sabato 2 febbraio 2013
Uno di Noi 2
UNO DI NOI
(Perché e come una iniziativa dei cittadini europei per la vita)
“L’Europa di domani è nelle vostre mani. Siate degni di questo compito. Voi lavorate per restituire
all’Europa la sua vera dignità: quella di essere luogo dove la persona, ogni persona è accolta nella
sua incomparabile dignità”(Giovanni Paolo II, 23 novembre 1986. Convegno sul diritto alla vita e
l’Europa) 2
Parte I
I PRESUPPOSTI CULTURALI
1) La questione antropologica
L’aspetto più conturbante e sovversivo delle sempre più numerose aggressioni contro la vita
umana è che in vasti spazi della cultura e della legislazione moderne esse divengono un
diritto
1
. Ciò è particolarmente evidente riguardo alla vita nascente. La questione
antropologica (a chi deve essere riconosciuta la qualità di uomo e quale sia il senso della vita
umana) è divenuta una questione sociale fondamentale. La grande maggioranza dei problemi
bioetici si concentra in una sola domanda: il concepito è un essere umano a pieno titolo?
Valgono anche per lui i principi di eguaglianza e di solidarietà? Riconoscere nel concepito
“uno di noi”, cioè un soggetto, non un oggetto, un fine, non un mezzo; una persona, non una
cosa; è la risposta indispensabile per costruire una cultura della vita razionale, cioè tale da
essere persuasiva per tutti, indipendentemente dalla loro fede religiosa. Paradossalmente
questa risposta, che è la più radicale e diretta rispetto alla tesi c.d. “abortista”, è anche quella
più efficace per convincere la cultura moderna. Questa considera sua massima conquista
civile l’affermazione dei diritti umani e dell’eguaglianza. Ma la proclamazione dei diritti
umani è priva di senso se non è conosciuto il soggetto che ne è il titolare. Il principio di
eguaglianza è contraddetto se è possibile la discriminazione tra categorie di esseri umani. La
questione del diritto alla vita va, dunque, posta, prima che sul terreno del diritto penale e
delle leggi sull’aborto, sul terreno dei diritti umani. È a questo livello che la cultura moderna
è particolarmente vulnerabile, perché proprio essa proclama i diritti umani e l’eguaglianza. Il
semplice riconoscimento della qualità di uomo anche al concepito, se scritto nella legge,
percepita dalla collettività come una forma di razionalità collettiva, produrrebbe
immediatamente effetti di difesa concreta della vita nascente. Infatti l’argomento che vince
la innata resistenza della madre rispetto ala prospettiva dell’aborto è che almeno durante le
prime fasi della gravidanza nel seno materno non vi è un essere umano, ma un grumo di
cellule, al massimo una vita impersonale, non dissimile dalle parti di un corpo umano,
animale o vegetale. Inoltre la particolare condizione della gravidanza (un individuo umano
ospitato nel corpo di una donna), rende difficile la difesa della vita del figlio se il concepito
non è presente come essere umano nella mente e nel cuore della madre. I più moderni
strumenti chimici (pillola del giorno dopo, pillola dei 5 giorni dopo, Ru486) rendono quasi
impossibile l’efficacia di qualsiasi azione in difesa del diritto alla vita, esterna a ciò che la
donna incinta pensa e sente. Non c’è dubbio, perciò, che il riconoscimento pubblico, formale
e legale della qualità di essere umano del concepito servirebbe concretamente a difendere la
vita anche indipendentemente dalla disciplina legale dell’aborto, della procreazione
artificiale e della sperimentazione sugli embrioni.
