), il cane e il cavallo vivevano con gli egizi. Babbuini e cercopitechi stavano in casa come animali domestici . venerati, tutti gli esseri avevano un doppio volto: familiare e divino. Vi erano animali sacri e dei dal volto animale, venerati anche in forme oggi impensabili. Nella regione di Tebe i coccodrilli erano ammansiti e ingioiellati con bracciali d’oro. Erano sepolti mummificati gatti (a Bubasti, centro religioso della dea Bastet ve ne sono migliaia), cani e non solo: si stima che siano 4 milioni gli uccelli ibis imbalsamati nelle catacombe a nord di Saqqara. Culti che sorprendevano i viaggiatori e che giungeva all’estremo: come nei templi ove si celebravano in pubblico amplessi di sacerdotesse con montoni, in onore di Amon-Ra, dio con la testa d’ariete.
La Dichiarazione d’Innocenza:
Gli egittologi l’hanno definita la “confessione negativa” per poter essere ammesso nell’aldilà, il defunto doveva negare davanti al tribunale di Osiride di aver commesso atti riprovevoli. Molte di queste dichiarazioni trovano eco nei dieci comandamenti ebraici e cristiani. Eccone qualche esempio:
“ Non ho commesso iniquità contro gli uomini”
“Non ho maltrattato i sottoposti”
“ Non ho bestemmiato Dio”
“ Non ho rubato”
” Non ho calunniato uno schiavo presso il  padrone”
“ Non ho affamato nessuno”
“ Non ho fatto piangere nessuno”
“ Non ho ucciso”
“ Non ho commesso atti impuri”
“ Non ho fornicato con donna maritata”
“ Non ho diminuito le offerte nei templi”
“ Non ho barato sui terreni”
“ Non ho alterato il peso della bilancia”
“ Non ho tolto il latte dalla bocca dei bambini”
Gli egizi pensavano che i componenti della persona fossero ben cinque : il Ka, il ba, l’ombra, l’akh e il nome.
 Il Ka era la forza vitale. Poteva trasferirsi dal corpo  del defunto ad una statua.Alcune divinità avevano il loro ka in altre divinità. Le offerte, reali o raffigurate sulle pareti delle tombe, servivano a nutrire il Ka dei defunti.
Il ba, rappresentato spesso come un uccello dal volto umano, era qualcosa di più vicino aciòche oggi si intende per anima: la manifestazione animata e soggettiva del morto. Poteva uscire alla luce del giorno, spaziare in cielo e tornare nel sarcofago. Le altre tre:
L’ombra era anch’essa indipendente dal corpo e poteva muoversi da sola passando il confine del regno dei morti. La dissoluzione della propria ombra da parte del mostro Ammut durante il giudizio divino significa finire perduti nel Caos.
L’akh era quella parte dell’individuo che, dopo innumerevoli riti e formule magiche, poteva salire al cielo e brillare insieme alle stelle. Era parte dell’energia creatrice , la massima luminosità dopo la trasfigurazione che portava l’individuo rinnovato a partecipare allo splendore degli Dei.
Il nome rappresentava in vita una seconda nascita, una “presenza” quando veniva letto e pronunciato. Nel mondo dei morti era indispensabile per la sopravvivenza dell’individuo. La sua cancellazione da statue e tombe era come un omicidio.
L’adilà non era riservato solo al faraone. Dopo la morte, a separarsi dal corpo era dapprima il ka del defunto (la sua essenza vitale) , seguito, dopo la cerimonia funebre, dal ba (l’anima). Il viaggio nell’oltretomba iniziava sotto la protezione di Horo (rappresentato in forma di uomo con la testa di falco) che scortava il defunto davanti al tribunale divino. Ma prima di questo, la salma doveva essere stata correttamente imbalsamata e posto nel sarcofago, contornata di suppellettili e cibo e dalle formule propiziatorie contenute nel Libro dei morti. Questi oggetti non erano altro che il corredo per l’oltretomba, tanto più ricco quanto più elevata era stata la posizione sociale in vita.

UNA GRANDE FAMIGLIA
Il Pantheon egizio fu il risultato della progressiva assimilazione di molteplici divinità locali. Menfi, tebe, Eliopoli ed Elefantina forono le sedi principali di culto, in cui gli dei furono organizzati in triadi familiari e in una enneade (nucleo di nove divinità, più altre collegate).
Enneade di Eliopoli:
ATUM-RA= Divinità solare, creò l’universo;
 MAAT = Energia coesiva dell’universo. Sovrintende all’ordine cosmico e alla giustizia;
SHU= incarnazione del Secco. Fratello e sposo di Tefnut; TEFNUT Dea che incarna l’Umido. La criniera è attributo di forza;
GEB=   Fratello e sposo di Nut. Dio della terra;
NUT =  Sorella e sposa di Geb. Dea del cielo;
ISIDE =    Dea madre, regina e maga;
OSIRIDE =  Dio risorto, re dell’oltretomba;
NEFTI = Patrona della casa, madre di Anubi;
SETH =  Dio del caos, uccisore di Osiride;
HATHOR = Vacca celeste, dea dell’amore;
HORO =   Dio falco patrono dell’Egitto;
ANUBI = Dio sciacallo  custode dei segreti;
THOT = Dio ibis patrono degli scribi.

Triade di Menfi:
PTAH = Creatore, patrono degli artigiani;
SEKHMET = Dea leonessa divinità solare.
API = Toro solare, animale sacro a Ptah;
NEFERTUM = Dio dei profumi il cui simbolo è illoto;

Triade di Tebe:
AMON “ Il nascosto” il suo animale è l’ariete;
MUT = Dea della guerra e dell’inondazione.
KHONSU Dio della luna, con codino da fanciullo;

Triade di Elefantina:
KHNUM = Dio ariete, modellò gli uomini al tornio
SATET = Dea dell’amore, con corna d’antilope;
ANUQUET = Figlia divina, dal copricapo di piume;

Altre Divinità:
SOBEK = Dio coccodrillo delle acque del Nilo,
BES = Protettore di donne e bambini;
NEKHBET = Dea avvoltoio, patrona dell’Alto Egitto;
UADJET = Dea cobra, patrona del Basso Egitto;

BASTET = Dea gatta, sorella lunare di Sekhmet.

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