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martedì 15 dicembre 2015

N° 1) Itinerari, vita di un Santo
SANT’ANTONIO ABATE
Ala ricerca di Dio. Originario dell’Egitto scelse la vita eremitica ma molti lo seguirono. E’ il protettore degli animali domestici. Si festeggia il 17 gennaio . Il Santo rappresentato con il maiale e la croce tau di colore azzurro. Quest’ultima è il simbolo dell’ordine dei monaci Antoniani.

Il fuoco ed il falò di Sant’Antonio, la benedizione degli animali, protettore dei macellai, dei Vigili del Fuoco, degli animali domestici e persino dei becchini. La popolarità conquistata da Sant’Antonio Abate è senza confini in occidente e oriente e si esprime in tradizioni, detti, feste e simboli. Il suo culto divenne popolare nel Medioevo, quando nel tredicesimo secolo, ne venne divulgata la storia nella Leggenda aurea di Jacopo da Varagine. Da allora, l’iconografia che lo riguarda è ricchissima non solo in Italia ma anche nelle arti figurative nel tardo gotico tedesco. Oggi, ne conosciamo la storia tramite un altro libro, la vita di Antonio, scritta dall’amico  e discepolo Sant’Atanasio qualche anno dopo la morte di Antonio avvenuta il 17 gennaio del 356. Una vita lunghissima, 106 anni, intensa e animata da un desiderio radicale di seguire Gesù nel nascondimento. Antonio non voleva, lo sappiamo da San Girolamo, neanche che si conoscesse il luogo della sua sepoltura quando seppe che un certo Pergamo, un ricco signore dell’Egitto, si riprometteva di erigere una chiesa dopo averne trasportato la salma in un terreno di sua proprietà.
Vende trecento terreni: Antonio nasce attorno al 250 a Coma, l’odierna Quemans, una città sulla riva occidentale del Nilo, nel cuore dell’Egitto, da una famiglia agiata e possidente, con un’attività agricola ben avviata. Tra i 18 e i 20 anni perde entrambi i genitori, e appena sei mesi dopo è già alla ricerca del senso della vita. Si interroga su come seguire Gesù, sull’esempio degli apostoli che avevano abbandonato ogni cosa per seguirlo. Improvvisamente, una mattina, entrando in chiesa, trova la risposta. “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi e avrai un tesoro nei cieli”, recita il Vangelo del giorno: Per Antonio quelle parole, che aveva già ascoltato in passato, risuonano  in maniera nuova: questa volta sono rivolte a lui. Quindi uscito dalla chiesa, vende trecento campi molto fertili che aveva ereditato dalla sua famiglia. Ciò che ne ricava lo dona ai poveri  riservandone una parte per la sorella minore. Ma non gli basta.
“Non angustiatevi per il domani” è la parola di Gesù che lo convince a fare l’ultimo passo. Dona anche quello che gli era rimasto, affida la sorella, con una somma di denaro, a una comunità di vergini consacrate a Dio e si fa eremita.
Le lotte con il demonio: Da eremita Antonio conduce una vita dura, da solo, in un villaggio vicino alla sua città. Si dedica alla preghiera, alla lettura della sacra scrittura, ai lavori manuali per mantenersi. Ma Dio lo mette alla prova, lo sottopone a terribili tentazioni con il demonio, pensieri osceni, quasi peggio se avesse condotto una vita cristiana come tutti. Vacilla, ma altri eremiti lo incoraggiano ad andare avanti, a fare una scelta ancora più profonda. Si trasferisce in un antica tomba scavata nella roccia, veste solo di un rude panno e si isola da tutti per cercare l’unione con Dio, pura, assoluta, senza l’inciampo dei fratelli. Ma le tentazioni continuano fino alle percosse ricevute dal demonio. Sono anni di oscurità spirituale, ma non molla e persevera contro ogni evidenza nella fede di Dio.
Le origini del monachesimo: La fama di Antonio cresce: Il cristianesimo è già molto diffuso nell’area e molti lo cercano per colloqui, consigli, parole di sapienza. Lui ha tempo per tutti, ma non è questa la sua vita. Si allontana verso il Mar Rosso, sulle montagne del Pispir presso un forte abbandonato inaccessibile. Qui rimane per venti anni e sopravvive grazie a una fonte d’acqua e un amico fedele che gli lancia i viveri oltre le mura di cinta. E, come più le radici vanno a fondo nel terreno, più cresce la chioma dell’albero, così, più Antonio va in profondità nell’unione con Dio, più accorrono persone che lo cercano e che vogliono seguire il suo esempio. Dal successivo abbattimento del fortino nascono due monasteri, entrambi sotto la sua direzione: uno ad oriente del Nilo, l’altro sulla riva sinistra del fiume. Antonio è ormai persona esperta e può essere un’ottima guida spirituale: un abate . I monaci dimorano ognuno nella propria cella solitaria, pregano e lavorano, ma sono una comunità di eremiti, che vivono nello stesso luogo anche se non legati da regole. E’ nato il monachesimo, quell’ora et labora che sarà codificato duecento anni dopo dalla regola di San Benedetto e che darà vita al monachesimo occidentale.

Il Fuoco di Sant’Antonio:
Nel gergo popolare indica l’herpes zoster, una recidiva del virus  della varicella, molto fastidiosa anche in passato, quando si veneravano le reliquie di Sant’Antonio a Motte-Saint-Didier in Francia nel 1119.
A quei tempi non esistevano rimedi e i malati invocavano l’aiuto del Santo. Per questo motivo in terra francese nascono una confraternita ed un ospedale per assisterli, da cui poi ebbe origine l’Ordine Ospedaliero degli Antoniani. I monaci allevavano dei maiali .
Gli animali potevano vagare liberi per la città se portavano una campanella di riconoscimento, perché con il loro grasso si alleviava l’herpes zoster. Da allora, sant’Antonio è considerato il patrono dei maiali e di tutti gli animali domestici che il 17 gennaio, in occasione della sua ricorrenza, vengono benedetti.


La grotta dell’eremitaggio. Il luogo in cui Antonio si ritirò è situata sul monte che domina il monastero, nel deserto d’Egitto.

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