1
Giovanni Paolo II nella Enciclica Evangelium Vitae (numeri 4 e 11), dopo aver ricordato tutti gli attentati
contro la vita che hanno accompagnato la storia dell’uomo menzionati nei documenti del Concilio Vaticano II e dopo
avere aggiunto a quell’elenco la indicazione di altre attuali aggressioni osserva che “questo inquietante panorama, lungi
dal restringersi, si va piuttosto dilatando […] mentre si delinea e consolida una nuova situazione culturale, che dà ai
delitti contro la vita un aspetto inedito e -se possibile- ancora più iniquo” (n.4) sicchè egli concentra la sua attenzione
“su un altro genere di attentati concernenti la vita nascente e terminale, che presentano caratteri nuovi rispetto al passato
e sollevano problemi di singolare gravità per il fatto che tendono a perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di
delitto e ad assumere paradossalmente quello di diritto” (n.11).3
2) L’Europa come unione di valori
Chi legge il Trattato di Lisbona e la Carta europea dei diritti fondamentali si domanda come
mai coloro che hanno redatto e stipulato il Trattato non hanno voluto accettare il richiamo
delle radici cristiane dell’Europa. In effetti l’Unione Europea (UE) si auto afferma come una
“unione di valori” e questi sono tutti fondati sulla visione cristiana dell’uomo. E’
impressionante l’insistenza con cui tre espressioni: dignità umana, diritti dell’uomo,
eguaglianza sono ripetute nel Trattato di Lisbona, sia nel TUE (Trattato sull’Unione
Europea, rielaborazione del Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992), sia nel TFUE
(Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, rielaborazione del Trattato di Roma del
25 marzo 1957), sia della Carta europea dei diritti fondamentali (proclamata a Nizza il 2
dicembre 2000 e ulteriormente a Strasburgo il 12 dicembre 2007). Il Trattato di Lisbona
(TUE + TFUE) è entrato in vigore, come è noto, il 1° dicembre 2009.
Ma queste espressioni non sono in grado di proteggere inequivocabilmente il diritto alla vita,
se tale diritto lo si intende esistente sin dal concepimento, come sarebbe coerente
riconoscere, posto che il valore della vita umana è la prima essenziale espressione della
dignità, che l’uguaglianza non è pienamente realizzata se si accetta la discriminazione tra gli
esseri umani nati e non ancora nati, se non si riconosce che titolare dei diritti dell’uomo è
ogni individuo vivente della specie umana a prescindere da ogni ulteriore qualità che possa
essergli attribuita.
Il rifiuto dell’Europa di riconoscere nel concepito “uno di noi” cambia completamente il
senso dei diritti umani, dell’eguaglianza e della dignità umana
2
. Perciò è urgente fare tutto il
possibile per restituire all’Europa il suo vero fondamento come recita l’art. 2 del Trattato di
Lisbona (TUE)
3
. Questo è tanto più necessario nel momento in cui la crisi economica
offusca l’idea stessa di Europa pensata come luogo del benessere materiale. I cittadini si
sentono sempre più distanti dagli ideali che mossero i padri fondatori. Ritrovare l’unità dei
popoli europei intorno al valore della dignità umana, presente sempre e comunque in ogni
uomo, appare, perciò, anche un modo per evitare la sconfitta dell’Europa
4
3) Una linea strategica di gradualità
In una sentenza della Corte Costituzionale ungherese è stato scritto che il riconoscimento
giuridico della qualità di uomo al concepito costituirebbe il compimento e la perfezione di
un processo storico che ha già eliminato la schiavitù e la discriminazione tra varie categorie
2
Ha scritto Giovanni Paolo II al n. 18 dell’Evangelium Vitae: “giunge ad una svolta dalle tragiche conseguenze
un lungo processo storico, che dopo aver scoperto l’idea dei diritti umani -come diritti inerenti ad ogni persona e
precedenti ad ogni Costituzione e legislazione degli Stati- incorre oggi in una sorprendente contraddizione: proprio in
un’epoca in cui si proclamano solennemente i diritti inviolabili della persona e si afferma pubblicamente il valore della
vita, lo stesso diritto alla vita viene praticamente negato e conculcato, in particolare nei momenti più emblematici
dell’esistenza, quali sono il nascere e il morire”.
3
“L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana […] , dell’eguaglianza […], del rispetto dei
diritti umani […]”. Lo stesso concetto è espresso nel preambolo della Carta dei diritti fondamentali: “ … l’Unione si
fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’eguaglianza […]. Pone la persona al
centro della sua azione”.
4
Di “sconfitta dell’Europa” parlo Giovanni Paolo II l’11 ottobre 1985 rivolgendosi al Consiglio delle
Conferenze Episcopali europee. Egli indicò l’introduzione della legislazione permissiva dell’aborto considerata come
l’affermazione di un principio di libertà una sconfitta per l’uomo, per la donna, per il medico, per lo Stato e concluse:
“l’Europa dovrà meditare su questa sconfitta”.4
di uomini
5
. È un pensiero che mostra il carattere epocale e planetario della “questione
antropologica”. Il travaglio della riflessione e dei conseguenti comportamenti riguardo
all’inizio della vita umana è di tale importanza da contrassegnare un’epoca. Perciò non è
immaginabile che il diritto alla vita nella sua completezza possa essere riconosciuto in tempi
brevi. Occorre affrontare una lunga fatica. Ciò impone l’accettazione del metodo della
gradualità. Se non è possibile raggiungere immediatamente il traguardo finale, bisogna non
rinunciare a perseguire traguardi parziali. Sbaglia chi si scoraggia di fronte alla difficoltà del
compito e perciò si rassegna e rinuncia alla lotta. La tenacia nell’impegno per difendere e
promuovere il diritto alla vita esige, certo, che si faccia tutto il possibile per conseguire il
risultato finale, ma, proprio per questo, che si salgano i gradini che attualmente riusciamo a
superare anche se la scala è molto lunga e ci viene impedito per ora di percorrerla tutta. Chi
vuole conquistare la vetta di un’alta montagna deve talvolta sostare a livelli intermedi.
PARTE II
L’INIZIATIVA DEI CITTADINI EUROPEI PER LA VITA
4) Aspetti tecnico-giuridici
Una delle novità considerata tra le più importanti introdotte dal Trattato di Lisbona è la c.d.
“iniziativa dei cittadini” (art. 11 TUE e 24 TFUE) la cui disciplina è stata formulata in
dettaglio dal regolamento 211\2011 approvato il 16 febbraio 2011 (entrato in vigore stabilita
per il 1 aprile 2012). A questo nuovo istituto è attribuita una grande importanza perché lo si
ritiene idoneo a ridurre il c.d. “deficit democratico” presente nella UE e ad avvicinare i
cittadini a quella Unione che per lo più essi sentono lontana. Secondo la normativa ora
indicata almeno un milione di cittadini di almeno 7 stati membri possono chiedere alla
Commissione di fare una determinata proposta di un atto giuridico alle altre istituzioni
europee (Parlamento e consiglio dei ministri). L’atto giuridico deve riguardare l’attuazione
dei trattati, rientrare nelle competenze della Commissione e non essere contrario ai valori
dell’Unione. L’iniziativa può essere promossa da un comitato costituito da almeno sette
cittadini di sette diversi stati dell’Unione al cui interno devono essere nominati un
rappresentante ed un supplente delegati a tenere i contatti con le istituzioni a nome del
comitato. La Commissione deve registrare la richiesta (se il quesito risulta conforme a
quanto consentito) entro due mesi. Dal momento della registrazione decorre il termine di un
anno per la raccolta delle adesioni, che deve avvenire su un modello predisposto dalla
Commissione con sottoscrizione su carta o per via telematica. Il numero complessivo delle
adesioni non deve essere inferiore a 1.000.000, ma in ognuno degli Stati in cui le adesioni
vengono raccolte il numero di esse non deve essere inferiore alla cifra che si ottiene
5
Sentenza della Corte Costituzionale ungherese del 17/12/91: “La questione si pone nel senso che la posizione
giudica dell’uomo dovrebbe essere aggiornata seguendo i suddetti cambiamenti dei concetti umani della scienza e della
opinione pubblica e cioè anche il concetto giuridico di uomo si dovrebbe estendere alla fase prenatale fino al
concepimento. La natura e la portata di tale estensione potrebbero essere paragonate soltanto alla abolizione della
schiavitù, anzi sarebbero ancora più significative perché la soggettività giuridica dell’uomo raggiungerebbe il suo
estremo limite possibile e la sua perfezione”.5
moltiplicando per 750 il numero dei parlamentari europei eletti in questo Stato. Le firme
sono verificate in ciascuno Stato membro
6
.
L’aspetto più importante di questo nuovo istituto, che lo rende diverso e ben più incisivo
rispetto al diritto di petizione che ciascun cittadino europeo aveva anche prima del Trattato
di Lisbona, è che, se il numero minimo di adesioni di 1.000.000 viene raggiunto, la
Commissione è obbligata, entro 3 mesi, a dare una risposta, quale che sia e tale risposta deve
essere preceduta da una audizione ad alto livello degli organizzatori.
Come già detto la raccolta delle dichiarazioni di sostegno non può iniziare anteriormente al
1 aprile 2012.
5) Gli scopi dell’iniziativa dei cittadini
Si tratta, naturalmente, di ottenere quanto indicato nel quesito rivolto alla Commissione
esecutiva, sul quale si chiede l’adesione dei cittadini europei: l’applicazione nel diritto
dell’Unione del principio che la dignità umana e il diritto alla vita riguardano ogni essere
umano fin dal concepimento ed il conseguente impegno legislativo delle istituzioni europee
a non finanziare attività che presuppongono la distruzione di embrioni umani specialmente
nel campo della ricerca, dell’aiuto allo sviluppo, della sanità pubblica.
Ma, prima ancora, l’iniziativa vuole essere uno strumento culturale ed educativo che
risveglia l’anima dei popoli europei ed impedisca la loro assuefazione e la loro
rassegnazione di fronte alle soverchianti aggressioni contro la vita umana. Quando anche la
Commissione di Bruxelles non facesse ciò che ad essa viene richiesto o se il processo
legislativo da essa avviato non giungesse alla conclusione sperata, l’iniziativa dei cittadini
potrebbe raggiungere egualmente un grande risultato se le adesioni popolari saranno
numerosissime e se saranno accompagnate da molteplici azioni culturali ed educative
(pubblicazioni, seminari, presenze sui media, dibattiti).
Il titolo che si è deciso di dare all’iniziativa, “uno di noi”, concentra lo sguardo sulla
questione essenziale, attorno alla quale ruotano tutti i problemi inerenti alla vita umana
nascente. La cultura c.d. “abortista” distoglie lo sguardo dal figlio concepito ma non ancora
nato; la cultura della vita, invece, nasce da questo sguardo, che non ignora ciò che vi sta
attorno, ma che sa contemplare la meraviglia della vita umana fin dal suo primo comparire
nell’esistenza. Conosciamo bene le parole con le quali si tenta di distogliere lo sguardo:
“grumo di cellule”; vita, ma non umana; vita, ma non individuale; essere umano, ma non
persona. L’espressione “uno di noi” fu coniata per riassumere il parere dato il 28 giugno
1996 dal Comitato Nazionale di Bioetica Italiano sul tema “identità e statuto dell’embrione
umano”. Si tratta di un lungo elaborato documento, confermato in seguito più volte
7
la cui
conclusione è la seguente: “Il Comitato è pervenuto unanimemente a riconoscere il dovere
morale di trattare l’embrione umano, sin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e
tutela che si devono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce
comunemente la caratteristica di persone”.
“Uno di noi” è l’espressione sintetica che manifesta una possibile intuizione popolare la
quale per un verso salta tutto l’argomentare biologico, giuridico e antropologico in favore
del diritto alla vita del concepito e, per altro verso, lo presuppone e lo esprime. Perciò tutta
la campagna per raccogliere le adesioni dovrà essere accompagnata dalla riflessione sui dati
6
Un apposito sito web della Commissione fornisce dati più dettagliati e continuamente aggiornati.
7
Parere dell’11 aprile 2003 sull’uso di cellule staminali embrionali;parere del 28 Mggio 2004 sulla
contraccezione d’emergenza; parere del 15 luglio 2005 sull’ootide; parere del 18 novembre 2005 sull’adozione per la
nascita di embrioni crioconservati; parere del 16 dicembre 2005 sull’aiuto delle donne in gravidanza e depressione postpartum.6
scientifici relativi all’inizio della vita umana e sui valori che giustificano l’affermazione dei
diritti umani come fondamento del vivere civile: la dignità umana e l’eguaglianza.
Naturalmente l’effetto di risveglio culturale dei popoli europei sarà tanto più grande quanto
più numerose saranno le adesioni: non dovremmo contentarci di avere raggiunto un solo
milione di consensi.
Se le adesioni saranno molte si verificherà un altro effetto positivo, anche se dovesse
mancare la auspicata risposta normativa dell’Unione Europea. Non dobbiamo dimenticare
che i parlamentari sono molto sensibili all’opinione pubblica e quindi al parere dei cittadini,
loro potenziali elettori. Attualmente nel Parlamento europeo sono approvati continuamente
documenti (rapporti, risoluzioni) favorevoli a tutto ciò che fa dimenticare il diritto alla vita
del concepito. Per lo più questi documenti non hanno alcun valore giuridico vincolante, ma
– goccia dopo goccia – influenzano negativamente l’opinione pubblica. Se l’iniziativa dei
cittadini raggiungerà un grande visibile, sorprendente, consenso, diverrà più difficile
continuare in Europa la tattica della inimicizia diretta o indiretta, esplicita o equivoca contro
la vita, mediante votazioni di per sé prive di valore giuridico.
Bisogna poi considerare che l’U. E. partecipa alle grandi conferenze internazionali, come
quella sulla popolazione e quella sui diritti delle donne, nelle quali in passato ha sostenuto
posizioni ostili al diritto alla vita del concepito. L’iniziativa dei cittadini potrà cambiare la
posizione della UE in questo tipo di incontri internazionali con conseguenze positive di
grande rilievo.
Ma, soprattutto, è ragionevolmente prevedibile una positiva influenza dell’iniziativa sulla
Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. Essa più volte è stata interrogata sulla
interpretazione della Carta europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali
riguardo al diritto alla vita. Essa ha risposto riconoscendo agli Stati un ampio margine di
apprezzamento autonomo nello stabilire il momento di inizio della vita umana. Il
ragionamento della Corte si fonda sulla constatazione di una diversità di opinioni emergente
dalle leggi dei diversi Stati. È un modo di giudicare scorretto perché le Carte dei diritti
umani non dovrebbero fotografare le realtà, ma prescrivere ciò che è giusto per modificare
la realtà. Tuttavia nell’attuale contesto culturale europeo la giurisprudenza della Corte di
Strasburgo è utile per salvare le poche leggi statali che proteggono la vita nascente e che
tuttavia sono in pericolo per i continui probabili nuovi ricorsi contro di esse dinanzi alla
Corte.
Una grande adesione dei cittadini europei alla proposta per riconoscere l’embrione umano
come “uno di noi” contribuirà a rendere impossibile la negazione del diritto alla vita fin dal
concepimento e forse potrebbe orientare la Corte verso uno “sguardo” più attento verso
l’embrione umano in nome dei diritti umani. La Corte europea dei diritti dell’uomo è organo
del Consiglio d’Europa, non dell’Unione Europea, ma si deve considerare che tutti gli Stati
membri dell’Unione Europea sono anche membri del Consiglio d’Europa e che l’UE stessa,
come tale, in forza del Trattato di Lisbona, deve aderire alla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo che la Corte ha il compito di interpretare e fare applicare.
Naturalmente se le adesioni saranno molte si può ragionevolmente sperare
nell’approvazione di uno o più regolamenti che vietino l’uso di denaro europeo per
distruggere direttamente o indirettamente embrioni umani. Anche se una tale normativa non
avrebbe la solennità di una proclamazione generale del diritto alla vita fin dal concepimento
quale deriverebbe da una integrazione della Carta dei diritti fondamentali, tuttavia essa
sarebbe una diretta conseguenza di un riconoscimento implicito della individualità umana
del concepito che illuminerebbe tutto il campo dei valori ai quali l’Unione dichiara di
ispirarsi.7
6) La preparazione del quesito e il comitato organizzativo
Il proposito di promuovere un'iniziativa europea per la vita ai sensi dell'articolo 11 del
Trattato di Lisbona è stato reso noto per la prima volta al meeting di Rimini nell'agosto
2011. Successivamente il progetto è stato più dettagliatamente e solennemente annunciato in
Campidoglio, a Roma, il 10 dicembre 2011 (anniversario della Dichiarazione universale dei
diritti dell'uomo) in occasione dell'assegnazione del Premio europeo per la vita “Madre
Teresa di Calcutta” alla memoria di Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolari.
Quello stesso giorno i rappresentanti di movimenti per la vita appartenenti a 15 Paesi
membri dell'Unione Europea formarono un comitato preparatorio.
Nei mesi seguenti un gruppo di esperti ha lavorato per preparare il testo del quesito da
sottoporre alla Commissione Europea per la necessaria registrazione.
L’idea iniziale era stata di chiedere la integrazione dell’art. 2 TUE (rispetto della dignità
umana) e dell’art. 2 della Carta dei Diritti fondamentali (diritto alla vita) con le parole “fin
dal concepimento”, ma il timore di un rifiuto della registrazione ha suggerito di abbandonare
questo proposito. Infatti è consentito chiedere un atto giuridico per attuare i trattati, non per
modificarli. Si può discutere se la Carta dei diritti fondamentali abbia o no natura di trattato.
Certamente essa non nasce come un accordo tra Stati, ma come dichiarazione dell’UE, più
precisamente delle tre istituzioni (Parlamento, Commissione, Consiglio), ma, avendole il
(TUE art. 6) attribuito la stessa efficacia giuridica dei Trattati, è possibile sostenere che essa
è stata trasformata in un vero e proprio trattato. Perciò la prudenza ha consigliato di non
chiederne modificazioni.
Si è dovuto rispettare un secondo limite. L’UE non ha competenza per cambiare le leggi
degli Stati membri in materia di aborto. Una richiesta in questa direzione non verrebbe
certamente registrata. Tuttavia è possibile domandare che l’UE nelle attività che essa stessa
svolge non finanzi e non propagandi la distruzione di embrioni umani, così come oggi può
avvenire e di fatto avviene, direttamente o indirettamente, nel campo della ricerca
scientifica, dell’aiuto allo sviluppo, della sanità pubblica.
Per comprendere bene la formulazione del quesito bisogna ricordare che la Commissione ha
stabilito un limite massimo di battute con cui possono essere espressi il titolo (100 battute) e
gli obiettivi (500 battute).
È poi facoltativa la formulazione degli articoli dei quali si chiede l’approvazione.
Il gruppo di esperti ha ritenuto opportuno richiamare nella parte che descrive gli obiettivi
della iniziativa una importantissima sentenza pronunciata recentemente dalla Corte Europea
di giustizia (decisione del 18 ottobre 2011 nel caso Brüstle contro Greenpeace) nella quale
l’embrione umano viene definito come ogni cellula primitiva in grado di svilupparsi in un
intero corpo umano. La direttiva n. 44 del 1998 sulla protezione giuridica delle invenzioni
biotecnologiche dichiara (art. 6) che le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o
commerciali contrastano con l’ordine pubblico e il buon costume e dunque non possono
essere brevettati. La Corte costituzionale tedesca ha chiesto alla Corte di Giustizia europea
di stabilire che cosa si debba intendere per embrione umano. La risposta precisa della Corte
di Giustizia costituisce una indicazione secondo la quale non sono possibili distinzioni tra le
varie fasi della vita umana successive al concepimento. Inoltre la sentenza riconosce la
dignità umana fin dalla prima scintilla di vita.
Sebbene non sia obbligatorio (ma solo facoltativo) formulare i testi legislativi di cui si
chiede l'approvazione alle istituzioni europee, si è ritenuto opportuno scrivere anche 8
proposte di atti giuridici con un'adeguata indicazione e trasmettere anche questi testi alla
Commissione Europea insieme alle altre parti obbligatorie della domanda di registrazione
per rendere ben chiara la domanda e superare meglio eventuali obiezioni da parte di chi
volesse opporsi alla registrazione.
Il 29 marzo 2012 a Bruxelles i rappresentanti dei movimenti per la vita di 20 nazioni hanno
sottoscritto l'atto costitutivo del comitato organizzatore e 41 persone hanno firmato la
richiesta di registrazione, che è stata presentata telematicamente il 1 aprile 2012.
La Commissione Europea ha fatto sapere che avrebbe registrato soltanto i primi 7 nomi del
molto più numeroso comitato organizzativo. Questa è la ragione per cui nella domanda
ufficiale figurano soltanto i nomi dei rappresentanti della Francia, dell'Italia, della
Germania, del Regno Unito, della Spagna, della Slovacchia, della Polonia.
7) Il quesito
L'11 maggio 2012 la Commissione Europea ha registrato la richiesta di raccogliere le
adesioni ed ha pubblicato sul suo sito il seguente quesito, che qui si riporta nella sua
versione integrale. Si tratta esattamente del testo al quale si deve dare l’adesione
TITOLO: Uno di noi
OGGETTO: Protezione giuridica della dignità, del diritto alla vita e
dell’integrità di ogni essere umano fin dal concepimento nelle aree di
competenza UE nelle quali tale protezione risulti rilevante.
DESCRIZIONE DEGLI OBIETTIVI: L’embrione umano merita il rispetto
della sua dignità e integrità. Ciò è affermato nella sentenza CEG nel caso
Brüstle, che definisce l’embrione umano come l’inizio dello sviluppo
dell’essere umano. Per garantire la coerenza nei settori di sua competenza
dove la vita dell’embrione umano è in gioco, l’UE deve introdurre un
divieto e porre fine al finanziamento di attività presupponenti la
distruzione di embrioni umani in particolare in tema di ricerca, aiuto allo
sviluppo e sanità pubblica.
NOMI DEGLI ORGANIZZATORI: PATRICK GREGOR PUPPINCK,
FILIPPO VARI, JAKUB BALTROSZEWICZ, EDITH FRIVALDSZKY,
ALICIA LATORRE, MANFRED LIEBNER, JOSEPHINE
QUINTAVALLE
Questo è il testo su cui è richiesta l’adesione dei cittadini europei. Alla Commissione europea sono
state trasmesse anche altre parti facoltative allo scopo di rendere più chiaro il contenuto che dovrà
avere l’atto giuridico di cui si chiede l’emanazione. È opportuno che anche coloro a cui si chiede
l’adesione conoscano questa proposta di atto giuridico
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